XVII


Disclaimer: inserito più avanti nella narrazione per evitare spoiler.

All I want is nothing more
to hear you knocking at my door
'cause if i could see your face once more
I could die a happy man I'm sure

When you said your last goodbye
I died a little bit inside
I lay in tears in bed all night
alone without you by my side

But if you loved me
Why'd you leave me?

Take my body
Take my body

All I want is
And all I need is

To find somebody
I'll find somebody
Like you

Dopo aver chiuso a chiave le grandi porte a vetri dei Tiri Vispi, George tirò un sospiro di sollievo. Finalmente quella giornata era giunta al termine. I clienti si erano susseguiti senza sosta, lasciando giusto il tempo a lui e Ron di fare un pranzo veloce, ma niente più oltre a questo. Si sentiva esausto, senza forze.

Rimase a lungo di fronte alle vetrate, osservando fuori. Il buio era ormai calato e gli ultimi avventori se ne stavano andando da Diagon Alley. Di fronte a lui, nella strada, una famiglia stava rientrando probabilmente a casa, e davanti a quella vista il suo cuore fece un balzo.

Il più grande, che aveva probabilmente cinque anni, era portato a cavalcioni sulle spalle dal papà, mentre la sua sorellina passeggiava per mano alla mamma. Ridevano tutti insieme felice a qualcosa che il piccolo aveva detto, e lo sguardo di intesa che vide riflesso negli occhi dei due genitori gli fece provare sensazioni contrastanti.

Quanto avrebbe desiderato quel tipo di relazione con Isabelle... In quelle settimane si era ritrovato spesso a sognare ad occhi aperti fissando il soffitto della sua stanza, cercando di immagine una vita diversa, un passato diverso. Un destino diverso per il loro grande amore.

Chissà come sarebbe stato starti vicino durante la gravidanza, vedere nascere Freddie...

Si immaginava come sarebbe stato il loro rapporto senza il suo sbaglio madornale. Come sarebbe stato guardare Isabelle dormire dopo una giornata passata a prendersi cura del bambino, oppure prenderlo in braccio e coccolarlo. Vederlo crescere, gattonare per la prima volta. Avrebbe pagato ogni galeone del mondo per tornare indietro e tenere le sue manine paffute durante i primi passi, gioire per le prime parole, così come avrebbe fatto di tutto per ritornare al tempo in cui la sua unica preoccupazione era rendere felice la donna della sua vita.

Ma il passato era passato e lui doveva farsene una ragione. La cosa importante da fare in quel momento era restare concentrati sul qui ed ora, cercando di godersi i primi germogli della relazione con Fred, e continuare imperterrito a mantenere le scelte prese. Si era imposto un limite con Isabelle e intendeva rispettarlo.

Eppure... era così difficile.

Starle lontano, evitare di toccarla e di accarezzarla... era una tortura. Infinita, dolorosa, straziante.

Come era successo quel giorno ad Hogwarts, ad esempio. Quando si era reso conto dello stato di agitazione della donna non era riuscito a restare impassibile. Le sue mani, in un gesto del tutto spontaneo, si erano posizionate sul suo volto dolce ma dai lineamenti contratti dal dolore. Sentirla rilassare sotto al suo tocco era stata un esperienza bellissima, ma allo stesso tempo completamente disastrosa.

In quel modo aveva ricevuto solo la conferma ai suoi timori. Per quanto ci provasse, per quanto tentasse, per lui era praticamente impossibile stare lontano da Isabelle Banks. Lei teneva, da undici anni, il suo cuore stretto in una mano. Stretto in una morsa di amore, viscerale e profondo.

La voce di Ron lo riscosse dal suo intorpidimento. «George, io vado verso casa. Herm stasera ha preparato una cenetta speciale e non voglio farla aspettare. Ci vediamo domani?»

«Certo, fratello. A domani! Non strafogarti troppo!» rispose ridendo.

«Non ti assicuro niente, lo sai!» esclamò Ron. Dopo essersi scambiati un cenno di intesa, sparì in un battito di ciglia.

