XL
Disclaimer: violenza
Consiglio di ascoltare la canzone suggerita nel punto indicato nel capitolo da una freccia.
She knows
She knows
Bad things happen to the people you love
And you find yourself praying up to heaven above
But honestly, I've never had much sympathy
Cause those bad things, I always saw them coming for me
I'm gonna run, run away
Run run away, run away
L'aria che si respirava alla Tana quella sera era pesante e intrisa di angoscia. Isabelle, seduta su una delle sedie in vimini della cucina, osservò i presenti con l'ansia che le divorava lo stomaco. Erano tutti lì, richiamati all'ordine da Molly e Arthur proprio quella mattina stessa. Mentre lei, George e Verity erano ancora impegnati a realizzare l'accaduto, una scia di luce bluastra e argentea era entrata dalle grandi porte dei Tiri Vispi, posizionandosi proprio di fronte a loro e fluttuando in aria. La piccola donnola li osservò con intensità e poi la voce roca di Arthur Weasley risuonò cupa tra le pareti della stanza.
«I Mangiamorte sono evasi da Azkaban e tuo fratello Ron è rimasto coinvolto nello scontro. Vieni subito a casa, e porta con te Isabelle e Verity. A Diagon Alley non sono al sicuro». E poi, così come era entrato, velocemente l'animale etereo sparì.
Fu proprio la voce del capofamiglia a riportarla al momento presente. «No, George. Non ti permetterò di portare avanti questa missione suicida!» Il tono di voce concitato di Arthur la spaventò, così come il contenuto delle sue parole. Si voltò verso George, seduto accanto a lei, chiedendosi cosa si fosse persa di così importante durante il suo breve viaggio mentale.
«Cosa dovrei fare, papà? Lasciare che i Mangiamorte vaghino per tutta la città, mettendo in pericolo mia moglie, mio figlio e le persone a cui voglio bene?» George era molto agitato, e Isabelle se ne accorse subito. Le sue guance erano rosse, una vena pulsava in modo violento sul suo collo e i suoi occhi erano annebbiati dall'odio e dalla voglia di vendetta contro chi tanti anni prima si era permesso di portargli via la cosa più importante: la metà della sua anima.
«No, non sto dicendo questo. Sto dicendo che dobbiamo essere compatti, e che non puoi andartene in giro per Londra con la bacchetta in mano a cercare di scovarli. Sono evasi tutti, tutti quanti! Anche Greyback... e sai quanto può essere pericoloso incontrarlo» disse in modo veemente. «E se credi di poterli combattere da solo sei uno sciocco, figliolo. Dobbiamo fare gioco di squadra insieme agli Auror del Ministero, solo così potremo catturarli!»
Molly rincarò la dose, cercando di appianare l'agitazione generale. «Tuo padre ha ragione, Georgie. Non puoi andarci da solo, sarebbe un disastro! Tanto più che adesso anche i Dissennatori sono a piede libero, nascosti chissà dove e pronti ad attaccare poveri malcapitati! Ti prego, cerca di riflettere...»
George a quel punto si zittì, irrigidendosi sul posto. Riuscì a sciogliersi solo dopo le dolci carezze che Isabelle gli rivolse, e proprio lei si sentì meglio quando lui le fece un sorriso tirato, ma sincero. Nei suoi occhi riusciva a scorgere la preoccupazione per la loro sorte, e anche tanta stanchezza e dispiacere. La sensazione di essere un intralcio in quel momento, un bersaglio facile, non accennava ad andarsene. George nel corso degli anni le aveva ben spiegato l'odio radicato di quegli esseri verso i babbani, i nati babbani o i mezzosangue come suo figlio Fred, e una paura sorda si fece spazio nella sua mente, procurandole brividi lungo tutta la schiena. Si voltò verso Sammy, in piedi accanto a Charlie e poi verso Pam, che cercava di cullare invano sua figlia Adele, mentre Lee teneva impegnata Annika giocando con lei. Lo sguardo che le sue amiche le rivolsero le fece capire di non essere la sola a coltivare certe paure.
«C-cosa vogliono?» chiese Verity con voce tremolante, mentre si spostava in modo esasperato sulla sedia, colta da una profonda paura. Proprio Verity le aveva raccontato di come suo padre, un nato babbano, fosse stato ucciso durante la prima Guerra Magica molti anni prima; poteva ben comprendere il suo sconvolgimento per tutta la situazione. «Il Signore Oscuro è caduto, non c'è modo di riportarlo in vita... quindi, qual è il loro scopo adesso?»
Tutti le rivolsero uno sguardo carico di compassione, ma fu solo Harry a rompere il silenzio che si era creato. «Non lo sappiamo, Verity. Ci hanno colto alla sprovvista, e purtroppo anche impreparati nonostante le esperienza passate. Abbiamo intensificato i controlli alla prigione, messo guardie a difesa di ogni piano ma è stato tutto inutile...».
«I-io... io ho visto i loro corpi, a terra... è stato terribile».
Tutti si voltarono verso il camino dove Ron, seduto per terra e con una coperta sopra le spalle, stava cercando di riscaldarsi e di riprendersi da quanto osservato solo qualche ora prima. Hermione sedeva proprio accanto a lui, cingendo le sue spalle con un abbraccio caloroso e confortante, mentre uno sguardo molto preoccupato solcava i suoi giovani lineamenti.
«Aspetta tesoro, ti do dell'altro the caldo al gelsomino!» esclamò Molly, facendo levitare la teiera nella sua direzione. Lo sguardo corrucciato e la bocca serrata della donna restituivano senza ombra di dubbio l'ansia per le condizioni di suo figlio.
«Puoi spiegarci meglio cosa hai visto, Ron?» chiese Charlie, rientrato immediatamente da Hogwarts non appena ricevuta la notizia, visibilmente preoccupato per il suo fratellino. Si strinse ancora di più a Sammy e si preparò ad ascoltare.
