XX




Je te laisserai des mots
En-dessous de ta porte
En-dessous de les murs qui chantent
Tout près de la place où tes pieds passent
Cachés dans les trous de ton divan
Et quand tu es seule pendant un instant
Ramasse-moi
Quand tu voudras
Embrasse-moi
Quand tu voudras
Ramasse-moi
Quand tu voudras

L'emozione gli attanagliava lo stomaco dalla sera precedente, da quando George aveva annunciato l'intenzione di portarlo a vedere il suo negozio di scherzi a Diagon Alley. Aveva fantasticato di entrare in quel paese dei balocchi da quando gliene aveva parlato Annika, e adesso il suo sogno stava per diventare realtà. Poter fare quell'esperienza insieme a suo padre poi, rendeva il tutto ancora più bello e magico.

Sua madre non sembrava però della stessa opinione. Durante la cena con Beth e Caroline, appena arrivata dall'America, era stata completamente assente e rinchiusa nei suoi pensieri e nelle sue preoccupazioni. Fred l'aveva osservata per tutta la sera mentre girava in modo svogliato con la forchetta il cibo nel suo piatto, senza mangiare niente. Si chiese quale fosse il motivo, in fondo l'incontro con George era andato molto bene. Credeva che i suoi genitori si sarebbero infuriati con lui per non aver detto prima cosa aveva combinato Martin, temeva che si sarebbero arrabbiati per la sua mancanza di sincerità, soprattutto verso sua madre. Ma invece era rimasto stupito e ben felice di come era stato consolato, protetto, accolto. Finalmente iniziava a sentire dentro di sé un calore speciale, qualcosa di forse mai provato prima. Il calore di una famiglia riunita che lo amasse, nonostante tutto e tutti. Certo, Lucas, sua mamma e Beth erano stati un porto sicuro dal giorno in cui era nato, ma sapere di poter contare sull'affetto e la protezione della sua mamma e del suo vero papà... era tutta un'altra storia.

E si sentiva così bene anche quella mattina. Felice, eccitato e incredibilmente curioso. Non fece niente per nasconderlo nemmeno a George, quando a metà mattina arrivò a prenderlo davanti l'albergo in cui alloggiavano lui e sua mamma.

«Buongiorno campione, sei pronto per andare?» chiese George appena lo vide, scompigliandoli i capelli.

«Prontissimo!»

«Mi raccomando, riportalo stasera prima di cena. Charlie mi ha detto che tornerà a prenderlo verso le dieci per riaccompagnarlo a scuola, e vorrei passare un altro po' di tempo insieme a lui prima che partano».

Dalla sera precedente il tono di voce di Isabelle continuava ad essere freddo e distaccato, così come la sua espressione e i suoi occhi, glaciali e vuoti. Fred non l'aveva mai vista in quelle vesti, ed era la prima volta che la vedeva comportarsi così con George. Le uniche volte in cui li aveva visti insieme li aveva percepiti complici, molto vicini. Adesso invece sembrava esserci un muro altissimo tra loro, impossibile da scalfire. Si chiese il perché, ma non riuscì a darsi una risposta.

George le rispose in modo altrettanto freddo. «Va bene, non preoccuparti. Lo riporterò in tempo». Nei suoi occhi però Fred vide passare qualcosa. Era... delusione o tristezza? Non riuscì a capirlo, e non fece in tempo a ragionarci troppo su perché lui lo richiamò all'ordine. «Vieni, andiamo!» disse sforzandosi di sorridere. Si incamminarono insieme e in un gesto automatico Fred gli prese la mano. Forse i suoi compagni lo avrebbero preso in giro, d'altronde aveva già undici anni, ma a lui non importava. Sentiva il bisogno di quel contatto, di quella stretta che era mancata per un tempo troppo lungo. George lo guardò stupito, ma dopo qualche secondo strinse la sua mano e un sorriso, questa volta davvero reale, comparve sul suo volto e i suoi occhi si fecero più lucidi.

«Ciao mamma, a stasera!» disse rivolto a Isabelle, che sorrise e gli lanciò un bacio con la mano prima di rientrare e lasciarli soli. Non salutò George, e vide di nuovo la stessa espressione passare nei suoi occhi. Sembrava estremamente triste, ma cercò di riprendersi subito.

