XLII


My feet are aching
And your back is pretty tired
And we've drunk a couple bottles, babe
And set our grief aside

The papers say it's doomsday
The button has been pressed
We're gonna nuke each other up, boys
'Til old Satan stands impressed

And here it is, our final night alive
And as the earth burns to the ground

Oh, girl, it's you that I lie with
As the atom bomb locks in
Oh, it's you I watch TV with
As the world, as the world caves in

Si trovava seduto in quella camera da letto non familiare, avvolto dalla penombra fornita dagli scuri sprangati alle finestre. Era piegato su sé stesso, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il viso affondato tra le mani, sommerso dai terribili ricordi di qualche giorno prima. Flash continui di quanto accaduto a Isabelle si sovrapponevano nella sua mente, contribuendo a mantenere quella spiacevole sensazione di urto alla bocca dello stomaco.

Erano state le risate sguaiate di quegli schifosi bastardi a svegliarlo dal sonno profondo in cui era quasi svenuto, la sera precedente al fatto. Le lunghe ronde alla ricerca del nascondiglio dei Mangiamorte e dei Dissennatori avevano iniziato a stancare tutti, compreso lui. Ed era stato immensamente felice della possibilità di staccare da quella ricerca ossessiva e spasmodica. Qualche giorno a casa era quello di cui necessitava, stare accoccolato tra le braccia di sua moglie era stato un toccasana per il suo animo stanco. Ma l'idillio era durato ben poco, perché il risveglio che gli era toccato in sorte era stato traumatico.

«Guardate, le ho rotto un osso!»

La risata agghiacciante che ne era seguita lo aveva costretto ad aprire gli occhi e ad alzarsi di scatto, prendendo saldamente la sua bacchetta in mano. Chiamò il nome di sua moglie con l'ansia che lo mangiava internamente, e la mancata risposta gli diede le conferme che cercava. Isabelle non era in casa.

Si smaterializzò in strada in un baleno, e ciò che vide fece gelare il sangue nelle sue vene. Isabelle era riversa a terra, circondata da tre uomini incappucciati e costretta in una posizione innaturale dal grande dolore che sicuramente stava provando. George non aveva mai sperimentato in prima persona gli effetti della maledizione cruciatus, ma i racconti a cui aveva assistito erano bastati per sconvolgerlo ancora di più. E vedere che quel destino stava toccando all'unica donna che avesse mai amato veramente lo turbò profondamente.

«Bastardi, non vi azzardate a toccarla! Expelliàrmus!» eruppe con voce spezzata, mentre una scia di luce blu si fece strada dalla sua bacchetta, fino a scontrarsi con il petto di quello che riconobbe essere Mulciber.

«Stupeficium!» risuonò di nuovo la voce di George, questa volta rivolto verso il secondo Mangiamorte, Yaxley.

Lui però riuscì a parare il colpo con un abile Protego, facendo deviare l'incantesimo di George alla sua sinistra.

Tutta la rabbia che pulsava nel corpo di George venne incanalata in un ultimo, potente Bombarda Maxima che colpì il punto in cui si trovava Yaxley. L'esplosione lo prese in pieno, scaraventandolo circa cinque metri più indietro, mentre l'enorme boato squarciava in due la quiete di quella mattina nebbiosa a Diagon Alley.

Non appena la nebbia si diradò, George vide che Travers era sparito, probabilmente nascosto in qualche angolo come un lurido topo. «Vieni fuori se ne hai il coraggio! Non ti nascondere, Travers! Prenditela con qualcuno al tuo livello! Adesso che i tuoi cagnolini sono fuori gioco puoi combattere contro di me! Avanti!» esplose con rabbia, stringendo ancora saldamente la sua bacchetta in mano, pronto ad usarla per fare male.

«Devo ammetterlo, sono davvero stupito, Weasley. Per oggi va così, hai messo fuori gioco due dei nostri uomini migliori in un colpo solo... vediamo se la prossima volta avrai la stessa fortuna». Gli occhi del Mangiamorte lo scrutarono in profondità, e George non poté fare a meno di sentire un rivolo di sudore bagnargli la nuca e un tremore fine sopraggiungere alle mani.

«Avrei dovuto uccidervi direttamente, infami!» urlò con rabbia, avanzando di qualche passo.

