Capitolo 11
Can
Non so come mi è venuto in mente di fingere con Melissa ma appena avevo aperto gli occhi trovando lei davanti a me mi sono demoralizzato, pensando a quanto avrei voluto vedere Nuray in realtà. Soprattutto quando nella mia mente le immagini della sera precedente erano ancora nitide, di quando lei fosse svenuta tra le mie braccia, prima che mi chiedesse di non lasciarla. E se inizialmente avevo cercato di scappare quando mi sono svegliato lei era l'unica persona che avrei voluto vedere, per questo avevo iniziato a chiamare il suo nome in modo disperato e quando vidi Melissa guardarla in molo modo qualcosa scattò dentro di me, un senso di protezione che ormai non posso respingere. Per questo ho finto, lasciando che la mia bocca parlasse a vanvera, inventandosi una stupida scusa ma che sembra aver funzionato. Certo, con tutti tranne che con Nuray dato che appena eravamo rimasti da soli nella stanza dell'ospedale mi arrivò un pugno all'altezza dello stomaco.
"Non sai fingere" mi disse sicura di se e nonostante avessi insistito con la mia bugia lei non mi credete. A quanto pare ho il suo stesso vizio. Mi ha detto che abbasso lo sguardo quando dico una cosa non vera e sono rimasto davvero sorpreso dato che nessuno si era mai reso conto di questo piccolo particolare, nessuno tranne lei. Così ho dovuto raccontarle la verità, una sola parte di verità perlomeno. L'idea di fingere con Melissa è nata proprio per cercare di stare più vicino a Nuray ma sarei davvero felice se lei si allontanasse del tutto da me prima che io distrugga me stesso, proprio come ho cercato di fare un po' di tempo fa quando ormai ero arrivato al limite della sopportazione.
Nella mia vita ho sempre avuto parte di sfortuna ma soprattutto parte di dolore. Come Cemal e Tarik anche io sono stato abbandonato in quel squallido orfanotrofio sin dalla nascita, è già da lì ho pensato che fossi un ragazzo sfortunato dato che neanche i miei veri genitori mi volevano. Crescendo ho legato molto con i due ragazzi e per via di tutte le disgrazie che avevamo subito insieme ci eravamo avvicinati così tanto da considerarci fratelli, e da lì ci siamo sempre protetti a vicenda, ed io per loro avrei fatto qualsiasi cosa, anche rubare dalla cucina, pensando di non essere visto, di non essere scoperto ma le istruttrici venivano a saperlo ogni volta. Per questo nonostante i miei quasi trent'anni sulla schiena si possono notare lo stesso le cicatrici che loro mi avevano causato con la frusta. Lì nessuno poteva sbagliare e chi lo faceva veniva aspramente punito, ma io non avrei fatto morire di fame i miei due fratelli. Il loro pianto silenzioso, il viso pallido, o il loro corpo privo di forze mi davano la forza di sopportare il dolore delle frustate che ricevevo in cambio. Qui anni lì dentro sono stati devastanti per la mia sanità mentale e quando Hakim ci liberò fu come se per la prima volta io vivessi. E per un periodo l'ho fatto, fino a quando Melissa non ha iniziato ad opprimermi, a soffocarmi. Per non parlare della tristezza che sentii quando papà presi una certa distanza da tutti noi. Il dolore, l'abbandono, un amore soffocante, furono tante le cause che una sera girovagando per le strade di Istanbul mi portarono a prendere una sciocca decisione. Volevo mettere a tacere quella parte che mi divorava giorno dopo giorno e una sera stavo per fare una cosa della quale non vado fiero. E forse quel stesso giorno avrei messo fine alla sofferenza ma un angelo mi salvò, o magari ci siamo salvati insieme dato che quella ragazza sembrava disperata tanto quanto me. Vorrei ricordarmi il suo viso, la sua voce, o magari il nome che sono sicuro di averlo sentito uscire dalle sua bocca in un sussurro ma quella sera ero così ubriaco che mi è difficile mettere tutti i pezzi al loro posto. L'unica cosa che ricordo sono i suoi capelli castani e quel profumo inebriante che per giorni avevo continuato a sentire all'interno della mia macchia, la stessa che usai per portarla all'ospedale quando a un certo punto lei si sentì male sotto i miei occhi.
