XLIV


Chiedo scusa a tutti voi per questa assenza così prolungata.. nella mia vita stanno accadendo tante cose belle ma impegnative quindi wattpad e la scrittura sono andate un po' in secondo piano.

Ma avevo un capitolo davvero lungo pronto da molto tempo e in questo mio giorno libero mi sono messa a riguardarlo e ho deciso che volevo rientrare nel fantastico mondo di Isa, George e Freddie.

Quindi ecco a voi la prima parte di questo capitolo, che forse non darà le risposte che cercate su ciò che è accaduto a Freddie nello scorso però spero che possa piacervi lo stesso💜

«Quanto manca ancora?» chiese Isabelle, mangiandosi nervosamente le unghie.

«Siamo quasi arrivati, non preoccuparti». George si avvicinò a lei, facendole una carezza sui capelli. Isabelle scorse nei lineamenti contratti di suo marito una grande ansia e una forte preoccupazione per la sorte di loro figlio. La stessa preoccupazione che percepiva anche lei. Subdola, meschina, infima, si aggirava dentro di lei aggrappandosi a pensieri, emozioni, sensazioni viscerali.

Suo figlio era sparito e lei aveva un immensa paura che potesse essergli successo qualcosa di molto, molto grave.

Il Nottetempo su cui erano saliti solo poco prima iniziò a rallentare la sua folle corsa. Isabelle ne era rimasta alquanto scioccata: non aveva mai preso un mezzo di trasporto così insolito, e nemmeno i racconti più coloriti di Fred erano riusciti a prepararla alle particolarità di quell'autobus così strambo e ai suoi ancora più strani abitanti. A partire dal bigliettaio, passando per l'autista e per la serie di maghi e streghe che vi avevano preso posto, a Isabelle era sembrato di essere entrata in un grande tendone da circo. Ma il pensiero per suo figlio era riuscito a distrarla dall'inusuale modalità di spostamento utilizzata.

«Siamo in arrivo a Hogsmeade! Prego, scendere dalla porta posteriore!» urlò Stan Picchetto, il bigliettaio, un uomo ormai di mezza età, alto e secco e con una matassa di capelli color grigio topo che ricadevano su una pelle butterata e rovinata.

«Andiamo, muoviamoci» George le rivolse la parola con tono sbrigativo e asciutto, mentre le posava una mano sulla schiena e la invitava a scendere dal mezzo. La donna si accorse che George aveva gettato, per una frazione di secondo, uno sguardo carico di odio proprio al bigliettaio, e si premurò di chiedergli il motivo durante la lunga camminata che divideva il piccolo paesino di arrivo del bus fino all'immenso castello di Hogwarts.

«Perché hai guardato così male quell'uomo?» chiese con semplicità a bassa voce, cercando di non farsi sentire da Harry e Ginny che camminavano poco più avanti di loro.

George la osservò per un attimo negli occhi e poi abbassò la testa. «Stan Picchetto è stato accusato molti anni fa di essere un Mangiamorte, e di aver preso parte ad alcune azioni non propriamente... legali. Ma dopo il processo è stato assolto, poiché ha dichiarato di averle compiute sotto Imperius. Non ci sono molte prove a riguardo, anzi... quasi nessuna. E per quanta voglia di giustizia ci fosse stata nel mondo magico in quel momento, il Wizengamot ha preferito risparmiargli un esistenza in cella in attesa di un Mangiamorte che risucchiasse la sua anima.»

Isabelle annuì semplicemente, avvinghiandosi a lui. Sapeva quanto dolore esplodesse dentro al suo cuore quando si trattava di certi argomenti. E sapeva bene che la preoccupazione che vedeva dipinta sul suo volto era la precisa rappresentazione della folle paura che attanagliava le sue viscere: se i Mangiamorte fossero stati in qualche modo coinvolti con la sparizione dei bambini, George non se lo sarebbe mai perdonato. Avrebbe permesso al senso di colpa di mangiarlo vivo, divorarlo dall'interno, così come a suo tempo si era fatto dilaniare per essersi incolpato della morte di Fred.