«Non preoccuparti. Presto torneremo, e ci riprenderemo ciò che è nostro. Ad ogni costo!» disse, prima di sparire in un soffio.

Così, il silenzio calò a Diagon Alley. Un silenzio carico di aspettative, di terrore e di presagi di morte. George buttò immediatamente lo sguardo verso Isabelle, stesa a terra. Il suo volto era completamente pallido e la schiuma che era uscita dalla sua bocca le aveva bagnato la maglia del pigiama che ancora indossava.

«A-amore... oh... ti prego, parlami! Stai bene? Amore, rispondi!» esclamò, cercando di scuoterla.

«G-george...» disse con un filo di voce lei.

«Oh, per Merlino... sei viva» sussurrò sollevato. Si inginocchio accanto a lei, tirandole su la testa e accogliendola nella sua stretta. «Oh, piccola... Perché sei uscita da sola? Perché?» chiese con tono spezzato, iniziando a singhiozzare. «Perché sei uscita senza di me? Oh, amore...»

«S-sono st-stata così sciocca... Perdonami...io... io volevo solo prepararti i pancake stamani ma... s-scusa... il b-bambino... era in peric-pericolo ed è stato come rivedere Stella, e F-fred...»

«Shh, amore... non è colpa tua. V-va tutto bene... andrà tutto bene, vedrai. E adesso andiamo, ti porto a casa».

Chiuse gli occhi, cercando di controllare la stilettata di dolore che arrivò dritta al suo cuore. E quella stilettata non fece altro che crescere di intensità quando il suo sguardo si posò proprio su sua moglie, stesa in quel letto matrimoniale. Stava dormendo ma era talmente immobile che per un secondo una paura folle si impadronì della sua mente. Si avvicinò piano, osservando il suo petto alzarsi e abbassarsi ritmicamente e si tranquillizzò.

Sta bene... è viva, e sta bene

La gamba ferita era stata fasciata da sua madre la mattina dopo l'accaduto, dopo essere arrivata di corsa dalla Tana accompagnata da Sammy, immensamente preoccupata per lo stato di salute di quella che ormai poteva considerare sua sorella.

«L'hanno spezzata in tre punti, io ho solo fatto il possibile con gli incantesimi che conosco, ma ci vorranno diversi giorni prima che si riprenda. E non parlo solo del punto di vista fisico... Stamani era sveglia e mi sembrava lucida, mi ha raccontato tutto quello che ha provato... si ricorda tutto, George. E forse ci vorrà un po' di tempo prima che riesca a recuperare la tranquillità di prima. Non subirà danni permanenti al corpo ma sicuramente la sua psiche ne è uscita compromessa. Stalle vicino».

Ed era quello che avrebbe fatto, ad ogni costo. Si sarebbe preso cura di lei, non l'avrebbe mai più lasciata sola ad affrontare il male che sembrava essersi espanso in ogni angolo di quello che per lungo tempo aveva considerato un mondo sicuro. E si sarebbe presto vendicato di coloro che si erano permessi di fare del male al suo dolce, stupendo angelo.

«George?»

Una voce flebile lo riscosse dai suoi pensieri di vendetta. Si voltò, strizzando gli occhi per individuare la figura che si stagliava sulla porta, avvolta dalla luce del corridoio. «Puoi venire un momento fuori?»

Dopo aver fatto un cenno a Sammy, seduta su una sedia dall'altra parte della stanza che provava a sonnecchiare ma senza successo, si alzò e uscì fuori dalla stanza.

Andromeda lo accolse con un sorriso confortante, e George gliene fu grato. Solo lui sapeva quanto ne avesse bisogno in un momento del genere, ed era ancora più grato alla donna di averli ospitati in quella che una volta era la casa che condivideva con suo marito Ted e sua figlia Ninfadora, la madre di Teddy. La sua proposta dopo l'attacco a Diagon Alley era stata una manna dal cielo, anche perché George non voleva restare nel loro appartamento, o almeno non momentaneamente. I Mangiamorte sarebbero potuti tranquillamente tornare a seminare distruzione in uno dei luoghi magici più frequentati e non aveva certo intenzione di incontrarli di nuovo sul suo cammino.

«Come sta oggi?» chiese dolcemente Andromeda, sorridendogli.