«Pronto per vedere i magnifici Tiri Vispi Weasley?» chiese con orgoglio.

Fred annuì. «Aspetto questo momento da un sacco. Andiamo!»

Si incamminarono così, lentamente e senza mai slacciare le loro mani. Si godettero il freddo londinese che stava iniziando ad essere pungente, osservando i palazzi, i monumenti e altri luoghi di interesse intorno a loro. A Fred sembrò che non avessero una meta precisa, ma non gli importava. Si stava divertendo un sacco, potendo parlare finalmente di tutto quello che voleva con suo papà. Gli raccontò di nuovo della sua vecchia vita, questa volta evitando l'argomento Martin, e anche delle nuove esperienze che stava vivendo dal momento in cui aveva scoperto di essere un mago: il suo rapporto con Alec, Vic e Teddy e qualche altro compagno, l'amicizia speciale con Fran, le materie che gli piacevano di più ad Hogwarts e quelle in cui si sentiva meno preparato. George lo ascoltò con interesse e senza mai distogliere lo sguardo da lui, e Fred poté notare quanto suo papà fosse felice per quel loro secondo incontro in solitaria. Per la prima volta avevano molto più tempo a disposizione e il loro umore era decisamente migliore.

«Perché mamma è così fredda con te?» chiese senza pensarci dopo qualche attimo di silenzio sceso tra loro. George sembrò preso in contropiede. «Ehm, in realtà... credo che mi odi. Tutta qua» disse abbassando lo sguardo.

«Ma dai! Non è vero! Perché lo pensi?»

«Beh... hai visto come si comporta con me. Mi odia... ma la capisco. Mi odierei anche io, se fossi in lei...»

«Io non credo che ti odi. Credo che invece ti voglia molto bene, George. Insomma, aveva un intera giornata da passare con me e mi ha lasciato venire con te! Questo vorrà pur dire qualcosa, no? Comunque... so che non si dovrebbe fare... ma ieri sera ho origliato una conversazione con la zia Beth...»

George assunse un'espressione incuriosita. «Cosa si sono dette?»

«La zia era veramente arrabbiata con mamma. Le ha detto che ha tenuto il muso per tutta la cena, e questo te lo posso confermare anche io, insomma aveva una faccia! Comunque, zia le ha chiesto spiegazioni. Non ho sentito troppo bene perché parlavano a voce bassa... mi sembra che le abbia detto qualcosa come "Devi dargli una nuova possibilità, anche perché non puoi continuare a fare finta di niente".»

«E lei cosa ha risposto?»

Fred parve pensarci un po'. «Beh, è rimasta un po' in silenzio e poi ha detto che era giusto darti una possibilità con me, che non ci avresti deluso... che si fidava di te. Quindi, stai tranquillo! Non ti odia assolutamente». Cercò di fare uno dei suoi migliori sorrisi per infondere un po' di sicurezza in lui e cercare di far passare quel velo di tristezza.

George sembrò rasserenarsi, e insieme proseguirono nella loro camminata, parlando di tutto. Fred, impegnato com'era a godersi il momento, non si rese nemmeno conto che si stava allontanando dal centro e stavano percorrendo alcuni vicoli bui.

«Il Paiolo Magico di nuovo?»

«Sì, credo che sia il modo più veloce per arrivare a destinazione. So che lo avete già usato con Lee, vero? Quando siete andati a prendere tutti gli oggetti per la scuola.»

«Sì, ero così spaventato! E anche mamma... Ma adesso va molto meglio!» rispose Fred entusiasta.

Dopo essersi guardato intorno in modo circospetto, George aprì la porta di ingresso del pub e fece segno al figlio di entrare. Lui non ebbe nemmeno tempo di stupirsi per gli avventori del locale, o del fatto che quasi tutti, persino la robusta donna dietro il bancone, avessero salutato George con fare caloroso, perché venne sospinto verso il retrobottega ed entrambi uscirono chiudendosi la porta alle spalle. George estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e picchiettò per tre volte sul grande e alto muro in pietra di fronte a loro.

