II
Your love lifts me up like helium
Your love lifts me up when I'm down down down
When I've hit the ground
You're all I need
'Cause your love lifts me up like helium
Ottobre 2008
«Mamma...»
«Mamma...»
«Tesoro... cosa c'è?» chiese Isabelle, con la voce ancora impastata dal sonno. Aprì piano negli occhi e nelle penombra incontro due piccole iridi color nocciola che la scrutavano.
«Mamma... non riesco a dormire...»
Isabelle si svegliò del tutto, preoccupata. «Perché, amore? Ti fa male qualcosa? Il pancino?»
«No... ho fatto un brutto sogno e mi sono svegliato...» rispose Fred, mentre con una manina passava sui suoi occhi. Isabelle si accorse che si stava asciugando alcune lacrime.
Si spostò di lato verso il comodino, accendendo la piccola luce della lampada. «Amore, perché stai piangendo? Mi fai impensierire...» esclamò, avvicinandosi ancora di più al bambino accanto a lei, e posando una mano sul suo volto delicatamente.
Fred sospirò: «Ho fatto un incubo... era bruttissimo...»
«Ti va di raccontarmelo? Così perderà di sicuro di potenza e potrai tornare a dormire tranquillo».
Il bambino annuì, anche se poco convinto. Assunse un'espressione crucciata, e il cuore di Isabelle fece un salto. Nonostante assomigliasse molto a lei, in quei momenti era identico, in tutto e per tutto, a suo padre. Strinse forte il tessuto del suo pigiama, tentando forse di contenere lo sgretolamento del suo cuore. «Ero a scuola... mi trovavo davanti al cancello di ingresso ed ero completamente solo. Poi sono arrivati Mark e Jaimie» disse, facendo riferimento ai suoi amichetti del cuore. «E loro hanno iniziato a prendermi in giro...»
«Cosa ti dicevano, Freddie?»
Il bambino esitò per un secondo, pensieroso.
«Lo sai che a me puoi dire tutto...» sussurrò lei. Fred era un bambino particolarmente sensibile, ma il suo cuore di mamma sapeva sempre come prenderlo.
«Va bene... mi prendevano in giro perché loro hanno il papà e io no... e mi dicevano che Lucas non è il mio vero papà e che non posso considerarlo in quel modo...»
Isabelle sentì la terra mancare sotto i suoi piedi, nonostante si trovasse stesa nel letto. Smise di respirare per qualche secondo e un cratere si aprì in mezzo al suo petto. Non sapeva davvero cosa dire, la confessione del suo piccolo l'aveva completamente colta alla sprovvista.
«Mamma... ti prego, dimmi qualcosa...» continuò lui, con gli occhi sgranati e lucidi.
Come poter rispondere a una cosa del genere? Il dolore del suo bambino era vivo, ben percepibile. Il dolore per la mancanza di un padre. Dal momento in cui Fred aveva iniziato a comunicare con lei in modo verbale, erano iniziati i primi problemi. Il bambino chiedeva continuamente dove lui fosse, e Isabelle rispondeva sempre in modo assente o cambiando discorso. All'età di quattro anni però, Fred aveva posto una domanda che l'aveva colpita come un fulmine a ciel sereno: «Lucas è il mio papà?»
Dopo una serie di lunghe consultazioni con Lucas, si decisero a dirgli la verità, nonostante le paure e le incertezze. Non se la sentirono di basare la vita di Fred su una menzogna che lo avrebbe fatto solo soffrire ancora di più una volta venuta a galla, e che l'avrebbe portato a odiarli profondamente. «Con tuo padre ci siamo tanto amati, ma non è bastato e ci siamo allontanati. Quindi no, Lucas non è il tuo papà... mi dispiace, amore. Ma ti ama in un modo indescrivibile».
La verità, però, non esentava un bambino di sette anni dal soffrire vedendo tutti i suoi compagni accompagnati dal papà a scuola, alle gite, dappertutto, mentre lui poteva contare solo sulla strana composizione della sua famiglia: sua mamma, Beth e Lucas. Lo sguardo ferito che vide dipinto negli occhi di Fred le spezzò il cuore, e le fece dubitare per molto tempo di essere stata una buona madre. Lui non si meritava di soffrire più del dovuto per sbagli avvenuti anni prima e di cui non aveva assolutamente nessun tipo di colpa.
«Mamma... cosa c'è? Cosa ho detto di male?»
«Amore... non hai detto niente di male» rispose, scuotendosi dal torpore in cui era caduta. «Ascolta... è solo un brutto sogno. Mark e Jaimie ti conoscono e ti vogliono tanto bene, sai che non direbbero mai una cosa del genere nella realtà... stai tranquillo.»
«Ma è la verità... io un papà non ce l'ho».
Isabelle sospirò, dispiaciuta e sconfitta. «So che questo ti fa soffrire, amore... e mi dispiace davvero tanto. Ma non possiamo farci niente. È andata così... ma ci sono io. C'è Lucas, c'è Beth. Noi siamo qua per te, per starti accanto e amarti ogni giorno. Pensi che potremmo farcelo bastare?» chiese con le lacrime agli occhi, che cercò di nascondere senza particolare successo.
«Mamma... oh, scusa! Non volevo farti piangere! Lo so che stai male per questa cosa... ti prego, non piangere!» disse lui con la voce spezzata, avvicinando la sua manina e asciugando con il dito le lacrime che scendevano veloci sulle guance di Isabelle. «Certo... mi basti tu, mamma. Mi fai anche da papà, e io sono felice di questo.»
