XLV
So che i tempi tra un capitolo e l'altro sembrano infiniti, e mi scuso per queste attese. Ma spero che questo capitolo riesca a coinvolgervi come ha coinvolto me nello scriverlo.
Buona lettura! ❤️
Oliver si arrabbiò moltissimo non appena vide Verity arrivare al portone di ingresso, seguita dalle due persone a cui era stato proibito nella maniera assoluta di uscire.
«E se la McGranitt se ne accorge? O peggio, se George e Charlie se ne accorgono?» esclamò infuriato, rivolto a Verity. «Se dovesse succedere loro qualcosa? Ci hai pensato almeno per un secondo?»
«La preside in questo momento sta facendo il giro dei vari dormitori per assicurarsi che tutti gli studenti siano sigillati all'interno delle loro camera, al sicuro da ogni attacco. E per Charlie e George-»
«Mi uccideranno, io lo so! George mi odia per tutta la storia di Angelina, e adesso mi odierà anche per questo! Sei pazza, Verity!»
«Oliver, non devi preoccuparti di niente. Ai nostri mariti possiamo pensare da sole. E adesso, se non vi dispiace, possiamo andare? Vorremmo ritrovare i nostri figli» si intromise Isabelle tra i due, impaziente.
Oliver non rispose, ma rivolse a Verity uno sguardo carico di angoscia. La ragazza provò a giustificarsi, ma non ne ebbe il tempo materiale. Oliver, infatti, si diresse a passi pesanti verso il portone senza ascoltarla, ma anche uno stolto sarebbe riuscito a percepire la tensione e la rabbia che il suo corpo emanava.
Il gruppo di cui facevano parte Verity e Oliver si era suddiviso a sua volta in tre sottogruppi, per scandagliare meglio e in modo più veloce le tre zone intorno alla scuola. L'Auror che accompagnava i due maghi, in attesa appena fuori dalle mura scolastiche, non fu felice della presenza di Isabelle e Sammy, ma il tempo ormai stava scorrendo inesorabile e restava poco spazio per le obiezioni. Dopo aver fatto il giro del Lago Nero e di tutti gli anfratti nascosti in cui dei bambini si sarebbero potuti nascondere per scappare alle grinfie dei Mangiamorte, i cinque si fermarono proprio di fronte alle acque, riflettendo sul da farsi. Stavano per ritornare indietro per ricongiungersi con l'altro gruppo, quello composto da Ron, Hermione e un altro Auror del Ministero quando videro un fascio di luce argentea rischiarare la foschia mattinata. Un grande cervo si presentò davanti ai loro occhi, pronunciando poche parole che fecero rabbrividire tutti. «Abbiamo bisogno di rinforzi nella Foresta Proibita».
«Q-questa è la voce di Harry...» disse piano Sammy.
Verity e Oliver si scambiarono un'occhiata e poi si rivolsero verso le due donne. «Dovete tornare al Castello, subito!» disse lui, angosciato.
«Non pensarci neanche, Oliver! Non adesso che sappiamo che George e gli altri sono in pericolo!» continuò Sammy.
«Avranno trovato i bambini! Andiamo, non c'è tempo da perdere!» esclamò Isabelle, in preda al panico.
«Nemmeno per sogno! Sarà un suicidio!» ruggì Oliver, completamente rosso in viso.
«Mettereste a rischio la vostra vita!» fece eco l'Auror del Ministero che li accompagnava.
«Non capite che così stiamo perdendo tempo prezioso per salvare la vita ai nostri figli?» si intromise Sammy, livida di rabbia. «Andiamo, ora!» urlò, facendo trasalire i presenti.
Verity fece un cenno di assenso a Oliver che, seppur ancora riluttante, acconsentì. Si mossero velocemente, raggiungendo di corsa dopo poco l'ingresso della Foresta Proibita. Nonostante fosse tarda mattinata, i grandi alberi secolari e le fitte fronte di quel luogo non permettevano alla luce di filtrare. Isabelle, osservando il buio intorno a sé e al piccolo gruppo che avanzava veloce e compatto, sentì i brividi percorrerle la schiena. Aveva sentito molti racconti su quel lugubre luogo da parte di Fred, più che altro leggende tramandate tra le mura del castello e dagli studenti più grandi a quelli più piccoli. Ma ritrovarvisi all'interno era tutta un'altra cosa.
