XII

And another one bites the dust
Oh, why can I not conquer love?
And I might have thought that we were one
Wanted to fight this war without weapons

And I wanted it, I wanted it bad
But there were so many red flags
Now another one bites the dust
Yeah, let's be clear I'll trust no one
You did not break me
I'm still fighting for peace

I've got thick skin and an elastic heart
But your blade it might be too sharp
I'm like a rubber band until you pull too hard
I may snap and I move fast

But you won't see me fall apart
Cos I've got an elastic heart




«Isabelle... ascoltami. E per favore, ascoltami davvero... non sono arrabbiato. Te lo assicuro. Sto cercando di capire il perché di certi gesti... ma non sono arrabbiato. Voglio solo cercare di superare questo momento, e voglio avere la possibilità di instaurare una relazione con Fred. Voglio che mio figlio possa contare sul suo vero padre...e voglio che tu sappia che indipendentemente da come sono andate le cose tra noi, io ci sarò per lui, e anche per te. Perché tu sei la madre di mio figlio, e farei di tutto per te... farei di tutto per voi».

Il suo cuore fece un balzo di fronte alle parole di George. Nonostante tutto il dolore che gli stava procurando, lui stava dimostrando una maturità senza precedenti. Era ben diverso dal ragazzo che aveva conosciuto più di dieci anni prima. Proprio per questo sentì che quella era la scelta giusta. Fred e George dovevano conoscersi. Era giunto il momento che padre e figlio si potessero ricongiungere.

«Va bene... anche io voglio che tu lo conosca. È arrivato il momento. Tu sei la sua famiglia... e non voglio far passare un secondo in più.»

E poi, l'inaspettato. Il contatto della fronte di George contrò la sua gli procurò una sensazione di calore allo stomaco, che si irradiò poi per tutto il corpo. L'agitazione immensa sentita fino a qualche secondo prima sembrò dissiparsi in un momento, mentre tutto veniva rimesso al suo posto. Quanto aveva desiderato il suo tocco. Nonostante cercasse di combattere contro sé stessa da anni, non poteva più mentire. Necessitava della sua stretta, delle sue labbra più dell'aria. Ma ogni volta che il desiderio si presentava, veniva accompagnato dai flash del ricordo più straziante di tutti, il ricordo del giorno in cui tutto si era spezzato irrimediabilmente. E improvvisamente, le mani che voleva che passassero tra i suoi capelli si trasformavano in artigli, pronti a graffiarla e dilaniarla. A procurarle ancora e ancora dolore.

Quella volta non faceva eccezione. E quando sentì dentro di sé l'impellente voglia di un bacio da parte sua capì che quella vicinanza non poteva continuare. Non poteva e non voleva lasciarsi andare, doveva ripristinare il corretto funzionamento della sua parte razionale, quella che le aveva permesso di restare in piedi dopo tutto il male.

Era disposta a dargli una possibilità come padre. Ma non gli avrebbe permesso ancora una volta di spezzarle il cuore. Perché dentro di sé era certa che lasciarsi andare equivalesse a una nuova discesa nel baratro. E, come nel peggiore degli incubi, il paracadute non si sarebbe aperto... e sentiva di non poter sostenere una nuova, rovinosa caduta.

«Perché?»

«Perché cosa?»

Isabelle osservò stranita Beth, in piedi di fronte a lei. Si trovavano sulla metro e stavano rientrando all'albergo prenotato per il loro soggiorno momentaneo a Londra. Anche lei era sfinita da quella giornata, glielo poteva leggere sul volto stanco e contratto.

Anche Isabelle si sentiva uno straccio. La sua crisi di pianto e il conseguente attacco di panico scongiurato l'avevano stravolta. Per fortuna che George era intervenuto per aiutarla, ed era riuscito con un solo gesto a farla stare meglio.

«Perché non lo perdoni?»

Rimase interdetta di fronte a quell'affermazione. Nonostante avesse capito benissimo a chi si riferisse, decise di fare finta di niente, cercando di prendere tempo. «Non ho davvero capito cosa intendi, puoi spiegarti meglio?»