«Sembra stare meglio... mia madre le ha sistemato la frattura alla gamba, ma non è questo che mi preoccupa. Ho paura che sia rimasta traumatizzata dal dolore che ha sentito... sappiamo bene quali sono gli effetti di una maledizione cruciatus, anche se scagliata per pochi minuti». Il volto di George si incupì nuovamente di fronte al pensiero di quello che sua moglie era stata costretta ad affrontare.

«Lo sai che non è colpa tua, vero?»

George si irrigidì sul posto, trattenendo il fiato. Con poche semplici parole Andromeda era riuscita a scorgere i suoi dubbi, le sue paure e i suoi pensieri. Perché, dal momento in cui aveva visto Isabelle a terra torturata da quegli infidi mostri, non aveva potuto fare a meno di fantasticare la sua colpevolezza. Lui non era stato in grado di proteggerla abbastanza, lui era arrivato tardi e non era riuscito a sventare quella trappola, e sempre lui non era riuscito a fare fuori definitivamente la feccia che contribuiva a far marcire tutto ciò che di buono esisteva al mondo. La colpa era solo ed esclusivamente sua.

«N-non posso fare a meno di pensarci. Avrei dovuto proteggerla di più, forse sarebbe stato meglio che si trasferisse qua prima, oppure a casa di Harry, avrebbe goduto di più sicurezza-»

Andromeda lo interruppe, accarezzandogli una guancia con fare materno. «Non è colpa tua, né oggi né mai. Non è colpa di nessuno... non possiamo proteggerli da ogni male, George. Ne siamo circondati, soprattutto in questo momento. Ma non sarà per sempre. E so per certo che Isabelle si riprenderà e sarà più forte di prima. È una donna tenace e testarda, e non sarà questo a fermarla. E poi, basta che tu le stia vicino... vedrai che si riprenderà in meno che non si dica».

George annuì, cercando di infondere sicurezza più che altro in sé stesso. Aveva bisogno di credere che le cose sarebbero realmente andate bene. «Va bene... grazie, Andromeda. Non so cosa avremmo fatto senza il tuo aiuto. Ti sarò eternamente grato per averci ospitato.»

La donna sorrise, e in quel sorriso caldo e amorevole George rivide sua madre. Molly e Andromeda, seppur caratterialmente differenti, condividevano un istinto materno che andava oltre ogni cosa. «Non dirlo neanche per scherzo. Casa mia è anche casa vostra, e voglio che vi sentiate a vostro agio. Potrete restare il tempo che desiderate, il tempo di cui necessitate. E quando Fred dovrà tornare da Hogwarts potrà restare qua, sono sicura che Teddy sarebbe estremamente felice di avere uno dei suoi più cari amici che girano per casa!»

George si grattò la nuca, pensieroso. «A proposito di questo... io e Isabelle pensiamo che Freddie sia più al sicuro ad Hogwarts. Charlie resterà sempre di guardia, e almeno non dovremo preoccuparci di attacchi da parte dei Mangiamorte da cui potremmo avere difficoltà a difenderlo...»

«Lo capisco, è comprensibile. Io ho lasciato scegliere a Teddy, d'altronde ormai non è più un bambino... non mi ha ancora fatto sapere niente, ma credo che se Victoire resterà a scuola, lui la seguirà a ruota. Sono molto uniti, e chi sono io per dividere un giovane amore appena sbocciato?» esclamò sorridendo fiera. «Gli ho scritto una lettera... credo che dovresti fare lo stesso con tuo figlio. Ha il diritto di sapere cosa succede, e cosa è accaduto a suo madre. Non trovi?»

