XXXIII
When we first came here
We were cold and we were clear
With no colours in our skin
We were light and paper's thin
And when we first came here
We were cold and we were clear
With no colours in our skin
Until we let the spectrum in
Say my name
And every colour illuminates
We are shining
And we will never be afraid again
Say my name
As every colour illuminates
We are shining
And we will never be afraid again
Consiglio di ascoltare la canzone suggerita nel punto del testo indicato da una freccia
1° settembre 2013
«Mamma!»
Isabelle affondò il volto nel cuscino, mugugnando. Cercò di far finta di non aver sentito il richiamo di Fred, avvolta com'era dentro le morbide lenzuola fresche.
«Mamma! Non riesco a trovare la mia divisa, dove l'hai messa?»
Sbuffò sonoramente, aprendo prima un occhio e poi l'altro. «Ma che ore sono...» bofonchiò a bassa voce. «Diamine, Fred! Sono solo le sette del mattino!»
Il dolce viso del suo bambino si affacciò sulla soglia della porta socchiusa. «Non riuscivo a dormire, sono troppo emozionato per la partenza! Mi sono rigirato un sacco di volte nel letto, ma ero troppo agitato! Quindi mi sono tirato su, ho già fatto colazione e sto terminando di preparare il baule... ma io la divisa non la trovo! A dire la verità nemmeno la cravatta e la sciarpa...» confessò a bassa voce.
«Aspetta, vengo io...» protestò Isabelle, alzando il busto e strofinandosi gli occhi. Nel frattempo, sentì una risatina soffocata. «Quando ti svegli di malumore sei uno spasso, Bel».
Lei si voltò di scatto verso George, steso a pancia in giù proprio di fianco a lei, e gli fece la linguaccia. Il suo braccio destro era posizionato sotto il cuscino e il sinistro nascondeva in parte il suo viso. Ma quegli occhi color nocciola, quelli che tanto amava, la stavano scrutando a fondo e lampeggiavano di felicità.
«Beh, perché non ci vai tu a cercare la divisa?» rispose lei in modo fintamente piccato.
«E toglierti tutto il divertimento? No, grazie!» rispose ridendo, e Isabelle si fermò per un secondo ad osservarlo, imbambolata. Dopo tutti quegli anni, il sorriso di George riusciva ancora a farla sciogliere come neve al sole. Si chinò a dargli un dolce bacio sulla fronte. «Vado... ci pensi tu a preparare la colazione per noi due?»
«Certo» rispose lui teneramente.
Isabelle indossò una leggera vestaglia a mezze maniche e poi si avviò verso la camera di suo figlio, o meglio, la camera che una volta era appartenuta a Fred, il gemello di George. Da quando si erano trasferiti tutti insieme nell'appartamento sopra i Tiri Vispi la scelta era stata quasi obbligata. Durante il trasloco George aveva fatto levitare tutti i bagagli di Fred direttamente in quella stanza senza nemmeno chiederglielo, e il ragazzino era rimasto estasiato da quella scelta. Aveva sistemato le sue cose su alcuni scaffali rimasti liberi, ma aveva deciso di non buttare niente degli oggetti personali di suo zio. Si era limitato ad attaccare delle foto sul muro di lui, Alec e gli altri compagni e delle polaroid scattate durante la vacanza in Polinesia, proprio accanto a quelle che rappresentavano la vita spensierata del giovane Frederick Weasley.
Lei e George, invece, si erano sistemati nella vecchia cameretta di lui. Nonostante le piccole dimensioni, era bastato un colpo di bacchetta per adattarla e far comparire un letto matrimoniale. Fin dal primo momento che vi aveva messo piede, era riuscita a percepire un calore speciale dentro sé. Quello era il loro nido d'amore e lì dentro si sentiva protetta, amata, coccolata.
«Vediamo un po' dove hai lasciato questa divisa...» disse, mentre frugava nell'armadio super disordinato di suo figlio. «Amore, prima di partire voglio assolutamente che tu metta a posto questo grande casino! Come fai a capirci qualcosa?»
«Io nel mio disordine ci capisco benissimo!» rispose leggermente offeso.
L'occhiataccia che lei gli rivolse lo fece trasalire.
«Ma mamma...» si lamentò.