Dopo aver bevuto qualche altro sorso delle bevanda calda, Ron si decise a parlare di nuovo anche se visibilmente sconvolto. «E-ero di guardia all'entrata. Sapete, queste sono le ultime fasi dell'addestramento, qualche mese di servizio ad Azkaban e poi, finalmente, il lavoro in squadra e la possibilità di partecipare alle indagini con gli altri membri dell'Ufficio Auror. Il mio sogno...il sogno di tutti noi cadetti. Io e Luke siamo stati accoppiati fin dal primo giorno e... e...» la sua voce si fece più sottile e il suo sguardo più addolorato mentre ricordava l'amico che aveva perso la vita durante l'evasione. «Ieri ci eravamo messi d'accordo. Io sarei rimasto sempre all'ingresso a sorvegliare gli arrivi, mentre lui avrebbe scortato eventuali visitatori ai piani... ma non mi sarei mai aspettato che-» Ron iniziò a piangere, dapprima silenziosamente. Poi forti singhiozzi lo scossero, interrompendo il suo discorso. Sua moglie lo consolò più possibile, sussurrandogli parole dolci all'orecchio che i presenti non riuscirono a sentire.
«Ron...» sussurrò Harry, posando una mano sulla schiena del suo migliore amico. «Perché non racconti di cosa hai scoperto alla fine?»
Ron si asciugò piano alcune lacrime dal viso, cercando di rimettersi in sesto. «O-ok... beh, probabilmente questo non vi piacerà...» disse, guardando prima verso Ginny, e poi verso George e Isabelle.
Così Ron iniziò a parlare, e ogni parola, ogni frase che uscì dalla sua bocca fecero inorridire Isabelle. Che Angelina fosse sempre stata instabile mentalmente era ormai chiaro agli occhi di tutti, dato ciò che si era permessa di fare a George e dato l'episodio con la sua allenatrice, ma non credeva che fosse possibile spingersi così in basso, tanto da raschiare il fondo. Rivolgersi al lato oscuro, facendosi inglobare in un mondo fatto di perfidia, di orrore e di cattiveria solo per ottenere i propri scopi. Ma quali erano poi, i suoi scopi? Isabelle forse si era fatta un idea, ma non voleva crederci, non poteva credere che si fosse abbassata a tanto. Si voltò verso George, preoccupata per il suo stato d'animo. La rabbia di pochi minuti prima sembrava essere stata spazzata via, come prosciugata improvvisamente. Il suo volto era pallido, i suoi occhi contornati da occhiaie così scure da sembrare nere e il suo labbro inferiore tremava. Si girò lentamente verso di lei, osservandola con una tale disperazione negli occhi da farle attorcigliare lo stomaco. «Amore...» sussurrò lei, prendendo le mani di George tra le sue. Lui non rispose, si limitò a stringere fortissimo l'intreccio delle loro mani e a rivolgerle un ultimo sguardo carico di ansia e di preoccupazione, prima di voltarsi di nuovo e parlare.
«Sono felice che tu stia bene, Ron. Se tu non fossi riuscito a parare quella maledizione io...» sibilò, facendo un grande sospiro «io non me lo sarei mai perdonato. Non posso fare a meno di pensare che tutta questa situazione sia nata per colpa mia... scusami». Abbassò lo sguardo, e Isabelle si accorse che qualche lacrima era sfuggita al suo controllo ferreo.
«Perché piangi, George? Non è colpa di nessuno, neppure tua!» Il tono di voce con cui Ginny si rivolse a suo fratello le sembrò inizialmente duro e tagliente, ma le bastò alzare lo sguardo e osservare i suoi occhi scuri pieni di lacrime e disperazione per capire che era semplicemente atterrita da quella assurda situazione, come tutti del resto. «Non è colpa nostra se quella psicopatica ti ha drogato approfittandosi di te, non è certamente colpa nostra se ha deciso di passare al lato oscuro, aiutando a far evadere i mostri che sedici anni fa ci hanno distrutto la vita!» Il respiro della donna si fece più breve, rarefatto, e passarono diversi secondi prima che riuscisse a parlare di nuovo. Questa volta, però, si rivolse a suo padre: «Cosa facciamo adesso, papà? Non posso sopportare di starmene qua con le mani in mano ad attendere la loro prossima mossa. Voglio stanarli uno per uno, facendogliela pagare per ciò che ci hanno fatto e per ciò che hanno in mente di fare. Ma come? Cosa dobbiamo fare?» chiese con durezza.
Arthur sospirò avvilito. «Credo che ci sia solo un'unica cosa da fare per risolvere la situazione... riunire tutti quelli che sono disposti a combattere di nuovo per questa causa e affiancare gli Auror in questa ricerca contro il tempo».
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Una fitta pioggerella scendeva da quel pomeriggio senza sosta, e aveva reso il cielo completamente chiuso e grigio, proprio come il suo umore. Il pensiero di vivere in un mondo in pericolo, la preoccupazione per i suoi cari... tutti quei pesi gravavano sulle sue esili spalle, e questo non faceva altro che aumentare di intensità la sua frustrazione ogni minuto, ogni ora e ogni giorno della sua vita passata chiusa dentro le quattro mura dell'appartamento sopra il negozio, per quanto amorevoli fossero. Il solo pensiero che quei maghi così oscuri si aggirassero per il mondo magico, spargendo follia e distruzione solo per i loro intenti personali la faceva rabbrividire. E non poteva immaginare nemmeno lontanamente di cosa quegli esseri così immondi fossero capaci. Se ne stava facendo però un'idea, sentendo i racconti emersi durante le due riunioni di emergenza di quella settimana. Ne era prevista una anche per quella sera, e Isabelle era preoccupata di dover ascoltare ancora e ancora i resoconti tragici e i bollettini di guerra, di dover trattenere le lacrime che si sarebbero inevitabilmente fatte strada di fronte alla notizia della morte di poveri innocenti.
«Tieni, Bel. È caldo, l'ho preparato proprio adesso» disse Verity, che la raggiunse nel salotto al primo piano di Grimmauld Place n. 12, dove Molly era impegnata da quel pomeriggio, immersa tra odori e profumi super invitanti che Isabelle riusciva a percepire anche dal piano superiore. Verity le porse una tazza fumante di thè e poi si sedette accanto a lei, sul divano in pelle marrone.
«Cosa sta facendo?» chiese Isabelle riferendosi a sua suocera, mentre un risolino le scappò di sfuggita.
