XV
Regrets collect like old friends
Here to relive your darkest moments
I can see no way, I can see no way
And all of the ghouls come out to play
And every demon wants his pound of flesh
But I like to keep some things to myself
I like to keep my issues strong
It's always darkest before the dawn
And I've been a fool and I've been blind
I can never leave the past behind
I can see no way, I can see no way
I'm always dragging that horse around
«Ehi, Pel di carota!»
Fred fece finta di non sentirlo, come faceva d'altronde da cinque anni a quella parte. Si sistemò sulla grande scalinata in pietra a fianco della scuola, guardandosi intorno e chiedendosi dove fossero Jamie e Mark. Stava aspettando da quasi un quarto d'ora che arrivassero per entrare insieme, ma di loro non c'era traccia.
«Ehi, lentigginoso. Parlo con te!»
La figura imponente di Martin lo sovrastò. «Sei diventato sordo, oltre che un mostro? Su, dai... fammi vedere cosa hai nelle tasche» disse con un ghigno sul volto.
«M-martin... mi puoi lasciare in pace?» chiese Fred titubante.
Si sarebbe dovuto aspettare lo scappellotto che gli arrivò dietro la testa, d'altronde conosceva quel bullo dalla prima elementare. Ma la paura si impossessò comunque di lui. Dov'erano i suoi amici? In quel momento avrebbe avuto bisogno di loro più che mai. Lo avevano sempre difeso, e l'ultima volta che aveva provato ad infastidirlo, Jamie aveva spintonato Martin in una pozza di fango nel cortile della scuola. Da quel momento gli era sempre stato a debita distanza, lanciandogli occhiate torve, ma senza avvicinarsi mai.
Un pensiero si fece strada in lui. Forse si era di nuovo fatto avanti perché era solo. Non aveva la protezione di cui necessitava, ed era vulnerabile, pieno di nervi scoperti pronti ad essere feriti. La preda perfetta per quel bulletto di quartiere.
«Dai, non farmi perdere tempo! Tra poco suonerà la prima campanella e non voglio fare tardi» disse diventando serio. «Dai, su... svuota le tasche».
Come un automa, Fred obbedì. Sapeva che era la cosa migliore da fare, se voleva evitare qualcosa di molto, molto peggio.
«Oh, guarda! La mammina ti ha dato dieci dollari! Bene, questi sono miei.»
«M-mi servono... per favore!» implorò.
«Servono anche a me!» disse Martin, prima di essere distratto dal lungo trillo, indicante l'inizio delle lezioni. «Io vado dentro, tu se vuoi vai a piangere da mammina e paparino! Oh, dimenticavo» esclamò, mentre un lampo di cattiveria passò nei suoi occhi. «Vai a piangere solo dalla mamma, che il papà chissà dov'è, forse con un'altra moglie, magari con altri figli! A cui sicuramente vuole più bene che a te, voglio dire, ti sei visto? Quei capelli... figlio del diavolo!» terminò la sua frase con una grassa risata e finalmente lo lasciò da solo, con le lacrime agli occhi e un buco profondo al centro del petto.
Si sentiva annullato, disastrato. E non poteva nemmeno contare sull'aiuto dei suoi familiari per uscire da quella situazione. Non aveva mai vuotato il sacco con loro, troppo spaventato, troppo impaurito per le conseguenze delle sue confessioni. E anche quando i suoi amici finalmente lo raggiunsero, scusandosi per il ritardo del pullman, non disse niente. Si tenne dentro quel peso, che si andò ad aggiungere a tutti quelli vissuti nel corso della sua breve vita.
Le lacrime bagnavano il suo piccolo volto e gli offuscavano la vista. Continuarono così, senza freno, mentre arrancava per i corridoi della scuola. Si sentiva stanco, disperato. Nella sua testa continuavano a riproporsi i flash di qualche momento prima. L'arrivo di sua madre, la sua confessione. La presenza di quell'uomo.
L'uomo che aveva detto di essere suo padre.