«Niente ma. Non voglio sentire storie! Ormai sei abbastanza grande da tenere in ordine la tua camera e le tue cose. Aspetta-» disse infilando la testa dentro l'armadio e cercando di farsi strada nella montagna di vestiti sparsi. «Eccola!»
«Come è possibile? Ci ho guardato un secondo fa e non c'era!» esclamò Fred.
«Magia da mamme!» rispose ridendo. «Oh, Freddie! Guarda, sono venute fuori tutte le pieghe! Ti avevo detto di sistemarla per bene!» disse cambiando espressione.
Fred si alzò, diventando tutto rosso e grattandosi la nuca con fare nervoso. «Mi spiace, mamma... dai, la metto anche così» tentò di dire, cercando di prenderla dalle mani di Isabelle. Lei, però, scansò il braccio. «No, così non te la faccio indossare... la stiro subito» esclamò affranta. «Devi cercare di essere più ordinato però!»
«Che succede?» chiese George affacciandosi alla porta, mentre addentava una fetta di pane tostato.
«Succede che tuo figlio non fa molto caso alle cose! Ma non fa niente, la sistemo subito...» Si avviò fuori dalla camera, ma George la fermò. «Aspetta, ti aiuto io... a cosa serve la magia se non possiamo usarla mai?» disse facendo l'occhiolino a entrambi. Richiamò a sé la sua bacchetta con un incantesimo di appello e con un piccolo gesto rese di nuovo la divisa perfettamente stirata in pochi secondi. Fred sistemò il capo dentro il grande baule e poi lo guardò con gratitudine. «Grazie, papà!»
«Siamo pronti?» chiese George, dopo altre tre ore passate a cercare vestiti, prodotti per la cura di sé, libri, divise per il Quidditch e altro materiale. Fred sembrava essersi dimenticato la posizione di ogni oggetto personale che avrebbe dovuto portare ad Hogwarts, e Isabelle si perse dietro a lui, aiutandolo a cercare quasi ogni cosa da inserire dentro al baule.
«Sembra di sì, o almeno lo spero» disse lei buttandosi sul divano del salotto per riposarsi un po'. «Sono solo le dieci del mattino ma io tornerei volentieri già a letto!»
George rise di gusto, avvicinandosi poi per accarezzarle i capelli. «Forse non ci crederai, ma questo caos è bellissimo, e mi piace da impazzire. Mi fa sentire vivo. Le mura di questa casa sono state per troppo tempo spoglie e silenziose, e adesso invece sono piene di colore, di gioia e di serenità. Voi avete colmato il vuoto che sentivo, sia dentro che fuori» confessò con un timido sorriso e con le guance rosse.
Isabelle alzò lo sguardo verso di lui, con gli occhi lucidi e un meraviglioso sorriso sul volto. «E tu hai fatto lo stesso con noi», sussurrò avvicinandosi alla sua bocca e lasciando un tenero bacio.
«Papà! Sono pronto! Mi aiuti a portare il baule?» urlò Fred dalla sua stanza. Isabelle restò seduta sul divano, cercando di godersi quei pochi minuti di riposo prima della partenza. Dopo poco George sbucò di nuovo nel salotto, portandosi dietro il pesante baule di Fred. Lo fece levitare e atterrare proprio di fronte alla porta di ingresso. «Ora siamo pronti, manca solo lui!»
«Prendo Stella e arrivo!» annunciò Fred, riferendosi al suo gatto.
Isabelle si alzò e dopo essersi avvicinata a George lo abbracciò, avvolgendo un braccio intorno alla sua vita e appoggiando la testa nell'incavo della sua spalla. «Mi mancherà» disse piano.
«Anche a me...» confessò George. «Però dobbiamo cercare di farci forza, e pensare positivo. Alla fine, alle vacanze di Natale non manca molto! E poi sta andando in un posto dove imparerà tante cose e si divertirà da impazzire».
Lei annuì, in silenzio. Anche se sapeva bene che Fred sarebbe stato al sicuro tra le mura di Hogwarts, il momento del distacco le provocava una forte difficoltà. Il suo bambino aveva sempre vissuto insieme a lei, protetto in una bolla di amore e affetto e lontano da qualsiasi pericolo per ben undici anni. Pensare di non poter rivedere i suoi dolci occhioni, le sue lentiggini, di non poter ricevere i suoi abbracci stritolanti o anche di non poterlo brontolare per tre lunghi mesi le faceva mancare l'aria. Ma dentro sé sapeva che quella era la scelta giusta. Nella scuola di magia e stregoneria avrebbe imparato a controllare la sua magia, si sarebbe divertito insieme a un nuovo, splendido gruppo di amici e avrebbe potuto seguire la sua più grande passione da un anno a quella parte: il Quidditch.