George si avviò a passo lento verso le scale che portavano al piano superiore, con l'intento di farsi una doccia rilassante e poter finalmente concludere quella giornata. Ma una volta entrato nel salotto, una sensazione poco piacevole lo colse. Si sentì completamente spaesato, perché ogni angolo di quella casa li ricordava di quanto fosse solo, e di quanto soffrisse per la sua condizione.

Fred non c'è più, Isabelle ti odia, tuo figlio probabilmente non ti considera nemmeno come un padre

Quando la morsa nel suo petto si fece ancora più stringente, George decise di agire. Non poteva farsi sopraffare ancora da quelle sensazioni che gli toglievano il fiato. Era già successo in passato e ripiegarsi su sé stesso lo aveva solo spinto a bere ancora di più, ad ingoiare pasticche. Ricordò le parole e i consigli del dottor Sander: "Quando senti quella fastidiosa sensazione cerca di fare le cose che ti piacciono, possibilmente in compagnia. Vai a trovare i tuoi genitori, passa del tempo con loro... chiama i tuoi amici ed esci, cercando di distarti. Potrebbe essere un buon modo per iniziare a non rifugiarsi più nella tua dipendenza, George".

Decise in un secondo. Sarebbe andato alla Tana, avrebbe passato del tempo con la sua famiglia e magari avrebbe anche dormito lì, nella vecchia stanza che condivideva con Fred. Quella sensazione sarebbe sicuramente passata.

Diede un colpo veloce di bacchetta e si smaterializzò.

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Il suo volto pallido, il vuoto nei suoi occhi.

Fu quella la prima cosa che George vide dopo essere arrivato alla Tana. Voleva che fosse una serata tranquilla, dopo la giornata infernale al lavoro. Ma i suoi piani vennero immediatamente scombussolati.

«Isabelle, cosa ci fai qua? Freddie sta bene?» chiese avvicinandosi velocemente.

Il contatto della loro pelle fu elettrizzante. Una scossa partì lungo il suo braccio, arrivando poi alla base della schiena e lasciando una scia di brividi in tutto il suo corpo. Ma la preoccupazione per lo stato di Isabelle era maggiore delle sensazione fisiche, che cercò di ignorare.

«I-io... io me ne devo andare».

Quelle furono le sue ultime parole. Poi uscì di gran fretta dalla Tana, iniziando a correre non appena arrivata in cortile.

«Freddie? Cosa c'entra Fred adesso?» esclamò Angelina. «Che succede? Qualcuno mi spiega?»

Solo in quel momento, George realizzò la presenza dell'amica, e il suo cervello collegò i pezzi. «Che cosa le hai detto? Cosa hai fatto?» chiese in modo rabbioso.

«Ho solo detto la verità... non è colpa mia se non la vuole sentire» rispose lei alzando le spalle.

Fu tentato di rimetterla al suo posto, ma in quel momento riusciva a pensare solo ad Isabelle, sconvolta e affranta.

Il suo corpo decise prima di lui, e le sue gambe si mossero velocemente, uscendo di casa. Doveva raggiungerla, doveva aiutarla. Si era addentrata tra i campi di fronte casa sua, e probabilmente presto si sarebbe persa. Il buio era ormai calato e non voleva assolutamente che restasse fuori, da sola e indifesa.

«Isabelle!» urlò a pieni polmoni mentre correva. «Isabelle, dove sei?»

Non poteva essere andata troppo lontano, in fondo aveva perso solo qualche secondo mentre parlava con Angelina. Pronunciò l'incantesimo Lumos Maxima e la sua bacchetta sprigionò una forte luce bluastra. Quel gesto gli permise di vedere meglio, ma di lei sembrava non esserci traccia.

«Isabelle!»

Continuò a correre, correre e correre. Non gli importava della pioggia scrosciante che gli inzuppava i capelli, i vestiti. Voleva parlarle, voleva confortarla. Non sapeva perché fosse così sconvolta, non riusciva a immaginare cosa le avesse detto Angelina. Ma il dolore di Isabelle era stato da sempre un richiamo per lui. Si sentiva in dovere di farle passare ogni male, ogni sofferenza. Anche se lui in primis ne era la causa.