La ragazza sbuffò e fece un piccolo sorrisino. «Pensi di poter prendere in giro me, Bel? Andiamo, ho visto come lo guardi. E non provare a dirmi che non è vero! Quello sguardo io l'ho visto diverse volte e lo riconosco molto bene. È lo stesso che gli lanciavi quando eravamo ai gruppi insieme, quando lo vedevi entrare improvvisamente in una stanza... lo stesso che gli rivolgevi quando lui non se ne accorgeva. Ed è uno sguardo sognante e innamorato. Quindi la mia domanda è questa: perché non lo perdoni?»

Abbassò la testa, colpevole. Ciò che aveva detto Beth corrispondeva in tutto e per tutto alla verità. Una verità che lei non intendeva accettare. Forse era vero, aveva rivolto a George degli sguardi particolari. Degli sguardi probabilmente sofferenti... perché così si sentiva. Stretta in una morsa di costante dolore. Il motivo era semplice: lui non gli era affatto indifferente, e invece di correre ai ripari, il suo cuore aveva preso la brutta abitudine di iniziare a martellare ogni volta che lui si muoveva, ogni volta che sorrideva, ogni volta che la scrutava da sotto le sopracciglia folte e scure.

Ma nonostante questo, non poteva e non voleva dimenticare il dolore che lui gli aveva inflitto. Non avrebbe mai scordato della cosa ignobile che si era permesso di fare, tradendo la sua fiducia e costringendola a correre ai ripari. Costringendomi a vivere una vita fredda, spaventata a morte dall'amore tanto da non poter più essere me stessa.

«Mi dispiace deluderti, ma questo non è assolutamente vero. Forse hai voluto vedere qualcosa che non c'è... io non potrò mai perdonarlo, lo sai bene... e sai quanto sia dolente questo tasto per me. Quindi, per favore non parliamone più. Il nostro rapporto sarà civile e pacato, per il bene di Fred. Ma non ci sarà mai altro».

Beth alzò le mani, arresa. «Va bene, va bene. Continua pure a raccontarti queste cavolate. Ma sono sicura che ben presto capirai che non puoi mentire al tuo cuore. Non puoi continuare a rinchiuderti nella tua fortezza di ghiaccio, Bel. Prima o poi dovrai uscire... e darti una nuova possibilità di essere felice. Perché sinceramente... non ce la faccio più a vederti come oggi.» concluse la sua amica con sguardo dolce.

Forse Beth aveva ragione, ma Isabelle si sentiva al sicuro e protetta nella bolla che si era creata. Un limbo, una momentanea sospensione di tutti i dolori e tutti i pensieri che vorticavano nella sua mente. Al momento la priorità era Fred e il suo benessere.

Ad essere felice ci avrebbe pensato successivamente.

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Rientrò in stanza stremata, con un immensa voglia di una doccia calda e una dormita rigenerante. I giorni successivi sarebbero stati frenetici e aveva bisogno di riposo. Se la preside della scuola avesse accettato la proposta di Charlie lei sarebbe dovuta andare ad Hogwarts, ad informare il suo bambino che la maggior parte della sua vita era stata una menzogna. Il solo pensiero le faceva contorcere lo stomaco e salire la bile.

Tutto quello che aveva fatto era stato portato avanti per l'incolumità di Fred, per proteggerlo... ma in quel momento stava iniziando a rendersi conto dei suoi sbagli, delle sue scelte più che egoistiche. Aveva privato suo figlio di un rapporto con il vero padre, e aveva impedito a un padre di essere presente per il suo bambino.

«Bel, sei tu?»

Lucas uscì dal bagno con solo un asciugamano intorno alla vita e le sorrise felice. «Sei tornata, finalmente». Le corse incontro e la strinse in un abbraccio mozzafiato. Isabelle si sforzò di ricambiare, ma qualcosa dentro di lei non andava. Si era sempre sentita a casa tra le braccia del suo fidanzato, ma quel giorno era scombussolata, confusa. Non poteva mentire a sé stessa, non più. La vicinanza di George, il suo profumo inebriante, la voglia di perdersi tra le sue braccia... le avevano reso la giornata complicata. Si staccò quasi subito, evitando poi spontaneamente il bacio che Lucas tentò di darle.

