III
Your skin
Oh yeah, your skin and bones
Turn in to something beautiful
Do you know
You know I love you so
You know I love you so
Qualche giorno dopo
«Isabelle, non puoi continuare a scappare per sempre... prima o poi dovremo parlare di quello che è successo».
La ragazza, in piedi di fronte alla cucina, si irrigidì di fronte alle parole pronunciate da Lucas. Si era avvicinato di soppiatto, cercando di non farsi sentire da Beth e Fred, seduti al grande tavolo della sala da pranzo.
«Bel... per favore, parlami...»
Sospirando profondamente, Isabelle si girò verso di lui. Era appoggiato al ripiano dei fornelli e la scrutava con preoccupazione.
«Cosa vuoi che ti dica?»
«Non devi dirmi niente. Voglio solo che parliamo di quello che è successo ieri... di nuovo.»
«Lucas, devo davvero spiegarti queste cose?» chiese con sarcasmo. Buttò un occhio verso la sala, e abbassò la voce per non farsi sentire da suo figlio. «Siamo due persone adulte che fanno sesso, in modo consenziente e libero. Non capisco quale sia il problema...»
«Il problema è che a me non basta... non più, lo sai. Te l'ho detto un milione di volte».
«Ti prego... non cominciare...» disse lei piano e chiudendo gli occhi rassegnata. Avevano affrontato quel discorso forse un centinaio di volte, e non erano mai riusciti ad arrivare a una conclusione.
«Non mi basta più così, Bel. Io ti amo, ti ho sempre amato. E credo che anche tu mi abbia amato, e non capisco perché... perché adesso non è più così».
Lucas non aveva mai fatto mistero dei suoi sentimenti per lei. Fin dal primo momento aveva professato il suo amore, continuando a esternarlo costantemente. Prima con lei, poi con Fred. Isabelle si era sempre trovata in difficoltà, a metà tra un sentimento che non si era mai spento per il padre di suo figlio e la paura di ingannare Lucas. Ma alla fine, quando Fred aveva sei anni, si era decisa ad aprire uno spiraglio.
«Si è appena addormentato...» disse Lucas, chiudendosi la porta della stanza alle spalle.
«Grazie...oggi sono davvero esausta, in ufficio ho avuto da svolgere mille pratiche e non ce l'avrei fatta a sostenere di nuovo la favola dell'orsetto e della casa blu!» disse lei, ridendo piano per non svegliare Fred.
«Non preoccuparti, tesoro... lo sai che mi fa piacere. Lo amo come se... come se fosse mio...» rispose lui incerto, sedendosi accanto a lei sul divano e fissandola con uno sguardo magnetico.
Un silenzio imbarazzato scese tra di loro e Isabelle, forse per la prima volta, iniziò a vedere quel ragazzo biondo davanti a lei sotto un'altra luce. Lo scrutò a fondo, e rimase colpita da particolari a cui non aveva mai fatto caso prima. I ciuffi biondi che si arricciavano alla base del suo collo, il profumo dolce di colonia, le pagliuzze color miele dentro quel mare di cioccolato che erano i suoi occhi.
Fu colta da una sicurezza mai avuta prima. Lucas era meraviglioso, dolce e premuroso. Lucas la amava senza tentare di cambiarla, amava Freddie. Accettava anche la sua freddezza, la paura di aprire il suo cuore.
Lucas era una certezza, tendeva la sua mano da anni verso di lei. E finalmente, si sentì pronta ad afferrarla.
Il bacio che si scambiarono quella sera fu il primo di una lunga serie, e Isabelle sentì di aver fatto la scelta giusta. Perché quei baci, per qualche secondo, riuscivano a sedare il suo animo tormentato da un dolore che non era mai scomparso completamente.
I quattro anni passati insieme, però, non furono per niente semplici da affrontare. Isabelle non aveva fatto i conti con il suo cuore completamente a brandelli, e con una totale difficoltà nel lasciarsi andare, a non riuscire a dare tutto ciò che Lucas avrebbe meritato. Sentiva di volergli bene, forse di amarlo, ma non era mai riuscita ad esternarlo. Le parole in tante, forse troppe occasioni, le erano morte in gola. Non era mai riuscita a fare un passo in più verso di lui, a lasciarsi travolgere da una profonda passione e un immenso amore. Si era sempre chiusa nella sua fortezza di ghiaccio, impedendogli di accedere e di potersi finalmente godere un po' di serenità. E questo era stato motivo di tanti ed estenuanti litigi.