George annuì, convinto. «Credo proprio che tu abbia ragione».

~~~~~~

Approfittando della momentanea assenza di Sammy, impegnata a preparare qualcosa da mangiare per loro insieme ad Andromeda, George parlò a Isabelle dell'idea di scrivere a Fred per comunicargli l'esperienza che avevano vissuto.

«Assolutamente no» disse, con la voce ancora impastata dal sonno da cui si era appena svegliata.

«Perché? Non credi che debba sapere cosa sta accadendo alla sua famiglia?»

Isabelle lo osservò con uno sguardo profondo, penetrando la sua anima. «Non sto dicendo che non sia giusto. Ma davvero pensi che venire a sapere che sua madre è stata attaccata da tre Mangiamorte lo farebbe stare meglio? Fred è un ragazzino estremamente sensibile, se lo sapesse si preoccuperebbe inutilmente e vorrebbe tornare a casa a tutti i costi per vedere come sto e starmi vicino. E sappiamo bene che al momento deve restare a scuola, per avere la protezione necessaria!»

George fece un lungo sospiro, ma non rispose. Dentro di sé sapeva che sua moglie aveva ragione. Dire tutta la verità a Fred avrebbe comportato un aumento dell'ansia e dell'agitazione che spesso colpiva loro figlio, soprattutto di fronte alla notizia di eventi spiacevoli capitati a loro o ad altri membri della loro famiglia allargata. Ma una parte di sé trovava poco rispettoso il nascondere questo segreto a Fred.

«Non sto dicendo che non glielo diremo mai. Sto solo suggerendo di non dirglielo adesso, per evitargli inutili preoccupazioni. Non appena la situazione si sarà tranquillizzata e tornerà a casa da noi lo aggiorneremo su tutto. Nel frattempo, potrai scrivergli una lettera per informarlo sulla situazione del mondo magico, e dirgli che non siamo più a Diagon Alley. Che ne pensi?» chiese Isabelle dolcemente. «Non gli nasconderemo niente... ometteremo solo la verità per un po'. E lo faremo per il suo bene».

«E va bene, mi hai convinto». George si avvicinò al lato del letto dove Isabelle era stesa e si allungò per lasciarle un bacio a fior di labbra. «Come ti senti dopo una bella dormita rigenerante?» chiese, cambiando discorso.

«N-non lo so» rispose lei, incupendosi. «Sento delle fitte a intermittenza alla gamba, anche se tua madre ha fatto del suo meglio per sistemarla, e un dolore diffuso alle articolazioni. Sono abbastanza ridotta male... ma sicuramente dormire tutte queste ore mi ha fatto bene.» Isabelle provò a fare un piccolo sorriso, ma restò bloccato alla sua bocca senza arrivare agli occhi. George se ne accorse subito, perché adorava il modo in cui le sue iridi verdi si illuminavano di felicità anche di fronte alla cosa più semplice, e davanti a quel piccolo particolare si rese conto che qualcosa non andava per il verso giusto.

«Amore, vuoi dirmi cosa succede realmente?» chiese distendendosi accanto a lei. La avvolse nel suo abbraccio caldo e confortante e le fece appoggiare la testa al suo petto.

«Il fatto è che... sono scioccata da ciò che mi è capitato» confessò Isabelle in un soffio. «So che il mio corpo sta già meglio, che la gamba presto tornerà come prima. Ma ciò che mi ha sconvolto di più è il dolore che ho sentito in quei pochi minuti di agonia. N-non credo che riuscirei nemmeno a descriverlo di nuovo... ma ogni volta che chiudo gli occhi lo sento di nuovo dentro di me, raggiunge ogni angolo del mio corpo e della mia mente e si insinua, scava e perfora. C-ci ho messo tanto ad addormentarmi a causa di questo, e quando ci sono riuscita è stato solo perché ero sfinita e grazie alla pozione che mi ha fatto bere tua madre. E nonostante questo ho sognato che venivo inseguita di nuovo da loro. Mi circondavano, mi torturavano e mi chiedevano dove fosse Fred perché volevano fargli soffrire lo stesso destino... è stato terribile. È terribile. Vorrei solo che tutto questo passasse...»

George la strinse ancora di più a sé, cercando di contenere la rabbia che esplodeva dentro il suo petto. Rabbia verso quei bastardi che si erano permessi di deturpare la cosa che di più bello aveva al mondo. «Bel, mi dispiace così tanto che tu stia soffrendo così. Dopo un esperienza del genere... credo che sia del tutto naturale rimanere sconvolti. Ma voglio che tu sappia una cosa: non permetterò più che ti succeda niente del genere. Non permetterò più che si avvicinino a te, che ti sfiorino anche solo un capello. Né a te, né a Fred. Vi proteggerò sempre, anche a costo della mia vita. Te lo prometto.»

Isabelle non rispose, ma si voltò e lo baciò così profondamente da procurargli brividi lungo tutta la schiena. Poi lo fissò nelle sue iridi, proprio come un tempo. «So che lo farai, e io ti amo per questo».