<Can> la dolce voce di Nuray mi riporta alle realtà interrompendo lo stato di trance in cui ero caduto. Era da tanto che non mi succedeva.
<Mh?> mugolo solamente mentre alzo lo sguardo dal mucchio di carte che stavo controllando. Odio la parte burocratica ma tra i miei fratelli sono l'unico che ne capisce qualcosa.
<Stai bene?> chiedo timoroso mentre si avvicina lentamente a me e questa sua camminata, questo suo modo di muovere i fianchi in un modo che a me sembra sensuale mi manda il cervello in tilt. Stupido sono stato quando le ho proposto quella sciocca idea. Ormai ho capito che lei è in grado di smascherare le sue emozioni ma io sono davvero una frana, soprattutto quando lei mi sta accanto. Da quando sono uscito dall'ospedale sono passati alcuni giorni e per me sono stati giorni davvero difficili e questo perché lei è l'unica a conoscenza della verità. Neanche i miei fratelli sanno del teatrino che ogni giorno dobbiamo recitare e se ho scelto di non dire niente a loro e per il semplice fatto che loro due non sanno davvero mentire e Melissa avrebbe scoperto la verità quel stesso giorno. Ed io non potevo permettermi una cosa del genere.
<È solo difficile> rispondo sospirando. È difficile stare accanto a lei e non poterla baciare realmente, è difficile abbracciarla e non lasciarmi andare, è difficile fingere ma non con gli altri, è difficile fingere davanti a lei.
Non so quanto lei ricordi di quella sera dentro la stalla, di quando le confessai una parte dei miei sentimenti ma dato che lei non mi ha detto niente sicuramente non ricorda nulla, altrimenti, probabilmente non avrebbe accettato questa mia sciocca idea.
<Fino a quando pensi che potrai ancora fingere? Melissa sta dando di matto giorno dopo giorno> borbotta piano mentre spinge di poco la sedia e sorprendendomi si siede sulle mie gambe. Non è la prima volta che in questi giorni ho notato da parte sua questi piccoli gesti fatti forse senza malizia ma che in me creano un certo effetto decisamente diverso.
<Vorrei solo non averla conosciuta> confesso per la prima volta e dopo aver ricevuto uno strano sguardo da parte sua sospiro profondamente prima di raccontarle la mia vita, anche il segreto più oscuro che custodisco da ormai due anni.
🌸Nuray🌸
Dolore, sofferenza, tristezza, il suo racconto è forte, duro ma soprattutto straziante. È la prima volta che Can si confida con me, è la prima volta che si lascia andare e le lacrime che iniziano a scendere sul suo viso sono in grado di rattristire anche me, spezzandomi il cuore, soprattutto quando mi racconta di come ormai sul punto della disperazione aveva cercato di porre fine all'agonia ed è allora, mentre lo guardo negli occhi, quei occhi marroni che tanto mi tormentano, mi rendo conto che sono gli stessi occhi che io vidi quella sera sul ponte.
<Non può essere> sussurro piano, alquanto sconvolta quando finalmente riesco a ricordare il viso di quel ragazzo che quella notte mi salvò. Per troppo tempo sembra aver dimenticato il suo viso, eppure i suoi occhi mi erano rimasto impressi. Per questo il colore dei suoi occhi sono sempre stati in grado di trasmettermi serenità, ma soprattutto protezione, la stessa che mi diede quella sera, cercando di salvarmi, come io avevo cercato di salvare lui, o forse sarebbe meglio dire che ci siamo salvati a vicenda, prendendoci per mano e metterci in salvo, allontanandoci dall'orlo del ponte.
<Vivrò solo per far vivere anche te> sussurro piano le parole che mi disse. Quelle parole che usò per darci la speranza. Ora capisco cosa lo portò a compiere un simile gesto, eppure, pur non conoscendomi aveva scelto di rinunciare a quella folle idea solo per impedirmi di compiere il suo stesso gesto.
<Sei tu> sussurra sconvolto mentre strabuzza gli occhi.