«Aspetta, fammi solo controllare che abbia preso tutto...» disse, mentre si accucciava e sganciava i pesanti lucchetti che tenevano chiuso il baule.
«Bel...» protestò George, riconoscendo il panico e l'agitazione nei suoi occhi. «Ha preso tutto, stai tranquilla!»
Tirando su con il naso e cercando di ricacciare indietro le lacrime, Isabelle richiuse il baule. La sua attenzione, però, fu attratta dalle iniziali incise sul legno scuro.
F.W.B.
Il suo pensiero andò immediatamente a diverse settimane prima, quando di ritornò dalla vacanza in Polinesia George le aveva confessato le sue intenzioni.
«Voglio che Fred prenda il mio cognome, se anche lui è d'accordo. Voglio che sia mio figlio anche per la legge magica e non solo per i nostri cuori».
Fred accolse con estremo entusiasmo e commozione quella proposta. Il pensiero di poter diventare finalmente un Weasley, di sentirsi finalmente parte di una famiglia accogliente, protettiva lo rende assolutamente felice, e resero felice anche lei.
«Quanto avrei voluto che ci fossi anche tu, mamma... il Ministero è davvero una figata! Siamo entrati da una di quelle vecchie cabine telefoniche, sai quelle che mi dicevi che usavi sempre quando eri piccola? Ecco, quelle! Papà ha digitato il numero 6-2-4-4-2, che in pratica è la versione numerica della parola magia, e quella si è trasformata in un ascensore che ci ha portato direttamente all'ingresso. All'atrio mi hanno fatto consegnare la bacchetta e mi hanno fatto un sacco di domande, papà dice che le misure di sicurezza si sono intensificate tanto da quando c'era Voldemort, insomma non si può mai essere sicuri che qualche altro mago cattivo semini distruzione! Subito dopo aver passato la vigilanza c'era nonno Arthur ad aspettarci, mi ha fatto vedere tutto il suo ufficio e mi ha mostrato una paperella di gomma, dice che ancora dopo tanti anni non ha capito il funzionamento di quella roba! E io gli ho spiegato che semplicemente si mette dentro la vasca quando facciamo il bagno... ma che poi altre utilità non ne ha!»
Isabelle cercò di trattenere una risatina, al pensiero di suo suocero Arthur e della curiosità e la meraviglia che provava di fronte a comuni oggetti babbani, che per loro non avevano alcun significato specifico ma che per lui sembravano manufatti antichi o tesori preziosi.
«Poi siamo andati all'ufficio anagrafe. Si trova dentro il Wizengamot, ma papà mi ha spiegato che le aule dove si tengono le udienze non sono accessibili. Infatti, ci siamo fermati poco dopo l'ingresso sulla destra, in una stanza piccola con due scrivanie e due funzionari al lavoro. Poi ha fatto tutto lui!»
«È stato abbastanza facile e veloce. Hanno preso le nostre generalità, poi ho dovuto compilare un modulo e ci hanno fatto un veloce test con la bacchetta per attestare la nostra effettiva parentela, e poi-»
«E poi mi hanno detto che era tutto completato, e che il mio nuovo cognome era Weasley. Ero al settimo cielo! Però dopo qualche secondo di euforia mi sono detto: perché accontentarsi? Io non volevo rinunciare al tuo cognome, mamma... così ho deciso! Ho chiesto a quei funzionari se potessero lasciarmi il tuo, aggiungendolo dietro a quello di papà, e così è stato! Da ora in poi sarò Fred Weasley Banks!»
«Oh, tesoro...»
La sua felicità era palpabile, e si espanse all'infinito nel momento in cui sia Fred che George si avvicinarono a lei e la circondarono con le braccia. Il contatto pelle a pelle dei membri di una nuova, fantastica famiglia.
«Grazie...» disse sottovoce, senza specificare altro. Ma George capì subito, e rispose con uno sguardo innamorato e anch'esso pieno di gratitudine.
«Sono pronto, andiamo?» chiese Fred elettrizzato, comparendo in salotto con la gabbietta di Stella in mano. «Hogwarts mi aspetta!»