«Non vedevo l'ora di tornare qua!» disse Fred entrando a Diagon Alley, emozionato. Seguì suo padre nel dedalo di strade, maghi e streghe, impegnati nell'acquisto di nuovi calderoni, ingredienti per pozioni, libri o semplicemente dolci e gelati. Presto si ritrovò di fronte alle grandi porte dei Tiri Vispi Weasley, e il fiato gli si spezzò in gola dall'eccitazione. Non stava più nella pelle, voleva entrare e scoprire tutto sul lavoro di suo padre.

«Questa statua è la tua riproduzione o quella di tuo fratello?» chiese con curiosità Fred.

George alzò le spalle, ridendo. «Sai, non lo abbiamo mai deciso. La nostra idea era farne costruire due... ma avevamo finito tutti i soldi per la struttura e i prodotti, e ci siamo accontentati! Vieni, andiamo. Ti voglio presentare una persona».

Appena varcata la soglia, Fred restò senza parole. Di fronte a lui si stava dispiegando un intero paese dei balocchi. Le immense scale con il corrimano di vari colori arrivavano fino al soffitto, e da ogni piano pendevano prodotti di ogni tipo, così come anche da ogni scaffale in legno di colore arancione e violetto. Fred si avvicinò e vide scatole che riportavano nomi davvero strani: Annullaforuncoli garantito dieci secondi, Merende marinare, Torrone sanguinolento, Mou Mollelingua. Si mise ad osservare incuriosito soprattutto due prodotti in particolare, situati su due ripiani diversi.

«Queste sono orecchie oblunghe, le puoi usare per origliare conversazioni a cui non hai il permesso di accedere» disse George strizzandogli l'occhiolino. «E questo, invece, è un Cappello Scudo. Lancia un sortilegio scudo per chi lo indossa, proteggendolo dagli incantesimi. Lo abbiamo anche nella versione mantello e guanti».

«Wow...Che figata! Lo devo dire subito ad Alec, dobbiamo usarle per origliare le conversazioni dei professori! E il cappello potrebbe esserci utile per scappare dalla Preside se ci dovesse beccare!»

«Non ci sono dubbi. È proprio tuo figlio, George...»

Una voce provenne da dietro il grande bancone di colore viola acceso, pieno di oggetti e pacchetti di vario tipo. Una testa rossa scompigliata fece capolino e, osservandolo bene, Fred notò una lieve somiglianza tra il nuovo arrivato e suo papà: stesso sorriso, stesso taglio degli occhi e lentiggini. Ma c'era una notevole differenza di altezza e la forma del viso e del naso erano diametralmente opposte.

«Fred, lui è mio fratello Ron... tuo zio. O almeno, uno dei tanti che conoscerai» esclamò George grattandosi la nuca. «Mi aiuta da più di dieci anni qua al negozio, cercando di conciliare il tutto con la sua carriera da Auror appena avviata.»

Fred si voltò verso di lui, arrossendo lievemente. Ron, infatti, lo stava osservando intensamente, con gli occhi azzurri velati di lacrime. «P-piacere, il mio nome è-»

«Sei uguale a lui. È incredibile...» rispose Ron. «Oh, miseriaccia! Che maleducato che sono stato, ti ho interrotto.» esclamò cercando di riprendersi. «Tu devi essere Frederick. Il piacere è tutto mio! Anche se è passato poco tempo... George ci ha già parlato moltissimo di te. A dire il vero, ci ha fatto proprio una testa così!» terminò ridendo.