«Molly non vuole farsi trovare impreparata questa sera... sai, nel caso in cui gli altri si fossero trasformati in troll dall'ultima volta che li ha visti due giorni fa e avessero una fame da lupi». Le loro risate soffocate si intrecciarono, scaldando il cuore di Isabelle.
Erano arrivate al vecchio quartier generale dell'Ordine della Fenice da un paio di ore, scortate da George e pronte per assistere ad un'altra riunione di emergenza di cui erano stati avvisati da Harry solo il giorno precedente. Quel posto, per quanto abbellito dagli sforzi di Ginny, dal calore della famiglia Potter e dalla presenza dei tre meravigliosi bambini della coppia, incuteva un certo timore a Isabelle. La facciata della casa, adesso finalmente visibile dopo molto tempo, aveva ancora la grande porta con battente d'argento a forma di serpente, e nonostante George le avesse raccontato di come finalmente dopo molto tempo Harry fosse riuscito a far sparire le infestazioni di Doxy dalle stanze e la maggior parte dei quadri, quella pareti le sembravano ancora intrise di qualcosa che la rendeva inquieta, agitata.
Verity sembrò leggerle nel pensiero. «Ti capisco. Questo posto non fa stare tranquilla neanche me... ma non preoccuparti. Dobbiamo solo attendere la fine della riunione e presto potremo tornare a casa» esclamò, facendo un lungo sospiro. «Non mi sento tranquilla a lasciare mia madre da sola per molte ore, inizia ad avere una certa età e ho paura che non riuscirebbe a proteggersi da sola in caso di attacco-»
«Non preoccuparti, Verity! Non succederà niente a tua mamma» disse piano Isabelle, poggiando una mano delicatamente sulla sua. «Presto sarà tutto finito... e non dovremo più temere nessun attacco o ritorsione. Andra tutto bene, vedrai». Isabelle sentì un subbuglio nello stomaco di fronte a quelle parole. Si chiese quanto effettivamente credesse alla veridicità delle stesse, e quanto le avesse pronunciate per tranquillizzare sia lei che la sua dolce amica. Ma non ebbe tempo di pensarci troppo, perché vennero interrotte dal rientro di George a casa.
«Ciao amore» George si avvicinò a lei, sporgendosi per lasciarle un lieve bacio a fior di labbra. «Ciao Verity» aggiunse dopo, rivolta alla loro amica e collega.
«Ciao George, com'è andata là fuori?» chiese Isabelle, con una punta di ansia nella voce.
«Non bene. Kingsley mi ha chiesto di tornare insieme a lui ad ispezionare i piani e le celle di Azkaban per scovare qualche indizio... qualsiasi cosa. Ma la ricerca è stata infruttuosa. Non c'è niente di niente... sono stati davvero molto bravi, molto astuti e preparati» concluse, mentre la frustrazione e tutto il nervosismo di quei giorni si palesarono sul suo volto stanco e tirato.
Isabelle si alzò, circondandolo la vita di suo marito con le braccia e appoggiando la testa al suo petto. Sperava in quel modo di riuscire a calmarlo, di riuscire a infondergli per quanto possibile un po' di serenità. Da quando avevano ricevuto la notizia dell'evasione George non aveva dormito molto, e i primi segni di stanchezza iniziavano a farsi sentire.
Lui appoggiò la testa sulla sua, inspirando profondamente. Isabelle percepì i battiti del suo cuore iniziare a rallentare, il suo respiro farsi più regolare. «Supereremo anche questa, amore... non preoccuparti» sussurrò a voce bassa.
«Lo spero... mi dispiace avervi lasciato qua, ma è stato più forte di me... quando Kingsley me lo ha proposto sentivo di dover andare, di dover fare qualcosa per risolvere la situazione, proteggere te, proteggere Fred...»
«George» esclamò Isabelle, alzando lo sguardo e facendo incrociare i loro occhi. «Non temere per noi, siamo state benissimo in compagnia di Molly, Ginny, Fleur e dei piccoli di casa. Hai fatto solo quello che sentivi necessario... e va bene così. Io ti appoggio». Cercò di sorridere per infondere un po' di tranquillità, la stessa che sentiva mancare dentro di sé, e il sorriso caldo che lui le rivolse le restituì la certezza di aver preso la scelta giusta. Aveva fatto una promessa quasi un anno prima, e intendeva mantenerla a tutti i costi. Protezione, sostegno, fiducia... per sempre.
«Ehi, fratello!» li interruppe Ginny, entrando dentro il salotto. «Io e Fleur abbiamo appena addormentato le nostre pesti, e mamma dice che ci vuole giù perché stanno per arrivare tutti. Credo che voglia una mano per sistemare la cucina e la tavola... certe cose non cambiano mai, vero?» disse ridendo di gusto e facendo ridere anche loro.
Mentre aiutavano Molly a terminare gli ultimi preparativi furono interrotti dall'arrivo di tutti i partecipanti alla riunione, uno dopo l'altro: Ron e Hermione, che dopo una giornata intera al Ministero, passarono a salutare i loro figli al piano superiore; Harry, Arthur e Bill che arrivarono con la metropolvere; la Preside McGranitt, Neville e la professoressa Redman, provenienti direttamente da Hogwarts grazie a una passaporta, mentre invece Percy, Oliver Wood e una donna che non conosceva si smaterializzarono proprio davanti a loro. Per ultimi, sempre con una passaporta, arrivano Charlie e Sammy. Isabelle corse incontro alla sua migliore amica, dandole un abbraccio mozzafiato. «Dove sono Pam e Lee?» chiese poi, subito impanicata per l'assenza dei suoi amici.
«Lee non se la sentiva di far spostare la piccola Adele solo per una sera, quindi ha preferito restare a casa a protezione di Pam e le bambine. Dopo passerò da loro per fargli un resoconto di questa riunione» rispose Charlie con un lieve sorriso. «Stai tranquilla, Bel. È tutto sotto controllo».
«Oh, Andromeda! Che piacere vederti, mia cara!» Molly si avvicinò alla donna dai lunghi capelli bianchi e dagli occhi vispi e curiosi che Isabelle aveva intravisto poco prima.