~~~~~~
«Mi manca già, e sono passati solo tre giorni!»
«Lo so, Bel... Alec manca tanto anche a me. Il periodo della partenza è sempre stato disastroso per me... insomma, restano tutta l'estate con noi e ci riabituiamo alla loro presenza, e poi il primo di settembre arriva sempre in un batter d'occhio! Sarà dura aspettare fino a dicembre... Tanto più che anche Charlie tornerà poco o niente... forse nel fine settimana, ma non so ancora quando!» disse Sammy con una punta di malinconia nella voce.
«Il mio piccolo tesoro! Quanto mi manca!» disse Beth con fare drammatico, come suo solito. «Come farò senza di lui? Perso tra quelle immense mura, a barcamenarsi tra orde di ragazzine innamorate!»
«Beth! Ha solo dodici anni!» rispose Isabelle indignata.
«E quindi? Io a dodici anni ero molto precoce... chissà se sarà lo stesso per Freddie!»
«Dai ragazze, pensiamo a questo: almeno lui e Alec sono insieme e possono sostenersi a vicenda. Meglio di così non potrebbe andare!» esclamò squillante Sammy per cercare di distogliere l'attenzione di Isabelle dalle frasi comiche della loro amica.
Quel venerdì si erano messe d'accordo per passare una serata spensierata insieme: un buon calice di vino, una cena in uno dei loro ristoranti preferiti e la compagnia delle amiche. Niente di meglio per curare i due cuori di mamma spezzati per la partenza dei ragazzi per la scuola.
«Certo, questo mi rincuora ma ho anche paura. Alla fine dell'anno scolastico ne hanno combinata una più del diavolo!» confessò Isabelle, passando una mano sulla fronte.
«Che hanno fatto?» chiese curiosa Beth, mentre si versava dell'altro vino.
Sammy si guardò intorno circospetta e poi parlò: «Hanno allagato tutti i piani della scuola, interrompendo anche degli esami di fine anno importanti... quando Alec me l'ha confessato non volevamo crederci. È stato in punizione per due settimane!»
Mentre Beth rideva sotto i baffi, Isabelle intervenne: «A Fred è andata sicuramente meglio. Io ero all'oscuro di tutto, ne aveva parlato solo con suo padre! E anche lui alla sua età ha combinato dei veri e propri casini, quindi è passato tutto in sordina, anzi George ci ha fatto pure una risata sopra...»
«Quel bambino ha tutte le fortune del mondo, sul serio! Non vedo l'ora di stritolarlo di nuovo durante le vacanze di Natale». Beth aveva una luce particolare negli occhi che emergeva solo quando si parlava di Freddie, che era come un figlio per lei. «Ragazze, ma dov'è Pam?» continuò dopo aver guardato l'orologio al suo polso.
Sammy sbuffò. «È sempre in ritardo... sempre! Eppure, l'avevamo anche avvisata di venire mezz'ora prima... non è bastato!»
«Non preoccupatevi, adesso la chiamo per sentire dov'è». Isabelle tirò fuori il suo cellulare dalla borsa e compose il numero, non ricevendo risposta. «Non risponde, ma dove sarà-»
«Ehi, eccola! Sta entrando ora!»
Tutte e tre si voltarono verso l'ingresso ad osservare la loro amica trafelatissima e con una grande busta sottobraccio. «Eccomi! Scusate il ritardo, sapete che non riesco mai a rispettare un orario... ma tanto siamo sempre in tempo per ordinare, no?»
«Oh, sì certo... i camerieri saranno a nostra disposizione fino a questa notte» rimandò piccata sua sorella, alzando gli occhi al cielo.
Pam si sistemò sulla sedia e poi rivolse un sorriso enorme a tutte le presenti. «Allora, stavate parlando male di me?» chiese maliziosa.
Isabelle scosse la testa ridendo: «Ma no, scema. Stavamo parlando dei ragazzi, di quanto ci dispiaccia che siano partiti per Hogwarts, di quanto ci mancano!»
«Oh, è vero! Come è andata alla stazione?»
Sammy rispose con un "bene" secco, probabilmente ancora alterata per il ritardo cronico di sua sorella, mentre Isabelle si perse di più a spiegare.
