XIII


There is a swelling storm
And I'm caught up in the middle of it all
And it takes control
Of the person that I thought I was
The boy I used to know
But there is a light
In the dark, and I feel its warmth
In my hands and my heart
Why can't I hold on?

It comes and goes in waves
It always does, always does
We watch as our young hearts fade
Into the flood, into the flood

I watched my wild youth
Disappear in front of my eyes

Moments of magic and wonder
It seems so hard to find
Is it ever coming back again?
Is it ever coming back again?

Take me back to the feeling when
Everything was left to find
It comes and goes in waves
It always does, oh it always does


«Dov'è il mio bambino? Dov'è il mio bellissimo, fantastico e dolce amore? Fatemelo vedere!»

«Beth, non esagerare».

La ragazza si girò di scatto, guardandola di traverso. «Oh, Isabelle! Perché non stai un po' zitta? Se voglio salutare mio nipote in questo modo lo faccio! Per quello che vale, potrei anche volergli comprare un cucciolo di leone e lo farei, senza il tuo permesso!» continuò in modo drammatico.

«Zia Beth... sono di qua! Sto finendo di cambiarmi!» urlò Fred dal bagno. Poi dopo qualche secondo uscì e un sorriso enorme fece la comparsa sul suo volto. «Sei arrivata, finalmente! Pensavo che non avrei fatto in tempo a salutarti!»

«E invece eccomi qua! Non potevo mancare, non potevo non venire a salutare il mio rospetto!»

Fred le corse incontro e si appese al suo collo, stringendola forte. «Mi sei mancata così tanto! Ti devo raccontare un sacco di cose!» disse con gli occhi che brillavano.

«Lo so, tesoro mio! Dai, che ne dici... ce lo andiamo a prendere un gelato solo io e te? Senza quella noiosa di tua mamma!» esclamò Beth ridendo.

«Sì!»

«Ehi, guardate che io sono proprio qui dietro...» tentò di dire Isabelle, mentre faceva finta di essere infastidita.

«Dai, mamma non te la prendere! È solo che lo sai che con la zia mi diverto tanto, insomma mi fa fare quello che voglio! E voglio starci insieme prima di andare via per la...insomma, per la scuola» terminò tentennando. «Ma Caroline? Non è venuta?» chiese dispiaciuto.

Il volto di Beth si rattristò. «Purtroppo no, Freddie... non poteva lasciare il lavoro... ma ti saluta tanto! Anzi, a proposito» disse iniziando a frugare dentro la sua grande borsa rosa. «No, aspetta! Mi sa che l'ho messo in valigia!»

Dopo diversi minuti, in cui buttò all'aria il contenuto di tutto il suo bagaglio e imprecò almeno dieci volte, Beth alzò lo sguardo e sorrise. «Ah, eccolo!»

Estrasse un pacchetto incartato e lo porse a Fred. «Tieni, è per te... da parte mia e di Caroline» disse con occhi dolci.

Isabelle osservò il loro scambio con il cuore colmo di gioia. Beth era stata davvero una manna dal cielo per loro. Il loro angelo custode, che si era presa cura di Fred ogni giorno, ogni notte e ogni secondo della sua vita. E il sorriso e la sorpresa che vide sul volto di suo figlio mentre scartava quel piccolo pensiero confermarono solo ciò che già pensava da tanto tempo: l'amore che legava loro tre non si sarebbe mai potuto dissolvere. La distanza non sarebbe riuscita a minare un rapporto così speciale, non sarebbe riuscita a separare una famiglia.

«Guarda, mamma! Un quaderno rilegato!»

Fred corse da lei e gli mostrò un oggetto di medie dimensioni, di colore marrone e con un laccio che lo chiudeva sul davanti. «Lo puoi usare nella nuova scuola per prendere appunti, oppure semplicemente ci potrai scrivere pensieri, parole... magari pensando di scrivere a me, o alla mamma se ti mancheremo» disse Beth con l'emozione che le strozzava la voce.

«Che bella idea! Grazie mille! Sai cosa potrei farci, mamma? Visto che Lee ha detto che potrò scrivere delle lettere, posso usare questi fogli, staccarli e inviarveli via gufo!»