«Che succede?» chiese osservandola pensieroso. «Che hai?»

«Niente, Lucas... stai tranquillo, sono solo un po' stanca» rispose, mentre iniziava a togliersi gli indumenti, pronta per un bagno rigenerante. Sapeva di mentire, ma non poteva farne a meno. Dirsi e dire quelle bugie era l'unico modo per riuscire a non annegare.

«Come è andata oggi?»

«Bene... è andata bene» mentì, di nuovo. Se gli avesse raccontato di come si era sentita male, e di come fosse stata soccorsa da George probabilmente sarebbe scoppiato un putiferio.

«Cosa avete deciso?»

Sentì improvvisamente il suo respiro caldo sul collo. Le mani forti di Lucas la cinsero da dietro e strinsero forte i suoi fianchi. «Raccontami, Isabelle... non chiuderti, lo sai che di me ti puoi fidare».

Il senso di colpa iniziò a farsi strada dentro di lei. Lucas non si meritava quel trattamento, non si meritava di essere rifiutato. Le era sempre stato vicino, dando tutto e non chiedendo mai niente in cambio. «Scusami tanto... so che mi vedi un po' sfuggente, ma sono solo molto stanca. Oggi abbiamo discusso di come procedere con Fred... ed è stato estenuante» rispose, voltandosi verso di lui e sforzandosi di sorridere.

«Quindi... lo conoscerà?»

«Sì... Charlie crede che sia meglio andare direttamente a scuola, per non stravolgerlo troppo. Sarà una notizia che minerà molto il suo equilibrio... credo anche io che sia la cosa migliore da fare.»

«Ci dovrai essere anche tu?»

Isabelle annuì piano. «Sì... sia io che George pensiamo che abbia bisogno del mio appoggio, del mio sostegno in questa cosa...»

«Posso stare tranquillo?» chiese improvvisamente.

«A cosa ti riferisci?»

Lucas assunse un'espressione triste. Il suo sorriso scomparve e gli occhi divennero lucidi. «Tu sai quanto io ti ami, tesoro mio... sai quanto significhi per me. Sai quanto Fred sia importante per me... so che non sono suo padre, so che ho preso il posto di un'altra persona. Ma non voglio perdervi... non voglio perdere la mia famiglia. Perché voi siete questo, per me...»

Isabelle si sentì in mezzo a due fuochi. Da una parte il desiderio di restituire la possibilità a un padre e un figlio di viversi, di recuperare gli anni persi, e dall'altra il dover garantire una necessaria continuità con la figura che li aveva supportati, sorretti e amati in un momento di totale disperazione. E questo non poteva assolutamente dimenticarlo, non lo avrebbe mai fatto. «Puoi stare tranquillo... non succederà niente. Fred non ti potrà mai dimenticare, e nemmeno io potrò mai...» concluse con voce bassa. Ancora una volta non riuscì a rispondere a quella dichiarazione di amore, e le due parole che quel ragazzo si meritava di più al mondo rimasero bloccate in gola.

Lucas iniziò a baciarle il collo, scendendo poi sulla clavicola. Isabelle comprese subito le sue intenzioni, e lo fermò con un gesto della mano. «Ti prego... non stasera. Sono tanto stanca... lo capisci, vero?»

Il ragazzo si fermò sospirando, ma non si arrabbiò. «Certo che lo capisco. Vieni qua». Le fece appoggiare la testa al suo petto e la cinse, cercando di trasmetterle amore e conforto. Ma le uniche cose che Isabelle provò furono tristezza e senso di colpa. Due sentimenti che si portò dietro anche sotto le lenzuola, e che le fecero compagnia tutta la notte.

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Il lunedì successivo Isabelle aveva deciso di andare a trovare sua madre, non solo perché le mancava tremendamente, ma anche per riuscire a sostenere l'ansia derivante dall'attesa. Sperava di ricevere notizie da Charlie o George già da quella mattina, ma il suo telefono era sempre rimasto silenzioso e nessuna lettera era stata inviata tramite gufo.