«Benissimo, davvero. Freddie era super entusiasta di rivedere tutti i suoi amici, di tornare tra i banchi di scuola. Non era mai stato così felice a Columbus, forse anche per colpa di quel bulletto che lo tormentava... e in più, avreste dovuto vedere la faccia che ha fatto quando ha visto la sua amica Franziska. Lei è arrivata di corsa e lo ha abbracciato di slancio, e lui è diventato rosso come un peperone! Deve essersi preso una bella cotta!»
«Che dolci» esclamò Beth con aria sognante. «Quando lo rivedo dovrò fargli un certo discorsetto importante sulle protezioni!» terminò, tornando per un momento seria.
«Beth!» la riprese sconvolta Isabelle.
«Franziska Rookwood, giusto? Mi hai detto che tra George e il padre della ragazza non scorre buon sangue...» le interruppe Pam mentre si versava un bicchiere d'acqua.
Lo sguardo di Isabelle si incupì. «Effettivamente no. Avreste dovuto vedere che occhiatacce ci hanno lanciato sia lui che sua moglie alla stazione... per fortuna George ha mantenuto la calma e non ha tentato di spaccargli di nuovo il naso. Ho visto che si è irrigidito dopo averli visti, ma per la calma e la tranquillità di Fred si è trattenuto. Non voleva rovinargli la partenza, e sa quanto lui tenga alla sua piccola amica Serpeverde».
«George è maturato così tanto, sono proprio fiera di lui!» confessò Pam felice.
«Noi saremmo contente se maturassi anche tu, arrivando in orario per una volta!» disse Sammy, facendo la linguaccia a sua sorella e ricevendo in cambio un dito medio dalla stessa. Isabelle rise di gusto. Ormai tra loro era sempre così: una continua lotta tra due persone inseparabilmente legate, che non potevano fare a meno di amarsi alla follia e starsi vicino, sempre e comunque.
«Ordiniamo? Sto morendo di fame!» chiese Beth, osservando il cameriere che si stava avvicinando al loro tavolo.
Dopo aver finito di mangiare, Pam approfittò di un momento di silenzio per intervenire.«Ho un regalo per voi» esclamò improvvisamente. Tutte la osservarono, stranite e incuriosite, mentre prendeva tra le mani la busta con cui era arrivata. Vi estrasse tre pacchettini regalo e glieli porse.
«Devo fare una premessa prima che li apriate. Forse vi sarete chieste come mai in questo periodo sono stata un po' più assente, perché non ho accettato spesso i vostri inviti ad uscire o per il mio umore un po' altalenante e scostante. Beh, la risposta è dentro quei pacchetti».
Per qualche minuto si sentì solo il rumore della carta regalo che veniva spacchettata. Isabelle fu la prima a tirare fuori il contenuto: una maglietta rosa con una stampa sulla parte anteriore.
«La migliore zia del mondo» disse piano. Sgranò gli occhi e si voltò stupita verso le altre, anche loro sorprese ed emozionate dal regalo appena ricevuto.
Sammy fu la prima a sciogliersi, iniziando a piangere felice. «Non ci posso credere! Sei incinta?»
Pam si limitò ad annuire, mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.
«Oh accidenti! Che notizia meravigliosa!» esclamò Beth che, seduta accanto a Pam, fu la prima ad avvolgerla in un abbraccio stritolante. «Sono così felice per voi!»
«Perché non ci hai detto niente?» chiese Isabelle mentre stringeva le mani della sua migliore amica tra le sue.
«Ero terrorizzata. Qualche settimana fa sono svenuta e quando mi sono svegliata c'era una pozza di sangue sotto di me... ho chiamato Lee e siamo subito corsi in ospedale. Credevo mi venisse fatta qualche diagnosi strana ma in realtà ero solo incinta, più precisamente di tre mesi. L'hanno definita gravidanza a rischio e mi hanno detto di stare a riposo, di non sforzarmi troppo, di non agitarmi... è per questo che sono stata un po' più assente, per questo non sono uscita spesso con voi! So bene che le nostre serate finiscono sempre con il settimo giro di bevande alcoliche, e adesso non posso proprio permettermelo!»
«Oh, tesoro...» disse Sammy, che si alzò e andò ad abbracciare sua sorella. «Potevi dircelo, ti saremmo state vicine!»