«È un idea magnifica, tesoro. Perché non lo vai a mettere dentro il baule che c'è di là?» rispose Isabelle.

Una volta che Fred si fu avviato, Beth si alzò sospirando. «Mi sembra ieri che l'ho preso in braccio per la prima volta. Il tempo corre troppo in fretta, Bel... non sono pronta a vederlo crescere» disse tirando su con il naso.

«Non dirlo a me Beth... non dirlo a me».

La prima settimana ad Hogwarts era passata in un batter d'occhio. Orientarsi tra le prime lezioni, il rispetto degli orari e soprattutto cercare di non perdersi all'interno del castello mastodontico gli avevano tenuto la mente impegnata.

La sua nuova vita riusciva ad emozionarlo in un modo estremamente profondo. Da che aveva memoria si era sempre sentito per un motivo o per un altro fuori posto, aveva sempre percepito di avere qualcosa di diverso dagli altri bambini, e per lungo tempo dentro di sé aveva creduto che il problema fosse la sua timidezza e il suo essere estremamente sensibile. Le prese in giro subite per anni per il suo aspetto e per la mancanza di un papà lo avevano ferito in un modo che spesso non riusciva a descrivere, nemmeno a sua mamma. Si sentiva impotente, incapace di reagire o di non piangere. Ma in quel momento della sua vita, dopo la scoperta della magia e dei suoi poteri, si sentiva finalmente libero di esprimere sé stesso. Non aveva paura di parlare, di dire cosa pensava o come si sentiva. Per assurdo, si sentiva finalmente a casa in un posto completamente sconosciuto.

E poi, c'era Alec. In lui aveva trovato un amico e un alleato prezioso. Nonostante non seguissero le stesse lezioni e avessero orari differenti, il ragazzo era sempre presente per lui. Lo accompagnava la mattina nella Sala Grande per fare colazione, lo scortava verso le aule per evitare che si perdesse, lo aspettava per pranzare o cenare insieme e molto spesso in quei giorni avevano passato le serate in sala comune, con lui che cercava di spiegargli tutto quello che c'era di importante da sapere sulla sua nuova dimora e sul mondo magico.

Fred ne era davvero felice. Non sapeva bene perché, ma sentiva di avere con lui una connessione speciale: si intendevano con uno sguardo, in alcuni casi era capitato che si completassero le frasi a vicenda, e aveva trovato questa cosa assolutamente divertente e per niente strana.

In quel momento però si trovava da solo, mentre era diretto verso la Guferia. Stella, la sua fedele gatta lo stava accompagnando e scortando, come sempre del resto, e miagolava felice mentre passava tra le sue gambe.

Preso dall'euforia dei primi giorni e dalle nuove e forti emozioni provate, si era dimenticato completamente di scrivere delle lettere a sua madre. Già se la immaginava, preoccupata e triste per non aver ricevuto nessuna notizia da lui. Aveva quindi deciso quel lunedì mattina di rimediare. Strinse bene sotto braccio il quaderno rilegato, l'ultimo regalo ricevuto da Beth più di una settimana prima, e non appena raggiunse l'ampia stanza dove alloggiavano tutti i gufi lo aprì e rilesse ancora una volta il contenuto della lettera destinata a sua madre.

Cara mamma,

so che probabilmente sarai tanto arrabbiata, forse anche un po' dispiaciuta. Lo so! Non ti ho scritto mai niente in tutta questa settimana. Scusami tanto... ma sono stato presissimo!

Questa scuola è veramente una figata. All'inizio ero un po' spaventato, non lo nego... non appena ho visto il Castello davanti a me volevo scappare! Avevo paura che tutto questo fosse troppo grande per me, che non sarei riuscito a trovarmi bene o ambientarmi. Invece ce l'ho fatta! E sono così felice che non riesco nemmeno a dirlo a parole, ma ci proverò.