All'improvviso la scorse. Era uscita dalla distesa di grano e stava continuando a correre, in direzione di casa Lovegood.

«Isabelle! Fermati!»

Fu tutto inutile, perché lei non si voltò nemmeno. Così, decise per la soluzione più facile. Anche se stava correndo al massimo delle sue forze, ormai lei era già troppo lontana e non l'avrebbe mai raggiunta. Si smaterializzò, comparendo proprio di fronte a lei.

Isabelle fu sorpresa e spaventata, e non riuscì ad arrestare la sua corsa. Si scontrò con lui e George non poté evitare che entrambi cadessero a terra.

«N-no! Non mi toccare, lasciami stare!» urlò lei staccandosi immediatamente dal quel contatto. Si alzò in piedi di scatto e lo guardò con occhi allucinati, vuoti.

«Perché?» chiese ferito, mentre si rialzava. «Cosa è successo? Perché sei scappata così? E cosa ci facevi a casa mia?»

«È-è stato uno sbaglio accettare l'invito di tua madre... non dovevo, non dovevo» mugugnò a bassa voce, mentre portava le mani alla testa. La pioggia continuava a scendere incessante, bagnandoli completamente.

«Isabelle, non sto capendo niente. Puoi spiegarmi, per favore?» chiese con dolcezza. Provò ad avvicinarsi e, in uno di quei gesti automatici che negli ultimi tempi sembrava non riuscire a fermare, posò le mani sul suo viso.

«Per f-favore... lasciami!» disse lei in un sussurro che sembrò più una preghiera. Alzò i suoi occhioni verdi e, mentre lo guardava, George si sentì sciogliere dentro.

«Va bene» rispose abbassando lentamente le mani. «Puoi spiegarmi cosa è successo? Cosa ti ha detto Angelina?»

Lo sguardo di Isabelle si fece ancora più cupo, ma non rispose.

«Puoi almeno rispondere? Siamo qua, in mezzo al niente, completamente fradici! Ti sono corso dietro come un pazzo, credendo che fosse successo qualcosa di grave e adesso tu nemmeno mi parli!»

«Perché?»

«Perché cosa?» chiese George, esasperato.

«Perché non mi hai detto niente di quello che ti è successo?» chiese Isabelle con le lacrime agli occhi. Il vuoto dentro alle sue pupille aveva lasciato spazio a tristezza e rimorso. «S-sei... sei davvero stato in coma due settimane?»

La sua affermazione lo colpì alla pancia come un pugno. Sentì l'aria rarefarsi, il respiro mozzarsi. Non voleva crederci... aveva fatto di tutto per evitare che lei lo venisse a sapere, aveva pregato in ogni modo Sammy, Pam e gli altri perché non la avvisassero della sua condizione pietosa e precaria. La conosceva troppo bene, e sapeva che sarebbe corsa al suo capezzale. Nonostante il male che le aveva procurato, lei sarebbe tornata sempre per prendersi cura di lui. La sua dolce, meravigliosa, piccola grande donna. In quell'esatto istante i suoi sentimenti furono confermati. La amava più di ogni altra cosa al mondo... ma se l'era fatta sfuggire dalle mani come sabbia portata via del vento. E questo non poteva essere cambiato.

«Perché non mi hai detto niente?» ripeté, alzando la voce. «Perché sono venuta a saperlo da lei?»

«I-io... io non ti ho detto niente perché non volevo farti preoccupare, non volevo distrarti dalla tua nuova vita! A cosa sarebbe servito?»

Il volto di Isabelle si trasformò ancora, passando dalla malinconia alla rabbia. «A cosa sarebbe servito? Non so, forse a farmi sapere che eri riverso in un letto di ospedale, a lottare fra la vita e la morte? Ti sembra una spiegazione valida? Ti sembra qualcosa che avrei dovuto sapere?»