Non pensare alla paura, pensa per quale motivo stai affrontando tutto questo. Per Stella ero presente fisicamente, ma non sono stata una madre abbastanza buona... e non in grado di proteggerla. Non mi permetterò di fare lo stesso errore con Fred. Lui è la mia essenza, la ragione per cui continuo a vivere, e per proteggerlo farei di tutto... anche donare tutta me stessa. Anche donare la mia vita.
I suoi pensieri furono interrotti da un cenno con la mano da parte di Oliver, capofila di quel gruppo di ricerca. Tutti si fermarono ad osservare il terribile spettacolo che si stava stagliando di fronte ai loro occhi. Lampi, scintille, suoni assordanti riempirono lo spazio di quella radura così spaventosa. Isabelle vide quasi tutto a rallentatore, compresi i movimenti di una battaglia in cui erano coinvolti quelli che, fino a poche ore prima, erano i suoi amici, suoi parenti, suo marito. Si trovavano al centro dell'enorme radura di fronte a loro, circondati da un numero imprecisato di Mangiamorte, tutti incappucciati, e da una serie di animali che riconobbe essere Centauri, quelli che gli aveva mostrato Fred su uno dei suoi libri di Cura delle Creature Magiche.
Un nuovo lampo di luce scagliato alla sua destra la ridestò, facendola concentrare sul mittente dell'incantesimo di attacco: George. Si stupì della velocità, della sinuosità e della leggerezza con cui sembrava muoversi tra i nemici, lanciando incantesimi su incantesimi, parandone e deviandone altri. Si stupì della letalità dei suoi movimenti, con cui stava buttando giù come birilli quegli uomini incappucciati, probabilmente gli stessi che l'avevano attaccata poco tempo prima a Diagon Alley. Nei movimenti dell'uomo che amava riconobbe la rabbia che lo sospingeva da tanto, troppo tempo. Vi riconobbe la vendetta per un fratello strappato troppo presto e troppo ingiustamente alla vita, la rabbia di un giovane ragazzo a cui il cuore era stato strappato via dal petto senza anestesia, e la rabbia di quel giovane ragazzo diventato ormai uomo, ma con la stessa profonda, incolmabile ferita dentro sé.
«Dovete nascondervi, subito!» esclamò allarmata Verity, sospingendole con forza verso alcuni alberi molto grandi. «Restate qua e non muovetevi, per nessuna ragione al mondo! Avete capito?» Le due donne annuirono, completamente pietrificate di fronte a quello che si era rivelato un vero e proprio scontro a fuoco. Isabelle sentì il senso di colpa farsi strada in lei, ma cercò di ricacciare indietro il groppo che sentiva in gola. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, per pentirsi delle sue scelte.
«Cos'è successo?» domandò Ron, sopraggiunto da poco, a suo fratello Bill, nascosto dietro uno degli alberi sulla sinistra della radura.
«Siamo stati attaccati prima da tre Centauri impazziti che hanno brandito i loro archi e ci hanno indirizzato una serie di frecce, probabilmente incantate. Crediamo che siano sotto Imperius, anche perché dopo i trattati di pace di qualche anno fa è strano vederli in questo stato-» Bill si interruppe per un secondo, mentre si buttava alla sua sinistra per fare da scudo a sua moglie Fleur con un incantesimo che deviò la freccia a lei destinata.
All'improvviso, in mezzo a tutta quella distruzione, una voce risuonò potente e roca. Sembrava amplificata, perché arrivò anche alle orecchie di Sammy e Isabelle, ancora nascoste, tremanti e terrorizzate. «Se ci tenete alla vita dei vostri stupidi bambini, vi conviene fermarvi!» Isabelle si sporse di lato e osservò come, improvvisamente, ognuno dei maghi buoni si era fermato, abbassando la bacchetta e indietreggiando di qualche passo. Da un lato della radura uscirono altre figure incappucciate, e Isabelle si accorse che si stavano organizzando per formare un cerchio, al cui centro c'erano tre figure a volto scoperto. Il respiro della donna si mozzò in gola, quando le riconobbe. Erano Marcus Rookwood, sua moglie e Franziska, la loro unica figlia e amica del cuore di Fred.