Appena sono arrivato ho partecipato alla cerimonia di smistamento. Dovresti vedere che forte, mamma! C'è questo Cappello Parlante che parla davvero, te lo mettono sopra la testa e lui ti dice in che casa verrai assegnato. Io sono in Tassorosso, e le qualità di chi si trova in questa casa sono paziente e forte lealtà! Mi piace molto per adesso, i compagni sono molto simpatici e soprattutto uno in particolare. Si chiama Alexander ma tutti lo chiamano Alec ed è al secondo anno. Ero rimasto senza una stanza per dormire e si è offerto di farmi stare con lui! Mi piace davvero tanto e sento che potremo diventare buoni amici, o almeno lo spero.

Le lezioni di questa prima settimana mi sono piaciute tantissimo! Abbiamo provato un incantesimo per far levitare le cose che si chiama Vingardium Leviosa, poi abbiamo iniziato a studiare i fondamenti della trasfigurazione... non vedo l'ora di farti vedere tutte le cose che sto piano piano imparando! Preparati, perché quando tornerò a dicembre metterò a soqquadro la casa!

Sono certo che questa sia stata la scelta giusta. Per la prima volta mi sento bene con me stesso e con le persone accanto a me. Hai fatto bene a spingermi a venire qui, quindi grazie, mamma. Sai sempre cosa fare per me, per il mio bene. Sei speciale.

Adesso devo però chiederti una cosa.... Sempre durante la cerimonia il Cappello ha detto delle cose strane. Mi ha chiamato con un cognome diverso, e mi ha detto che mio papà e mio zio erano stati in Grifondoro, una delle quattro case qui a Hogwarts. Non so se si è confuso... ma Alec dice che è un oggetto magico e che è impossibile che si sbagli. Quindi... tu sai qualcosa sul mio vero papà? Se lo sai dimmelo, per favore... sono tanto curioso e mi piacerebbe capirne di più. Mi fa strano chiederti questa cosa ma... tu sai se era un mago? Sai se davvero ha frequentato questa scuola?

In ogni caso, tu come stai? E Lucas? Beth è già tornata a Columbus? Dai loro un bacio e un abbraccio da parte mia.

Mi manchi tanto, e ogni sera prima di dormire stringo forte la nostra collana. Così è come se ti avessi sempre con me, sempre vicino al cuore.

Ti amo,

Fred

Le domande che aveva posto a sua madre nella lettera erano le stesse che vorticavano nella sua mente dall'episodio del Cappello. Durante le prime notti aveva fatto fatica ad addormentarsi a causa delle mille supposizioni che il suo cervello aveva prodotto senza sosta.

Forse mio padre era un mago? Forse ha davvero studiato qui? O forse sono io che mi sto creando troppe aspettative e in realtà è solo tutto un grande errore?

Invece di dissiparsi, però, i dubbi si erano solo accentuati, soprattutto dopo il primo giorno di lezioni, quando la McGranitt aveva richiesto la presenza di tutti gli studenti del primo anno davanti alla grande scalinata in marmo dell'ingresso. Ripensando a quel momento una fitta di preoccupazione si fece strada nel suo stomaco.

«Dato che ci siamo tutti, possiamo iniziare!» esclamò, osservando il gruppo di ragazzini di fronte a lei. «Qualcuno di voi sa cosa è successo tra queste mura nel 1998?»

Scrutò lentamente ognuno di loro, fino a che una studentessa di Corvonero alzò la mano. «Q-qui si è svolta la seconda guerra magica... qui nel 1998 è stato sconfitto V-Voldemort» concluse titubante.

«Esatto, signorina Fray. Qua nel 1998, e più precisamente il 2 maggio del 1998 si è combattuto per la liberazione di tutto il mondo magico. Per chi di voi non lo sapesse, molti maghi e streghe valorosi hanno combattuto con coraggio e lealtà per la difesa di tutti noi, contro un male terribilmente oscuro... Lord Voldemort ha seminato il panico e la paura, lasciando dietro di sé una scia di desolazione e dolore che non potremo mai dimenticare. E tutti i valorosi combattenti che hanno perso la vita nella battaglia ci permettono oggi di essere qua... permettono a voi di continuare a crescere senza pericoli e preoccupazioni. Noi siamo fieri di loro, perché con il loro sacrificio hanno perseguito un fine davvero nobile» disse mentre i suoi occhi si facevano tristi e si velavano di lacrime. «Ed è per questo che ogni anno riteniamo giusto celebrarli. Prego, seguitemi».