«Posso fare qualcosa che ti faccia stare meglio?» chiese George, dopo diversi minuti di silenzio in cui si erano crogiolati nella loro stretta soffocante.

«In effetti... qualcosa ci sarebbe» rispose lei facendo un sorriso finalmente sincero.

E quel qualcosa, o meglio qualcuno, arrivò proprio la mattina seguente, entrando in grande stile dentro la stanza di Isabelle e sedendosi sul letto. «Se volevi attirare la mia attenzione non importava sparire e farti rompere una gamba, signorina!»

«Beth, puoi evitare di fare tutta questa confusione?» disse una Sammy lievemente infastidita, seduta su una sedia accanto al suo letto. Era rimasta a casa Tonks da quando si era materializzata insieme a Molly. «Bel ha bisogno di riposo e tranquillità-»

«Non fa niente Sammy, tranquilla! Ciao, Beth» disse Isabelle sorridendo felice. «Ciao, Caroline» aggiunse, rivolgendosi alla bionda che timidamente si era affacciata alla porta della camera, contrariamente all'uragano Beth.

«Ciao, Bel. Come stai? George ci ha un po' raccontato cos'è successo prima di accompagnarci qua» rispose Caroline avvicinandosi.

«Senza dovizia di particolari, ovviamente» chiosò Beth rivolgendosi proprio a lui, seduto in disparte. «Quindi dovrai fornirceli tu!» disse poi rivolta a Isabelle.

«Non c'è molto da raccontare... sono cascata in una delle trappole più stupide di sempre, organizzata da persone orribili... se possiamo chiamarle persone. Ma adesso vorrei c-cambiare discorso se non vi dispiace. Vorrei solo non pensare a quanto accaduto e godermi la vostra compagnia» concluse mentre asciugava due lacrime scappate al suo controllo. «È b-bellissimo vedervi qua, con me... tutti quanti-» balbettò, guardando ognuno di loro. «S-so che Pam non è potuta venire per via delle piccole m-ma è bello poter stare almeno con voi...»

«Oh, tesoro...» sussurrò Beth, accarezzandole una mano. «Va bene, non devi raccontare altro se non te la senti». La guardò in un modo così dolce che George sentì un calore speciale espandersi nel suo petto. Beth era sempre stata un toccasana per Isabelle, una figura così solare e spontanea da riuscire a raccogliere senza fatica i cocci del suo cuore a pezzi.

«Voi come state ragazze?» chiese Isabelle, rivolgendosi ad entrambe. Dopo il primo momento di commozione sembrava essersi rilassata. «Mi siete mancate così tanto...»

«Ci sei mancata tanto anche tu! E anche tu, Sammy!» disse Beth lanciandole un bacio con la mano e facendo la linguaccia alla bionda. «Vuoi dirglielo tu?» chiese poi, visibilmente emozionata, rivolgendosi a sua moglie.

«Dire cosa?» George si spostò in avanti con il busto, mentre un'espressione curiosa compariva sul suo volto.

Caroline annuì piano e poi iniziò a parlare, con la voce che le tremava per la commozione. «Noi... stavamo aspettando di vederci tutti insieme, ma data la situazione credo che vada bene dirvelo anche così. Abbiamo ricevuto conferma dall'agenzia per le adozioni internazionali. Hanno accettato la nostra domanda e la prossima settimana partiremo per la Bosnia. Dovremo stare lì per un po', per conoscere il bambino, per vedere come si trova con noi e viceversa...ma ce l'abbiamo fatta. Possiamo finalmente adottare! Saremo genitori!»

«Oh mio dio, che bello!» urlò Sam, in preda a una felicità incontenibile, condivisa anche da Isabelle che le stava osservando con un sorriso immenso sul volto.

«Congratulazioni, ragazze! Sapete già che è un maschio?» chiese George, sorpreso.

«Sì, ci hanno dato qualche informazione su di lui! Ha otto mesi, è stato abbandonato da sua madre non appena nato e aspetta solo di ricevere tanto, tanto amore...» rispose Beth super emozionata.

«Sono così felice, è meraviglioso!» esclamò Isabelle con gli occhi lucidi. «Sarete due mamme stupende, ne sono certa!»

«Noi... noi lo speriamo tanto. Speriamo di essere all'altezza di questo compito, all'altezza di prenderci cura di questo piccolo come se fosse nostro» continuò Caroline.

«E tu sarai di nuovo zia! Già me lo immagino a girare per casa, combinando un sacco di guai...»

«Beth, preparati perché adesso avrò la mia rivincita per tutte le volte in cui hai viziato Fred oltre ogni misura!»

«Come sei esagerata!» rispose ridendo Beth, e facendo ridere tutti. «Tu eri fin troppo severa, io gli davo solo lo spazio che necessitava, qualche dolcetto, un po' di trasgressione...»

«Per fortuna che non hai viziato anche Alec!» fece eco Sammy.

E mentre le risate di tutti si facevano largo nella stanza, George si sentì più sereno. Vedere il volto di Isabelle finalmente disteso e rilassato fece sorgere in lui la speranza che tutto sarebbe tornato come prima. Avrebbero riunito la loro stupenda famiglia e avrebbero superato ogni difficoltà esterna che il mondo stava ponendo loro davanti. Sarebbero stati di nuovo felici.