A quel punto fu George a diventare tutto rosso. «O-ok... b-bene, Fred ti va di proseguire il giro del negozio? Non hai ancora visto niente!» Non aspettò neanche risposta e lo trascinò per mano nel labirinto di scaffali, prodotti, e magia contenuti in quel negozio dall'aspetto così strambo, ma che in quella giornata gli restituì una gioia senza eguali. Se qualche mese prima avesse anche solo provato ad immaginare che la sua vita sarebbe cambiata così radicalmente, non ci avrebbe creduto. La sofferenza che lo aveva accompagnato per anni non sarebbe mai stata dimenticata, così come il dolore che gli era stato inflitto da quel bambino così cattivo. Ma era felice della piega che la sua vita aveva preso. La magia e la possibilità di avere la sua vera famiglia al suo fianco lo rendevano fiero, orgoglioso. Per la prima volta nella sua vita si sentiva in pace con sé stesso. Aveva trovato la sua dimensione e non avrebbe permesso a niente e nessuno di portargli via quel piccolo paradiso di felicità.

~~~~~~

La mattinata al negozio era passata in un baleno. Fred si era divertito come non mai a provare la grande maggioranza dei prodotti esposti, e anche quelli ancora da inserire sul mercato. Essere il figlio del proprietario, d'altronde, aveva i suoi vantaggi.

«Cosa c'è in cima a queste scale?» chiese incuriosito indicando una piccola scala a chiocciola nella parte laterale del locale.

George, che si trovava dietro al bancone, alzò la testa verso di lui. «Lì sopra c'è il mio appartamento, non c'è niente di particolare... solo tanto disordine! Non credevo che ti sarebbe interessato vederlo...»

Abbassò lo sguardo, come se si sentisse in difetto per qualcosa, Ma Fred non capì perché. «Vorrei andarci... voglio conoscere tutto quello che ti riguarda, anche il tuo disordine» disse facendo un piccolo sorriso.

«Va bene, allora. Ron, noi andiamo su!»

Una volta arrivati all'interno, George con un gesto della bacchetta cercò di mettere in ordine i vestiti sparsi per tutta la sala e la cucina, i piatti sporchi nel lavello e oggetti di vario tipo impilati sul tavolo. «Te lo avevo detto che c'era una confusione immensa...»

«Non importa! Questo appartamento è bellissimo, lo adoro! Posso venire a stare qua quando tornerò a Londra per le vacanze?» esclamò felicissimo. «Scherzo... a mamma verrebbe un coccolone se le dicessi che per Natale non sto con lei! Ma magari per l'estate...» continuò a borbottare tra sé e sé, mentre esplorava ogni angolo e ogni stanza, osservando tutti i manifesti appesi alla parete della camera di suo papà e ogni oggetto magico particolare sugli scaffali. Si avvicinò poi all'unica stanza chiusa a chiave dell'appartamento. «Come mai questa non è aperta?» chiese innocentemente.

Suo padre diventò bianco e iniziò a balbettare. «Ehm, e-ecco... que-quella sar-sarebbe...»

«Che succede?» chiese preoccupato. Suo papà era stato felice e sorridente tutto il giorno insieme a lui, e non comprendeva il perché di quel repentino cambio di umore.

George sospirò profondamente. «Quella è la vecchia stanza di mio fratello... di tuo zio Fred... è chiusa a chiave perché entrarci mi provoca ricordi dolorosi. Ma credo che sia giusto che la veda anche tu» terminò serio.

«No, scusami... io non lo sapevo... non importa...» Fred si sentiva estremamente in colpa. Anche se non conosceva bene tutta la storia, aveva capito che il fratello gemello di George era un tasto dolente per lui, ma poteva comprenderne il motivo. Era la stessa reazione che sua mamma aveva quando venivano fatte domande su Stella e su quello che le era accaduto.

George sembrò non sentirlo nemmeno. Aprì velocemente la porta con la bacchetta ed entrò. Fred lo seguì titubante, quasi timoroso di disturbare un posto così sacro come la stanza di una persona che non c'era più. Osservò i mobili e gli oggetti personali di suo zio, riposti accuratamente su degli scaffali e su una libreria, e i poster e le foto animate attaccate al muro. Ma ciò che colpì la sua attenzione fu in particolare un grande oggetto in legno e dalla strana forma, riposto su una mensola sopra al letto.

«Ma... ma questa è una mazza da baseball?» chiese ingenuamente. Prese in mano la mazza e la soppesò con entrambe le mani, rendendosi conto che pesava molto di più di quelle classiche da sport che conosceva.

«No, quella è la mazza da battitore di tuo zio Fred. Hai imparato un po' a conoscere il Quidditch?»

«Alec mi ha spiegato qualcosina, so che la prossima settimana vuole provare le selezioni per entrare nella squadra di Tassorosso come cercatore! Anche a me piacerebbe molto provare, ma sono al primo anno e le regole come sai sono ferree a scuola... noi non possiamo! Anche se penso che potrei farcela, per ora sulla scopa me la cavo bene! Madama Bumb all'ultima lezione mi ha detto che sono il migliore della classe!»

«Davvero? È magnifico, Fred! Sono sicuro che l'anno prossimo sfreccerai come un bolide nel campo della scuola!» rispose George mentre i suoi occhi si illuminavano di orgoglio paterno. «Sai, le regole del Quidditch non sono molte, se vuoi poi posso insegnartele... comunque, vedi qua sul manico? Ci sono intagliate le sue iniziali, e sulla parte superiore, vicino alla punta» disse aiutandolo a girare l'oggetto per osservare meglio «Fred ci ha disegnato a mano lo stemma di Grifondoro. Era molto fiero della nostra squadra... e non era tanto male nemmeno a disegnare.»

«Wow, è bellissima... ed è tenuta davvero bene!»

«Puoi prenderla se vuoi... è tua».

Fred si girò e per un istante interminabile i loro occhi così simili si incrociarono per un secondo, mentre mille emozioni scuotevano entrambi dall'interno. «Sono sicuro che anche mio fratello vorrebbe che passasse a te. Non so se ti potrò mai interessare questo sport, oppure se ti piacerà il ruolo di battitore, ma voglio che la prenda tu. Tu porti il suo nome... deve passare di diritto a te.»

«N-no ma... io non posso accettare...»

George si abbassò al livello dei suoi occhi e continuò a fissarlo. «Fred, non devi preoccuparti. Qua prende solo tanta polvere, mentre invece con te potrebbe avere un uso migliore. Fidati di me».

Fred si sentì esplodere di gioia. Tutto in quella giornata era stato estremamente perfetto e, in uno slancio improvviso, abbracciò suo papà. Si aggrappò a lui, cercando in qualche modo di colmare la distanza enorme che avevano vissuto, cercando di recuperare il tempo perso... lo abbracciò come se da quello potesse dipendere la sua vita. George reagì alla sua stretta immediatamente, affondando la fronte nell'incavo del suo collo e avvolgendo le lunghe braccia intorno alla sua esile vita.

«Sono così felice di averti con me, Fred... forse non te ne rendi conto, ma mi stai salvando la vita... anche solo esistendo...» sussurrò George nell'abbraccio.

«Sono tanto felice di averti conosciuto... tanto felice!» disse Fred mentre si staccava da quell'interminabile ma bellissimo contatto. «Ehm... la proposta di insegnarmi le regole del Quidditch vale ancora?»

George rise di gusto. «Certo che sì. Vieni, andiamo!»