La folla di studenti seguì diligentemente e in silenzio la preside fin fuori dalle mura della scuola. Arrivarono di fronte a una grandissima lastra in marmo bianco, posta più lateralmente rispetto al portone di ingresso al Castello.

«Questa lastra è stata eretta qualche mese dopo la dipartita dei coraggiosi maghi che hanno perso la vita per restituirci un futuro migliore. Questo monumento è per commemorare le loro gesta, per non dimenticare mai che da tanto dolore è stato possibile gettare i semi della rinascita. Una rinascita che vi chiedo personalmente di non sprecare. Quindi... cercare di ottenere quanto di meglio possiate, non solo da questa scuola e da ciò che può offrirvi, ma anche dalla vita. Facciamo in modo che il loro sacrificio non sia stato vano».

Mentre i ragazzini continuavano a guardare con soggezione quel monumento commemorativo, la Preside con un veloce colpo di bacchetta fece comparire una sorta di velo trasparente, appeso a mezz'aria. Come se fosse uno schermo di un cinema, sul telo iniziarono a susseguirsi una serie di foto che Fred notò muoversi. Riuscì a scorgere diverse figure: un bambino biondo, forse poco più grande di lui e con una macchina fotografica in mano, un ragazzo con capelli castano chiaro e un sorriso sghembo sul volto, poi un uomo di mezza età con molte cicatrici sul viso sorridente e una giovane donna con lunghi capelli colorati. Le immagini di quei maghi e quelle streghe valorosi furono proiettati per diversi minuti, e Fred notò che erano davvero molti. Un groppo si formò nella sua gola al solo pensiero che tante persone fossero morte per cercare di restituire la pace a un mondo macchiato da un male così devastante. Un male che non avrebbe potuto immaginare nemmeno nei suoi incubi peggiori.

Ma fu una delle ultime immagini a sconvolgerlo. Perché su quello schermo vide il suo riflesso, o almeno questo era quello che gli sembrò a primo impatto. Il ragazzo che sorrideva e salutava con la mano aveva lo stesso colore dei suoi capelli, degli occhi e Fred si accorse che sul suo viso stazionava il sorriso che vedeva ogni mattina da undici anni quando si specchiava. Il suo sorriso.

All'improvviso il telo scomparve e la McGranitt parlò di nuovo. «Vi lascio qualche minuto per osservare meglio il monumento ai caduti, E se avete qualche domanda... io sono qua» concluse seria.

Fred si staccò subito dal gruppetto dei Tassorosso del primo anno, come ipnotizzato e richiamato da qualche forza soprannaturale. Non sapeva perché, ma sentiva di doversi avvicinare. Una volta davanti alla pietra di marmo passò le piccole dita tremanti sui nomi in rilievo, arrivando infine a uno degli ultimi.

Fred Weasley

Weasley. Ancora quel cognome. Il cognome della famiglia di Alec e di Victoire. Lo stesso cognome con cui era stato chiamato alla cerimonia di smistamento. Una serie di pensieri si formarono dentro di lui, ma non ebbero il tempo di attecchire e prendere piede nella sua mente perché fu richiamato all'ordine.

«Signorino Banks!» lo chiamò la preside a grande voce. «Cosa fa, si è incantato? Stiamo rientrando, andiamo!»

E quei tremendi dubbi dopo una settimana di scuola erano ancora lì, pronti ad assediare la sua giovane mente. E lo stavano facendo anche in quell'esatto istante, mentre si trovava seduto in seconda fila nell'aula di incantesimi. Percepiva accanto a sé i propri compagni, il Professor Vitious che spiegava, ma non era in sé. Sentiva che qualcosa non tornava. Prima le parole del cappello, poi la sua somiglianza con quel ragazzo. E se quello fosse stato...suo padre? No, non poteva essere. Il solo pensiero gli procurò una fitta all'altezza del cuore e le gambe molli. Non aveva mai conosciuto suo padre, e non poteva accettare che fosse uno dei valorosi maghi morti in una guerra di quasi quindici anni prima. Si sentiva tremendamente triste e spaesato e sperava che quelle fossero solo supposizioni sbagliate.