~~~~~~

Il percorso di guarigione di Isabelle era stato particolarmente lungo e tortuoso. La gamba, nonostante gli interventi di sua madre, ci aveva messo più del previsto a ristabilizzarsi e la donna aveva fatto molta fatica durante le prime settimane ad appoggiarla a terra e caricarci il peso del suo corpo sopra. In più, il recupero emotivo e psichico era stato ancora più complicato: per diverse notti Isabelle aveva avuto incubi terribili, in cui riviveva la tortura a cui era stata sottoposta, e nemmeno la presenza di George, Sammy e sporadicamente Pam con le sue piccole pesti sembrava aver dato beneficio. Si svegliava completamente madida di sudore, urlando il nome di George (che dormiva accanto a lei praticamente fin dalle prime sere) e nei momenti più angosciosi la donna faceva molta fatica a ritornare in sé, iniziava a delirare urlando disperatamente, implorando aiuto e richiedendo l'intervento di Andromeda, che con prontezza le somministrava alcune pozioni calmanti preparate da Molly.

Vedere Isabelle ridotta in quelle condizioni aveva davvero messo alla prova George, che ogni giorno cercava di combattere contro il senso di colpa per non averla protetta e lo strazio per non riuscire a fare niente per farla stare meglio. Provava a tirarla su in ogni modo, e di solito di giorno ci riusciva, ma la notte gli incubi che sopraggiungevano rendevano tutto più difficile.

Per fortuna, però, dopo qualche settimana questi avevano iniziato a diradarsi, lasciando il posto a lunghe notti tranquille e riposanti. La gamba aveva iniziato a stare meglio e nel giro di qualche giorno Isabelle era riuscita ad andare dalla camera da letto fino alla cucina, per riuscire successivamente a raggiungere anche il piccolo giardino esterno alla casa. Ed era proprio lì, seduta sotto un piccolo gazebo che Isabelle, qualche giorno più tardi, aveva fatto una richiesta a George.

«Credo di sentirmi pronta... possiamo tornare a casa?»

«Ne sei sicura, amore? Lo sai, Andromeda ha detto che possiamo restare tutto il tempo che vogliamo-»

Isabelle scosse la testa, sorridendo. «Lo ha detto anche a me, ma adesso sento il bisogno di tornare a casa mia. Voglio dormire nella nostra camera, preparare da mangiare nella mia cucina e vivere la nostra intimità senza imbarazzo. Possiamo, per favore?»

George si era preso qualche giorno di tempo per pensare. D'altronde, non era una decisione semplice: ritornare a Diagon Alley significava buttarsi di nuovo nella tana del lupo. Nelle settimane successive all'attacco altri due episodi analoghi erano avvenuti più o meno con lo stesso modus operandi: alcuni Mangiamorte non identificati si erano divertiti a razziare le botteghe e torturare alcuni negozianti, oltre a rapire due streghe mezzosangue, traendole in inganno con la stessa modalità utilizzata con Isabelle. Purtroppo, il destino toccato in sorte alle due malcapitate non era stato lo stesso di sua moglie, e si trovavano in quel momento ricoverate al San Mungo, attaccate con un sottile filo alla vita. Ma comprendeva la richiesta della sua amata. Se si fosse trovata al posto suo, non avrebbe esitato a tornare tra le mura di casa, dove avrebbe sicuramente vissuto meglio la convalescenza e dove il proprio animo avrebbe gioito.