Scosse la testa, arrabbiato e incredulo. Non poteva credere a ciò che aveva appena vissuto.
Un padre.
Dopo tutti gli anni passati a soffrire, passati a piangere in silenzio per non disturbare la già precaria quiete tra sua madre e Lucas, passati a cercare di nascondere il suo malessere per quell'assenza, finalmente aveva ottenuto ciò che voleva. Sarebbe dovuto esserne estremamente felice.
Se è quello che voglio, allora perché sento questo dolore così forte al centro del petto?
Forse il suo stato d'animo era dovuto al tradimento da parte di sua madre. Venire a sapere che aveva nascosto quel segreto per così tanto tempo... gli faceva salire su la bile, e dovette resistere all'impulso di vomitare tutto ciò che aveva mangiato quella mattina a colazione.
La sua mamma era sempre stata il suo punto fermo, l'unica certezza in un mare di confusione. L'ancora a cui si aggrappava. E adesso che lei lo aveva pugnalato alle spalle in quel modo, Fred sentì di nuovo la terra mancare sotto ai piedi.
Scese di corsa le scale, arrivando al secondo piano. Le lacrime continuavano a scendere e avevano iniziato ad inzuppargli il colletto della camicia. Fred iniziò a sentire il tessuto che stringeva, sia al collo che sui polsi, ed ebbe come la sensazione di essere strozzato e legato con due corde allo stesso tempo. Si sbottonò velocemente, cercando di incanalare aria nei polmoni, ma sembrava tutto inutile. L'aria non riusciva a terminare il suo percorso, bloccandosi in gola.
Asciugandosi le lacrime con la manica, si rese conto di essere arrivato davanti ai bagni maschili del secondo piano. Spinse con forza la porta di ingresso e si buttò dentro uno degli scompartimenti, sedendosi poi affranto per terra.
I singhiozzi continuarono a scuotere il suo corpo per diversi minuti, mentre dentro di lui si fecero strada mille emozioni diverse. La prima e la più forte era la rabbia. Rabbia verso la vita, che sembrava non volerlo lasciare in pace. Rabbia verso le centinaia di pensieri che affollavano la sua mente. Rabbia verso sua madre, per non aver parlato con lui, per non aver comunicato della sua esistenza al suo vero padre.
Valgo davvero così poco, per arrivare addirittura a nascondermi a lui per undici anni?
Subito dopo provò sconforto, per essere cresciuto senza una figura essenziale. Certo, Lucas era sempre stato presente per lui, ma sapeva che non era la stessa cosa. Come fare a crescere in serenità sapendo che la persona che ti rimbocca le coperte al posto di tua madre non è davvero tuo padre?
E infine, provo pena. Pena verso sé stesso essere così debole, per essere così sensibile.
«Basta!» esclamò disperato tra le lacrime. «Basta!»
Appoggiò affranto la testa alle ginocchia. Come poteva anche solo pensare di affrontare quella situazione? Era tutto troppo grande per lui, e percepiva quello che stava vivendo come un macigno insormontabile. Si chiese cosa fosse passato in mente a sua madre e a quell'estraneo. Piombare così, senza preavviso, sconvolgendolo e scandalizzandolo aveva solo peggiorato le cose. Si sentiva perso, confuso. Cosa avrebbe dovuto fare? Dare una possibilità a quell'uomo?
Il mio nome è George... George Weasley.
Chiuse gli occhi e sospirò. Le sue teorie erano state in parte confermate, e adesso tutto sembrava combaciare. Il Cappello Parlante e ciò che aveva detto riguardo ai fratelli Weasley, la sua somiglianza con il ragazzo morto nella guerra magica e presente sulle figurine. La stessa somiglianza che, nonostante il breve scambio e i capelli di un diverso colore, aveva notato in maniera impressionante in quella persona.
E all'improvviso, ricordò le parole di Alec. Hai anche trovato la figurina di mio zio Fred! Sai, mio zio George ha sofferto tanto per la sua morte...