«Signor Banks, potrebbe gentilmente ripetere ciò che abbiamo appena spiegato?»

La voce del professore lo riportò alla realtà. Si accorse che tutti i suoi compagni lo stavano osservando divertiti e diventò rosso come un pomodoro, come succedeva sempre quando si sentiva chiamato in causa e imbarazzato.

«Ehm... io- io... non stavo ascoltando, mi scusi» concluse abbassando lo sguardo.

«Oggi mi sento buono, ed essendo solo la seconda settimana di lezioni non toglierò punti a Tassorosso per questa sua distrazione. Ma faccia più attenzione e cerchi di restare concentrato! Queste nozioni sono importantissime, sono i fondamenti della magia e vi serviranno in più occasioni!» disse Vitious alzando le sopracciglia. «E adesso, qualcuno vuole ripetere ciò che ho terminato di illustrarvi?» chiese guardando la classe.

Non fiatò una mosca in tutta l'aula. E quando il professore stava per aprire nuovamente bocca per lamentarsi, una singola mano si alzò dal fondo. «Rispondo io, professore».

Fred osservò la ragazza minuta che aveva appena parlato. Non si era accorto prima di lei, ma effettivamente avrebbe potuto dire lo stesso di tutti gli studenti Serpeverde che aveva visto in giro per la scuola. Probabilmente condizionato da ciò che Vic, Teddy e Alec gli avevano raccontato, si era ben guardato dallo stringere amicizie con quelle che loro chiamavano dispregiativamente serpi. E il fatto che il primo anno di Tassorosso fosse stato accoppiato con la casa verde-argento per Incantesimi e Trasfigurazione aveva fatto storcere il naso ai suoi amici più grandi.

Le parole di Vic rimbombarono nella sua mente. Spero tanto che non farai amicizia con uno di loro, sono infami e meschini. Non credono nella vera amicizia e vogliono solo raggiungere i loro obbiettivi personali. Non fidarti, mai.

«Si, signorina Rookwood?»

«Ci ha appena finito di spiegare l'incantesimo di apertura delle serrature delle porte. Non si conosce la sua esatta origine, ma pare che sia stato un mago sudafricano a inventarlo. Lo utilizzava nel 1600 per terrorizzare Londra, compiendo per lo più furti nelle case di poveri maghi malcapitati. È stato Blagdon Blay a inventare il contro incantesimo e a fermarlo, e da quel momento questo incantesimo è stato utilizzato per scopi più nobili. La formula magica da pronunciare è "Alohomhora" e il movimento da compiere è questo qua» disse facendo fare un piccolo giro alla sua bacchetta. «Ci potrà tornare utile non solo per aprire le porte ma anche nel caso in cui dovessimo rimanere chiusi in qualche aula da soli, oppure in situazioni di pericolo da cui scappare» concluse con un sorriso, mentre spostava i suoi lunghi capelli neri dal volto con una mano.

«Benissimo! Dieci punti a Serpeverde per questa spiegazione! Adesso passiamo alla parte pratica» disse, mentre con un gesto della bacchetta fece comparire davanti a ognuno di loro un piccolo scrigno di colore argento. «Adesso vorrei che provaste tutti ad esercitarvi. Il vostro compito per il breve tempo che ci rimane sarà quello di cercare di aprire la serratura di questi piccoli scrigni, al cui interno troverete una sorpresa. Magari nelle prossime lezioni proveremo con la porta dell'aula, ma nel frattempo iniziamo da qualcosa di piccolo! E non vi abbattete se al primo colpo non riuscite, continuate a tentare! E vedrete, alla fine i vostri sforzi saranno ricompensati».

Fred sospirò, guardando il suo compagno di banco. Lui aveva già cominciato a muovere in modo frenetico la bacchetta, ripetendo costantemente la formula magica ma senza successo.

Decise di provare anche lui. Aumento la stretta sulla sua bacchetta e tentò, in modo certosino, di compiere il giusto movimento. Per un paio di volte sbuffò infastidito, ma alla fine con decisione mosse la mano e pronunciò "Alohomhora". Un click dello scrigno gli segnalò la riuscita del compito e Fred ne fu estremamente felice. Era sorpreso dalla facilità con cui riusciva, fin dai primi momenti, a realizzare gli incantesimi spiegati a lezione e a comprendere oggetti e formule magiche.