«Oh mio dio!» Il suono strozzato di Sammy la riscosse dallo stato di intorpidimento in cui era caduta, e solo allora si rese conto di un altro dettaglio agghiacciante. Alcune dei Mangiamorte incappucciati portavano in braccio dei corpi inermi, e il suo cuore si fermò quando vide il corpicino di Fred, con le braccia e le gambe penzoloni, il volto emaciato e pallido e gli occhi chiusi. Un solo pensiero si fece strada in lei, e rimbombò come un mantra dentro la sua testa, la sua gabbia toracica, il suo cuore.
Freddie è morto
Non si rese nemmeno conto dell'urlo di dolore che straripava dal suo corpo, dalle sue corde vocali, riecheggiando nell'aria. Un urlo straziante, l'urlo di una madre che non era arrivata in tempo, di una madre che, ancora una volta, non era riuscita a proteggere il frutto del suo ventre. Quell'urlo la annientò, la distrusse, la rese incapace di muoversi, di respirare, di vivere. E fu proprio quel suono a far voltare molti dei presenti in quella radura, compreso George, che solo allora si rese conto della presenza di sua moglie dove non doveva essere. Lo sguardo di disperazione misto a rabbia con cui lui la scrutò le fece tremare le ginocchia e contorcere le viscere.
«Amici, non disperate! I vostri figli sono al sicuro! Non sono morti, stanno solo facendo un piccolo sonnellino!» ghignò Marcus mentre piantava gli occhi vuoti e senz'anima nei suoi, pieni di lacrime, facendo risuonare in modo lugubre nella radura la sua risata agghiacciante. A sentire quelle parole Isabelle sembrò tornare a respirare, e solo in quel momento si rese conto che anche Teddy, Vic, Alec e le due studentesse Serpeverde avevano subito lo stesso destino di suo figlio: ognuno di loro era trasportato da un Mangiamorte, ognuno di loro era svenuto, sporco ed emaciato.
«Lasciali andare immediatamente!» urlò Charlie, facendo qualche passo in avanti e brandendo la sua bacchetta.
«Stai attento, pel di carota. Ti conviene fermarti se non vuoi che il tuo prezioso bambino venga di nuovo lasciato alle amorevoli attenzioni di un Dissennatore». L'affermazione di Rookwood provocò un singulto in Sammy, che si avvicinò a Isabelle e si aggrappò a lei, in cerca di conforto.
«Cosa volete?» chiese George, con la voce che tremava dalla rabbia, anche se il suo volto era pallido e scavato dalla preoccupazione.
«Non lo avete già capito? Vi credevo stupidi, ma non fino a questo punto! Bene, vi spiegherò brevemente cosa è accaduto! Siete caduti nella mia trappola perfetta!» disse, osservando ognuno di loro con uno sguardo allucinato. «Ho sempre saputo che il vostro punto debole sono i vostri insulsi figli sanguesporco. Fare leva su di loro mi avrebbe permesso di accedere ai vostri cuori così... deboli. Mi fate pena!» ghignò, osservando ognuno di loro con disprezzo. «Comunque... sapevo che attirando loro nelle nostre grinfie e la loro conseguente sparizione avrebbe mobilitato molte forze. Questo ci ha permesso di far sì che una parte dei miei seguaci e quasi tutti i Dissennatori, al momento, stiano attaccando senza problemi un Castello con poche, pochissime difese. Siete tutti qui! In questo modo ho ottenuto un doppio vantaggio: assaltare la più grande istituzione magica di tutti i tempi e riprendere il piano del Signore Oscuro da dove era stato lasciato incompiuto, e in più posso finalmente distruggere voi, lurida feccia! Voi che avete costretto mio padre e tutta la mia gente ad anni di dolore, di prigionia in attesa che la loro anima venisse risucchiata!»
«Che bastardo» sibilò Bill digrignando i denti, e stringendo a sé una Fleur, con il volto rigato dalle lacrime, disperata per la sorte della sua piccola Victoire.
«Beh, ormai hai raggiunto il tuo risultato! Lascia andare i nostri figli! Loro non c'entrano niente con il tuo piano di vendetta contro tutti noi!» urlò George, stringendo i pugni.