«Sei così cresciuta, tesoro mio...fatti abbracciare!»

Sua madre la accolse con un emozione enorme dipinta sul volto, con una felicità che poche volte le aveva rivolto nel corso della sua infanzia e della sua vita, e lei ne fu grata. In quel momento ricevere il supporto e l'amore della sua mamma era fondamentale.

«Ciao mamma... come stai?» chiese entrando dentro casa e raggiungendola poi in salotto. «Vieni, accomodati Isabelle! Oh, tesoro mio! Io sto bene, e tu? Quanto mi sei mancata!» disse, sedendosi accanto a lei sul divano.

«Anche tu mi sei mancata tanto, mamma. Io sto... bene, diciamo...»

«E il piccolino? Non lo hai portato?» chiese sua madre con gli occhi luminosi.

Sua mamma era l'unica a cui aveva raccontato del suo grande segreto. Nel corso degli anni avevano mantenuto un contatto stretto, e non se l'era sentita di nasconderle dell'esistenza di Fred. Seppe di aver fatto la scelta giusta quando vide lo sguardo di amore che lei rivolse a suo nipote appena nato.

«Ciao piccolo mio... oh quanto è bello, Bel! Ti assomiglia così tanto... posso prenderlo in braccio?»

Davanti a lei, nella stanza di ospedale, le aveva fatto giurare di non dire niente a nessuno, tantomeno ai coniugi Davis. Le sembrava giusto che sua madre conoscesse suo nipote, soprattutto dopo l'esperienza tragica di Stella, ma non voleva che lo sapesse nessun altro. Nemmeno Pam, Sammy o Eric.

«Quando tornerai a casa non dovrai aprire bocca. Questo è un segreto che ci porteremo nella tomba entrambe, mamma... promettimelo.»

Ed era felice di aver permesso a Fred di avere una certa stabilità, almeno sul versante materno. La loro relazione era sempre stata a distanza, tramite lettere e chiamate, ma almeno si era potuto godere l'amore viscerale e l'affetto di una nonna che lo amava immensamente.

«No, mamma... non l'ho portato. A questo proposito, sono venuta per... dirti una cosa.»

«Oh, no! Frederick sta bene, vero? Oppure è Lucas? Vi siete lasciati? Che succede, Isabelle?» chiese la donna con grande preoccupazione.

Lei intrecciò le loro mani insieme. «Lucas sta bene, mamma... e no, non ci siamo lasciati. E anche Fred sta benissimo. Solo che... c'è qualcosa su di lui che devi sapere».

E così, dopo un profondo respiro tirò fuori tutto. Parlò di George, della magia, di come era venuta a conoscenza dei loro poteri e di come si fosse trovare completamente interdetta di fronte all'esibizione delle stesse capacità in Fred. Le parlò della scuola, del fatto che il suo piccolo le mancasse già come l'aria nonostante fosse passato solo qualche giorno dalla sua partenza, e espose le sue preoccupazioni e le sue ansie.

Dopo un iniziale forte sconvolgimento e alcune domande incredule che le rivolse, sua madre la ascoltò con grande attenzione. La osservò con le sopracciglia corrucciate e gli occhi vispi e attenti.

«Sono tornata per questo. Per aiutare Fred, per permettergli di gestire qualcosa che è evidentemente più grande di lui, più grande di me. Non ero in grado di aiutarlo, mamma...» disse con tono triste.

«C'è dell'altro, non è vero?» chiese lei aggrottando la fronte.

Esitò per qualche secondo, incerta. Era terrorizzata dall'idea di parlare di George a lei. Era sicura che lo odiasse per ciò che gli aveva fatto e per come l'aveva ridotta. «S-sì... George lo sa. Sa di avere un figlio... e vuole conoscerlo. Credo che abbia completamente ragione, insomma... il bambino è anche suo, e io gli ho tolto ogni opportunità. Nonostante tutto glielo devo.»