«Ah, Signorino Banks! Lei e la Signorina Rookwood siete stati i primi a realizzare l'incantesimo, complimenti! Come vede la sorpresa sono delle cioccorane! Godetevele!» disse sorridendo il professor Vitious, mentre lanciava sguardi ad entrambi. Fred si voltò verso la ragazzina e le sorrise timidamente, mentre lei mimò con la bocca un "complimenti!"

Arrossendo, Fred ributtò lo sguardo sullo scrigno, cercando di concentrarsi sul suo contenuto. La confezione era a forma di rombo e colorata di giallo, oro e violetto. Sopra campeggiava la scritta "Cioccorane- 70% finissimo Croakoa". Incuriosito la aprì velocemente e, come un fulmine, una piccola rana di cioccolato schizzò fuori iniziando a saltellare dappertutto. A quella vista l'intera classe scoppio in una risata contagiosa, a cui dopo poco si unì anche Fred.

Dopo averla riacchiappata ed essersi gustato il buonissimo cioccolato, il ragazzo guardò la sorpresa contenuta dentro la confezione. Era una figurina, con sopra rappresentati un uomo e una donna che riconobbe subito, li aveva infatti visti una settimana prima proiettati su quello schermo magico.

Ninfadora Tonks - Remus Lupin

Questi i nomi scritti sotto l'immagine, in cui i due maghi si voltavano l'uno verso l'altro e sorridevano felici.

«Per oggi basta così, ragazzi! La lezione è finita, e sono molto soddisfatto dei vostri progressi. Siete un ottima classe! Bene, non vi trattengo oltre, è ora di pranzo e anche io ho un certo languorino!» esclamò il professore ridendo sotto i baffi. «Ci rivediamo giovedì, sempre alla stessa ora!»

Mentre Fred rimetteva a posto il suo materiale scolastico, composto da pergamena, piuma e inchiostro, sentì dei passi avvicinarsi al suo banco.

«Le figurine dentro le Cioccorane sono da sempre un omaggio ai maghi più grandi di tutti i tempi. Ma qualche anno fa è stato deciso di crearne delle altre, aggiungendo anche i maghi che sono morti nella Seconda Guerra magica. Me lo ha detto mio padre... che ne pensi, ti piacciono?»

La studentessa di Serpeverde di prima era lì, di fronte a lui e lo osservava incuriosita.

«S-sì... mi piacciono molto. Non sono molto pratico di queste cose, cioè le Cioccorane, le figurine, o la magia in generale effettivamente» disse grattandosi nervosamente la nuca. «Ma queste due persone mi sembrava di averle già viste, sai... su quello schermo fuori, con la McGranitt.»

«Io già li conoscevo, ho tante figurine a casa di questo tipo. Ad esempio, di Ninfadora e Remus ho già qualche doppione, e oggi speravo di trovare dei nuovi personaggi. E invece ho trovato lui» disse annoiata, mentre porgeva a lui una nuova figurina.

Non è possibile, pensò Fred.

Capelli rossi, lentiggini, occhi color nocciola. Frederick Gideon Weasley

«Cosa c'è? Lo hai già anche tu il doppione?» chiese lei scrutandolo con dei penetranti occhi azzurri.

«N-no... non ho il doppione» rispose titubante. Non voleva che dall'esterno si potesse percepire il suo turbamento, il suo sconvolgimento per qualcosa che lui stesso non riusciva ad afferrare del tutto. Si disse che erano solo sensazioni, ma nel profondo sapeva che non era così. Sentiva in qualche modo di essere legato a quel ragazzo così simile a lui, e doveva assolutamente scoprire il perché.

«Bene, allora te lo regalo» esclamò la ragazzina sorridendo. «So che probabilmente metà della mia casa mi disonorerebbe vedendomi qui con te ma... a me non interessa. Tu mi sembri tanto simpatico e volevo conoscerti. Io mi chiamo Franziska Rookwood, e tu?» disse porgendogli una mano.

«Il mio nome è Frederick Banks... ma tutti mi chiamano Fred!»