«Oggi mi sento magnanimo, quindi vi restituirò la vostra orrenda prole. Lasciate andare questi mostri!» urlò Marcus.
Al segnale di Rookwood i Mangiamorte lasciarono cadere a terra i corpicini dei ragazzi che, svenuti, non si mossero. Nel lasciare andare Fred a terra, il cappuccio del Mangiamorte che lo teneva in braccio si scostò, mostrando una pelle scura, degli occhi neri cerchiati di occhiaie viola e un capo pieno di treccine nere. Isabelle sussultò di fronte a quella visione: Angelina era lì, e si era azzardata a toccare il corpo di suo figlio, a fargli del male. Sentì montare una rabbia senza precedenti e fu quasi tentata di uscire allo scoperto per andarle a dare una lezione, ma fu fermata dal braccio di Sammy che la trattenne. «Cosa pensi di poter fare? Troverai il modo di vendicarti, ma non adesso» le disse seria, e lei annuì. Guardando poi verso suo marito notò la delusione mista alla rabbia dipinta anche sul suo volto.
«Ti chiedo di stringere una tregua momentanea» disse Harry, avanzando di qualche passo con le mani alzate. «Facci riportare i nostri figli al sicuro. Dopo potremo continuare quello che tu stesso hai cominciato» terminò, incapace di nascondere la rabbia sottostante alle sue parole.
«E lasciarvi andare al Castello, per portare rinforzi? Non ci penso neanche!» La risata sguaiata di Rookwood provocò i brividi sulla pelle di Isabelle, oltre a una morsa stretta allo stomaco. Se quel pazzo non avesse lasciato andare Fred, Alec e gli altri... non riusciva neanche lontanamente ad immaginarsi cosa sarebbe potuto succedere.
Harry, visibilmente in difficoltà, non seppe cosa rispondere. Fu Ron a intervenire prontamente, piazzandosi a fianco del suo migliore amico. «Lascia allora che siano le madri a portare i bambini in salvo. Noi resteremo qua, a combattere contro di voi».
Rookwood parve pensarci un po' su. «E va bene, oggi mi sento molto buono! Lascerò che le sporche mezzosangue e babbane si avvicinino a noi, per prendere i loro figli e portarli al sicuro. Anche se non so proprio dove potrebbero esserlo! Il Castello sarà sicuramente assediato in questo momento!» Fece un piccolo cenno del capo verso i suoi seguaci e il cerchio di protezione che avevano formato intorno a lui si aprì in un fruscio di mantelli.
Con circospezione Fleur e Andromeda si avviarono verso il centro della radura. Bill, Harry e Ron osservavano i loro movimenti con grande attenzione e brandendo saldamente le loro bacchette, nel caso in cui quella si fosse rivelata un ulteriore trappola escogitata da Rookwood. Anche Isabelle e Sammy cercarono di muovere qualche passo, ma vennero immediatamente fermate.
«Dove credi di andare?» sibilò George, comparso improvvisamente di fronte a lei, rivolgendole uno sguardo di ghiaccio. «Non dovresti nemmeno essere qui, e non andrai certamente in mezzo a loro per riprendere Fred.»
«Ma, George io-»
«Fuori discussione, Sammy. Tu ti fermi qua». Isabelle sentì la voce di Charlie, dura e tagliente, rivolta verso la sua migliore amica. Entrambe si scambiarono uno sguardo di disperazione, incapaci di reagire o di fare alcunché.
«Ci pensiamo noi a Freddie e Alec» disse Verity, avvicinandosi a loro insieme ad Hermione. Isabelle sentì un moto di gratitudine verso quella ragazza, così solare e così speciale, e verso Hermione, una donna dalle mille risorse e dal cuore d'oro. «Grazie» sibilò con la voce rotta dalla forte emozione.
I minuti sembrarono ore, ma il ricongiungimento con suo figlio riuscì a colmare la sensazione di vuoto allo stomaco che da quel mattino si era impadronita di lei. Non appena le due streghe le raggiunsero, Isabelle si accasciò a terra, tenendo Fred tra le braccia, accarezzandogli i capelli e sussurrando parole dolci per farlo svegliare. «Amore mio... sono io, la mamma. Svegliati, ti prego...»