«Ciao, Molly» rispose lei, abbracciandola calorosamente. «Da quanto tempo non ci vediamo?»
«L'ultima volta eravamo alla stazione il primo settembre, stavamo accompagnando i ragazzi a prendere il treno!»
«Sarebbe stato meglio incontrarsi di nuovo in una situazione meno grave...» disse Andromeda, abbassando lo sguardo.
Molly la osservò con uno sguardo corrucciato. «Presto andrà tutto bene, vedrai... non temere.» Poi si rivolse verso Isabelle, illuminandosi. «Oh, non ti ho ancora presentato mia nuora! Isabelle, cara vieni!» Molly allungo una mano verso di lei, invitandola ad avvicinarsi. «Lei è Isabelle, la moglie di George e la mamma di Freddie» disse con enfasi.
Anche il volto di Andromeda parve illuminarsi alla menzione di Fred. «Oh, Teddy mi ha parlato così tanto di tuo figlio. È un ragazzino davvero speciale, sono felice che siano amici... mi ha raccontato dell'episodio dello specchio delle Emarb» annunciò con sincerità e con gli occhi lucidi, velati di lacrime.
«Non sai quanto hai ragione, Andromeda. Frederick è uno studente modello, oltre che un bambino eccezionale. Il gruppo che hanno creato è davvero affiatato! Sono dei ragazzi formidabili» disse Minerva, passandoli vicino e rivolgendo loro un sorriso sincero.
Isabelle annuì, lievemente imbarazzata ma felice di ricevere certi feedback sul suo bambino. «G-grazie... sono così felice che sia riusciti a creare un gruppo così unito. Di questi tempi credo che sia una cosa fondamentale. E anche Fred parla sempre benissimo di Teddy, lo considera come un fratello».
«Iniziamo?» chiese Arthur interrompendoli e prendendo posto alla lunga tavola che Molly aveva preparato. Isabelle si sedette vicino a Sammy e Verity, con l'ansia che le consumava lo stomaco. Lanciò uno sguardo preoccupato verso George, che si era posizionato proprio di fronte a lei.
Harry parlò per primo. «Ringrazio tutti voi per essere venuti a questa riunione con così poco preavviso, ma abbiamo ritenuto che questo incontro fosse necessario, anche alla luce degli avvenimenti recenti... Io, Ron e la squadra di Auror stiamo continuando senza sosta la ricerca degli evasi, ma la cosa si sta rivelando più difficile del previsto.»
«Quei bastardi hanno organizzato tutto nel minimo dettaglio. Non hanno lasciato nessun indizio, niente di niente-» aggiunse Ron.
«Per il momento non abbiamo niente in mano. Ogni pista che seguiamo sembra portare a un nulla di fatto» concluse Harry amareggiato.
«E nel frattempo il mondo magico è di nuovo sottosopra, così come la situazione al Ministero» disse Kingsley, sfregandosi il viso con le mani. «Il panico sta dilagando tra i funzionari, soprattutto per i nati babbani o chi proviene da famiglie di mezzosangue. Molti di loro non si stanno presentando a lavoro, e si sono barricati in casa, anche se stiamo cercando di tranquillizzarli... ma non posso fare a meno di capirli. Ho paura anche io» continuò, esponendo la situazione.
«Abbiamo tutti paura, ma non possiamo arrenderci. Non possiamo demordere!» chiosò George, alzando la voce e ricevendo segni di approvazione da parte di tutti i presenti.
«Non puoi biasimarli, George» eruppe Percy. «La notizia degli omicidi e degli orrori di ieri notte ha sconvolto tutti-»
«O-omicidi?» chiese Isabelle, scioccata. «Chi? Dov-dove, quando... non sapevamo niente!»
Un silenzio greve calò nella stanza, interrotto da Arthur dopo qualche minuto. «Già. La notizia per il momento non è ancora stata fatta trapelare. Uno squadrone di Mangiamorte si è intrufolato proprio ieri notte in una casa di Londra, distruggendo ogni cosa e derubando tutto ciò che di prezioso la famiglia possedeva. Quelle povere persone sono state cruciate per ore, e quei mostri si sono divertiti a vederli agonizzare, e poi li hanno uccisi. Uno per uno, facendo osservare al padre, un mago purosangue, la morte di tutti i membri della sua famiglia: sua moglie nata babbana e i suoi figli.»
Isabelle era incredula. L'immagine di quei malcapitati le si stampò in mente nonostante non avesse osservato un tale scempio, e le sembrò quasi di poter sentire le loro urla riecheggiare nelle sue orecchie.
«So che tutti hanno paura, ma non possiamo fermarci ora!» esplose Charlie, che era rimasto in disparte fino a quel momento. «Dove possiamo cercare? Che piste dovremmo seguire? Dobbiamo assolutamente intervenire in qualche modo, non possiamo continuare a stare fermi con le mani in mano, in attesa che bussino alla nostra porta per riservarci lo stesso trattamento!»
«Per il momento stiamo cercando di localizzare i Dissennatori. Ci sembra la strada più logica da seguire. Sappiamo quanto sono pericolosi se lasciati in libertà, e magari trovando loro potremmo risalire al resto degli evasi» rispose Harry. «Anche perché stiamo brancolando nel buio più totale, diverse squadre sono alla ricerca ma senza risultati utili...»
«Non potremmo cercare di scovare in qualche modo Angelina? Sono sicura che basterebbe poco per convincerla a tornare dalla nostra parte...» Ginny pronunciò quelle parole con voce spezzata, cercando di trattenersi dal piangere. Non appena però il suo nome venne pronunciato, George, Isabelle e Oliver si irrigidirono sulle loro sedie.
«So che la cosa vi sconvolge, ma sono sicura che sia stata manipolata in qualche modo. Sappiamo che ha dei problemi, anzi enormi problemi! Ma non ha mai creduto a questi stupidi ideali di supremazia della razza. Non ci credo, non posso credere davvero che abbia sposato certe credenze. N-no... dobbiamo trovarla, dobbiamo fare qualcosa... e lei ci condurrà dal resto dello squadrone della morte. Ne sono certa» continuò la più piccola dei Weasley.