Un sorriso gioioso comparve sul volto di Franziska. «Fred, mi piace!»

«Anche il tuo è un nome davvero bello.»

«Che ne dici, andiamo verso la Sala Grande insieme?» chiese la ragazza, e Fred rispose annuendo. Sapeva che quella scelta avrebbe probabilmente fatto arrabbiare i suoi nuovi amici e compagni di casa, ma si era sempre fidato delle sue sensazioni, e a pelle sentiva di voler fare amicizia con lei. Non gli interessava che fosse Serpeverde, infatti non credeva giusto discriminare una persona solo per il colore della sua divisa o le sue caratteristiche personali.

«Certo, andiamo!»

Nel tragitto dall'aula di Incantesimi alla Sala Grande parlarono molto. Franziska si stupì che Fred fosse un nato babbano, e che fosse venuto a conoscenza della magia solo qualche settimana prima dell'ingresso a scuola. La ragazza volle sapere tutto sulla sua vita precedente, su Columbus e sulle abitudini scolastiche del mondo babbano.

Fecero il loro ingresso nelle enorme sala così, ridacchiando felici per la nascita di quella nuova, insospettabile amicizia. Si salutarono velocemente, con la promessa di rivedersi il giorno dopo a lezione con la McGranitt e, perché no, per studiare insieme in biblioteca.

Fred si avvicinò a Alec, Vic e Teddy, seduti al tavolo e già intenti a mangiare. Le occhiate che gli rivolsero non gli piacquero per niente. «Che avete? Perché mi guardate così storto?»

«Fred... non ti stiamo guardando male» rispose Vic cercando di sforzarsi a fare un sorriso. «Solo che ti abbiamo visto entrare in Sala con quella Serpeverde e-»

«Il suo nome è Franziska» rispose Fred un po' scocciato. Negli anni precedenti era sempre stato discriminato, escluso e preso in giro per ciò che era, e mal tollerava certi atteggiamenti.

«Va bene, con Franziska. Ti abbiamo detto che non ti dovresti fidare delle serpi, insomma tu sei nuovo qua e non sai cosa succede con loro... ci stiamo solo preoccupando, tutto qua.»

«Lo diciamo per te, Freddie» disse Alec mentre si spostava e gli faceva posto per sedersi accanto a lui. «Diciamo che siamo rimasti un po' scottati da alcuni atteggiamenti da parte loro-»

«E soprattutto Teddy» disse Vic, mentre passava un braccio sulle spalle del moro, impegnato a masticare rumorosamente.

«Va bene... sono felice che vi state preoccupando per me, e vi ringrazio. Ma state tranquilli. Franziska mi sembra una brava persona, è stata molto gentile con me... a proposito! Stamani a lezione di Incantesimi ci siamo esercitati con l'Alohomhora e guardate cosa ho vinto!» esclamò Fred, estraendo dalla tasca dei suoi pantaloni le figurine. Le appoggiò sul tavolo di fronte ai suoi amici, ma la loro reazione fu del tutto inaspettata.

Vic strabuzzò gli occhi e cercò in ogni modo di nasconderle con le mani, mentre Alec sbiancò. Infine Teddy, dopo aver posato lo sguardo su quegli oggettini, si fece cupo in volto. Dopo solo qualche secondo i suoi capelli iniziarono a tingersi di mille colori diversi a una velocità incredibile. Rosso, giallo, arancione, viola, blu e verde. Allo stesso modo anche il colore degli occhi si tramutò più volte, stazionando infine su un nero pece. Gli occhi del ragazzo gli ricordarono molto gli abissi del Lago Nero.

«Che succede?» chiese allarmato Fred.

«Oh, Teddy... vieni, andiamo subito in infermeria. Madama Chips ti rimetterà a posto in men che non si dica» disse Vic con tono dolce. Prese delicatamente le mani dell'amico e lo aiutò ad alzarsi, sorreggendolo da sotto una spalla. Il diretto interessato in tutto questo non aveva pronunciato una singola parola, e si allontanò di corsa insieme alla bionda.

«Alec? Vuoi dirmi che succede?» disse Fred preoccupato. Non capiva il perché di quella reazione, cosa potesse aver mai combinato di male.