<E tu sei lui> la mia voce esce a malapena mentre sconvolta ma soprattutto sorpresa mi porto la mano davanti alla bocca.
<Il mio angelo> sussurriamo entrambi nello stesso momento e involontariamente calde lacrime iniziano a bagnare il mio viso che lui frettolosamente asciuga. Avevo sperato così tanto di rivederlo, di incontrarlo almeno un'ultima volta, per ringraziarli di avermi salvato con tutto che non avevo più una vera ragione per vivere. La violenza subita, la morte prematura di mia madre, il dolore che continuava a macinarmi, erano tante le ragione che non mi davano pace, eppure avrei voluto ringraziarlo ugualmente.
Ricordo come la mattina mi svegliai dentro la stanza di una ospedale senza ricordarmi di come ci fossi arrivata e l'unica cosa che mi rimaneva di quel giorno, oltre che al suo ricordo, è il ciondolo che indosso al collo da allora e ho sempre voluto credere che fosse suo.
<Questo è tuo?> domando timorosa ma allo stesso tempo speranzosa mentre tiro fuori il ciondolo. In tutto questo tempo ho accudito questo ciondolo come se fosse una parte importante di me e forse è stato proprio questo ciondolo che ogni volta mi trasmetteva la forza di andare avanti.
<La croce della camargue> dice sorpreso mentre punta lo sguardo sul ciondolo. Si tratta di tre simboli uniti, ossia la cronce, l'ancora e il cuore che simboleggiano la fede, la speranza e la carità.
<Allora non l'ho perso> mormora piano e solo adesso mi ricordo di quando mi confessò che perse il suo ciondolo.
<Ma che fai?> domanda sorpreso quando mi tolgo la collana da collo.
<È tuo>
<Non lo pensare neanche a ridarmelo indietro. E poi su di te sta meglio> confessa in modo dolce mentre mi toglie la collana dalle mani e rimettermela al collo.
<Dio mio> sussurro sconvolta e quando realizzo, quando ricordo, sussulto, rimettendomi all'impiedi. Lui sai. A lui quella sera l'avevo confesso. Il mio dolore l'avevo condiviso anche con lui nonostante fosse un estraneo ma ora tutto cambia.
<Non scappare, ti prego> mi scongiura, ancora e ancora mentre mi affianca cercando di non farmi andare via dal suo ufficio.
<Io, ecco, devo, ho da fare> balbetto in modo impacciato abbassando lo sguardo.
<Non ti allontanare da me Nuray, non lo sopporterei> confessa in modo sincero mentre con le sue dita alza il mio mento.
<Non chiedere> sussurro con la voce spezzata pontando i miei occhi nei suoi, lucidi per via delle lacrime che anche lui sta versando.
<Non chiederò, solo, permettimi di starti vicino Lya>
<Non penso che avrei la forza di allontanarti da me> confesso piano mentre afferro la sua mano, unendo le nostre dita. Ho paura del suo giudizio, di quello che di me potrebbe pensare eppure non ho la forza di allontanarlo da me. Durante questi giorni ci siamo avvicinati molto e ho capito che quei abbracci che ci davamo, quelle piccole carezze, quei sguardi profondi, per me tutto era vero, così come è vero quello che per lui sto iniziando a provare. Il mio cuore batte all'impazzita dentro il mio petto, e batte per lui, e magari sarà sbagliato, sarà sleale nei confronti di Melissa ma non so più respingerlo. E non parlo solo di lui ma anche di quello che per lui provo.
<Posso, posso cercare di fare una cosa?> chiede balbettando mentre sfiora lentamente la mia guancia.
<Cosa?> chiedo sussurrando mentre il mio cuore se possibile batte ancora più forte.
<Solo, ecco, tu non ti muovere> farfuglia a bassa voce e quando la sua testa annulla la poca distanza che ci separava le sue labbra si uniscono con le mie, sfiorandosi dapprima in modo leggero, quasi timorose di toccarsi ma poi la paura svanisce e pian piano ci lasciamo andare a dolci e morbidi baci, a lente carezze.
<Tu sei la mia magnolia> sussurra sulle mie labbra dopo un tempo che a me è sembrato infinito e per la prima volta sento di aver trovato finalmente il mio posto.
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