Oliver rispose con voce incerta. «C-credo anche io che sia stata in qualche modo manipolata, costretta con l'inganno a fare certe cose. Ma non penso che cercarla sia la cosa giusta. E se fosse ormai dalla loro parte? Se ci tendesse una trappola? No, rischieremmo troppo...»
«Ma dobbiamo farlo, Oliver!» rispose Ginny agitandosi sulla sedia. «Credimi, anche io la odio per ciò che ha fatto, in primis a mio fratello, ma tu sai che lei non è così! Sta male, ha bisogno di essere aiutata-»
«Tu sei davvero così sicura, Ginny? Sia tu che io l'abbiamo vista in alcuni dei suoi momenti più bassi della sua intera esistenza, e non credo certo che la vicinanza con i seguaci di Voldemort l'abbia fatta rinsavire!» Il volto di Oliver era completamente rosso e paonazzo, mentre si sporgeva in avanti verso Ginny.
«Il fatto è che...non credo che si farebbe trovare così facilmente. Il giorno dell'evasione sembrava un'altra persona, aveva gli occhi fuori dalle orbite e uno sguardo... non umano». Ron fece un grande sospiro. «H-ha cercato di uccidermi... ormai la ragazza che credevamo di conoscere non c'è più. Mi sembra inutile cercarla.»
Harry riprese a parlare dopo aver ascoltato anche i contribuiti di Bill, Fleur e Percy. «Mi sembra che siamo quasi tutti d'accordo che cercare Angelina in questo momento non sia una buona idea» esclamò, rivolgendo un piccolo sguardo fugace a sua moglie, che si era improvvisamente zittita e teneva lo sguardo a terra. «Stiamo tutti soffrendo per il suo coinvolgimento, ma per adesso è meglio concentrarsi su altre piste. Avete qualche idea?»
«Se creassimo delle piccole squadre di esplorazione e controllassimo i punti che nel passato sono stati frequentati dai Mangiamorte? Parlo ad esempio di Nocturn Alley, Casa Lestrange, Villa Malfoy... e via dicendo. Potremmo utilizzare casa mia come punto di partenza e di arrivo, trasformarla in un quartier generale!» propose Andromeda con entusiasmo.
«Non credo che sia una buona idea, Andromeda... anche se li scovassimo in uno di questi luoghi non sappiamo quanti altri maghi hanno reclutato per perseguire la loro causa, potrebbero essere anche il doppio di noi, potremmo trovarci in inferiorità numerica! E sappiamo quanto questo potrebbe andare a nostro sfavore» rispose George agitato.
«Capisco la tua necessità di scovarli, anche in ragione di ciò che ti hanno fatto, che ci hanno fatto» sussurrò Harry con la voce che tremava «Ma sono d'accordo con George. Dobbiamo aspettare, non possiamo buttarci subito nella tana del lupo. Però l'idea di fare delle squadre di vigilanza mi sembra buona. Cerchiamo di individuare i punti nevralgici della Londra magica dove potrebbero nascondersi, ricerchiamo più informazioni utili possibili e speriamo che i nostri sforzi portino qualche risultato» concluse speranzoso.
«H-hogwarts è un posto sicuro in questo momento?» chiese Isabelle dopo qualche secondo, cercando di interrompere il nuovo e pesante silenzio calato nella stanza. «Voglio dire, i nostri figli corrono qualche pericolo? George mi ha raccontato di quando in passato nemmeno le mura del Castello erano sicure e... i-io ho tanta paura. Sono in pensiero-» Isabelle si voltò verso Sammy, riconoscendo sul suo volto la sua stessa preoccupazione.
«Puoi stare tranquilla, Isabelle» rispose Neville sorridendole dolcemente. «I sistemi di sicurezza del castello sono stati rinforzati, e ogni sera vengono effettuati dei turni di guardia da parte di noi professori. Non c'è posto più sicuro di Hogwarts al momento!»
Quella sera, nell'ombra della loro stanza da letto, le parole di tutti i presenti continuarono a vorticare nella sua mente. Isabelle non avrebbe mai immaginato possibile un orrore simile, ma quell'orrore era reale e in quel momento lo sentiva così maledettamente vicino...
«A cosa pensi?» le sussurrò George all'orecchio.
Isabelle si voltò verso di lui e sentì il suo respiro solleticarle il volto. «Non riesco a dormire... ho tanta paura... e oltre a questo mi sento del tutto inutile. Tutto questo dolore, tutta questa malvagità che si sta espandendo a macchia di olio... vorrei poter fare qualcosa. Mi piacerebbe così tanto avere la magia che scorre nelle mie vene per poter cercare quegli scellerati e dar loro una lezione! E invece sono solo una stupida babbana, senza possibilità di aiutarvi...» concluse con voce sottile.
«Amore, tu non sei inutile, non lo sei mai stata e mai lo sarai. Se devo essere sincero sono felice che tu non possa combattere in prima fila al nostro fianco... credo che avrei vissuto male la cosa. Sai che voglio proteggerti ad ogni costo, e saperti ad affrontare il male nella sua forma più pura mi avrebbe terrorizzato. Sono felice che tu sia la mia dolce, piccola babbana» disse attirandola al suo petto e baciandola con dolcezza.
«George... io mi sento inutile anche perché non riesco a restare incinta» confessò d'un fiato, approfittando di quel momento così intimo per tirare fuori qualcosa che la stava mangiando dall'interno da giorni e che, a causa degli ultimi avvenimenti, era passato in secondo piano. «So che tu hai fretta, e io non posso darti ciò che vuoi subito, e questo mi fa soffrire...»
«Amore... ma stai dicendo sul serio?» disse facendo una piccola risatina. «Dovresti conoscermi ormai! Io ti amo, e non mi interessa se in questo momento stiamo avendo qualche difficoltà nel concepire! Mi dispiace se ti è sembrato che avessi in alcun modo fretta... forse è stato il mio troppo entusiasmo nel provare e la mia delusione quando il test è risultato negativo?»
Lei rispose con un piccolo mugolio di assenso.