Per questo Isabelle aveva a malincuore deciso, l'anno precedente, di recidere quel rapporto che stava facendo soffrire entrambi, ma in particolar modo Lucas, e indirettamente anche Freddie, che sentiva la tensione tra i due e soprattutto nella sua mamma.
«Non so cosa dirti, Lucas... sai bene come la penso. Non ha senso riprovare qualcosa che ci fa stare male...io non voglio più farti soffrire, l'ho già fatto per troppo tempo. E quello che è successo in questo ultimo anno...» disse lasciando cadere il discorso. Si portò le mani alle tempie, nella speranza di far dissolvere un po' della confusione nella sua testa e nel suo cuore. «Non so perché... ma non riesco a starti lontano. Non ci riesco... ma non riesco nemmeno ad amarti come vorrei, come meriteresti. Perché ti meriti tutto dalla vita, e io... riesco solo a darti briciole» concluse con amarezza.
«Ti prego, Bel... questo non è vero... tu mi hai dato così tanto!» disse avvicinandosi a lei e stringendo le sue mani. «Non chiuderti ancora, non con me... io non ti farei mai del male, non te ne ho mai fatto... io... io non sono lui...»
Alzò lo sguardo di scatto, con gli occhi spalancati e la bocca aperta. Per un singolo istante, sentì una stilettata di dolore attraversarla. «Cosa... cosa hai detto?» chiese incredula.
«Non fare finta di non aver capito, Bel. Non sono mai stato lui e non lo sarò mai... perché non puoi permetterti di stare bene? Perché ti precludi la felicità? Lasciati andare... lasciami entrare.»
Isabelle rimase senza fiato per un momento. Dopo tutti quegli anni, la menzione di George le faceva ancora un male cane. Credeva, ingenuamente, che il tempo avrebbe sanato tutte le sue ferite sanguinanti, ma si sbagliava. Capiva il punto di vista di Lucas, lo comprendeva molto bene. Lei stessa si era chiesta molte volte perché, dopo così tanti anni, fosse ancora così profondamente ferita, profondamente turbata. Una risposta, purtroppo, non era mai riuscita a trovarla.
Non sono mai stato lui e non lo sarò mai.
Isabelle pensò, per un istante solo, che il problema fosse proprio quello.
«Mamma, puoi venire qua? Io e Beth ti dobbiamo chiedere una cosa!» urlò Fred dalla sala da pranzo, interrompendoli.
«Ne riparleremo, Bel. Non puoi scappare ancora, adesso basta» disse Lucas, sciogliendo il contatto con lei e ritornando nell'altra stanza.
Con il magone in gola, Isabelle lo seguì, trovandosi davanti il bellissimo volto sorridente di suo figlio.
«Che succede?» chiese lei, guardando Beth in modo torvo. Ogni volta quella ragazza si inventava le idee più malsane in cui coinvolgere Fred. Il risultato erano estenuanti litigi prima con il bambino, che elettrizzato voleva essere incluso in tutto quello che la sua zia acquisita proponeva, e poi con Beth stessa.
«Io stavolta non ho proposto niente!» disse alzando le mani. «Comunque, Bel... Freddie mi ha chiesto di fare da tramite per questa richiesta...»
«Perché tanto se te lo chiedo io tu dici sempre di no!» fece eco lui, ridendo.
«Comunque... Mark, Jaimie e altri compagni di scuola stanno organizzando una sorta di campeggio di una notte, e... Freddie ci vorrebbe tanto andare... che ne pensi?»
Isabelle si fece pensierosa. Era sempre così, quando si trattava di qualcosa che riguardava Fred. «Ci sarà il papà di Mark?» chiese di getto.
«Ehm, mamma... in realtà stavamo pensando di andare senza genitori, cioè, aspetta!» disse allarmato, riconoscendo l'espressione contrariata sul volto di sua madre. «Non senza genitori... il suo papà ci porterà e andrà a dormire nella casa di un suo vecchio parente, proprio accanto a dove vogliono mettere le tende... vogliamo fare un esperienza selvaggia nella natura! E anche Mark ha detto a suo padre che vorrebbe stare solo e lui ha detto che andava bene, che tanto sarebbe stato vicino...i genitori dei miei amici hanno già detto tutti di sì!» rispose Fred con il panico negli occhi. Conosceva bene sua madre e il suo lato protettivo e cercò di mettere le mani avanti. «Comunque, non faremo niente di che! Resteremo sempre nelle tende e non ci addentreremo nel bosco e se c'è bisogno il papà di Mark sarà lì e-»
«Assolutamente no» rispose lei freddamente.