Si era sbagliato. Suo padre non era il giovane mago che era stato commemorato da tutti loro... era suo fratello. In quel momento, una certezza lo colpì. La sua vita era stata tutta una menzogna.
Tu chi sei, veramente?
«Fred? Fred sei qui?»
La voce di Alec gli arrivò ovattata alle orecchie, ma la riconobbe subito. Non era felice della sua presenza. Aveva bisogno di metabolizzare, di poter esternare il peso sul suo cuore in solitudine.
«Lasciami in pace! Vai via! Voglio stare solo!» urlò con voce tremante.
La porta del bagno si aprì lentamente, scoprendo un volto dai tratti chiari sorpreso e preoccupato.
«Ma che diavolo è successo? Ti ho visto scappare via di corsa!» disse, accucciandosi di fronte a lui nello spazio angusto.
«N-niente... non è successo niente» rispose Fred, mentre tirava su con il naso.
«Beh, questo non mi sembra proprio niente... dai, sputa il rospo.»
«Ti ho detto che non è successo niente!» esplose in modo rabbioso, per poi ricominciare a piangere appoggiando la testa alle ginocchia.
Dopo qualche secondo percepì una mano che gli accarezzava un braccio. «Fred... lo sai che con me puoi parlare di tutto. Non dirò niente a nessuno, nemmeno a Vic o Teddy. Ma non è vero che non è successo niente. Dai... parlami».
Alzò lo sguardo e annuì lentamente. «E- e va bene... ma non so come dirti questa cosa...»
«Tu prova. Posso resistere a tutto, lo sai!»
Quanto si sentiva fortunato. In Alec aveva trovato davvero un amico fidato, un fratello...
Se tu sei figlio di quel George...il Professor Weasley è tuo zio...e Alec è tuo cugino.
Quel pensiero lo colpì come un onda. Non aveva ancora collegato tutti i pezzi, e forse la sua giovane e acerba mente faceva ancora fatica ad accettare la dura e cruda verità. Lui e Alec erano imparentati. Con la voce scossa cercò di esternare quelle informazioni che, era sicuro, avrebbero sconvolto anche il suo amico.
«Avevi ragione. Mia mamma non è venuta qua per la faccenda di Teddy... è venuta qua per parlarmi...» disse tirando su con il naso ancora una volta. «All'inizio non capivo cosa volesse dirmi, ha detto che ci sono tante cose che non so, ha parlato di "azioni che gli adulti compiono e che feriscono i bambini" ... insomma, ero confuso. E poi... e poi ha sganciato la bomba.»
«In che senso? Quale bomba?» chiese Alec, mentre la confusione si palesava sul suo volto.
Fece un grosso respiro e prese coraggio. Era inutile continuare a portarsi dentro quel peso da solo. E se c'era una persona di cui sentiva di fidarsi ciecamente in quel momento era il ragazzino biondo davanti a lui.
«Ha detto che mi ha mentito... da quando sono nato. Non è vero che mio padre non ha voluto avere niente a che fare con noi, non è vero ciò che ho pensato per anni... e cioè che non mi volesse, che non mi amasse. Mio padre non ha mai saputo niente di me! Non sapeva che mia madre era incinta, non sapeva che io fossi nato... era all'oscuro di tutto...»
«Che cosa? Oh, Freddie... mi dispiace così tanto». Gli occhi di Alec si inumidirono, e in automatico strinse ancora di più la presa sul suo braccio. «Deve essere stato un durissimo colpo per te... davvero, non riesco a immaginare come tu ti possa sentire.»
«E non è questo il peggio...»
«Che intendi?»
«Intendo dire che... Alec, io non lo so se sei pronto per questa cosa... non so come potresti reagire» disse Fred impanicato. In quel momento il suo amico gli stava fornendo un sostegno fondamentale, e non se la sentiva di sconvolgere anche il suo animo, la sua tranquillità. In più, non credeva che avrebbe sopportato che si allontanasse da lui. Aveva bisogno di quello che stava iniziando a considerare il suo migliore amico.