Raggiunsero finalmente Hogwarts dopo circa un'ora. I primi ad entrare nel castello furono Harry e Ginny, seguiti a ruota da loro due. Si diressero immediatamente nell'ufficio della preside McGranitt, e Isabelle strabuzzò gli occhi di fronte alla bellezza di quella stanza. Aveva visitato solo una volta il castello e aveva avuto il piacere di osservare solo lo studio di Charlie, qualche piano più sopra.

Dentro l'ufficio della McGranitt Isabelle trovò visi familiari: la professoressa Redman (conosciuta ad una delle riunioni a Grimmauld Place), Neville e la preside stessa, che si ergeva in tutta la sua maestosità di fronte al grande camino in marmo bianco della stanza. Fu proprio lei a interrompere il brusio che si era creato tra i presenti che cercavano di condividere ipotesi su quanto accaduto.

«Ci dispiace avervi convocato con così poco anticipo, ma la situazione di emergenza lo richiedeva. Come sapete, alcuni dei nostri studenti sono scomparsi qualche ora fa. Durante la nostra ultima ronda di sicurezza tutto sembrava nella norma, ma quando il professor Weasley» disse, indicando Charlie che si strofinava le mani agitato, appoggiato ad una delle colonne portanti della stanza «si è recato nei dormitori di Tassorosso per dare la buonanotte al figlio si è reso conto che non c'era, e che anche altri studenti mancavano all'appello. Ovviamente sto parlando di Frederick, Teddy e Victoire. Dopo un veloce controllo nei dormitori della altre case ci siamo resi conto che sono sparite anche tre studentesse Serpeverde: Franziska Rookwood, Erin Rowle e Linn Burke.»

«Sapevo che c'entravano quelle sporche serpi!» eruppe George con astio nella voce. «Quella ragazzina è pericolosa, ha delle influenze troppo negative a casa! Eppure... ho voluto fidarmi del giudizio di Fred, lui ha sempre creduto nel suo buon cuore! Invece non dovevo, non dovevo-»

«George, aspetta a trarre conclusioni affrettate! Magari si sono solo allontanati e non si sono resi conto dell'ora, o che fosse il momento di rientrare!» provò ad interromperlo Ginny. Harry accanto a lei non sembrava molto convinto, e se ne restò in silenzio, pensieroso.

«Ti servono altre prove, Ginevra?» domandò George, iniziando a scaldarsi. «I nostri figli sono spariti, e quelle ragazzine sono coinvolte! Sono figlie di Mangiamorte!»

«George, cerca di calmarti adesso» si intromise Neville, che era rimasto seduto in disparte. «Le tre studentesse di Serpeverde che sono sparite sono delle bravissime ragazze, oltre che studentesse modello e streghe eccezionali! Non è solo la famiglia di origine a definire la persona, e tu dovresti saperlo bene!»

Anche la professoressa Redman e Charlie fecero eco a Neville, raccontando brevi aneddoti sulle tre ragazze. Non c'era niente da controbattere: erano bravissime studentesse, molto lontane da qualsivoglia tipo di comportamento contro lo stato di sangue o la casa di appartenenza.

«E ora cosa facciamo?» chiese Isabelle, cercando di spezzare il silenzio spettrale che era sceso tra di loro dopo quel breve scontro.

Harry prese la parola. «Direi di attendere l'arrivo della squadra di Auror che ho richiamato dal Ministero. Non sappiamo in che direzione potrebbero essere andati, e abbiamo bisogno di quanti più maghi possibili per gestire un eventuale incursione da parte dei Mangiamorte. A quel punto ci divideremo e cercheremo nei dintorni del Castello. Siete d'accordo?»

Tutti convennero che fosse un ottimo piano, tranne George che si inalberò, risentito: «L'ispezione dei dintorni non è stata effettuata già dai primi momenti dopo la sparizione?» chiese, incredulo. «State scherzando, vero?»

«Non potevamo farlo! Anche dividendoci ci saremmo potuti trovare di fronte a squadre di Mangiamorte o peggio di Dissennatori, e non avremmo certamente potuto lasciare tutto il corpo studentesco da solo per ore!» rispose animandosi la McGranitt, come punta sul vivo. «Harry ha ragione, il suo è un ottimo piano-»

«Un ottimo piano che potrebbe essere ormai futile! Potrebbe già essere troppo tardi!» rispose George a tono, alzandosi. Isabelle lo prese per un braccio, cercando di tranquillizzarlo ma senza successo. Lui si scansò in malo modo, rivolgendosi poi a ognuno dei presenti e puntando il dito contro di loro. «Se succede qualcosa a mio figlio vi riterrò gli unici responsabili» sputò con freddezza, prima di uscire dall'ufficio e sbattersi la porta dietro le spalle.