La risposta di sua madre la spiazzò. «Hai ragione, Bel. È pur sempre suo figlio e ha tutto il diritto di conoscerlo, di stargli accanto. Ma voglio che tu stia attenta. Sai bene quanto abbiamo sofferto... quanto hai sofferto con tuo padre. E devi difendere il tuo bambino ad ogni costo. Non fare come ho fatto io... che gli ho permesso di distruggerti. Fai attenzione, Isabelle... e al primo segnale di pericolo scappa, e metti in salvo Fred da qualcosa che potrebbe solo fargli male».

Isabelle annuì. Sua madre si avvicinò e la strinse in un caloroso abbraccio. «Fai di tutto per proteggerlo, tesoro mio. Tu sei l'unico scudo che possiede contro il dolore e la sofferenza. Mi dispiace non averlo fatto con te... ma so che tu ne sarai capace. Non ho dubbi» sussurrò lei al suo orecchio, mentre la stringeva ancora un po' di più.

La porta di ingresso si aprì improvvisamente. «Sono arrivato! Ci sei? Ti ho portato la spesa!»

Isabelle si staccò dal contatto e rivolse la sua attenzione alla persona appena entrata in casa. Lo riconobbe subito e il suo cuore si scaldò.

I suoi dolci occhi scuri, i capelli neri, adesso un po' più corti ma sempre disordinati, il suo sorriso.

«Ciao, Eric».

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Il silenzio calò tra loro mentre passeggiavano uno a fianco dell'altro. Ma quel silenzio non era per niente imbarazzante. Con Eric si era sempre sentita a casa, si era sempre sentita libera di poter essere sé stessa, senza remore e preoccupazioni.

«Wow... sono sconvolto. Un figlio... non mi hai mai detto niente! Eppure ci siamo sentiti spesso... perché?» chiese Eric con uno sguardo preoccupato.

«Non so bene neanche io il motivo. Sentivo solo che era la scelta giusta... Era come se volessi proteggermi da tutto e da tutti... facendo così però ho tagliato fuori le persone più importanti per me, compreso tu. Sammy mi odia, sai?» rispose, mentre inevitabilmente il suo umore andava a terra. Ogni volta che pensava a lei o la menzionava si sentiva così.

«Non ci credo neanche un po'. È impossibile!» continuò ridendo. «Sammy non ti ha mai odiato, e non ti odierà mai. Sei la sorella che ha sempre voluto!»

«E Pam?» chiese Isabelle divertita.

«Lo sai cosa intendo. Ama immensamente Pam... ma tu sei un'altra storia. Sei sua sorella per scelta, e questo non potrà mai cambiare.»

«Ormai non so più niente, Eric. So solo che gli sguardi di fuoco che mi lancia mi fanno malissimo. Stare nella stessa stanza insieme a lei è distruttivo... vedere come siamo diventate mi uccide.»

Inserì una mano nell'incavo del suo braccio e lo avvicinò, appoggiando poi la testa sulla sua spalla mentre continuavano a camminare. «Mi dispiace tanto, Isabelle. Non ti meriti questo trattamento...»

«Credo invece di meritarmelo. George mi ha fatto male, ma voi non c'entravate assolutamente niente. Mi sono comportata da vera egoista... forse Sammy ha ragione.»

«Bel, ascolta». Eric si fermò improvvisamente e le prese il volto tra le mani. Erano calde e quel contatto le fece bene. «Tu hai fatto quello che hai fatto per proteggerti. Mi piacerebbe proprio sapere cosa avrebbe fatto Sammy al posto tuo... ne avremmo viste delle belle. Quindi per piacere... smettila di denigrarti. Smettila di annientarti in questo modo. Tu non sei una persona cattiva. Tu sei buona, dolce e premurosa. Tu sei una persona rara da incontrare... e siamo stati degli sciocchi a farti scappare!» terminò sorridendo.

«Grazie, Eric.»

«E lui come ha preso la notizia?»

«Beh... non saprei. Credo che piano piano ci stia facendo l'abitudine, ma è comunque dura. Ha tanta voglia di conoscerlo... e sotto questo punto di vista mi fido di lui. Sento dentro di me che non gli farà del male. Percepisco delle sensazioni positive quando ne parliamo e... sinceramente sono felice che Fred possa finalmente conoscere suo padre. Ne ha sofferto tanto, purtroppo...»