Piano piano Fred aprì i suoi grandi occhi color nocciola, quegli occhi così profondi e così simili all'uomo di cui era follemente innamorata, e sbatté un paio di volte le palpebre. La sua bocca tremò mentre pronunciava le sue prime parole da sveglio. «M-mamma... dove sono? Cosa è successo?»
«Freddie, sei al sicuro adesso. Non preoccuparti. Ora la mamma ti porta a casa» rispose, stringendolo forte a sé.
George si accucciò accanto a loro, sorridendo a Fred. «Cucciolo, stai bene?» Lui rispose con un piccolo sorriso e un cenno del capo. «Sì, papà. Sono stato forte, ma non sono riuscito a proteggerci...non sono riuscito a proteggere Alec, c-che ora è f-ferito, e Linn... lei è stata-» disse, con la voce spezzata dal pianto.
«Lo so, Fred, lo so... ma sei stato coraggiosissimo, non devi preoccuparti. E adesso, forza, andate» continuò George, rivolgendosi a Isabelle con tono perentorio. «Segui le altre, anche se non potete tornare al castello troveranno un modo per mettervi in salvo.» Dopo aver pronunciato quelle parole si alzò, e senza nemmeno degnarla di uno sguardo tornò alla sua postazione, bacchetta in mano e guardia alta.
Isabelle deglutì, cercando di buttare giù il groppo formatosi in gola e si alzò, aiutando anche suo figlio a fare la stessa cosa. Si voltò, iniziando a seguire Fleur, Andromeda e Sammy che sostenevano gli altri, mentre Verity e Hermione portavano in spalla le due studentesse di Serpeverde. Isabelle rivolse un occhiata veloce a Linn, una della amiche di Fred, e si rese conto che sembrava priva di vita.
«N-non sono riuscita a salvarla dal bacio di un Dissennatore. È viva... ma la sua anima non c'è più. M-mi sento così in colpa...» singhiozzò Fred, mentre si stringeva a lei. Isabelle non seppe cosa rispondere, e cercò di dare conforto a suo figlio aumentando la stretta con cui lo teneva vicino a sé.
Nel cammino a ritroso verso il castello la mente della donna venne colta da mille pensieri catastrofici. Certo, era felice perché suo figlio stava bene ed era illeso, ma era profondamente preoccupata per la sorte di George, di Charlie e di tutti gli altri. Il piano di quel pazzo di Rookwood sembrava ben congeniato e consolidato nel tempo, e il solo pensiero che il mondo magico potesse essere di nuovo in pericolo e in balia di quegli scellerati senza ritegno e fuori di testa le procurava i brividi.
Dopo poco i suoni della battaglia ricominciarono in lontananza, e il cuore di Isabelle fece un tonfo quando un urlo squarciò all'improvviso l'aria. Avrebbe riconosciuto quella voce anche in mezzo ad un milione di persone. Era la voce di George.
Si era sempre fidata delle sue sensazioni viscerali. Lo aveva fatto quando aveva scoperto il tradimento di George, quando aveva percepito qualcosa di strano dentro di sé ed era corsa a comprare un test di gravidanza, scoprendo dell'esistenza di Freddie che cresceva piano piano in lei. Ed era sicura di potersi fidare anche della sensazione che stava provando in quell'istante.
Sta per accadere qualcosa di terribile, tremendamente terribile
Si fermò, all'improvviso. E le fu subito chiara una cosa: sarebbe dovuta tornare indietro. Non conosceva il motivo, ma sapeva che lo avrebbe dovuto fare, o se ne sarebbe pentita per il resto dei suoi giorni. George era probabilmente in pericolo, e la promessa fatta il giorno del loro matrimonio sarebbe stata mantenuta. Lo avrebbe protetto, ad ogni costo.
Così, senza dare troppe spiegazioni e senza ascoltare i richiami delle altre, affidò Fred alle cure di Sammy e senza pensarci iniziò a correre in direzione contraria al Castello, in direzione contraria alla sicurezza e alla salvezza. Non ascoltò minimamente i richiami della sua migliore amica e della altre donne con lei. Corse a perdifiato, con le gambe che bruciavano, con i polmoni che chiedevano pietà. Ma non si fece intimorire. Scavalcò radici che sbucavano dal terreno, si parò gli occhi contro i rami fitti che scendevano a intralciarle il cammino, e si ritrovò ben presto di nuovo in quella radura, dove la quiete e la calma di qualche momento prima sembravano non essere nemmeno esistite.