«Fred, adesso mi fai spaventare. Avanti, dimmi cosa è successo dopo?»
Anche se titubante, si decise a sputare il rospo. Ormai era in ballo, e doveva ballare. «Tuo zio George...»
«Che ha fatto? Che ci faceva lì con voi, a proposito? Ho provato a chiedere a mio padre lì fuori, ma era irremovibile! Non ha voluto dirmi niente!»
«Ha detto di essere mio padre» sputò in un soffio.
«C-c-come?» chiese Alec incredulo. «No, aspetta... zio George non ha mai avuto figli, è impossibile! Ha avuto una fidanzata tanti anni fa, però lei se ne è andata tanto tempo fa via da Londra! Sai, me ne ha parlato mia mamma. Una volta l'ho trovata in camera che piangeva, stava tenendo in mano una foto di lei e questa sua amica e mi ha spiegato un po' cosa era successo... aspetta, come si chiamava? Me lo ha anche detto...»
«Si chiamava per caso Isabelle?» chiese Fred in un tentativo che, sperava vivamente, non sarebbe andato in porto. Perché se così fosse stato, gli avrebbe dato la conferma che l'incubo che stava vivendo non era davvero realtà.
«Sì, esatto! Era proprio quello il nome! Ma tu come fai a-» Alec si interruppe, cambiando espressione. «Oh... oh, accidenti...» disse quando finalmente il suo cervello processò l'informazione. «Isabelle... è il nome di tua madre.»
«Quindi è davvero mio padre...» disse Fred con tono basso.
«Freddie... so che è un duro colpo per te. Capisco che tu sia sconvolto. Credimi, lo sono anche io! Questa cosa è assurda. Ma se davvero zio George è tuo padre... ci sono una serie di risvolti positivi che dovresti considerare» disse Alec in modo serio. Fred annuì, invitandolo a continuare. «Prima di tutto, potrai finalmente recuperare ciò che hai sempre voluto! Ti ricordi la sera della scorsa settimana, in Sala comune? Sei stato tu a dirmi che avresti pagato qualsiasi cifra pur di vedere tuo padre, anche una volta sola. E adesso potrai passarci tanto tempo insieme!» concluse con un sorriso. «Inoltre, zio George è una persona magnifica, stupenda! Io, Vic e Teddy lo adoriamo, come metà della scuola! Ci sono un sacco di leggende su lui e lo zio Fred che girano per la scuola, insomma... tuo padre sarebbe un figo!».
Il tono di voce allegro di Alec provocò una risata anche in lui.
«E poi, ultimo ma non meno importante... questo significa che siamo cugini, e che anche Vic è tua cugina! Insomma... entreresti a far parte della famiglia Weasley! Non sei felice?»
Fred sentì il sorriso spegnersi sul suo viso. Abbassò di nuovo lo sguardo, mentre una stilettata di dolore si impadronì di lui, allargandosi e inglobando il suo cuore. «Oh... beh, non so se potrei farne parte. Insomma, anche se è mio padre... non è che posso piombare così, all'improvviso in mezzo a voi.»
«Ascolta, Fred». Alec si avvicino e gli alzò il viso delicatamente. «Sicuramente è normale che tu abbia paura. Ma non devi temere. So che non conosci la mia, anzi la nostra famiglia... ma fidati quando ti dico che potrai farne parte senza problemi» continuò sorridendo dolcemente. «Mio padre qualche anno fa mi ha detto una cosa che mi è rimasta impressa in mente. Mi ha detto "Non temere, Alexander. All'interno di questa famiglia l'amore si moltiplica, e non mancherà mai", e credo che abbia davvero ragione. Vedrai, presto lo capirai anche tu!»
Fred annuì, in parte rincuorato dalle parole di Alec. La rabbia in quel momento sembrava essersi placata, lasciando il posto solo ad una grande amarezza e malinconia.