«Ma, mamma...»
«Ho detto no. Non insistere, Fred.»
«Ma tutti i miei amici ci andranno!»
Isabelle divenne scura in volto. «Non mi interessa! Hai solo undici anni, non ti manderò da solo in un posto sperduto al buio più totale, non ci penso nemmeno!»
Il solo pensiero le toglieva un po' il fiato. Da quando era nato, Fred era stato costantemente tenuto sotto una campana di vetro. Non voleva ripetere lo stesso sbaglio fatto con Stella. La sua distrazione era stata fatale per la bambina. Aveva fallito nel compito di proteggerla, non ci era riuscita, e non avrebbe fatto lo stesso sbaglio con suo figlio.
«Ma non sarà solo! Saremo tutti insieme e il papà di Mark sarà vicino e-»
«Andiamo, Bel... non succederà niente...Tom sarà comunque vicino» tentò di dire Lucas, riferendosi al padre dell'amico di Fred.
«Ti prego, Lucas! Diglielo anche tu! Io ci voglio andare!» esclamò il bambino con le lacrime agli occhi.
«Non provarci nemmeno, Frederick. Io ho detto no, e no rimane. Non tentare di chiedere a lui, la decisione è mia. E ho già detto che non ci andrai. Fine della discussione.»
«Ma perché?» esclamò lui, scoppiando a piangere fragorosamente e alzando la voce. «Perché devi fare sempre così? Io non faccio mai niente, tu non mi fai fare niente! Tutti i miei amici si organizzano sempre, e tu non mi lasci mai andare!»
Isabelle, con le mani appoggiate al tavolo, si accorse di un lieve tremolio. Vide i piatti che si muovevano leggermente e sentì i bicchieri tentennare. Preoccupata, si voltò per osservare i volti di Beth e Lucas. Sembrava che non si fossero resi conto di niente.
«Sono stufo! Tu mi stai sempre addosso, hai sempre paura che mi succeda qualcosa! Ma cosa dovrebbe succedermi?» continuò Fred con uno sguardo infuocato.
«Ne abbiamo già parlato e sai come la penso-»
«Tu te la cavi sempre così! Ma non è giusto!» la interruppe suo figlio.
Il tintinnio di bicchieri e il tremore aumentarono. Adesso anche Beth e Lucas sembravano essersene accorti, e si guardarono intorno con circospezione.
«Ma è una scossa di terremoto?» chiese Beth preoccupata.
Isabelle rimase paralizzata. Sapeva già cosa stesse per accadere, e Beth si sbagliava di grosso. Non era un terremoto. Era qualcosa di ben diverso. Era magia.
«Tesoro, cerca di calmarti...» tentò di dire al figlio.
«Io non mi calmo! Lasciami fare le cose che voglio! Voglio essere un bambino come tutti gli altri, mi sento già troppo diverso! Mi ci sento da sempre!» continuò lui infuriato.
«Fred...»
«Io non sono Stella, mamma! Io non sono lei! Non puoi impedirmi di avere una vita normale solo per quello che le è successo! Hai capito?» urlò, scosso dai singhiozzi.
Le stoviglie sulla tavola iniziarono lentamente ad alzarsi. Levitarono di fronte agli occhi increduli e impauriti di tutti, apparte Fred che continuava a piangere e balbettare frasi sconnesse.
Isabelle non ebbe il tempo di essere ferita dalle parole del figlio, perché i bicchieri, i piatti e le posate iniziarono a volare per tutta la stanza, in un piccolo vortice che iniziò a girare intorno a loro. Lei tentò di avvicinarsi a Fred per cercare di calmarlo e porre fine alla situazione, ma quando lo ebbe quasi raggiunto, lui alzò di scatto la testa e iniziò ad urlare ancora più forte. «Lasciami in pace! Non ti voglio!»
E poi, lo vide. Uno dei coltelli da carne andò nella sua direzione, ad una velocità incredibile. Tentò di pararsi alzando le mani, ma questo non bastò. Il coltello si conficcò nella sua mano destra, ferendola. Lanciò un grido a causa del dolore forte, inaspettato, bruciante. Si accasciò a terra, sotto gli sguardi atterriti di Beth e Lucas che accorsero ad aiutarla, ancora confusi da ciò che si stava palesando davanti ai loro occhi.