«Mi dispiace molto di averti fatto soffrire, amore. Credimi, se mi sono comportato così è solo perché sogno di poter crescere un piccolo o una piccola che abbia i tuoi occhi, il tuo naso... perché sogno di potermi godere ogni momento con lui o lei, i momenti che purtroppo non ho avuto insieme a Fred. Ma non voglio che tu ti senta così. Tu sei la mia donna speciale, e non sei mai stata inutile. Tu sei perfetta così come sei. E adesso che so come ti senti cercherò di starti vicino, di farti sentire protetta, amata e coccolata. Perché te lo meriti. E per il momento possiamo anche accantonare l'idea del concepimento. Non credo che sia uno dei periodi più felici per far nascere un bambino, non trovi?»
«Hai ragione...» disse lei, accoccolandosi ancora di più al petto di George. Si addormentarono così, stretti l'uno nelle braccia dell'altro, godendosi la protezione e la bolla ovattata che solo la loro vicinanza riusciva a fornire ogni volta.
~~~~~~
Le settimane successive furono frenetiche, soprattutto per George che si ritrovò catapultato all'interno di una squadra di vigilanza insieme a suo padre, Andromeda e altri tre Auror del Ministero. In molte di quelle occasioni Isabelle si era rifugiata a casa Tonks insieme a Sammy, Pam e le piccole di casa Jordan, godendo della protezione di un Auror e di tutti gli scudi magici apposti proprio dalla padrona di casa, mentre George e gli altri erano fuori, in prima fila alla ricerca dei nascondigli dei Mangiamorte. Le ore passate dentro quelle mura sembravano non scorrere mai, e parevano far aumentare lo stato di ansia e preoccupazione della donna. Stato che, si rese conto dalle occhiate silenti scambiate con le sue migliori amiche, era condiviso un po' da tutte.
Ma in quel momento Isabelle si sentiva felice. Erano tornati in pianta stabile a casa da un paio di giorni e George non era stato ancora richiamato per la successiva ronda insieme ai membri della squadra. Qualche momento di riposo era quello di cui aveva bisogno, di cui avevano bisogno entrambi.
Si svegliò presto quel mattino, con l'intenzione di preparargli una delle sue colazioni preferite cercando, per quanto possibile, di distrarlo dall'orrore a cui erano costantemente sottoposti grazie alla semplicità delle piccole cose. La notizia di altri due massacri di famiglie mezzosangue, infatti, aveva sconvolto la comunità magica nel profondo, e George ne aveva risentito molto. Riusciva a dormire solo poche ore per notte, e il suo sonno era tormentato da incubi terribili che lo facevano svegliare di soprassalto, in preda ad attacchi di panico e spasmi. Isabelle era sempre rimasta al suo fianco, cercando di consolarlo con il suo amore e la sua vicinanza e cercando di rendere la sua permanenza tra le mura di casa quanto più piacevole possibile.
Prima di recarsi in cucina si fermò di fronte alla porta della loro camera da letto, e osservando George le sembrò che il suo volto fosse finalmente rilassato e riposato. Il sonno era sopraggiunto a metà notte, dopo ore passate a parlare delle loro ansie, le loro preoccupazioni e la paura che attanagliava i loro stomaci, e vederlo tranquillo anche solo per qualche momento la fece sentire meglio. Chiuse la porta alle sue spalle, cercando di muoversi silenziosamente per non disturbare il riposo di suo marito.
Più rilassata e forse per la prima volta libera da pensieri orribili, Isabelle iniziò a preparare l'impasto dei pancake nella cucina dell'appartamento. Era quasi arrivata al termine della ricetta quando sentì dei rumori strani provenire dalla strada davanti al negozio. Osservando l'orologio alla parete si accorse che erano le sei e mezzo del mattino, e di solito a quell'ora tutto taceva a Diagon Alley. I negozi e i locali avrebbero iniziato ad accogliere clienti solo qualche ora dopo e la folla che tendenzialmente connotava la strada magica negli ultimi periodi si era diradata, a causa del terrore e della folle paura che costringeva molti dei maghi non purosangue a chiudersi in casa.
Si avvicinò alla piccola finestra della cucina, affacciata proprio sulla strada principale, ma non notò niente. Si allontanò e torno alle sue faccende, cercando di convincersi che quel rumore fosse stato soltanto frutto della sua immaginazione.
Un nuovo rumore però le fece alzare di scatto la testa. Isabelle cercò di focalizzare meglio il suo udito per capire di cosa si trattasse, e quando lo fece il suo cuore perse un battito e i suoi occhi si sgranarono automaticamente. Perché se c'era una cosa che Isabelle avrebbe riconosciuto anche in mezzo a una folla di persone era il pianto disperato di un bambino.
Si affacciò di nuovo alla piccola finestra, aprendola e sporgendosi per osservare meglio. E fu proprio in mezzo alla grande strada lastricata in pietra che lo vide. Un minuscolo esserino, avvolto in una coperta logora e consunta, che sedeva a terra e piangeva disperato. Completamente solo, abbandonato a sé stesso. In pericolo.
Isabelle sentì il respiro mozzarsi dentro la gola. Troppe domande le attanagliarono la mente nell'arco di un millisecondo: si chiese cosa ci facesse un bambino tutto solo in un periodo del genere, da dove provenisse, chi fossero i suoi genitori e dove si trovassero in quel momento. E non poté fare a meno di pensare a Stella. In quel caso aveva mancato di proteggere sua figlia e a pagarne le conseguenze era stata proprio la piccola. Non si sarebbe fatta cogliere di nuovo impreparata.
Aiuterò questo bambino, fosse l'ultima cosa che faccio.
Un nuovo gemito strozzato dal bambino la fece ridestare, e i suoi piedi si mossero ancora prima che il comando arrivasse direttamente dal cervello. Non poteva lasciarlo lì, in solitudine e completamente indifeso contro i pericoli che il nuovo assetto del mondo magico celava. Così, senza pensare per un istante a cosa avrebbe potuto trovare di fronte a sé una volta uscita senza protezione, scese le scale diretta al portone del negozio. Lo aprì e si fiondò in strada, correndo verso il piccolo bambino.
—> She knows
«Ehi... shh, non piangere» disse delicatamente mentre si avvicinava e si accucciava di fronte all'infante. «Adesso ti porto con me, così sarai al sicuro!» Si sforzò di sorridere per cercare di infondere sicurezza in lui, ma con scarsi risultati. Il suo pianto sembrò aumentare di intensità, e il suo volto iniziò a diventare paonazzo.