~~~~~~

«Non devi assolutamente dire a tua madre che ci siamo smaterializzati. Ci siamo intesi?»

Fred annuì divertito. «Certo, è un segreto tra noi! Comunque, non capisco perché non vuole, è stato una figata! Anche se mi viene un po' da vomitare...»

George lo aiutò a sedersi per terra, per cercare di riprendersi. «Perché come vedi non è un mezzo proprio sicuro, e spesso dei maghi hanno lasciato dei pezzi... in giro. Ma era l'unico modo per arrivare velocemente qua!» disse guardando il panorama intorno a loro. Si trovavano su una distesa pianeggiante di erba verde a qualche chilometro dalla Tana, su cui era sceso un leggero manto di ghiaccio causato dalle temperature invernali che avanzano. «Adesso stenditi e vedrai che ti riprenderai in men che non si dica.»

«Questo posto è davvero bello!» esclamò Fred.

«Con mio fratello venivamo qua quasi ogni giorno delle vacanze invernali ed estive, ci esercitavamo con le mazze per migliorare il nostro rendimento durante il campionato scolastico. Comunque, adesso ti spiego le regole...» disse mettendosi a sedere accanto a lui. «Ogni squadra ha sette giocatori a cavallo delle scope, e si gioca con quattro palle: una Pluffa, due Bolidi e un Boccino d'oro. La Pluffa è questa palla rossa qua, e viene usata dai tre Cacciatori per segnare i punti. Ogni volta che la palla viene lanciata in uno dei tre anelli, la squadra guadagna dieci punti» disse George indicando l'oggetto, tenuto legato da delle cinghie all'interno di un baule vecchio e sgangherato che aveva fatto comparire poco prima con la sua bacchetta. «Poi abbiamo il boccino d'oro, che è questo piccolo monello qua» disse puntando di nuovo il dito verso il contenitore. «Viene inseguito costantemente da un Cercatore, e la partita finisce nel momento in cui questo viene catturato. Indipendentemente da quanti punti hanno le due squadre, visto che vale centocinquanta punti, ti porta alla vittoria. Sai, tuo zio Charlie era il cercatore della squadra di Grifondoro ed era davvero un fenomeno. È un peccato che abbia lasciato la pratica per andare a curare i draghi in Romania, avrebbe avuto un grande successo... Comunque, poi abbiamo il portiere, che para i tiri dei Cacciatori avversari e infine...»