«Io non vi volevo disturbare, insomma Isabelle è andata a vivere con George e Freddie, tu eri impegnata con il locale e con Charlie e Alec, Beth ha la sua nuova vita insieme a Caroline... non volevo essere di intralcio!» Scoppiò in un pianto a dirotto che a stentò riuscirono a contenere. «Scusate, sono gli ormoni! Odio essere così, in balia di questi stati d'animo!» disse ridendo tra le lacrime e facendo ridere tutte.
«Non avresti mai disturbato, Pam. Sei parte di questa grande famiglia, e ognuno di noi è importante tanto quanto gli altri. Da ora in poi ti staremo sempre accanto, e se ti sforzi o fai troppa attività ti metteremo apposto noi!» esclamò Isabelle.
«Saremo i tuoi cani da guardia!» terminò Beth.
«Insomma, ci dici qualcosa in più? Hai già saputo il sesso?» chiese Sam mentre si rimetteva a sedere al suo posto.
Pam annuì: «Sì, è una femmina!»
«Una sorellina per Annika!» cinguettò felice Isabelle.
«Un'altra femmina per Lee... immagino la sua disperazione!» fece eco Beth, ridacchiando.
«Avete già scelto il nome?»
«Ci stiamo ancora pensando, ma vedrete che appena avremo preso una decisione sarete le prime a saperlo. Sono così felice!»
E anche Isabelle si sentì così. Immensamente, profondamente felice.
~~~~~~
«George! Sono a casa!» esclamò Isabelle mentre si chiudeva la porta dell'appartamento alle spalle. «Ci sei? Devo darti una notiziona! Non crederai mai a quello che sto per dirti!»
Non ricevette risposta, e iniziò a girare per tutte le stanze della casa cercandolo, ma senza successo. Pensò che probabilmente fosse andato alla Tana a trovare sua madre, oppure a casa di Lee.
Mentre ritornava in cucina e poggiava la borsa su una delle sedie, notò un piccolo foglio di carta sul tavolo. Avvicinandosi meglio si accorse che si trattava di un origami a forma di cigno, e toccandolo questo si animò, iniziando a volteggiare davanti ai suoi occhi.
«Che diamine...» sussurrò, restando a bocca aperta.
«Aprimi! Aprimi!» La voce flebile e meccanica provenne proprio da quel piccolo oggettino, che prese e scartò con mani tremanti.
Cercami nel posto in cui per la prima volta abbiamo capito di amarci
Di fronte a quelle parole, scritte con quella calligrafia che conosceva bene, il suo cuore fece un balzo. Cosa aveva in mente George? Perché le aveva lasciato quel messaggio criptico? Si scervellò per qualche secondo, cercando di pensare a tutti i momenti e i luoghi in cui si era resa conto degli immensi sentimenti provati per quel testone di George Weasley. La sua mente e il suo cuore non la delusero, perché la risposta arrivò immediatamente. Uscì di nuovo di corsa, tornò nella Londra babbana e prese il primo taxi disponibile. A quell'ora e soprattutto di giovedì sera non c'era molto traffico per strada e arrivò facilmente a destinazione. La panchina dove si erano seduti innumerevoli volte e dove si era resa conto di amarlo alla follia era leggermente nascosta dietro alcuni alberi, ma ormai conosceva talmente bene quel lato di Hyde Park che non ebbe difficoltà a scovarla. Sopra di essa stazionava un altro origami, sempre a forma di cigno. Lo prese velocemente e lesse di nuovo il contenuto.
Cercami nel luogo del nostro primo appuntamento
Ridendo come una sciocca per quella strana e improvvisata caccia al tesoro tornò indietro e prese un nuovo taxi, raggiungendo la chiesa di St Andrew. Era proprio come se la ricordava, e affacciandosi alle vetrate scure e al buio, Isabelle scorse all'interno all'incirca una quindicina di sedie poste in cerchio.
Laura dopo tutti questi anni sta facendo ancora del bene al prossimo, pensò sorridendo felice.
Si riscosse subito dopo dal torpore momentaneo in cui era entrata e raggiunse il pub in cui, quasi dodici anni prima, George le aveva offerto da bere e in cui entrambi erano riusciti a confessare le loro enormi, profonde spaccature nell'anima.
Il pub era abbastanza pieno, e Isabelle si guardò intorno confusa. Non riusciva a scorgere nessun biglietto, nessun origami, né vicino all'ingresso né sui tavoli davanti a lei.