«Shh, tranquillo...» Isabelle accolse il piccolo nella sua stretta, facendo poggiare la sua testa al suo petto. Lo cullò per qualche momento, e il bambino smise improvvisamente di piangere. Stava per rialzarsi e tornare dentro il negozio quando sentì un fruscio alle sua spalle.
«Ah, vedo che il nostro piano ha funzionato! E io che credevo che fosse tutto inutile, insomma non pensavo davvero che qualche stolto avrebbe abboccato! Ottima scelta, ragazzi!»
La lugubre voce dietro di lei la fece fermare all'improvviso, e quando si voltò il suo cuore perse un battito. Perché chi le stava rivolgendo la parola era un uomo con indosso un lungo mantello nero e un ghigno folle sul volto.
«I-io... che- che cosa...» balbettò Isabelle, incapace di reagire.
George l'aveva avvertita, Diagon Alley non era un posto sicuro, e in quel momento si sentì stupida, sciocca oltre ogni misura. Si era fatta abbindolare, si era fatta cogliere impreparata nel suo punto più debole: il suo cuore di mamma.
«Nessuno ti ha detto che è pericoloso uscire per strada? Ci sono dei tipi poco raccomandabili che girano da queste parti...» disse piano l'uomo, mentre si avvicinava a lei.
«Oh, andiamo, Yaxley... lasciala stare. La signorina qua stava solo facendo una buona azione, stava solo cercando di salvare un povero bambino indifeso! Non è forse vero, eh?» chiese un altro uomo comparso all'improvviso accanto al primo Mangiamorte. Anche lui indossava un mantello nero, ma a differenza dell'altro compagno il cappuccio era tirato su, a coprire la testa. L'unica cosa che Isabelle riuscì a vedere furono i suoi occhi glaciali, che la scrutavano in profondità.
Isabelle guardò in basso, rendendosi finalmente conto che ciò che stava tenendo in braccio era una semplice bambola di pezza. Inanimata, senza vita. L'esca perfetta per una mamma ferita e addolorata come lei. Come a rallentatore vide le sue braccia lasciare la presa, mentre la bambola cadeva a terra, prendendo una posizione innaturale.
«Gli altri non mi credevano. Pensavano che questa trappola fosse inutile, senza senso. Ma io so cosa può fare breccia nel cuore delle persone, e cosa c'è di meglio di un piccolo esserino in difficoltà, lontano da mamma e papà ed esposto alle grinfie del male oscuro e dei suoi seguaci? Sapevo che qualcuno avrebbe abboccato, ne ero certo!» continuò l'uomo, rivolto verso di lei. «Posso continuare io da qua, amici. Voi tornate pure alle vostre faccende! Ci sono ancora vari posti da scandagliare alla ricerca di quegli sporchi mezzosangue...»
«E lasciare a te tutto il divertimento, Mulciber? Non ci penso nemmeno... possiamo divertirci insieme» rispose il primo uomo, passando la lingua sulle labbra e mostrando dei denti marci e putridi.
«Ehi, io non sono stato invitato alla festa?» Una terza voce sopraggiunse dall'altro lato della strada, costringendo Isabelle a voltarsi, impanicata. Un uomo alto, distinto ma con indosso la stessa tenuta degli altri due si stava avvicinando a passo svelto.
«Ben trovato Travers, non credevo che saresti venuto a questa battuta di caccia. Come vedi, abbiamo già trovato un primo bottino molto succulento... l'esca di Mulci ha funzionato!» sibilò Yaxley.
«Ah davvero? E io che pensavo che fosse un stronzata... bravo, compagno! La voglio utilizzare di nuovo!» esclamò Travers tutto contento.
«C-cosa volete da me?» chiese a quel punto Isabelle, terrorizzata. «I-io... io voglio solo tornare a casa mia. N-non dirò niente a nessuno, farò finta di non a-avervi visto...» tentò, disperatamente. Il sudore aveva iniziato ad impregnarle tutta la maglia del pigiama e sentì un rigagnolo bagnarle anche la nuca.
«Non così in fretta, zuccherino! Partiamo con le presentazioni, intanto...presumo che tu sia una strega! Qual è il tuo nome e di che famiglia fai parte?» chiese Travers, incuriosito.
«F-famiglia? I-io...»
«Non credete che una purosangue avrebbe già risposto, ragazzi?» chiese Mulciber agli altri due.
«Credo proprio di sì!» disse sguaiatamente Yaxley. «Mi sa che abbiamo una sporca mezzosangue davanti a noi! È pane per i nostri denti!»
«Lo scopriremo subito» disse Travers puntando la bacchetta che aveva appena tirato fuori dal mantello verso di lei. «Legilimens».
Isabelle cadde in ginocchio, mentre una fitta di dolore fortissimo sopraggiunse alla sua testa. Una miriade di immagini si susseguirono in un brevissimo istante nella sua mente. Sua madre, la separazione dei suoi genitori, Eric e la loro meravigliosa storia d'amore, la nascita di Stella; le difficoltà incontrate, la sua morte; l'incontro con George e mille altri momenti insieme: il loro primo bacio, la loro prima notte d'amore, il tradimento con Angelina, gli anni passati lontani e il suo immenso dolore. E infine, lui. L'immagine di Fred riempì tutto il suo campo visivo, stringendole il cuore in una morsa d'acciaio. Le parole di George di qualche giorno prima rimbombarono dentro la sua testa.
Tu sei una babbana impiantata a Diagon Alley, e Fred è un mezzosangue! Sareste i bersagli perfetti, e io non posso permettere che vi si avvicinino. Io... io morirei se vi accadesse qualcosa. Qualsiasi cosa... ed è per questo che non devi mai uscire da sola. Non devi fare colpi di testa, ma stare al sicuro tra le mie braccia... solo così potrò essere certo di riuscire a salvaguardarti.
«Non ci posso credere!» disse in modo eccitato Travers. La sua voce sembrava così lontana... ma quando Isabelle aprì gli occhi si rese conto che l'uomo la stava sovrastando. «Siamo di fronte a una babbana, ma non solo... una babbana madre di un mezzosangue» eruppe con disprezzo.