«Che ne dici, torniamo dagli adulti? Credo che tu debba parlare con calma con tua mamma... e con tuo papà!»
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
Seduto di nuovo nell'ufficio del Professor Weasley, Fred si sentiva profondamente imbarazzato.
«Amore... ti prego, parlami...»
Isabelle, seduta di fronte a lui, continuava a cercare un contatto. Si sporse in avanti cercando di prendergli la mano, ma lui si scansò dopo averla guardata in modo torvo.
Era ancora troppo presto, la sua ferita era ancora troppo fresca, bruciante. L'unica certezza che aveva nella sua vita era appena crollata e aveva bisogno di tempo per metabolizzare tutta la marea di informazioni ricevute quel giorno.
Sua madre si tirò indietro e si risistemò sulla sedia, portando una mano alla bocca. Cercava di frenare le lacrime e i singhiozzi, ma senza particolare successo.
Fred si sentì colpevole. Non poteva tollerare di vedere la sua mamma ridotta in quello stato, ma non poteva nemmeno forzarsi a fare qualcosa contro il suo sentire. Lei aveva sbagliato e la rabbia dentro di lui non sembrava accennare a diminuire.
«F-fred... ti senti meglio?» gli chiese l'uomo con i lunghi capelli neri. Si trovava in piedi dietro Isabelle, e mentre gli parlava passava una mano delicatamente sulla schiena di lei. Non sapeva perché, ma quel gesto non gli dette fastidio. Sembravano molto intimi, molto legati, e questo lo rincuorò.
Annuì semplicemente, senza aprire bocca.
«So che è tanto da accettare... siamo piombati qua, e ti abbiamo buttato addosso un carico non indifferente. Mi dispiace... ci dispiace molto se stai soffrendo. Comprendiamo il tuo stato» disse George, guardando Isabelle. «Ma ti prego, cerca di darci la possibilità di spiegarti per bene cosa è successo... facci spiegare il perché dietro a certe azioni che abbiamo compiuti entrambi, sbagliando nel modo più totale». Un lieve sorriso comparve in lui e a Fred venne naturale rispondere, così come qualche ora prima.
Dopo un lungo silenzio, Fred si decise a rispondere. «V-va bene» disse senza incrociare lo sguardo di quell'uomo. «Ma non voglio parlare con lei» disse indicando sua madre. «S-solo... solo con te».
La sua esclamazione provocò una nuova crisi in Isabelle, che si alzò in piedi e iniziò a girare per la stanza in modo nervoso. Fred vide che il suo petto si alzava e si abbassava in maniera incontrollata e che il suo respiro si era fatto più pesante, più grave. Una profonda paura lo colpì. Aveva visto sua madre stare male una sola volta nella vita. L'episodio della ferita di qualche settimana prima lo aveva scosso così tanto che non sapeva se avrebbe retto di nuovo a vederla soffrire.
«Bel... ascoltami» esclamò George posando le mani sulle sue spalle. «Adesso cerca di calmarti, ok? Fai come l'ultima volta, inspira lentamente... espira... così, brava...adesso va meglio?». Posò una sul volto di sua madre e lo accarezzò dolcemente. Lei sembrò tranquillizzarsi un pochino. «È naturale che reagisca così, forse sarei arrabbiato e spaventato anche io, al posto suo... lasciami fare, lasciami parlare con lui adesso. Sono sicuro che poi gli passerà» disse in un sussurro, ma che Fred riuscì a percepire. «Lasciami tentare...»
Isabelle fece un lungo sospiro tra le lacrime e annuì, anche se incerta. Si avvicinò a Fred e si accucciò alla sua altezza. «So che adesso mi odi, lo comprendo. Spero che tu potrai perdonarmi un giorno per tutte le bugie che ti ho raccontato. Ma se c'è una cosa su cui non ti ho mai mentito è l'amore che provo per te. Sei tutta la mia vita, Freddie... ti amo immensamente, e lo farò per sempre». Gli lasciò un bacio sulla fronte, e lui non si ritrasse da quel contatto. Le parole di sua mamma gli avevano smosso qualcosa dentro, ed erano riuscite in parte a superare la barriera di freddezza creata dalla rabbia e dalla delusione. Forse si intravedeva uno spiraglio di luce per loro, ma aveva bisogno di tempo.