«E questo pallone enorme cosa fa?» chiese Fred mentre avvicinava le mani alla cinghia che tentava di tenere immobile il Bolide.

«No! Fermo!»

Fred lo guardò in modo stranito, mentre ritirava la mano. «Scusami, Fred... ma i Bolidi sono davvero pericolosi. È meglio usarli solo se si è esperti... stavo proprio per spiegarti di cosa si tratta, e anche del ruolo che io e tuo zio abbiamo avuto per anni nella squadra di Quidditch.»

Fred annuì serio.

«Il Bolide è una palla di ferro stregato che viaggia a velocità supersonica. Il suo obbiettivo è quello di colpire indifferentemente i giocatori, sia di una che dell'altra squadra. In ogni partita ne girano due ed è per questo che esistono due Battitori. Il loro compito è proteggere i Cacciatori e il Cercatore dai Bolidi che potrebbero colpirli e, beh... fare molto male.»

«Voi eravate battitori, giusto?»

«Sì, nostra madre non era molto contenta all'epoca, eravamo solo al secondo anno... ma a noi piaceva troppo il Quidditch, e abbiamo fatto di tutto per entrare nella squadra. Veramente di tutto!» esclamò George facendo l'occhiolino.

«Cosa mi nascondi? Ti prego, raccontami!» urlò Fred felice, mentre faceva roteare la mazza da una mano all'altra.

George sorrise, ma malinconico. «Va bene, ero già intenzionato a raccontarti qualcosa di me e tuo zio... e questa mi sembra proprio l'occasione giusta.»

«Psst, George! Hai finito? Lo hai preso?»

«Fred, vuoi stare un po' zitto? Lo sai che certi capolavori richiedono concentrazione. E il maestro della scassinatura qui presente ha bisogno di tutta la calma per fare la sua magia!»

«Oh, taci tu, e muoviti!»

George, accucciato di fronte all'armadio del professor Piton, stava tentando invano di usare l'incantesimo di apertura delle serrature. Lui e Fred si erano intrufolati nel suo ufficio per procurarsi un Intruglio Confondente che non erano in grado di preparare da soli, nemmeno con l'aiuto delle loro amiche secchione, Angelina e Alicia. Proprio a quest'ultima era venuta la geniale idea di rubarla dal deposito del professore di Pozioni.

«Dai, muoviti! Sta per tornare! Lo vedo qui, sulla pergamena!» esclamò Fred agitato, mentre teneva in mano la Mappa del Malandrino, e manteneva sotto controllo il corridoio infilando la testa fuori dalla porta ogni due minuti.

«Non mettermi fretta!»

«George, se Piton ci becca qua dentro possiamo dire addio al nostro piano per entrare nella squadra, ma non solo! Avviserà mamma e ci metterà in punizione, e tu sai quanto le punizioni di mamma siano tremende! Ho più paura di lei che del preside...»

«Ho fatto!» urlò George felice, mentre il sudore continuava a impelargli la fronte e la divisa. Dopo un breve clangore metallico l'armadio si aprì, mostrando il suo contenuto: una distesa di boccette, piccoli contenitori e fiale, pieni fino all'orlo di liquidi di vario colore.

«Dai, dai! Prendi quella che ci serve e andiamocene!»

George scorse velocemente le varie bottigline e dopo qualche minuto trovò ciò che cercava. «Eccola!» Richiuse l'armadio e poi si avvio di volata fuori. Fred lo fece passare e poi si chiuse la porta alle spalle

«Menomale sei riuscito a trovarla... stavo iniziando a temere il peggio. Se ci avessero scoperto mamma ci avrebbe fatto passare tutta l'estate a lavare i piatti in cucina...» disse Fred.