Il grido di Isabelle riscosse anche Fred dal suo stato, e improvvisamente tutte le stoviglie cascarono fragorosamente a terra, infrangendosi.
«Mamma...» disse Fred, bianco in volto e con lacrime agli occhi.
«Bel, ti sei fatta male? Fammi vedere...» sussurrò Lucas prendendole delicatamente la mano e cercando di estrarre piano il coltello. Lei rispose con un gemito, stringendo i denti.
«Mamma... mamma! Cosa è successo? Che hai fatto? Ti sei tagliata?» chiese Fred, in preda al panico.
Lei non rispose, impegnata ad osservare il grande squarcio grondante sangue sulla sua mano.
«Ma che cazzo è successo, Isabelle? Cosa significa questo?» chiese Beth, pallida e sconvolta.
«Mamma, ti prego parlami! Ti ho fatto io... questo?» chiese Fred con voce rotta dal pianto. «Ti prego... rispondimi! Cos'è successo?»
«N-no, amore... stai tranquillo...» sussurrò.
«Dobbiamo andare in ospedale, qui ci vogliono dei punti» disse serio Lucas.
«No!» urlò Isabelle. «No, ti prego... dovremmo spiegare come mi sono procurata una ferita del genere... e sinceramente non saprei cosa dire, o cosa inventarmi... per favore, Lucas... pensaci tu...» continuò poi sussurrando.
Lucas si fece più pallido al solo pensiero di dover trattare una ferita così profonda, ma annuì. La prese delicatamente per un braccio e la accompagnò in bagno, facendola sedere sul bordo della vasca, proprio come quel giorno di undici anni prima.
Dalla porta socchiusa del bagno, Isabelle sentì i singhiozzi strozzati di Fred e le parole dolci sussurrate da Beth e il suo cuore si strinse. Non poteva tollerare di sentire il suo bambino soffrire, era davvero doloroso per lei.
«Potrebbe farti male, tesoro... sii forte» disse Lucas fissandola negli occhi. Prese un sospiro e tirò fuori di scatto il coltello dalla mano, avvicinando subito dopo un panno e premendo forte, per fermare l'emorragia di sangue. Isabelle si morse il labbro, cercando di trattenere l'urlo che avrebbe voluto lanciare. Un gemito, però, sfuggì dalla sua bocca.
«Sei stata brava, amore» disse Lucas, forse sovrappensiero. Ma Isabelle non provò fastidio. Perché, ancora una volta, lui era presente. Lui c'era, e non la abbandonava mai. Pensò che probabilmente non lo avrebbe mai fatto, non si sarebbe mai arreso nel tentare di conquistare la fortezza di ghiaccio dentro al suo cuore. Forse avrebbe dovuto ripensare alla decisione di chiudere con lui. Forse doveva dargli un'altra possibilità...e forse doveva darla anche a sé stessa.
«Prendo il kit del pronto soccorso, aspetta... continua a fare pressione con l'altra mano».
Si allontanò, ritornando dopo qualche minuto con una valigetta rossa di cui si erano forniti qualche anno prima, quando entrambi avevano seguito un corso di primo soccorso. Dopo aver disinfettato un po', Lucas sospirò e la guardò negli occhi. «Bel, io non sono in grado di metterti i punti. Ti farei solo male e potrei far infettare la ferita. Dobbiamo andare in ospedale».
«Ti prego... no, per favore...»
«Se volete posso chiamare Caroline... a quest'ora dovrebbe avere già staccato dal turno» esclamò Beth, entrando piano nella stanza.
Gli occhi di Isabelle si illuminarono. «Sì, ti prego! Non posso andare in ospedale...»
Beth annuì. «Vado subito ad avvertirla... però, Bel... dopo dobbiamo assolutamente parlare di quello che è successo. Ok?»
Lei annuì, atterrita ed esausta. Tutto ciò che era riuscita a tenere nascosto per anni era tornato a galla. E sarebbe stato veramente difficile provare a dare una spiegazione a qualcosa di così surreale.
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«Ecco fatto. Probabilmente potranno tirare un po', ma tra un mesetto circa cascheranno da soli. Ti è andata bene, nessun muscolo o nervo sembra reciso, ma potremmo dirlo con certezza solo tra qualche tempo... comunque, prendi questi antibiotici due volte al giorno e tieni pulita la ferita.»