Dopo uno sguardo di intesa con George, Isabelle uscì mestamente dalla stanza, lasciandoli soli.
«Come ti stai trovando ad Hogwarts?» chiese l'uomo di fronte a lui, dopo un silenzio che parve durare un eternità.
«B-bene... cioè, all'inizio è stato un po' difficile ambientarsi, capire come muoversi... ma Alec mi ha aiutato tanto» rispose timidamente.
«È un ragazzo davvero meraviglioso, sono molto felice che abbiate stretto così amicizia, e sono felice anche che ti trovi bene con Vic e Teddy. Sono tutti Tassorosso esemplari» disse George con gli occhi sorridenti. «E a quanto vedo, lo sei anche tu!»
«Il giorno dello smistamento il Cappello Parlante mi ha parlato di te e di tuo fratello» disse senza preavviso.
La sua esclamazione fece sbiancare l'uomo. Iniziò a contorcersi nervosamente le mani. «S-sì... Charlie, ehm voglio dire il Professor Weasley me lo ha detto. Mi dispiace molto... sarai stato confuso, spaesato.»
Fred annuì. «Sì. Lo ero... e ogni giorno mi sono scervellato, soprattutto dopo la cerimonia commemorativa per i caduti della Guerra Magica. Ho pensato di avere una qualche connessione con... Fred, il ragazzo che c'era anche sulle figurine.»
«Mio fratello gemello» disse George con la voce spezzata. «Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare questi dubbi e queste incertezze da solo. Ma adesso sono qui... siamo qui entrambi, sia io che tua madre. E voglio spiegarti un po' di cose.»
George si spostò, andandosi a sedere di fronte a lui nel posto lasciato vuoto da Isabelle. I loro sguardi si incastonarono per qualche secondo e Fred si rese conto che sia la forma che il colore erano praticamente identici, in tutto e per tutto, ai suoi.
«La nostra storia d'amore è stata veramente indescrivibile. Sai di mio fratello Fred, che è morto nel 1998 per salvare il mondo magico dalla distruzione, e sai anche di Stella... giusto?»
Fred annuì.
«Beh, io e Isabelle siamo stati la nostra salvezza reciproca. Inizialmente eravamo solo amici... amici che si sostenevano in uno dei momenti più difficili della nostra vita. E poi... non siamo più riusciti a nascondere i nostri sentimenti. Lei è stata l'unica persona di cui io mi sia perdutamente innamorato... ero pazzo di lei. E credo di poter dire con fermezza che anche lei era pazza di me. Solo che... eravamo giovani, e tanto sciocchi. Eravamo dei ragazzini che giocavano a fare gli adulti... e non è andata a finire bene. Ho travisato alcuni atteggiamenti di tua madre e, beh... mi hanno portato a delle scelte davvero infelici. Mi vergogno molto di ciò che ho fatto, ma adesso almeno riesco a parlarne senza sentirmi morire dentro.»
«Che cosa hai fatto?» chiese Fred, a metà tra l'intimorito e l'incuriosito.
George abbassò lo sguardo a terra. Poi, con voce flebile confessò. «L'ho tradita con un'altra donna, e lei mi ha scoperto. Le ho fatto tanto male, Fred. Le ho causato un dolore impossibile da sostenere, ed è per questo che se ne è andata e mi ha nascosto tutto... con questo non voglio cercare di giustificarla, sia chiaro. Voglio solo cercare di spiegarti che dietro ad atteggiamenti che ti sembrano inspiegabili c'è quasi sempre una spiegazione razionale. Isabelle si è difesa, e nel farlo ha commesso un grave errore che si è ripercosso su di te. Ma non credo che dovresti odiarla, o essere arrabbiato con lei. Ti ama immensamente, e l'ho notato dal modo in cui ti ha guardato e ti ha stretto a sé questa mattina. Sei tutta la sua vita, e se perdesse anche te... credo che crollerebbe definitivamente» concluse, sforzandosi di sorridere.