Si convinse solo dopo aver parlato di nuovo con lei e aver preso alcuni specifici accordi: non sarebbe potuta uscire per alcun motivo, soprattutto se senza la sua protezione, quella di un membro delle squadre di vigilanza o un Auror.

«Adesso che stai meglio vorrei tornare a pieno regime a cacciare quei bastardi. Ma capisci che non posso stare tranquillo se non sei sorvegliata da qualcuno, vero?»

«Certo che lo capisco amore, e non devi preoccuparti. Ti prometto che non uscirò, e se lo farò avvertirò te o qualcuno che possa sostituirti per proteggermi. Allora torniamo a casa?» disse con gli occhi lucidi e sorridenti.

«Sì... torniamo a casa».

Rientrare all'appartamento aveva avuto un effetto toccasana anche per lui. Concentrarsi unicamente sullo stato di salute fisico e mentale di Isabelle non gli aveva permesso di pensare a nient'altro, e anche la cura di sé stesso era passata in secondo piano. Ma poter dormire nel proprio letto, abbracciato alla donna della sua vita tra quelle mura così familiari gli aveva fatto bene. Si sentiva rigenerato, pronto a partire per nuove missioni, alla ricerca di coloro che stavano seminando panico e delirio nel mondo magico.

La settimana successiva, dopo un'altra giornata passata a cercare indizi che portassero al nascondiglio dei Mangiamorte, effettivamente risoltasi in un nulla di fatto, George rientrò a casa avvilito e affranto. Le ricerche continuavano a non dare frutti e nel mentre il tempo continuava a scorrere inesorabile. Ogni secondo perso era un secondo guadagnato dai Mangiamorte evasi, liberi di continuare a far del male a poveri innocenti, colpevoli di possedere uno stato di sangue considerato diverso, sbagliato. Ma una volta materializzatosi nell'appartamento, un profumino gli invase le narici. La vista di Isabelle intenta a cucinare dietro i fornelli completò l'opera, facendo espandere una sensazione di felicità senza eguali dentro di sé. Erano proprio quei momenti a farlo stare meglio, quegli attimi eterni che avrebbe conservato con cura e gelosia dentro a un cassetto speciale nel suo cuore. Si avvicinò a lei, abbracciandola da dietro e lasciandole un bacio sul collo. Lei sussultò, sorpresa dal suo arrivo. «Non ti avevo sentito!» disse girandosi. «Da quando sei diventato così silenzioso?» ridacchiò, felice.

«Da quando voglio sorprenderti in cucina, con questo fantastico grembiule indosso» sussurrò, lasciando ancora baci sul suo collo e scendendo sulle clavicole.

«George, aspetta! Si brucia tutto il sugo!»

Controvoglia sciolse il loro contatto, sedendosi su uno degli sgabelli della cucina. «Come stai amore? Come è andata la giornata? C'è qualcosa che dovrei sapere?» chiese con apprensione.

«Molto bene, devo dire. Ginny mi ha fatto compagnia per tutto il giorno, abbiamo parlato, giocato a scacchi, ancora parlato... poi oggi pomeriggio le è venuta voglia di sistemarmi i capelli e io non ho assolutamente rifiutato questa offerta» disse, sfoggiando con fierezza la sua chioma nera, adesso lucente e morbida «E poi se ne è andata solo qualche minuto fa, quando è arrivato il tuo Patronus che comunicava il tuo rientro a breve. È andata a riprendere i bambini da Andromeda e andrà poi a casa.»

«E la gamba?»

«Sta meglio! Davvero, George. Non preoccuparti... sto bene. E tu come stai, invece?»

George si incupì leggermente. «Sono molto pensieroso, e frustrato... come tutti quanti, del resto. Continuiamo ad arrivare nei luoghi degli attacchi quando ormai quei bastardi si sono già volatilizzati, e stamani abbiamo ritrovato il corpo di due maghi in una strada nella periferia di Londra. Erano vivi ma... Erano involucri vuoti, senza anima. Tutti gli indizi ci portano a pensare che siano stati attaccati dai Dissennatori. Mi sento completamente inutile in questo momento. Stanno prendendo sempre più piede, magari stanno anche radunando adepti tra loro fila, e noi siamo ad un punto morto...»