Alec lo abbracciò forte. «Fred, tu non hai fatto niente. Non sapevi niente... d'altronde, non ne parliamo mai con lui. Le persone che vedi rappresentate su questa figurina» disse, indicando la coppia di maghi. «Sono i genitori di Teddy. Il suo nome completo è Edward Remus Lupin e... beh, non ha mai conosciuto i suoi genitori. Aveva pochi mesi quando sono morti nella battaglia di Hogwarts... e per lui è davvero un tasto dolente... molto, molto doloroso. E queste reazioni sono capitate altre volte. Come ti abbiamo spiegato, Teddy è un metamorfomagus. Questo significa che può cambiare aspetto a suo piacimento, ma non ci sono solo aspetti positivi di questa capacità. Quando si sente in balia di fortissime emozioni, soprattutto negative, Teddy non riesce a controllare il suo dono. E non riesce più a tornare al suo stato naturale... è come se si bloccasse. Questo era già successo l'anno scorso, quando degli studenti di Serpeverde del terzo anno hanno parlato male dei suoi genitori davanti a lui. Prima si è arrabbiato moltissimo, stava quasi per rischiare l'espulsione perché ha provato a lanciare degli schiantesimi... per fortuna è intervenuto papà. Ma dopo... ha iniziato a cambiare colore dei capelli, degli occhi, proprio come oggi... ma molto, molto peggio. Solo Madama Chips è riuscita a farlo tranquillizzare, credo che gli abbia dato da bere qualche pozione calmante.»

Fred lo osservò sconvolto. «Oh, no... mi dispiace, io non lo sapevo...»

«Non è colpa tua, stai tranquillo» disse Alec sorridendo. «Oh, guarda! Hai anche trovato la figurina di mio zio Fred! Sai, mio zio George ha sofferto tanto per la sua morte... oh, accidenti! Ti devo assolutamente portare ai Tiri Vispi! È il loro negozio di scherzi, hanno un sacco di cose fantastiche e ovviamente, dato che sei mio amico sono sicuro che ti farebbe uno sconticino!» disse tentando di cambiare discorso.

Ma Fred ormai non lo ascoltava più. Si sentiva troppo in colpa, troppo male per aver causato, anche se solo involontariamente, del dolore sia fisico che emotivo al suo nuovo amico. Non era stata sua intenzione e il vuoto che aveva intravisto nei suoi occhi gli aveva fatto crollare la terra sotto i piedi. Le orribili sensazioni che percepiva dentro di sé lo distrassero talmente tanto che si dimenticò addirittura delle domande che voleva porre a Alec su Fred Weasley, che aveva ormai capito essere stato suo zio.

Non toccò più cibo e si alzò, diretto come un automa alle lezioni del pomeriggio. Non volle nemmeno cenare e si rifugiò in camera sua, cercando di evitare tutto e tutti. Alec cercò di stabilire un contatto, cercando di fargli capire che non aveva fatto niente, che non era assolutamente colpa sua poiché era ignaro di tutto.

Ma Fred non lo volle stare a sentire. Sembrò trovare un po' di sollievo dal mostro che gli aveva mangiato l'animo tutto il giorno solo portando le coperte a coprire la testa e sprofondando in un sonno comunque tormentato.

⸞⸞⸞⸞⸞⸞

«Fred».

Mugolò sommessamente, girandosi dall'altro lato.

«Fred...»

«Non adesso, mamma...»

«Fred, sono Alec. Svegliati, per favore...»

Aprì prima un occhio e poi l'altro, vedendo di fronte a sé i profondi occhi azzurri, quasi cristallini, del suo compagno di stanza.

«Che succede? Che ore sono?» chiese spaesato.

«Sono le sette di mattina.»

«È successo qualcosa a Teddy?»

Alec scosse la testa. «No, Teddy è tornato in camera ieri sera tardi. Ho parlato con Vic... adesso sta bene, è come nuovo. Ascolta...so che è presto per svegliarti ma... c'è mio papà alla porta. Dice che deve parlare con te, e che è super importante. Perciò... devi tirarti su, Fred! Mi ha detto di accompagnarti, quindi... andiamo, subito».

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