«I-io... non so come fare a farmi passare questo buco al centro del petto. È difficile da spiegare... ma ho sofferto tanto per le sue bugie. Ho sempre pensato che non fossi abbastanza buono... abbastanza per essere amato da lui..., ehm, per essere amato da... te».
Il volto di George si addolcì. «Oh, Fred... non devi assolutamente pensare certe cose. Anche se ci conosciamo da qualche ora io sento già di volerti un grande bene. E sei un ragazzo fantastico... penso che sia impossibile non amarti. Ma capisco il tuo punto di vista, ed è comprensibile. Sono sicuro che per quel buco nero si possa fare qualcosa... fidati, ormai sono un esperto di certe cose!» disse ridendo.
«Che intendi?»
«Penso che in certe occasioni e con certe sensazioni ci sia solo una cosa da fare, per far sì che diminuiscano di potere».
Uno sguardo interrogativo si dipinse sul volto di Fred. «Cioè?»
«Cioè... credo che non ci sia cura migliore per un animo ferito che del sano divertimento e tanta, tanta dolcezza... sotto forma di cibo! Hai mai sentito parlare di Hogsmeade e di Mielandia?»
⸞⸞⸞⸞⸞⸞
Fred si aggirava tra gli alti scaffali verdi del negozio di dolciumi, estasiato e meravigliato. Si spostava piano, osservando ogni prodotto conservato in essi.
«Che dici, ti piace?» gli chiese George pieno di speranza. «Ti sembra di stare meglio?»
Fred fece un cenno impercettibile con il capo. «S-sì... grazie» disse ritornando più serio. «Grazie di avermi portato qua».
«Non devi ringraziarmi, l'ho fatto volentieri. E adesso, dimmi! Cosa scegli? Io credo che mi prenderò... delle Api Frizzole e delle Cioccorane. Sono sempre state le mie preferite, fin da bambino... con mio fratello ne mangiavamo a secchiate intere» esclamò sorridendo. «E tu?»
Fred esitò per qualche secondo. «I-io... nelle fretta di uscire dal Castello non ho portato con me del denaro, quindi... credo che non prenderò niente».
Sua madre gli aveva sempre insegnato a non approfittare della gentilezza degli altri, e per questo le era grato. Le aveva sempre trasmesso dei sani principi: non essere superbi, avari, non approfittarsi di chi si dimostrava disponibile e non dire bugie. Pensò a quanto fosse strano quel paradosso. Gli aveva insegnato tutto quello che sapeva, tutto ciò su cui aveva basato la sua persona e il suo modo di essere, nascondendo però lei stessa degli enormi scheletri nell'armadio, delle enormi bugie che li avevano portati a quel punto.
«Non essere sciocco, non devi preoccuparti. Prendi tutto quello che vuoi, ci penso io» rispose George guardandolo dritto negli occhi.
Fred si sentì trapassare da quello sguardo, che sembrò scrutarlo fino in fondo alla sua anima. Cercò di ricomporsi, prima di balbettare uno strozzato: «O-ok... grazie». Scelse velocemente delle Cioccorane e delle Gomme Bolle Bollenti e, seguendo l'uomo, si avvicinò alla cassa.
«Ehilà, George! Come te la passi? Che ci fai qua?» gli chiese un omino alto e magro e con indosso un buffo cappellino di lana rosa chiaro. «E chi è questo giovanotto?» chiese osservandolo da dietro la cassa.
«Ciao Ambrosius, va tutto bene, grazie. Lui è...»
George si interruppe, grattandosi la nuca imbarazzato. Fred lo vide arrossire lievemente.
