Prologo

«Come ti senti, tesoro mio?»

George voltò piano la testa verso sinistra. La luce che entrava dalle grandi vetrate della sua stanza al San Mungo lo costrinse a socchiudere gli occhi. Non riusciva a vedere bene la persona di fronte a lui in penombra, ma poteva percepire il suo tono di voce dolce e le sue mani, che sentiva scorrere lievemente tra i suoi capelli, sparsi sul cuscino in modo disordinato.

«Dobbiamo tagliare questi capelli, vero amore? Stanno crescendo un po' troppo... e magari facciamo anche qualcosa per questo coloraccio che hai scelto».

Cercò di ricacciare il magone che sentiva salire in gola. Aveva sempre adorato le premure e le attenzioni di sua madre, ma specialmente in quel momento ne aveva un bisogno viscerale. Si sentiva come un bambino, solo e indifeso di fronte all'universo. Aveva bisogno dell'amore della donna che lo aveva messo al mondo. Aveva bisogno della sua mamma.

Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Molly mise il dorso della mano sulla sua guancia sinistra e la accarezzò piano. «La mamma è qua, Georgie. Supereremo tutto insieme».

Lui non rispose, ma si limitò a guardarla con occhi colmi di gratitudine e di amore. Con lei a fianco si sentiva meno perso, meno disorientato, in quello schifo di vita che si era ridotto a fare.

Furono interrotti dall'ingresso di uno dei Medimaghi del San Mungo, un tale dottor Neils. «Buongiorno signora Weasley, buongiorno George. Come stai stamani, ragazzo?»

George cercò di alzarsi sui gomiti e tirarsi su. Venne aiutato da sua madre, che sistemò un paio di cuscini dietro la sua schiena perché stesse più comodo. Si schiarì la gola un paio di volte, prima di parlare con una voce sottile e flebile. «Mi sento sempre debole... ma sto meglio. Sono riuscito a mangiare qualcosa senza vomitare tutto... mi sembra già un grande traguardo» disse, sorridendo verso sua madre.

«Direi di sì, dopo un overdose di psicofarmaci babbani e due settimane di coma possiamo ritenerci soddisfatti. Hai avuto giramenti di testa, senso di affaticamento o altri sintomi simili?»

George scosse la testa.

«Va bene, allora... stiamo valutando di rimandarti a casa questo fine settimana. Se i valori rientrano nella norma anche alle prossime analisi, non vediamo motivi ulteriori per trattenerti qua con noi» continuò il dottore, sorridendo.

«Grazie Dottore, gliene siamo immensamente grati» rispose Molly, avvicinandosi all'uomo per abbracciarlo. Dopo essersi congedato, nella stanza rimasero solo loro due.

George iniziò a contorcersi le mani in modo frenetico. Nonostante le mille parole, le mille spiegazioni che voleva dare a sua madre, dalla sua bocca non uscì nessuna parola. Alzò lo sguardo, fissando i suoi grandi occhi colmi di lacrime su di lei. «Scusa...» riuscì infine a pronunciare con tono strozzato.

«Basta... basta, Georgie. L'importante è che tu stia bene. E adesso prova a dormire, tesoro...» sussurrò Molly, avvicinandosi a lui e accarezzandogli ancora una volta i capelli.

Lui annuì. Con sua madre accanto si sentiva al sicuro, ma era terrorizzato di restare da solo con i suoi pensieri, con i mostri che abitavano il suo animo tormentato.

Si sistemò, scivolando tra le lenzuola di quello scomodo letto e tentando di trovare, ancora una volta, la pace che tanto agognava.

Una pace che sembrava impossibile da ottenere.

Non sarò mai in pace senza di lei

⸞⸞⸞⸞⸞⸞

«...Tanti auguri a Freddie, tanti auguri a te!»

«Soffia, piccolino!» esclamò Beth, battendo le mani eccitata.

Isabelle si chinò in avanti per far avvicinare il viso del bambino all'enorme torta alla panna posta di fronte a lui. Lo osservò a lungo e sentì un moto di tenerezza farsi strada dentro il suo petto. I suoi grandi occhioni color nocciola erano spalancati, e in essi si rifletteva la fioca fiammella di una singola candelina blu.