«Caroline... non so come ringraziarti, davvero...»
«Non preoccuparti, Isabelle. Lo sai che per me è un piacere!»
Beth entrò in bagno dopo aver bussato piano. «Ehi... avete finito? Fred avrebbe bisogno di un po' di conforto dalla mamma, prima di dormire...» disse guardando Isabelle.
«Sì, certo. Vado subito» esclamò alzandosi. «Davvero... grazie» disse rivolgendosi alla giovane ragazza, alta e slanciata dai capelli biondo cenere e dagli occhi grigi di fronte a lei. Caroline si alzò e, sorridendo, andò incontro a Beth, lasciandole un lieve bacio sulle labbra e attirandola a sé.
Beth e Caroline si erano conosciute due anni prima, proprio in ospedale. A quel tempo Beth si era rotta un dito della mano mentre cercava di appendere al muro delle mensole con un martello, e si era recata al pronto soccorso per farlo steccare. Caroline era al suo ultimo anno di medicina, e stava svolgendo il tirocinio proprio all'Ohio Health Rehabilitation Hospital. Per lei era stato amore a prima vista, mentre invece Beth ci aveva impiegato un po' più di tempo. Anche per lei non era mai stato facile lasciarsi andare, farsi coinvolgere a livello emotivo e sentimentale. E tutto questo a causa di una serie di relazioni disastrose con donne che non si volevano impegnare, sommato a tutto quello che aveva dovuto passare, prima per la malattia che aveva condotto sua madre alla morte, e poi per la negligenza di un padre infame e ignobile che l'aveva lasciata in balia degli eventi senza un ancora a cui aggrapparsi.
Ma alla fine l'amore era stato più forte di ogni dolore, di ogni paura. E le due ragazze da quasi due anni si amavano alla follia e si completavano a vicenda. Erano opposti, come il giorno e la notte, ma combaciavano in un incastro perfetto che a volte Isabelle invidiava.
Isabelle si avviò verso la camera di Fred, aprì la porta piano e lo trovò seduto sul letto, con le gambe penzoloni e la testa bassa a fissare le mani. Non appena la sentì entrare, alzò di scatto lo sguardo e si asciugò velocemente alcune lacrime.
«Tesoro... non piangere... non è successo niente...» disse avvicinandosi e mettendosi a sedere accanto a lui sul letto.
Il bambino tirò su con il naso. «Mamma... io... io non sono sicuro ma... ho paura di averti fatto io del male... non so perché... ma me lo sento dentro... e sto malissimo!» disse, scoppiando poi in un singhiozzo strozzato e portandosi le mani a coprire il viso. «E poi ti ho detto quella cosa orribile su Stella... mi dispiace così tanto, mamma!» continuò, mentre piangeva disperato.
«Fred... tu non hai fatto niente... ti prego, non è colpa tua...» sussurrò, accogliendolo nella sua stretta e coccolandolo. «E non sono arrabbiata per Stella. Non hai detto niente di male, amore mio. Adesso cerca di dormire... sei esausto. Domani mattina, se vorrai, ne riparleremo. Ma per adesso, prova solo a riposarti. Ok?»
Lui annuì piano. Fece un grande sbadiglio e subito dopo ridacchiò. Isabelle lo seguì e sentì la preoccupazione di qualche momento prima dissiparsi. Avevano spesso questi momenti di complicità così forte, di intesa viscerale che le davano una forza incredibile. La forza di andare avanti per entrambi.
Dopo averlo aiutato a sistemarsi sotto un lenzuolo leggero, Isabelle gli scompigliò i capelli e gli lasciò un bacio delicato sulla fronte.
«Mamma... stasera ho avuto paura di perderti. Ho visto tutto quel sangue... tu eri così pallida... ho avuto davvero paura» sussurrò Fred con gli occhi lucidi.
«Freddie... tu non mi perderai mai. Sarò sempre al tuo fianco, e anche quando incomincerai ad esplorare il mondo, sarò sempre con te... qui» disse, indicando il cuore del bambino. «E qui...» continuò, indicando la collanina al collo di Fred. Era formata da un piccolo pezzo di puzzle di acciaio, con una singola ametista blu incastonata al centro. L'altro pezzo si trovava appesa al collo di Isabelle, composto dello stesso materiale e colore, e su entrambe le parti era incisa la scritta "Famiglia". L'avevano comprata insieme qualche anno prima e non se ne erano più separati. Rappresentava la loro essenza più pura. Due metà complementari di un intero. Potevano anche vivere separati, ma solo insieme erano del tutto e assolutamente completi e felici.