Isabelle si avvicinò a lui, carezzandoli dolcemente una guancia. «Non sei assolutamente inutile. Nessuno di voi lo è. Sono stata chiara? State facendo un lavoro importantissimo, senza di voi il mondo magico sarebbe senza speranza!» disse, guardandolo intensamente negli occhi. «Adesso cerca di distrarti e non pensare a niente, ok? Se vuoi conosco anche un bel modo per farlo...» terminò, maliziosa.

«Ah sì? Ha voglia di espormi la sua idea, signorina Banks?» rispose George, attirandola a sé e iniziando ad accarezzare le sue gambe, lasciate scoperte dal vestito che indossava.

«A dire la verità è signora Weasley» lo corresse lei «però sì, certo che mi va di farle vedere cosa ho in mente...»

Nel corso della successiva ora Isabelle e George si dimenticarono della cena pronta, dei pericoli fuori dalla stanza da letto e di ogni preoccupazione. Si ritrovarono in una dimensione speciale, in cui esistevano solo loro, fusi in un contatto pieno di gioia, di speranza, crogiolati nel loro incredibile e immenso amore. Poco dopo, però, mentre scivolavano nel sonno cullati nella loro stretta, un forte rumore proveniente dal salotto fece ridestare entrambi.

«Cosa è stato?» chiese Isabelle alzandosi su, allarmata.

«Tu resta qua, non muoverti» esclamò George, ormai sull'attenti mentre prendeva la sua bacchetta dal comodino e si avviava verso la fonte di quel rumore. Si spostò guardingo, pronto ad attaccare in caso qualche ospite indesiderato si fosse introdotto dentro casa loro. Ma quello che George si trovò davanti agli occhi fu ben diverso da ciò che poteva aspettarsi.

«Harry! Ginny! Cosa ci fate qua?» chiese sorpreso di vedere sua sorella e suo marito. «Che succede?» continuò subito dopo, impaurito per gli sguardi presenti sui loro volti. «C'è stato un altro attacco? I bambini stanno bene?» chiese, riferendosi ai suoi nipoti.

«Cos'è successo? Perché avete quelle facce?» domandò Isabelle, arrivata di corsa nel salotto dopo aver riconosciuto le loro voci.

I due si scambiarono un occhiata preoccupata. Poi Harry parlò: «Poco fa ho ricevuto un Patronus da Teddy...» disse con voce spezzata, senza riuscire a proseguire. Guardò sua moglie, che annuì e continuò a parlare.

«N-noi ci aspettavamo degli aggiornamenti sulla situazione scolastica, su come andassero le cose tra i ragazzi, o con Victoire... ma il suo lupo ha pronunciato una sola, unica parola. Ha detto "Aiuto" e poi è scomparso.»

«Teddy sa fare un Patronus?» chiese George, incredulo.

«Sì, glielo ho insegnato qualche anno fa, mi sembrava importante che avesse questo strumento a disposizione... e per fortuna. È stato molto utile in questo momento». Il suo volto era pallido, e trasmetteva tutta la preoccupazione per la sorte del suo figlioccio.

«Siamo venuti subito qua, perché insomma Teddy, Fred e Alec sono sempre insieme, e ci sembrava giusto avvisarvi-» continuò Ginny.

«Pensate che siano nei guai?» sussurrò titubante Isabelle. «Oh, George! Dobbiamo andare subito là a controllare che stiano bene-»

Un fascio di luce argentea entrò improvvisamente nella stanza interrompendoli e posizionandosi di fronte a lui. George riconobbe la forma di un drago, che aprì il grande muso rivelando la voce di suo fratello Charlie.

«I ragazzi sono spariti! Dopo la ronda notturna sono andato nel loro dormitorio a controllare che stessero bene ma i loro letti erano vuoti, e non riusciamo a trovarli in nessuna ala del Castello. Dovete venire qua immediatamente. Credo che siano usciti, e ho il timore che siano in un grande, grandissimo pericolo».

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