«Carne per le nostre bocche affamate, compagni!»
«Dovremmo portarla da Rookwood, saprebbe cosa fare con lei-»
«Ma cosa dici, Mulci? Non hai notato che si è già annoiato con i prigionieri che gli abbiamo portato ieri? Non gli basta più cruciarli e ucciderli, adesso è il momento di estendere il dominio! E noi possiamo divertirci comunque, anche senza scomodare il grande capo!»
«Hai ragione Yaxley... adesso possiamo divertirci un po' noi con lei. Crucio».
La schiena di Isabelle si inarcò, e lei percepì qualcosa di mai provato prima. Credeva che i dolori del parto sarebbero stati impossibili da superare da qualsiasi cosa, ma quella sensazione era di gran lunga maggiore.
Tutto il suo corpo era rigido, innervato di dolore. Ogni centimetro di pelle, ogni terminazione nervosa, ogni vena e ogni organo era pervaso da un malessere indescrivibile a parole. Era come se mille coltelli roventi le stessero bucando la pelle dall'interno. Bucavano, laceravano, strappavano ogni piccola parte di lei e ogni sua speranza, ogni sua vitalità. Le lame sembravano risalire lungo il suo corpo, arrivando a infilarsi infine dentro la sua testa, e proseguendo il percorso a ritroso fino ai piedi. Un dolore incommensurabile, senza fine.
Sto per morire, adesso morirò
«Adesso tocca a me! Crucio!»
Isabelle stava urlando internamente, implorando pietà. Ma l'unico rumore che in realtà usciva dalla sua bocca erano dei rantoli di dolore e di disperazione, accompagnati da una schiuma biancastra che le ostruiva il respiro già affannato. Il suo corpo si inarcò ancora, e dallo sforzo Isabelle, nel tumulto di disperazione e di dolore, sentì un altro malessere lancinante all'altezza della gamba.
«Guardate, le ho rotto un osso!» ululò uno di quei Mangiamorte, anche se per Isabelle fu impossibile capire chi avesse pronunciato quelle parole.
E mentre agognava tra atroci sofferenze, di nuovo quel pensiero si fece strada in lei. Sto per morire, sto per morire, sto per morire. E lo farò senza aver salutato George, senza aver stretto di nuovo Fred a me...
Tutto intorno a lei era offuscato, la sua vista e il suo udito erano ovattati. Così non vide un lampo di luce rossa rischiarare la foschia della mattina, non sentì la voce concitata che si stava avvicinando.
«Bastardi, non vi azzardate a toccarla! Expelliàrmus!»
All'improvviso, il dolore sembrò diradarsi, farsi meno pressante. Ma non svanì la sensazione orribile che il suo corpo stesse cedendo, collassando dopo un esperienza di tale portata.
«Stupeficium!»
«Protego!»
«Bombarda Maxima!»
Il rumore di una fortissima esplosione la ridestò, facendola tornare per un momento in sé. Isabelle aprì gli occhi del tutto, cercando di vedere cosa stesse accadendo dentro la nebbia che la circondava.
«Vieni fuori se ne hai il coraggio! Non ti nascondere, Travers! Prenditela con qualcuno al tuo livello! Adesso che i tuoi cagnolini sono fuori gioco puoi combattere contro di me! Avanti!»
Ci fu un lieve rumore di passi sul pavimento in pietra di Diagon Alley, seguito da una voce viscida, che Isabelle riconobbe come quella dell'uomo che le aveva letto la mente «Per oggi va così, hai messo fuori gioco due dei nostri uomini migliori in un colpo solo... probabilmente è stata solo fortuna, Weasley.»
«Avrei dovuto uccidervi direttamente, infami!» urlò con rabbia una voce vicina a lei. Una voce così familiare...
«Non preoccuparti. Presto torneremo, e ci riprenderemo ciò che è nostro. Ad ogni costo!» Quella frase terribile fu seguita da tre fruscii rapidi, e a Diagon Alley calò di nuovo il silenzio.
Poi, improvvisamente, ogni cosa tornò al suo posto. Perché Isabelle incrociò lo sguardo che da più di dieci anni la faceva sentire al sicuro, protetta da ogni cosa.
«A-amore... oh... ti prego, parlami! Stai bene?» Il volto di George era una maschera di shock, di sconvolgimento più puro. «R-rispondimi... come stai? Isabelle!» esclamò lui, cercando di scuoterla.
«G-george...» disse con un filo di voce lei.
«Oh, per Merlino... sei viva» George si inginocchiò accanto a lei, tirando su il suo busto e accogliendola nella sua stretta. «Oh, piccola... Perché sei uscita da sola? Perché?» eruppe con tono spezzato, iniziando a singhiozzare. «Perché sei uscita senza di me? Oh, amore...»
«S-sono st-stata così sciocca... Perdonami...» Isabelle sentì due lacrime uscire e rigarle le guance. «I-io... io volevo solo prepararti i pancake stamani ma... s-scusa... il b-bambino... era in peric-pericolo ed è stato come rivedere Stella, e F-fred...»
«Shh, amore... non è colpa tua. V-va tutto bene... andrà tutto bene, vedrai. E adesso andiamo, ti porto a casa».
E Isabelle, dopo tanto dolore si lasciò andare, facendosi cullare dalle braccia del suo unico, vero amore. Per il momento era al sicuro.
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Finalmente, dopo molto tempo torno a pubblicare. Che emozione grandissima... mi mancava troppo. Come vedete le cose iniziano a mettersi male, perché i Mangiamorte sono ritornati all'attacco e non si fanno problemi a seminare distruzione e dolore ovunque vadano. Cosa succederà? Riusciranno a scovarli una volta per tutte? Fred sarà al sicuro tra le mura di scuola?
Se vi va, lasciatemi le vostre teorie! E se vi è piaciuto il capitolo lasciatemi una ⭐️ o un commentino 💬.
Credo che pubblicherò ogni 15 giorni, per avere tempo di rileggere e sistemare i capitoli già pronti❤️
Nel frattempo vi abbraccio fortissimo❤️
Vostra, Giulia
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