«O peggio! Ci avrebbe fatto badare alla prozia Tessie!» concluse George.

Ridendo come matti e con ancora in corpo la scarica di adrenalina data dalla paura di essere beccati, i due gemelli si sistemarono sulle rive del Lago Nero, nel loro posto segreto.

«Ok, quindi adesso come procediamo?» chiese George.

«Adesso dobbiamo trovare il modo di far bere ai fratelli Jacobs questa pozione. Così, quando sarà il loro turno alle selezioni dei battitori...»

«... saranno in giro per la scuola, confusi e disorientati! Non si ricorderanno nemmeno cosa dovevano fare... probabilmente non ricorderanno neppure i loro nomi!»

«E noi potremo prendere il loro posto indisturbati. Vedrai, George. Nemmeno i favoriti dalla McGranitt per il ruolo potranno prendere ciò che è nostro!»

«Saremo dei battitori, Fred! Non ci posso credere, sogno questo momento da quando ho visto la prima partita dei Chudley Cannons!»

Fred osservò George con uno sguardo fiero e un lampo negli occhi. «Saremo i migliori battitori, fratellino. Vedrai... fidati di me».

«Non ci posso credere! Avete davvero...»

«Messo la pozione nei bicchieri dei nostri temibili avversari il giorno delle selezioni? Certo che sì! E ciò che avevamo previsto si è avverato. Non si sono presentati e siamo stati presi al posto loro. Sai, il ruolo di riserva non ci sarebbe andato a genio, e sapevamo di non potere niente contro i Jacobs! Quindi... ci siamo dovuti attrezzare! Ma alla fine, è stato meglio così. Siamo stati dei grandi in quel ruolo, sembrava creato apposta per noi.»

Fred si sentiva estasiato, estremamente orgoglioso e fiero di essere figlio di quell'idolo, di quell'eroe indiscusso. «Ora capisco perché a scuola tutti vi adorano. Siete dei grandi! Non vedo l'ora di dire a tutti che sei mio padre! Saranno invidiosi da far schifo!»

Il volto di suo padre si illuminò, mentre comparve un sorriso a trentadue denti.

«Adesso devi insegnarmi tutto quello che sai sul ruolo di battitore! Anche io il prossimo anno voglio provare ad entrare in squadra! Voglio essere un battitore come te e zio Fred!»

«Va bene. Ma iniziamo da qualcosa di basico, ok? Il Quidditch è pericoloso, e ci sono alcune accortezze che devi tenere a mente per evitare di farti male con il Bolide. Vieni, ti faccio vedere prima io...»

Passarono così il resto di quello stupendo pomeriggio di sole. George gli mostrò come si impugnava bene la mazza, come colpire e come parare un colpo potente. Lui all'iniziò sembrava titubante ma dopo qualche lancio acquisì dimestichezza con quel ruolo, finendo per divertirsi un mondo. Era sicuro al cento per cento: voleva entrare nella squadra di Tassorosso ed essere uno dei migliori battitori che avessero mai avuto. Avrebbe dovuto aspettare, ma ne sarebbe valsa la pena. In quel modo avrebbe potuto non solo fare compagnia ad Alec e giocare insieme a lui in uno degli sport più belli del mondo magico, ma sentiva dentro di sé che avrebbe anche potuto finalmente rendere omaggio a suo zio Fred.  Lo doveva a suo padre.

«Fred, adesso è ora di rientrare. Non voglio far arrabbiare tua madre...» esclamò George vedendo che il sole stava calando.

«Va bene, andiamo!»

Si incamminarono così, mano nella mano, felici di aver condiviso una parte così piacevole della loro vita, qualcosa che apparteneva ad entrambi... qualcosa che non sarebbe mai stato dimenticato perché portato avanti da padre e da figlio.

La memoria di Fred.

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Il rapporto tra George e Freddino si sta finalmente delineando, e sembrano davvero inseparabili. Mi sembrava assolutamente necessario questo passaggio di consegne, un modo per ricordare Fred Senior... che rimarrà sempre nei loro cuori, e anche nello sguardo del suo piccolo alter ego... ❤️

Se vi va, fatemi sapere che ne pensate e lasciatemi una stellina❤️❤️

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