«Tieni, credo che questo sia per te».
Isabelle si voltò, incrociando lo sguardo di una giovane cameriera dai capelli biondi.
«C-come?»
La ragazza teneva tra le mani un altro origami a forma di cigno e ghignò divertita.
«Beh, corrispondi alla descrizione. Alta, lunghi capelli neri, pelle leggermente olivastra e sguardo perso e confuso. Sei proprio tu! E questo è per te» concluse, porgendogli l'oggetto di carta.
«G-grazie» pronunciò con voce flebile, prima di aprire l'indizio successivo.
Raggiungimi al punto più alto della scheggia di vetro, dove si può toccare il cielo con un dito. Ti aspetto lì, amore mio
Non se lo fece ripetere due volte e, prendendo quello che sperava fosse l'ultimo taxi della serata, raggiunse The Shard, il grattacielo più alto di Londra e che era comunemente chiamato da tutti gli abitanti come Scheggia. Non ci era mai salita, ma sapeva che al settantaseiesimo piano c'era una terrazza aperta da cui era possibile vedere tutto il panorama della città. Corse a perdifiato fino alle grandi porte dell'ascensore in vetro e, una volta dentro, premette il tasto per raggiungere la cima del grattacielo.
Non sapeva bene cosa la attendesse, ma stava provando un mix di emozioni e sensazioni fisiche contrastanti, e in parte piacevoli. Sudore freddo, brividi, vampate di calore, curiosità, paura, ansia... contò ogni piano, fremendo e sperando di arrivare a destinazione il prima possibile.
Quando le grandi porte dell'ascensore si aprirono Isabelle si catapultò all'ingresso della terrazza panoramica, dove un gentile signore in tenuta elegante la fece passare.
«Mi dispiace, forse il mio abbigliamento non è dei più consoni...» confessò timidamente, vedendo il suo stile.
«Non fa niente signorina... questa sera l'intero piano è riservato solo per voi. Dentro non troverà nessuno» rispose cortesemente, mentre la scortava fino all'inizio del terrazzo. «Prego, vada pure» disse risoluto, prima di congedarsi con un cenno del capo.
Isabelle restò spiazzata davanti al panorama mozzafiato della città di Londra che si stagliava sotto di lei. Poteva scorgere tutti i grattacieli, il London Eye, le luci colorate e le macchine che proseguivano stanche lungo le immense strade londinesi. Dopo aver appoggiato le mani sul parapetto, sentì il caldo vento settembrino scompigliarle i capelli e accarezzarle la pelle, facendola rabbrividire.
—>Spectrum (Say my name)
«Finalmente sei arrivata. Credevo che ti saresti persa!»
Si voltò, incrociando gli occhi da tanti anni a quella parte la facevano impazzire, urlare di gioia e piangere di felicità. I suoi occhi.
«George, io... non so cosa dire! Non mi aspettavo minimamente questa caccia al tesoro! Sei stato bravo, lo devo ammettere. E wow... come sei elegante. Sei bellissimo» disse, mentre lo osservava. Indossava un paio di pantaloni grigi, una camicia bianca in parte sbottonata che lasciava intravedere il suo petto tonico e delle scarpe lucide nere. «Io sfiguro accanto a te, stasera» disse commentando il suo lungo vestito nero con le maniche a tre quarti e i suoi stivali texani.
«Tu sei sempre bella, anche quando sei struccata e in pigiama...»
Si avvicinò a lei, avvolgendola in un abbraccio mozzafiato e lasciandole un delicato bacio sulle labbra.
«Allora? Mi spieghi come mai hai organizzato questa sorpresa?» chiese lei emozionata.
Un lieve sorriso sghembo comparve sul suo volto. «Ok... non so bene da dove cominciare, però da qualche parte dovrò pur farlo» disse deglutendo.
Si staccò da lei, frugando nelle sue tasche e tirando fuori un foglio piegato. «Un altro indovinello?»
«No, questa è una lettera che Fred ha scritto per te, ma prima voglio dire qualcosa».
Isabelle lo osservò profondamente, con le mani che tremavano per l'emozione.