George abbassò lo sguardo, afflitto. «Non sarebbe servito a niente, invece. Non volevo distarti dalla tua nuova, fantastica vita...»

«La mia cosa?» Isabelle rise amaramente. «La mia nuova, fantastica vita? Stai scherzando, vero? Ho sempre avuto una vita di merda, George! Te lo sei scordato? Non cosa ho fatto di male, forse ero una criminale in una vita precedente! Ma da quando ho memoria ho sperimentato solo schiaffi dalla vita, solo bocconi amari da ingoiare e adesso.... Adesso anche questo. Mi sento in colpa anche per questo... Tu dovevi dirmelo! Nonostante tutto, io sarei tornata. Ti avrei assistito, avrei supportato tua madre, la tua famiglia... avrei fatto qualcosa! Forse non ti saresti spinto oltre... George, perché? Perché la droga? Oh, mi sento così male...» concluse scoppiando a piangere. Era impossibile però vedere le sue lacrime, fuse con le gocce di pioggia che segnavano il suo viso.

«Lo capisci? È proprio questo il punto! Io non volevo che tu tornassi, non volevo che mi vedessi in quello stato! Mi sono ridotto in condizioni... indescrivibili. Tu non volevi esserci, Bel... tu non volevi davvero vedermi così... dico sul serio. È stato meglio così... hai vissuto la tua nuova vita con Lucas e Fred, felice e spensierata.»

A quel punto, Isabelle esplose. La sua voce divenne improvvisamente diversa, più roca, più tagliente. «Ma tu cosa vuoi saperne? Credi di poter decidere per me ogni aspetto della mia vita? Sono stufa! Tu hai sempre deciso tutto per me, da sempre! Tu hai deciso che io ti avessi tradito con Lucas senza darmi possibilità di spiegare, tu hai fatto il casino scegliendo di tradirmi, tu mi hai costretto a scappare! E sono stufa delle tue certezze, perché sono sbagliate, da sempre! E mi fanno capire che non hai mai capito niente di me! Credi davvero che io sia stata mai felice un singolo giorno?»

«Ma...»

«Rispondi! Pensi davvero che io sia stata felice?» chiese avvicinandosi a lui. I suoi occhi si erano trasformati in due fuochi ardenti.

George non seppe cosa rispondere. Si era sempre raccontato delle storie, per cercare di andare avanti. Lei sta bene, lei è felice. Lei ha scelto Lucas, lei non ti vuole più, fattene una ragione. Ma in quel momento non ne era più così convinto.

«Rispondimi!»

«I-io... non lo so! Non so più niente, anzi non ho mai saputo niente! Ogni cosa che ti riguarda mi manda in confusione più totale! E da quando sei tornata io non sono più riuscito a mettere ordine nei miei pensieri e nelle mie emozioni!»

«Rispondo io per te. Non so cosa credi, ma non c'è stato un singolo giorno in cui possa dire di essere stata completamente, assolutamente felice. L'unica gioia della mia vita è stata la nascita di Fred... e anche in quel caso, mi sono ritrovata legata a doppio filo a te! Ti ho rivisto ogni giorno nei suoi occhi, nelle sue lentiggini, nel suo abbraccio soffocante. Perché tu, dal primo giorno hai avvelenato il mio cuore. Mi sei entrato dentro e ti sei fatto spazio, non lasciandone più per me. Non sono mai stata felice un singolo giorno da quando hai deciso di rompere la nostra magia. Quindi smettila di dirlo!»

George rimase immobile a fissarla. Non si aspettava niente del genere, non da Isabelle. Non dopo tutto quello che le aveva fatto. Credeva che sarebbe riuscita ad andare avanti, che sarebbe stata serena senza di lui. Ma ogni sicurezza era appena crollata.

«E sapere che ti sei ridotto così... per colpa mia... in questo momento vorrei solo sparire dalla faccia della Terra» concluse abbassando lo sguardo. «Tu mi hai fatto male... ma io ho rovinato la tua vita. Ti ho reso l'ombra di te stesso, come qualcuno mi ha gentilmente suggerito poco fa... ma Angelina ha solo ragione.»