«Sono davvero tanto felice che tu possa riprendere in mano la tua vita, Bel. Hai bisogno di questo, di poter rimettere al loro posto i pezzi di ciò che tanti anni fa è stato distrutto. Andrà benissimo, ne sono sicuro».

Ripresero a camminare e Isabelle fu colta da una profonda curiosità. «Dai, dimmi qualcosa tu... come stai? Sembra passato così tanto dall'ultima chiamata che abbiamo fatto».

Eric passò le mani nervosamente dietro al collo, mentre le sue guance si coloravano di rosso. «Beh... ci sono delle novità. Da qualche tempo convivo con una donna... lei mi piace davvero tanto. Sono finalmente di nuovo felice».

Una gioia senza eguali si fece spazio in lei. Non poteva che provare una profonda emozione per quella notizia. Perché nonostante tutto quello che avevano passato, e nonostante il loro amore fosse finito da molto tempo, Eric si meritava tutto il meglio dalla vita.

«Parlami di lei!» rispose tutta eccitata.

«Ok... si chiama Mary, l'ho conosciuta agli incontri di gruppo della chiesa-»

«Non sapevo che tu avessi iniziato a seguirli... c'è ancora Laura?» chiese con un sorriso spontaneo.

«Qualche anno fa ho attraversato un periodo un po' cupo. Il lavoro andava a gonfie vele, certo... ma mi sentivo vuoto, prosciugato. E la mancanza di Stella si faceva sentire ogni giorno e ogni notte. Stavo parecchio male... così ho preso coraggio e sono andato. Sì, c'è ancora Laura... e devo dire che mi ha davvero rimesso al mondo. Mi sono reso conto di non aver mai affrontato di petto ciò che ci è capitato... e mi è servito. In uno dei primi incontri è arrivata Mary... aveva perso suo fratello in un incidente automobilistico da qualche settimana e stava davvero male. Non mangiava, non beveva... si stava distruggendo. Ma lavorando insieme ci siamo avvicinati, e siamo diventati amici. Ma dopo un po' di tempo abbiamo capito che l'amicizia non ci bastava più. Lei mi ha salvato... ci siamo salvati a vicenda. Adesso capisco come ti sei sentita, anzi come vi siete sentiti tu e George. È una sensazione bellissima!»

Si fece più silenziosa dopo quella affermazione. Ripensare a quei momenti le faceva davvero male. Per quanto difficile, entrambi si erano tenuti per mano, attraversando un mare in tempesta di emozione, dolore e amore.

Guarda come ci siamo ridotti adesso, pensò.

«Scusa. Non volevo riportare alla luce ricordi dolorosi. Oh, guarda! Siamo arrivati» disse Eric, probabilmente cercando di distrarla.

Superarono l'immenso cancello di ingresso in ferro battuto e si diressero senza esitazione verso la parte finale del cimitero.

«Mi piacciono questi fiori, li ha portati mamma?»

Eric annuì. «Siamo venuti qua spesso insieme, soprattutto ultimamente. Come ti dicevo al telefono, da qualche tempo fa un po' di fatica a camminare quindi la accompagno volentieri.»

«Sono felice che ti sia preso cura di lei in mia assenza... non potrò mai sdebitarmi abbastanza» disse Isabelle abbracciandolo. Si accucciò poi di fronte alla lapide, osservando la foto di sua figlia.

«Ciao, amore mio» disse senza fiato. L'emozione era immensa. Nonostante fosse andata avanti con la sua vita, un posto speciale nel suo cuore e nella sua anima era riservata a Stella. Fred aveva contribuito a rammendare lo strappo creato dalla sua morte, ma quel dolore non si era mai affievolito del tutto. Non sarebbe mai successo, ed era sicura che l'avrebbe accompagnata fino alla fine dei suoi giorni.

«Mi manca ogni istante» sussurrò Eric inginocchiandosi accanto a lei.