«S-scusatemi, io... io cercherò di farlo ragionare» sussurrò Isabelle ai presenti. Si alzò di scatto, uscendo nel lungo corridoio di fronte all'ufficio della Preside. Vide George poco più in là, che camminava agitato avanti e indietro, portandosi le mani alla testa.

«Amore... ti prego, cerca di calmarti! Facendo così non risolverai niente!»

«Come dovrei comportarmi, secondo te?» chiese, voltandosi di scatto. I suoi occhi erano completamente rossi e due segni violacei stazionavano al di sotto di essi.

«Non lo so, ma sicuramente cercherei di mantenere la calma. So che sei preoccupato e credimi, lo sono anche io! Il mio cervello sta lavorando senza sosta, tirando fuori mille congetture, mille esiti negativi da tutta questa situazione... ma adesso dobbiamo restare compatti. Uniti! Come solo noi sappiamo fare. Per cercare Fred, per riuscire a trovarlo e portarlo in salvo. Sei d'accordo con me?»

Isabelle posò le mani ai lati del volto di George e lo avvicinò a sé, dandogli un lungo bacio. L'uomo si rilassò sotto al suo tocco, e avvolse le mani intorno alla sua vita, facendo aderire i loro corpi. «Se gli accadesse qualcosa... io non credo di poter sopportare anche questa batosta. Non penso di essere abbastanza forte» disse in un sussurro che solo lei riuscì a percepire.

«Sono certa che sta bene. Vedrai... fidati di me».

«Sai sempre come calmarmi... dopo tutto questo tempo sei ancora la mia cura» sussurrò George, appoggiando le loro fronti e chiudendo gli occhi.

«Lo sarò per sempre» rispose lei, dolcemente. «E adesso torniamo dentro, c'è bisogno di noi».

Dopo essere rientrati nella stanza stabilirono un piano di azione, in attesa dei rinforzi. Dopo circa mezz'ora vennero raggiunti da Sammy, visibilmente sconvolta per la sparizione di Alec e che andò immediatamente ad abbracciare il marito; da Bill e Fleur, estremamente preoccupati per la sorte della loro figlia Victoire; da Andromeda (il cui sguardo racchiuse tutta la disperazione per la scomparsa di Teddy); Ron ed Hermione, Verity, Oliver, Lee, non accompagnato da Pam che era rimasta a casa con le bambine, e almeno altri dieci Auror della squadra del Ministero. Molly e Arthur, per quanto preoccupati, iniziavano ad avere una certa età e tutti i fratelli Weasley convennero che fosse meglio evitare la loro presenza di fronte a quel presunto pericolo.

«Ci divideremo in questo modo: George, Charlie, Bill, Neville, Fleur, Andromeda e voi quattro» disse Harry indicando due maghi e due streghe Auror «verrete con me. Andremo nella Foresta Proibita immediatamente. Mentre invece voi» aggiunse, indicando Ron, Hermione, Verity, Oliver e i restanti membri del gruppo Auror «controllerete nei dintorni del Lago Nero, Hogsmeade, il campo da Quidditch e qualsiasi altro posto possa venirvi in mente. La Preside e gli altri professori resteranno a difesa del Castello e degli studenti al suo interno. È tutto chiaro? Ci sono domande?»

Tutti restarono in silenzio, e Isabelle alzò la mano timidamente, dopo essersi scambiata un cenno di intesa con Sammy. «I-io ho una domanda. N-non ho sentito pronunciare né il mio nome né quello di Sammy quindi... mi chiedevo che tipo di ruolo avremo in questa missione.»

La domanda posta da Isabelle cadde nel vuoto, accolta da un silenzio assordante e da sguardi sfuggenti.

«N-non crederete davvero di lasciarci in disparte?» chiese, incredula. «I nostri figli sono là fuori, in pericolo-»

«Isabelle, Sammy, dovete capire che fuori ci sono dei pericoli enormi, da cui potremmo non essere in grado di proteggervi in caso di attacco» tentennò Harry, cercando di spiegarsi.