«Tu lei non la devi ascoltare, hai capito? Guardami» disse alzandole il mento con un dito. «Non la ascoltare. Adesso ascolta me... anzi. Ascolta questo».

Con delicatezza le prese le mani e le posò sul suo petto. «Riesci a sentire il mio cuore?» chiese con voce tremante.

Le pupille di Isabelle si espansero e la sua bocca si aprì leggermente. Ma lei non emise alcun suono.

«So che hai paura di me, e non ti nascondo che anche io ho paura di te. Ho una paura fottuta di avvicinarmi a te, ho paura che ci distruggeremo di nuovo... Ci siamo fatti così tanto male, Bel... non penso che qualcuno potrà mai capire cosa abbiamo passato. Forse non lo capiamo nemmeno noi... ma allo stesso tempo mi attiri come una calamita. Ti penso ogni istante, da undici anni. E se mi sono rivolto alle droghe e all'alcool è perché sono una persona debole, fragile... e non sopportavo di averti nella mente ogni giorno, ora e minuto. Ma non è mai stata la soluzione.»

«George...»

«Ho odiato ogni singolo istante che ho passato lontano da te. E ho cercato in ogni modo di non sentire niente, di non sentire il dolore per averti persa. Ma credimi... più mi sballavo, più mi ubriacavo... più toccavo il fondo. E mentre io annegavo i miei demoni hanno imparato a nuotare. E mi hanno mantenuto a galla, in un limbo infinito... in un incubo senza fine. Ma tu non hai fatto niente, tu hai solo preso la scelta più giusta per te, per Freddie... A pensarci bene, forse è stata davvero la cosa migliore da fare. Non ero in grado di prendermi cura di me stesso... non sarei mai riuscito a prendermi cura di lui, di voi.»

Tutta la rabbia sembrava essersi prosciugata dal volto di Isabelle, che ora sembrava solo affranta. «Mi dispiace così tanto...»

«Non dispiacerti. E adesso, rispondimi... lo senti il mio cuore?»

«S-sì... sta battendo all'impazzata» disse Isabelle sorridendo timidamente.

«Questo ti fa capire che cosa sento, ogni volta che mi stai vicino. E che non provo rancore o rabbia nei tuoi confronti. Io sono stato artefice del mio destino, io ho pagato le conseguenze. E sono felice di poter dire che adesso sto bene, che sono pronto a riprendere in mano la mia vita e la relazione con nostro figlio».

Un sorriso contagioso esplose sul viso della donna e George si ritrovò a fissarla, imbambolato.

In quell'esatto momento capì che non poteva più resistere.

«I-io... io non ce la faccio più. Ho bisogno di fare questa cosa, altrimenti penso che impazzirò» disse serio.

Al diavolo i suoi buoni propositi, al diavolo il rispetto. Al diavolo tutto. In quel momento si sentiva in una bolla trasparente, piena di emozione e tenerezza. Doveva farlo, altrimenti si sarebbe pentito per il resto dei suoi giorni.

«C-cosa? Che succede?» chiese Isabelle preoccupata.

Si avvicinò lentamente e non appena le loro labbra si toccarono, George ebbe la sensazione di essere arrivato in paradiso. Erano soffici, calde e morbide, proprio come le ricordava. L'emozione era così forte che si sentì quasi sul punto di piangere, o di diventare pazzo per la gioia.

Dopo una resistenza di qualche secondo Isabelle si sciolse a quel contatto e aprì la bocca, lasciando che le loro lingue si intrecciassero di nuovo, in quella danza che non portavano in scena da troppo tempo. Le mani percorsero senza difficoltà un percorso già tracciato e che non era mai stato dimenticato da entrambi, permettendoli di stringersi, avvicinarsi ancora di più, mentre i loro sapori si sprigionavano e si mischiavano. Vaniglia, cannella e fragola.

George pensava che baciare Isabelle di nuovo sarebbe stata la cosa più strana del mondo, e invece fu la più familiare, la più bella in assoluto.