«Anche a me... sai, ho parlato di lei a Fred. Tanto... da sempre. Avresti dovuto vederlo... ogni anno in occasione del compleanno di Stella ha preparato una torta e scritto una lettera. È stato commovente... e a tratti straziante. Ma mi ha fatto bene. Mi ha aiutato a ricordarla sempre, ogni giorno... mi ha aiutato a non dimenticare.»

«Il tuo bambino è speciale... sii fiera di lui».

Isabelle annuì senza esitazioni. «Grazie, Eric... di tutto».

«Lo sai che puoi contare su di me, Bel. Potrai sempre farlo... sarò sempre qua, al tuo fianco» rispose, mentre appoggiava di nuovo la testa sulla sua. Rimasero in silenzio così, per diverso tempo a osservare quello che una volta era stato il frutto del loro amore. Un amore, infinito e sconfinato che nemmeno la morte era riuscita a sconfiggere. L'amore di un papà e una mamma per la loro bambina.

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Rientrò in albergo verso sera. Il sole stava iniziando a scomparire, lasciando nel cielo gli ultimi residui di luce. Un lieve colore rosato si rifletteva negli occhi di Isabelle mentre, stazionando di fronte alla porta di ingresso della struttura, si godeva la lieve brezza serale settembrina.

«Ciao...»

Immersa nella contemplazione di quel cielo dalle sfumature calde non si accorse che qualcuno si era avvicinato a lei. Si voltò lentamente e sentì la terra cedere sotto i suoi piedi.

Non si aspettava di trovarselo davanti. Non dopo gli avvenimenti di qualche giorno prima. Credeva che avrebbe voluto staccare, cercare di recuperare e riprendersi dopo tutta l'agitazione, il nervosismo, il dolore.

E invece George era lì, in piedi di fronte a lei. La fissava con i suoi magnetici occhi color nocciola, mentre in modo agitato si sfregava le mani. «Pam mi ha detto dove alloggiavi. T-ti... disturbo? Stavi andando da qualche parte?» chiese titubante. Isabelle rimase impietrita ad osservare ogni suo gesto, e sentì un groppo formarsi in gola quando lui lentamente portò una mano a scostare i lunghi capelli neri dal viso, sistemandoli dietro le orecchie.

«Isabelle? Stai bene?»

Si riscosse dall'intorpidimento. «S-sì certo, sto bene. E no, non mi disturbi, George. Stavo rientrando in camera. Oggi... oggi sono stata a trovare mia madre. E Stella». Non sapeva cosa le stesse prendendo, perché stesse dicendo tutte quelle cose a lui. La sua vita non doveva riguardarlo, e probabilmente anche a lui non fregava niente di ciò faceva nel suo tempo libero.

«Oh... come sta? Tua madre, intendo» chiese imbarazzato.

«S-sta bene, grazie. Cosa... cosa volevi, George? Devi dirmi qualcosa?» La sua presenza la stava innervosendo. Si rese conto di non fidarsi di sé stessa insieme a lui. Non sapeva perché, ma quando si ritrovavano faccia a faccia si sentiva imprevedibile, in balia delle emozioni e provava fatica a tenere su tutte le sue difese.

«Ecco... mi chiedevo se ti andasse di bere qualcosa insieme. E... parlare, solo questo» disse con un piccolo sorriso sul volto.

Isabelle si fece pensierosa. Si voltò verso la porta di ingresso, con la paura viscerale che Lucas potesse uscire da un momento all'altro e trovarli insieme, ma questo non avvenne. Così, decise di accettare. Doveva iniziare ad abituarsi alla sua presenza e poteva cominciare da questo piccolo passo. In fondo, cosa sarebbe potuto succedere?

Raggiunsero con la metro il centro di Londra, infilandosi in uno dei tanti locali che iniziavano ad aprire per accogliere i clienti notturni. Il silenzio che scese tra loro iniziò a diventare assordante, così Isabelle cercò di porvi rimedio.

«Allora... di cosa volevi parlare?» chiese dopo aver sorseggiato il suo aperitivo.