Il bambino non rispose, si limitò ad annuire e a chiudere gli occhi, sprofondando velocemente nel mondo dei sogni cullato dalle carezze della sua mamma.
«Buonanotte, Freddie...» sussurrò accarezzando alcuni ciuffi ricaduti sul suo volto lentigginoso.
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«Vorresti dirmi che non mi sono mai accorta di niente per due anni interi?»
«Sì, Beth... ma se ti può consolare, io sono venuta a saperlo solo durante il viaggio che abbiamo fatto, e perché lui ha deciso di svelarmi il suo, anzi il loro segreto. Altrimenti non avrei mai potuto immaginare una cosa del genere... sono stati molto bravi a nasconderlo, questo va riconosciuto».
Isabelle, Beth e Lucas si trovavano seduti in salotto. Il momento della verità era arrivato e si stupì che i suoi due amici non fossero troppo sconvolti dall'esistenza della magia. Forse erano ancora scioccati, non avevano ancora realizzato.
«Quindi è stato lui a fare... questo?» chiese Lucas riferendosi a Fred e indicando alcuni dei cocci ancora sparsi per terra.
Isabelle annuì, seria. Sul suo volto scese una maschera di preoccupazione. «Sì... è stato lui. E purtroppo non è la prima volta che capita... solo che non vi ho mai detto niente, non potevo...»
«E adesso che facciamo? Voglio dire, dobbiamo aiutarlo in qualche modo...» chiese Beth.
«Non lo so... non so davvero cosa fare. Finché si trattava di far comparire magicamente fiori su una mano poteva anche andare bene... ma adesso la situazione si complica. E se dovesse arrabbiarsi a scuola? Come potrebbe spiegare un altro episodio del genere? E in più non ha il controllo sui suoi... poteri».
Fu strano per lei pronunciare quella parola, soprattutto se riferita al suo bambino. Ma era ora di affrontare la verità, nuda e cruda, una volta per tutte. Nelle vene di Fred scorreva linfa magica, e lei doveva accettarlo, per quanto fosse difficile.
«Wow... tutto questo è incredibile» esclamò Lucas scuotendo la testa.
«Ragazzi... c'è un'altra cosa che non vi ho detto...»
Lucas e Beth la guardarono senza capire, mentre si alzava e si recava in camera. Ritornò dopo qualche secondo, con in mano la busta che qualche giorno prima aveva giurato di bruciare. Ma non ci era riuscita, era stato più forte di lei. Sentiva il bisogno di tenerla ancora con sé, chissà per quale motivo.
«L'altro giorno è arrivata questa... per Fred».
Passò la busta a Lucas che iniziò ad aprirla, mentre Beth si avvicinò a lui per leggerne il contenuto. Dopo qualche minuto, entrambi sollevarono la testa sconvolti.
«Scuola di magia di Hogwarts...?» chiese Beth.
«Bel... non so cosa dire...» sussurrò Lucas. Si alzò e si avvicinò a lei, abbracciandola.
«Non so cosa fare... non so dove sbattere la testa... secondo quella lettera dovrebbe partire per questa scuola, ma io non conosco niente di tutto questo! E non mi voglio separare da lui...» disse con le lacrime agli occhi mentre si stringeva in quell'abbraccio caldo e confortante. Le braccia di Lucas erano sempre state un porto sicuro e lo erano soprattutto in quel momento così difficile.
«Isabelle... io credo che ci sia un'unica cosa che puoi fare. Noi purtroppo non possiamo aiutarti, e nemmeno tu sai bene come procedere... quindi...» disse Beth, lasciando cadere la frase a metà.
Isabelle la scrutò attentamente. «Quindi...? Cosa proponi?»
«So che per te non sarà facile... Dio, non lo sarà per nessuno ma... credo che sia arrivato il momento di tornare a Londra, Bel. Hai bisogno, anzi abbiamo bisogno di una mano... e c'è solo una persona che può darcela.»
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Cosa ne pensate di questo capitolo? Fatemi sapere, e se vi va, lasciate una stellina! ❤
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