Voglio che questo momento non finisca mai

«Oh, George...» sussurrò sulle sue labbra Isabelle, staccandosi dopo qualche secondo. Appoggiò la fronte alla sua e sospirò.

«S-scusa... se non ti baciavo avrei perso la ragione...»

Lei, in silenzio, prese le mani di George e le portò sul suo di petto, imitando il gesto di poco prima. «Riesci a sentire il mio cuore?»

George sorrise, felice come non mai. «Batte all'impazzata».

Isabelle si aggrappò di nuovo a lui, circondandogli il collo con le braccia. «Se non lo faccio penso che impazzirò anche io...» disse prima di posare le labbra sulle sue. Quei baci dolci, lenti e bagnati gli stavano facendo perdere la testa.

«Vieni con me!»

La prese per mano e, proprio come tanti anni prima a Firenze, iniziarono a correre. In quella occasione stavano per perdere il treno, mentre in quel momento ciò che non volevano perdere era altro tempo separati. Corsero a perdifiato, ridendo come bambini estasiati dall'incessante pioggia che cadeva su di loro, e scambiandosi sguardi che non avevano bisogno di tante parole.

Arrivarono dopo diversi minuti di fronte a un casolare abbandonato e sconnesso.

«Seguimi» esclamò George, prima di portarla con sé all'interno.

«Dove siamo?»

«Questa casa è abbandonata da tantissimi anni, ci venivamo io e Fred a fare i nostri esperimenti per il negozio. Non potevamo farci scoprire da mamma!» rispose ridendo.

In un impeto passionale, George spinse delicatamente Isabelle e la fece poggiare ad una colonna di legno. Ricominciarono a baciarsi, ancora e ancora, senza smettere mai. Senza staccarsi, senza prendere fiato.

Le mani di entrambi conoscevano la strada da percorrere, e presto entrambi iniziarono ad ansimare dentro i baci infuocati. George toccò piano il seno, poi la pancia e infine le cosce della donna, alzandole una gamba e stringendola a sé. Lei reagì bene alle sue mani che si muovevano, ai suoi gesti, e ricambiò toccando le sue spalle, il tuo torace, la zona sotto il suo ombelico.

«B-basta... fermiamoci» disse George tra un sospiro e l'altro. «Non voglio che tu faccia cose di cui non sei sicura». Per lui era sempre stato importante che lei fosse consenziente, sicura di ogni azione che compieva, e ancora di più lo era in quel momento. Non voleva che facesse qualcosa di cui si sarebbe probabilmente pentita il giorno successivo.

«No. Non fermarti... ti prego» sussurrò mentre lo osservava con i suoi occhi grandi e languidi. «Ancora... per favore».


Disclaimer: presenza di contenuti sessuali

Non riuscirono più a resistere, e nel giro di qualche minuto i loro vestiti si trovarono a terra.

George con la bacchetta fece comparire un materasso coperto da un leggero lenzuolo e una coperta. Aiutò Isabelle a distendersi e poi la raggiunse, posizionandosi sopra e guardandola fisso negli occhi.

«Sei sicura, Bel? Per favore, voglio che tu mi dica se-»

«Ti prego... non farmi aspettare ancora... sono sicura. Ti voglio...»

Gli sembrava di sognare, ma quella era la realtà. E lui voleva viverla fino in fondo, ricordando ogni momento. Esitò per un secondo, incerto. Ma lei, come al solito, sembrò leggergli nel pensiero.

«Puoi stare tranquillo. Prendo ancora la pillola».

E all'improvviso, ogni cosa tornò al suo posto. Dopo tanti anni di malessere, anni in cui aveva sentito la mancanza di un pezzo di sé, finalmente George si sentì completo.