Fred prese aria a pieni polmoni e tentò di spegnerla, senza riuscirci. Questo provocò le risate di Beth, seduta di fronte a loro, e di Lucas, in piedi appoggiato allo stipite della porta della cucina.

Isabelle si voltò verso di lui e sorrise felice. Negli occhi scuri di quel ragazzo così premuroso, vedeva un amore incondizionato, non solo per lei ma anche per suo figlio. Lucas non aveva alcun tipo di legame con Fred, ma dal momento in cui aveva saputo della gravidanza non li aveva mai abbandonati. Non aveva reagito in modo rabbioso, non li aveva sbattuti fuori dall'appartamento. Anzi, si era rimboccato le maniche e l'aveva aiutata, in tutto e per tutto. Adorava Fred, e si comportava con lui come una figura paterna, quella figura che non aveva mai conosciuto. Spesso si era fermato a dormire da loro, svegliandosi di fronte ai pianti notturni del bambino e cullandolo come se fosse figlio suo.

In alcuni momenti si era sentita in colpa. Quel compito non spettava a Lucas, ma a George. Ma di fronte a quei sentimenti, ogni volta si palesavano di fronte a lei le immagini di quel maledetto giorno, il giorno in cui era finito tutto, e quella spiacevole sensazione passava... almeno momentaneamente.

Cercava invano di dimenticare il suo volto, i suoi morbidi capelli, lo sguardo profondo in cui annegava. Cercava di scordare il suo tocco, la sensazione delle sue labbra su ogni centimetro della sua pelle.

Ti amo, Isabelle

Tu sei il mio sole

Quante volte lo aveva sognato, quante volte si era svegliata di soprassalto durante la notte, con il cuore che esplodeva dal petto e il cuscino completamente bagnato di lacrime. Quante volte si era resa conto di urlare il suo nome nel sonno. Si era accorta di questo anche Beth che, ogni volta che succedeva, si recava nella sua stanza e si stendeva sul letto accanto a lei, stringendola in un abbraccio confortante. In quelle occasioni, per lei era stato difficile riaddormentarsi con in testa l'immagine della persona che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo, avvinghiato a una donna che non era lei.

Ma, piano piano, nel corso del tempo Isabelle era riuscita a chiudere in un cassetto quelle sensazioni, quelle emozioni così forti e così difficili da sostenere. Non era stato facile, ma era riuscita a congelare una parte di sé, una parte della sua anima. La parte della sua vita con George. Era sicura che, se avesse riaperto quel vaso come nella leggenda di Pandora, tutti i suoi infiniti sentimenti sarebbe tornati a galla, e l'avrebbero travolta e inondata, facendola soffrire di nuovo e frantumandola. Così, Isabelle era riuscita a creare uno spazio in cui non provare niente, in cui non sentire niente. Uno spazio in cui essere completamente annullata.

«Rospetto, basta! Finirai tutto il fiato!» esclamò Beth, ridendo di fronte ai continui tentativi del bambino. Provava ancora a spegnere la candelina sulla torta, ma senza successo.

«Freddie, ti aiuta la mamma, va bene?»

Isabelle si sporse di nuovo in avanti, affiancandosi al viso paffuto del piccolo, e soffiò con forza. In tutta risposta, Fred sorrise, iniziando a gorgeggiare tutto contento.

Tante preoccupazioni le avevano attanagliato le viscere da quando aveva scoperto della gravidanza. Aveva paura di non farcela, di non essere all'altezza di crescere da sola un bambino.

Ma ogni giorno, dal 15 di luglio dell'anno prima, dal momento in cui aveva scambiato il primo sguardo con lui ogni dubbio si era dissipato. L'amore incondizionato che l'aveva attraversata da cima a fondo le aveva restituito una certezza incrollabile.

La vita le aveva tolto, ma la vita le aveva anche dato. Le aveva dato la possibilità di essere di nuovo felice. Una possibilità che vedeva dipinta ogni giorno su quel visino dai lineamenti dolci, contornato da una miriade di lentiggini.

Fred gli restituiva, ogni giorno, la certezza della forza dell'amore. Quell'amore che supera ogni ostacolo, ogni dolore, ogni cosa.

«Buon compleanno, vita mia» disse Isabelle sussurrando, mentre posava un delicato bacio sui morbidi capelli rossi del suo bellissimo bambino.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top