I Mangiamorte si erano calati il cappuccio e stavano attaccando senza sosta George, Bill e gli altri che tenevano loro testa a fatica. Voltando lo sguardo a destra vide Charlie appoggiato a un albero, che si reggeva un braccio sanguinante, mentre una profonda ferita sulla sua testa grondava sangue sul suo volto e sui suoi occhi azzurri come il cielo.
Si voltò in tempo, giusto per vedere arrivare verso di lei un lampo di luce rossa che schivò per un pelo gettandosi a terra. Ansante e con le palpitazioni a mille si rialzò, cercando George in mezzo a quel delirio. Lo vide quasi al centro della radura, mentre puntava la sua bacchetta contro Angelina, in ginocchio di fronte a lui. Dal punto in cui Isabelle si trovava non riusciva a sentire le sue parole, ma la donna stava piangendo, probabilmente implorando pietà contro quello che una volta era il suo migliore amico, l'uomo che diceva di aver amato più della sua vita.
Restò incantata ad osservare il profilo di suo marito. Anche in quelle vesti era davvero meraviglioso: i suoi capelli rossi spiccavano fieri, andando a incorniciare il suo volto, in quel momento pallido e grondante sangue. L'urlo di poco prima era probabilmente dovuto al profondo taglio sulla guancia destra di suo marito. Notò, però, come anche il sangue e l'espressione di rabbia e di sdegno verso Angelina gli donassero. Lo rendevano estremamente coraggioso e impavido ai suoi occhi, e non poté che essere fiera di lui quando lo vide abbassare la bacchetta tenuta puntata verso la donna. La vendetta non lo avrebbe certamente aiutato, anzi lo avrebbe solo reso l'ombra di sé stesso, come era già stato per molti anni. Era fiero di lui, e avrebbero trovato insieme un altro modo per farla pagare a quella pazza scellerata.
Un fruscio improvviso alla sua destra catturò la sua attenzione, e voltandosi il suo corpo si freddò sul posto. Perché da dietro gli alberi vide Rookwood avvicinarsi a uno dei Centauri, sussurrare qualcosa al suo orecchio e sorridere divertito. Come a rallentatore Isabelle vide la creatura fare un cenno di assenso, caricare una freccia al suo arco e puntarlo, proprio verso il centro della radura.
In direzione di George.
Le sue gambe si mossero quasi involontariamente. Il suo corpo pompò sangue ai muscoli per correre più velocemente, per correre fino al limite delle proprie forze.
Non hai salvato Stella, ma puoi fare ancora qualcosa di buono per rimediare. Puoi salvare l'amore della tua vita.
Attraversò la radura in pochi secondi e con un balzo si piazzò tra George e Angelina. Si aggrappò a lui con ogni briciolo di forza rimasta nel suo corpo, lo circondò con le sue braccia e affondò il viso nell'incavo della clavicola, e forse fu proprio quel gesto, la possibilità di sentire per un ultima volta il profumo di George, a distrarla e a rendere meno potente l'impatto e il dolore della freccia contro il suo corpo. La vicinanza di suo marito nei suoi ultimi secondi di respiro.
L'ultima cosa che vide prima di scivolare nel baratro furono gli occhi spaventati di George. Gli occhi color nocciola che l'avevano catturata fin dal primo istante, fin dal primo sguardo. Fin da quando si erano intrecciati con i suoi condividendo un dolore così simile per molti aspetti. Occhi che in quel momento erano colmi di paura, mentre la osservavano.
«B-bel, c-cosa... cosa hai fatto?» chiese lui, con voce tremante mentre tenendola saldamente la aiutava a distendersi a terra e osservava con orrore ciò che era appena accaduto.
Isabelle tossì, e un sapore amaro si impadronì della sua bocca, mentre il rivolo di sangue scendeva a bagnare il suo mento, il suo collo. L'unico suono che percepì fu quello della sua voce tremante, che le arrivò ovattata mentre pronunciava le ultime parole della sua vita.
«Ti prego, proteggi Fred ad ogni costo. Ti amo, George».
E poi, il buio.
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