Entrò dentro di lei con delicatezza, e si sentì quasi esplodere dal piacere. Lo stesso piacere che vide immediatamente sul suo volto, rilassato e estasiato fin dalle prime spinte. Spinte che diventarono poi più veloci, passionali. Finalmente poté scorgere la sua Isabelle. La vide fragile e forte allo stesso tempo. La vide tremare come una foglia sotto il suo tocco, la vide sciogliersi nel piacere, la sentì morbida e dolce. Gustò l'asprezza delle gocce di acqua sparse su tutto il suo corpo, assaggiò le sue paure, le loro paure. Le leccò sul suo collo, sulle sue labbra, le assaporò su ogni centimetro di pelle esposta e bagnata. Le poté tastare stringendola, avvicinandola a sé e fondendo i loro corpi, fondendo le loro anime in un noi. Quelle paure forse avrebbero sempre fatto da contorno ma, promise a sé stesso, non avrebbero più ostacolato il loro amore.

«Sono tornato a respirare, finalmente...» disse, sussurrando al suo orecchio tra un gemito e l'altro. I suoni emessi da entrambi erano sincronizzati, e formavano una melodia unica, indescrivibile. Una musica che gli era mancata da morire.

Lei non rispose, ma non fu necessario. Spostò lo sguardo su di lui e lo scrutò, con quegli occhi così profondi, così pieni di dolore e di sofferenza, ma allo stesso tempo colmi di luce. Una luce che, era sicuro, non si era mai spenta del tutto dentro di lei. In quello sguardo erano racchiusi anni di parole non dette, di amarezza, di frustrazione. Anni di odio, anni di amore. Isabelle con un semplice sguardo comunicò tutto.

E George capì, capì che anche lei si sentiva completa, si sentiva piena. Finalmente potevano smettere di sentirsi due involucri vuoti, due metà di uno stesso tutto squarciate troppo presto.

Potevano essere di nuovo felici insieme.

«Ti amo così tanto amore mio...» soffiò lui sulle sue labbra.

Isabelle sgranò gli occhi, colpita. Dopo qualche secondo di silenzio, in cui lui temette di non ricevere risposta, la sua voce risuonò dolce. «Ti amo anche io... credo di non aver mai smesso di amarti».

Il cuore di George scoppiò dalla gioia. Finalmente era di nuovo a casa tra le sue braccia. E, stavolta, non avrebbe combinato di nuovo guai.

Non ti lascerò andare mai più, amore mio

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Il sole che entrava dalla grande finestra di legno del casolare lo costrinse a coprirsi gli occhi con un braccio.

Aprì piano le palpebre, osservando l'ambiente intorno a sé. Ci mise qualche secondo a realizzare dove si trovasse e perché, ma quando lo fece il suo cuore scoppiò di felicità dal petto.

Non poteva credere a quanto era successo la notte prima. Isabelle finalmente era di nuovo, completamente sua. Aspettava quel momento da anni. Lo aveva desiderato ardentemente ogni notte prima di andare a dormire, ogni volta prima di iniziare a scolarsi una bottiglia o comprare droga, ogni volta che vedeva le effusioni delle coppie intorno a lui.

Ma finalmente si sentiva pieno, appagato. Felice.

Con quella stessa felicità si voltò, volendo abbracciare la donna della sua vita. Voleva coccolarla, baciarla, stringerla di nuovo a sé. Farle capire fin da subito che gli errori del passato non si sarebbero ripresentati, non avrebbe sbagliato di nuovo. Non l'avrebbe fatta scappare.

Un grande cratere, però, si formò al centro del suo petto.

Perché Isabelle era sparita di nuovo.

Era scappata. E lui si sentì, come sempre, completamente sperso e spaesato senza di lei.

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Wow. Che altalena di emozioni. Sappiate che per me scrivere questi due capitoli da punti di vista diversi è stato difficile, davvero difficile. Mi sono sentita in balia delle stesse forti emozioni provate da Bel e George... Non è stato facile. Ma spero che abbiate provato anche solo un pizzico di ciò che ho provato io nella stesura.

Cosa ne pensate?

E chissà, adesso, cosa riserverà il futuro per i due protagonisti... Avete qualche teoria? Se vi va, fatemi sapere qua❤

Un abbraccio, vostra Giulia

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