«Proprio per questo dovrete restare dentro le mura del Castello, lontano dai pericoli che potrebbero esserci fuori. È la decisione più giusta» rispose George osservandola con dolcezza.

«Come?» chiese Isabelle, alzandosi in piedi. «Vorreste davvero lasciarci qua, con i nostri figli là fuori, in balia di maghi che sono pronti a tutto pur di seguire i loro biechi e malvagi scopi? Che sarebbero disposti anche ad ucciderli?»

George si alzò e la raggiunse, cingendole le braccia con le sue forti mani. «Non capisci, Bel? Là fuori potresti farti del male! Per Merlino, potrebbero addirittura ucciderti! Non hai visto cosa è successo l'ultima volta? Non si sono fatti scrupoli, e certamente non se ne faranno adesso! Se ti trovassero questa volta non ti risparmierebbero, e io non posso proteggere sia me, che Freddie, che te... non posso pensare di perdervi!»

«Non mi interessa! Ho già perso una figlia e mi sono sentita prima colpevole e poi impotente, non succederà anche questa volta!» urlò, noncurante della presenza delle persone nella stanza e delle lacrime che avevano iniziato a rigarle le guance.

«Ma questa volta è diverso!» protestò lui.

«Non è per niente diverso! Come pensi che potrei sentirmi se...» deglutì, cercando di buttare giù il groppo in gola che si era formato a quel solo, unico pensiero «se Fred m-morisse? Come mi sentirei sapendo che ero qua con le mani in mano, mentre mio figlio veniva ucciso a sangue freddo da un gruppo di pazzi scellerati?»

George stava per rispondere ma si fermò, a bocca aperta. I suoi occhi si inumidirono, e Isabelle capì che anche lui sapeva. Sapeva che non avrebbe accettato un no come risposta, sapeva che non sarebbe rimasta con le mani in mano ad aspettare la notizia che avrebbe sconvolto la sua vita. Lui sapeva che dopo Stella non si sarebbe mai perdonata un errore del genere. Ma, contrariamente a quello che si sarebbe aspettata, la dolcezza nei suoi occhi non gli diede alcun tipo di certezza positiva. E comprese, in quell'istante, che George non l'avrebbe mai lasciata libera di partecipare a quella missione così pericolosa.

«Non farmi questo. Ti prego, non farmi questo...» sibilò, iniziando a tremare. Sammy la raggiunse, stringendola in un abbraccio caloroso. «La penso esattamente come Bel. Non resterò qua ad aspettare, mentre Alec è là fuori, chissà dove e chissà in quale pericolo...»

George e Charlie si scambiarono un'occhiata intensa e profonda. «Sammy, so quanto questo sia difficile per voi... ma non posso pensare nemmeno per un istante di esporvi a un rischio simile. Resterete dentro al castello, e non appena avremo ritrovato i ragazzi li riporteremo qua, da voi» disse Charlie. Isabelle si voltò ad osservarlo e notò quanto fosse distrutto. Sapeva di star creando un profondo dolore a sua moglie, a lei, ma era la scelta più razionale che potessero compiere.

Isabelle e Sammy si ritrovarono quindi sole dentro l'ufficio della Preside, amareggiate e confuse per quanto accaduto solo pochi momenti prima. Erano sedute sulle comode poltrone che la McGranitt aveva fatto comparire con un colpo di bacchetta appositamente per loro, ma entrambe continuavano a spostarsi, cambiando posizione e dimenandosi in preda all'agitazione.

Dopo qualche minuto di silenzio, in cui Isabelle si distrusse nervosamente il labbro con i denti e Sammy si contorse le mani in modo frenetico, il silenzio fu interrotto proprio da quest'ultima.

«Come hanno potuto farci questo?» chiese, indignata. «Non posso pensare di starmene qua, a non fare assolutamente niente per aiutare il mio bambino!»

«Mi sento esattamente nello stesso modo» rispose Isabelle, con le lacrime agli occhi. «Se dovesse capitare qualcosa a Fred... io non me lo perdonerò mai. E non glielo perdonerò mai» aggiunse, stringendo la bocca in una linea sottile. Perché non solo avrebbe fatto fatica a superare il suo senso di colpa, ma avrebbe anche additato George ogni giorno della sua restante, inutile e insulsa vita. Per non averle permesso di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per averle impedito di intervenire e dare anche la vita in cambio di quella di suo figlio.