«Tu sai quanto sei importante per me. Ti amo infinitamente, non ho mai smesso di farlo nemmeno quando le circostanze di vita ci hanno separato, non ho mai smesso neanche quando mi raccontavo cazzate su cazzate per cercare di starti lontano e farti vivere una vita felice e spensierata senza di me... ma poi ho capito. Ho capito che siamo legati da un doppio filo invisibile, che le nostre strade si sono incrociate per un motivo e che non posso, non possiamo fare finta di niente. E quando ho visto Lucas inginocchiarsi di fronte a te, ho temuto di impazzire. Perché mi sono sempre immaginato di essere io a farti la proposta di diventare mia moglie, e in quel momento tutti i miei sogni si sono frantumati. Ma adesso ogni cosa è tornata al suo posto... e il mio desiderio di averti al mio fianco per sempre non si è mai affievolito. Mai.»
«Oh, George...» sussurrò lei, con le lacrime agli occhi.
«Sai, ho preso questa decisione qualche tempo fa, più precisamente quando vi siete trasferiti a casa con me. Un giorno tu e Fred stavate lavando i piatti insieme, e ad un certo punto lui ha iniziato a schizzarti con l'acqua. Tu hai reagito subito, iniziando a scherzare insieme a lui... e io vi osservavo rapito. In quel momento una certezza si è fatta strada dentro di me, e ho deciso. Ma prima, ho dovuto chiedere il permesso a un paio di persone. Fred mi ha accompagnato da tua madre, che devo dire è migliorata molto nel corso di questi ultimi anni. Quantomeno non mi ha tirato addosso dei piatti! All'inizio era un po' restia, ma poi sono riuscito a convincerla e ad ottenere il suo consenso.»
Isabelle mise la mani davanti alla bocca, sconvolta e meravigliata. Aveva già capito dove George stesse andando a parare, ma non riuscì ad articolare alcun suono.
«La seconda persona con cui ho parlato è stata proprio il nostro ometto. Non potevo pensare di fare una cosa del genere senza interpellarlo, e la sua reazione... beh, voglio leggere le parole che ha scritto per te. Così potrai sentire con le tue orecchie cosa prova».
Con le mani che tremavano George aprì il foglio di carta. «Cara mamma, quando leggerai questa lettera sarò già partito per Hogwarts. Non potrò essere presente in questo momento speciale, ma non importa! Voglio comunque farti avere il mio parere su ciò che sta per accadere. Quando papà è venuto a parlare con me mi sembrava di esplodere dalla gioia! Il solo pensiero che tu e lui sarete uniti in un vincolo per la vita, che potremo essere finalmente una vera famiglia mi fa stare bene, e mi fa sentire fortunato. Fortunato ad avere i genitori migliori del mondo. Quindi non c'è bisogno che ti dica che sono assolutamente d'accordo con la vostra unione! Ho sempre voluto per te qualcuno che ti amasse più della sua vita, e sono assolutamente certo che papà è quella persona. Quindi mamma... per favore, rispondi sì!»
Le lacrime di gioia ormai scendevano come un fiume in piena sul volto di Isabelle, che tremava come una foglia e sorrideva inebetita.
Come a rallentatore, osservò George piegare la lettera e rimetterla in tasca, estrarre una scatolina di velluto e inginocchiarsi di fronte a lei, con gli occhi rossi e uno splendido sorriso sul volto.
«Isabelle, io con te non ho più paura di niente. Hai ridato colore alla mia vita, e mi fai brillare ogni giorno. La mia domanda quindi è questa...vuoi farmi l'onore di diventare mia moglie?»
Una miriade di fuochi d'artificio esplose dentro al suo cuore e tutto l'immenso amore provato per quell'uomo dai capelli rossi la attraversò da cima a fondo.
«Mi avevi già convinto alla prima frase, George. Sì, sì, ancora mille volte sì!» urlò di felicità, mentre si gettava addosso a lui e gli circondava il collo con le braccia. Iniziò a riempire il suo volto pieno di efelidi di piccoli baci e poi lo strinse così forte da toglierli il fiato, mentre lui le faceva fare due giravolte.
George la riappoggiò dolcemente a terra e poi infilò con delicatezza un anello con pietre preziose al suo dito.
«Sei sempre stata la mia cura, e sono troppo felice di sapere che lo sarai per sempre. Ti amo, mia dolce Isabelle».
«Ti amo anche io, mio dolce George... per sempre» annunciò senza timore.
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Spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto, e che io sia riuscita a farmi perdonare per quasi due settimane di assenza💜
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