George giocherellò un po' con il bicchiere di birra, poi alzò di scatto la testa e fissò gli occhi nei suoi. «Charlie mi ha avvisato con un Patronus oggi. La McGranitt ha accettato di farmi andare a Hogwarts per conoscere Fred. E ha concordato un permesso speciale anche per te, ma solo per questa volta. Ci sono delle regole ben precise e lei è sempre stata una donna di tutto rispetto, molto ligia al dovere.»

«Va bene... nessun problema, anzi. Sono molto felice che abbia accettato» rispose lei sorridendo. Poi, un nuovo e lungo silenzio si frappose tra loro. Si guardavano intorno imbarazzati, come se volessero cercare nell'ambiente che li circondava qualcosa che potesse trarli in salvo da quella situazione.

«E se non gli piacessi? Se mi odiasse? Voglio dire, compaio così all'improvviso... mi odierà, io lo so» disse George sconfortato. Incrociò le braccia sul tavolo e ci appoggiò la fronte, affranto.

«Non ti odierà, ne sono sicura. Certo, non puoi aspettarti che sia subito felice come una pasqua... ha sofferto tanto per la tua mancanza, e questo è colpa mia... ma vedrai che piano piano le cose si aggiusteranno. Tutto andrà bene. Tu dagli solo tempo... e farete faville insieme» rispose certa. Se c'era una cosa di cui era sicura era il fatto che Fred avrebbe adorato, in tutto e per tutto, un papà come George.

Sovrappensiero Isabelle avvolse le mani intorno alle sue. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. Lo sentì subito irrigidirsi a quel contatto e ritrarsi. «Sc-scusami... non volevo» disse lei con voce dispiaciuta.

«No.., scusami tu. Ascolta, Isabelle... ti ho portato qua anche per parlarti di un'altra cosa... qualcosa che vorrei chiarire fin da subito».

Lei rimase in silenzio, invitandolo a continuare.

«Sappi che ho intenzione di rispettarti, e di rispettare il tuo rapporto con Lucas. So che state insieme da tanto tempo, so che vi... amate» disse deglutendo rumorosamente «Quindi non ho intenzione di mettermi in mezzo. Voglio potermi avvicinare a te, parlare con te delle cose che riguardano Fred... ma oltre questo, sappi che me ne starò al mio posto. E vorrei che tu lo dicessi anche a Lucas. Vorrei che tu lo tranquillizzassi... non ho intenzione di fare niente per portarti via da lui». Abbassò poi lo sguardo, ma Isabelle riuscì a notare quanta tristezza abitasse dentro i suoi occhi.

«Ah, e un'altra cosa... so quanto Lucas sia stato importante per Fred. Inizialmente ho reagito in modo rabbioso... credo sia stata una cosa del tutto naturale, ma da ora in poi voglio affrontare le cose lucidamente. E non posso privare Fred dell'unica persona simile ad un padre che abbia mai avuto. Potresti dirgli anche questo? Lo farei io, ma credo che mi arriverebbe un cazzotto dritto in faccia» terminò, cercando di sorridere. La sua bocca rispose al comando, ma i suoi occhi no.

Isabelle non seppe bene cosa dire. Mentre George parlava aveva più volte sentito il suo cuore spezzarsi. Si chiese perché. In fondo, era proprio quello che desiderava. Avere un contatto civile con George per il bene di loro figlio, riuscendo nello stesso momento a mantenere erette le mura e le barricate attorno a lei. In quel modo nessuno avrebbe potuto ferirla.

E allora perché mi sta facendo così male?

«Va bene, George. Grazie di avermelo detto... lo apprezzo tanto. E credo che sia la scelta giusta. Cerchiamo di stare compatti per Fred... ma al di là di questo... niente di più».

Un'espressione addolorata passò in quegli occhi nocciola per un secondo. Poi George sorrise di nuovo, e Isabelle fece lo stesso.

Due sorrisi di facciata, per nascondere due cuori ancora una volta completamente a pezzi.

Due cuori che sembravano impossibili da curare.

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Che ne pensate di questi ultimi capitoli? Isabelle e George sembrano non trovare pace.
E soprattutto, come andrà con Freddino?

Lo scoprirete presto. Nel frattempo vi ringrazio tanto per il vostro supporto e vi mando baci stellari.
Vostra, Medea

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