«Non possiamo starcene qua con le mani in mano, Bel! Dobbiamo fare qualcosa!» esclamò Sammy, esasperata.

«E cosa? Non possiamo muoverci da qua, non sappiamo da che parte dirigerci, siamo senza protezione... non possiamo fare assolutamente niente...»

Le sue parole vennero interrotte dallo scricchiolo dei cardini della porta che, cigolando, si apriva. Un volto conosciuto, dolce e sorridente si affacciò, e Isabelle sentì il cuore scaldarsi. «Sto per partire con la seconda squadra di ricerca, ma prima volevo accertarmi che foste tranquille...» sussurrò Verity, facendo un piccolo passo dentro la stanza. Isabelle la raggiunse in un secondo, abbracciandola in una stretta mozzafiato.

«Ehi, così mi soffochi!» ridacchiò la bionda, ricambiando il contatto. Anche Sammy si avvicinò alla donna, abbracciandola calorosamente.

«Come state?» chiese Verity, cercando di scrutare gli occhi di entrambe.

«Come vuoi che stiamo, Ver? Arrabbiate, deluse... impaurite per la sorte dei bambini» rispose Isabelle, abbassando lo sguardo.

«Vorremmo poter fare qualcosa, insomma... essere utili» aggiunse Sammy.

«Ragazze, sapete che tutto questo è solo ed esclusivamente per il vostro bene. Là fuori sareste in pericolo, se ci fosse da combattere non potremmo proteggervi... è meglio così, davvero. Ho paura anche io, se questo può consolarvi. Ma vi prometto che farò, che faremo di tutto per riportare i bambini sani e salvi a casa, tra le vostre braccia».

Mentre Isabelle osservava il dolce sorriso di Verity un pensiero si affacciò alla sua mente. Quel piccolo pensiero, però, in pochi istanti si trasformò in qualcosa di sempre più grande, fino a prendere forma dentro di lei come un piano, quasi perfetto e ben congeniato. «Sei l'ultima rimasta nel castello, Ver?» chiese a bruciapelo.

«S-sì, cioè Oliver mi sta aspettando al portone, gli ho detto di volervi passare a salutare prima di andare alla ricerca dei bambini... a proposito, adesso dovrei andare, gli altri hanno bisogno di noi-»

«Portaci con te» disse in un soffio Isabelle, quasi un sussurro che a malapena Verity riuscì a percepire.

«Bel...» disse Sammy, portandosi le mani a coprire la bocca.

«C-cosa? N-no, io non posso, lo sai! George mi ucciderebbe se lo venisse a sapere! Dovete restare nel castello, insomma là fuori potrebbe esserci di tutto-»

«Ti prego. Te lo chiedo da donna a donna» esclamò, prendendo le mani di Verity tra le sue. «Se tu avessi potuto fare qualcosa, qualsiasi cosa per salvare la vita di tuo padre, non pensi che avresti tentato di tutto? Anche fare qualcosa che ti avrebbe messo in pericolo?» Verity sbarrò gli occhi, restando in silenzio a bocca aperta.

«Ti prego. Fallo per una, anzi due madri disperate. Ti promettiamo di stare attente, di seguire ogni tuo passo, ogni passo di Oliver-»

«N-no, Bel, io non posso-»

«Per favore» intervenne Sammy, avvicinandosi. «Te lo chiediamo in ginocchio. Non lo faremmo se non fossimo davvero preoccupate e in ansia».

Dopo qualche minuto di silenzio, Verity tirò un lungo sospiro e chiuse gli occhi. «E va bene. Ma dovrete sempre stare dietro di noi e al primo segnale di pericolo vi nasconderete. Ci siamo intesi?»

Isabelle e Sammy urlarono di felicità e accorsero ad abbracciare la loro salvatrice. «Intesi. E adesso andiamo a riprenderci i nostri figli» aggiunse, determinata.

«Questa cosa non andrà a finire bene, me lo sento» sussurrò Verity uscendo dalla porta, seguita da entrambe le donne.

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