«Lui è un amico di famiglia, aveva bisogno di tirarsi su... e quale posto migliore se non Mielandia? Prendiamo queste cose» terminò George, affrettandosi a pagare e a uscire.
Fuori dal negozio tra di loro calò un silenzio pesante, difficile da gestire. «Fred... mi dispiace molto non aver detto la verità, là dentro. Non volevo crearti imbarazzo, non volevo appesantire la situazione... scusami, spero di non averti ferito ulteriormente» disse George, mentre camminava uno a fianco all'altro per le strade del piccolo paesino.
«N-no... non importa. Non fa niente» rispose spostando lo sguardo lateralmente e addentando uno dei dolcetti appena acquistati. «A proposito... grazie per avermi offerto questi. Appena rientriamo ti restituirò tutto-»
«Non dirlo neanche per scherzo. Tu non devi restituirmi niente! È... è stato un piacere per me. Passare un po' di tempo insieme per me è una grande opportunità... credevo che non avresti voluto nemmeno parlarmi, guardarmi. Grazie, Fred... grazie di avermi dato questa possibilità».
«All'inizio credevo che mio padre fosse il ragazzo delle figurine, insomma... tuo fratello... il ragazzo che ha il mio stesso nome» disse dopo qualche minuto di silenzio. «Ma... poi ci ho pensato. Lo so che sono piccolo... ma una collega di mamma e Lucas l'anno scorso è rimasta incinta, e zia Beth mi ha spiegato un po' di tempistiche... ovviamente quando eravamo solo noi due, anche perché non credo che mamma avrebbe accettato di spiegarmi certe cose...»
A George scappò una risatina. «Beth non si smentisce mai!»
«La conosci?»
«Certo... la conosco da tanto tempo, e l'ho vista in uno dei momenti più bui della sua vita. Adesso invece è felice... credo che il merito sia un po' anche tuo» disse sorridendogli.
Fred arrossì. «Ad ogni modo...ho fatto due conti. E ho capito che era impossibile... insomma se lui è morto nel 1998... non poteva essere mio padre. E continuavo a non capire... poi siete arrivati voi» disse mettendo in bocca l'ultima Cioccorana. Erano quasi arrivati al limitare del paese e davanti a loro si stagliava la strada lastricata in pietra che, dopo un lungo cammino, li avrebbe riportati al Castello.
«Io... io non so cosa pensare. Sono così triste... mi sento così arrabbiato con mamma... non so come fare a farmi passare questa orribile sensazione. Ma sento che... sono curioso. Curioso di sapere bene cosa è successo prima che io nascessi... curioso di conoscerti» disse con lo sguardo rivolto verso George. «E spero che questo dolore che provo prima o poi vada via...»
L'uomo di fronte a sé rimase come freddato di fronte a quelle parole, ma poi sorriso ebete comparve sul suo viso. «Io... io ne sono immensamente felice, Fred. Spero che presto potremo recuperare il tempo perso... vedrai, ci divertiremo molto. E sono sicuro che presto starai meglio... ti faremo stare meglio. Comunque...che ne pensi di rientrare? Va bene che la preside ci ha dato il permesso di farti venire qua anche se sei al primo anno, ma non vorrei approfittare troppo della sua bontà!» disse ridendo George.
Fred si sentì, per la prima volta da quella mattina, un po' più sereno. Certamente non conosceva l'uomo di fronte a lui, ma si era sempre fidato delle sue sensazioni. E quella percezione viscerale gli diceva di lasciarsi andare, di aprirsi di fronte a quella nuova, imperdibile opportunità.
Probabilmente ci sarebbe voluto un po' di tempo per non essere più arrabbiato, rancoroso per tutti i segreti che avevano connotato i suoi undici anni di vita. Ma sentiva dentro di sé che era arrivato il momento di mettersi in gioco, alla ricerca di quella felicità che poche volte era riuscito a scovare. Alla ricerca di quell'amore che aveva agognato da sempre.
L'amore di suo padre, l'amore della sua famiglia, finalmente e completamente riunita.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top