«No, amore... non è colpa tua. Hai fatto bene a raccontarmi questo tuo sogno... ma sappi che nella realtà non sei solo. Io ti amo alla follia, e non ti lascerò mai. Lo sai questo?»
Fred annuì, mentre un piccolo sorriso spuntò sulla sua bocca. Sembrò finalmente sereno.
«Ti amo anche io, mamma...» disse in un sussurro, mentre si stendeva nel letto accanto a lei e si accoccolava nella sua stretta sicura. Niente e nessuno avrebbe potuto far male al suo bambino finché c'era lei.
Isabelle spense la luce e appoggiò la testa su quella di Fred. Si riaddormentarono così, nella loro bolla protettiva, piena di amore e gioia.
Loro si sarebbero sempre bastati. Non avevano bisogno di altro.
15 luglio 2012
«Freddie...»
Un mugolio sommesso arrivò da Fred, steso sul letto a pancia in giù con le braccia ben salde sotto il cuscino.
«Mamma... lasciami dormire...»
«Forza, tesoro. Non farmi arrabbiare! Hai promesso a Beth!»
Fred si girò leggermente, facendo intravedere la miriade di lentiggini rosse sul suo viso. Aprì piano un occhio e la guardò torvo. «Ma è il mio compleanno...non puoi andarci tu?» sussurrò, mugugnando.
«Appunto, tuo il compleanno, tuo il regalo... e sai bene come è fatta tua zia, non vuole sentire ragioni!»
«Bel! Hai visto per caso la mia borsa a tracolla rosa?» chiese Beth, entrando sparata dentro la stanza. «Non la trovo da nessuna parte!» esclamò a voce alta. «Oh, Freddie! Stai ancora dormendo?»
Il ragazzino si alzò sbuffando e si stropicciò gli occhi. «Non più, ormai... mi avete svegliato!» protestò. «Beh, dato che mi sono alzato, tanto vale che venga a scegliere questo regalo di compleanno!»
«Bravo, Fred. E comunque...» disse Isabelle, avvicinandosi a lui e lasciando un delicato bacio sulla sua testa: «tanti auguri, amore mio! Buon undicesimo compleanno!»
«Tanti auguri, rospetto!» disse Beth, mentre si avvicinava per avvolgerlo in un abbraccio quasi soffocante.
«Zia... zia! Basta! Non respiro...»
Beth si allontanò da lui, facendo finta di asciugarsi alcune lacrime. «Quando sei diventato così grande? Quando è successo?» chiese in modo drammatico e scatenando le risate di tutti.
«Dai zia... smettila... mi metti in imbarazzo!» disse lui grattandosi la testa.
Beth mise una mano sul petto e con un'espressione sorpresa si girò verso Isabelle. «Non eri tu quella noiosa della famiglia? Io sono sempre stata la zia figa!»
Isabelle rispose semplicemente con una gomitata nel fianco della sua amica, e si limitò a sorridere sotto i baffi. «Ha appena detto a te che lo metti in imbarazzo... forse due domande me le farei!»
Le risate che seguirono sortirono un effetto magico su Isabelle. Finalmente, dopo anni di sofferenza, sembrava aver trovato la felicità. Una felicità data dalla sua famiglia assolutamente e del tutto non convenzionale. Si fermò, imbambolata ad osservare due delle tre persone che avevano restituito un senso alla sua triste e deludente vita. Fred e Beth avevano iniziato a farsi il solletico, con lui in posizione di svantaggio sul letto. Stava ridendo a crepapelle, e questo le fece esplodere il cuore nel petto. Un sorriso così semplice, ma così potente, così bello. Un sorriso con le fossette...
Improvvisamente, come in un flash l'immagine di Fred si contrappose con un'altra che conosceva troppo bene. Per un secondo, le sembrò di vedere George steso su quel letto, che le sorrideva felice. Un brivido freddo le percorse la schiena, mentre cercava di riprendere fiato e di concentrarsi sul momento presente. Le sensazioni che aveva sepolto sotto strati di freddezza non dovevano uscire, non potevano uscire.
Si era talmente tanto abituata a non provare niente, a non sentire niente, che ogni tipo di sentimento la spaventava. Ogni tipo di sensazione provata al di fuori del rapporto con suo figlio, Beth e in parte Lucas, veniva rigorosamente nascosta negli angoli più reconditi della sua mente, della sua anima. Venivano scissi, dissociati dal suo presente, dal suo sentire.
Non poteva permettersi di lasciarsi andare, non poteva permettersi di amare qualcun altro oltre Fred. Perché l'amore le aveva fatto così tanto male da non riuscire nemmeno a descriverlo.
«Mamma, ti sei addormentata? Ci sei?» le chiese Fred, sventolando una mano davanti al suo volto.
«Si, tesoro. Scusami...»
«Freddie, caro, tua madre sta perdendo i colpi! Preparati, tra un po' dovremo portarla all'ospizio!» esclamò ridendo Beth e uscendo dalla stanza. «Muoviti, che Caroline ci sta aspettando!»
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Era grata a Beth per aver portato Fred fuori casa per qualche ora. Doveva preparare tutto il necessario per la festa a sorpresa che stavano organizzando per il suo compleanno. Aveva preso un permesso in ufficio e voleva dedicarsi completamente a cucinare i piatti preferiti di suo figlio: lasagne, pizza e torta alla panna, la sua preferita. Non era una chef professionista, ma ci avrebbe messo tutto il suo impegno e tutto il suo amore. Voleva che fosse una serata perfetta, una serata di spensieratezza e gioia soprattutto per Fred che ultimamente risentiva della fine della scuola elementare e l'avvicinarsi della scuola media. Aveva paura di perdere l'appoggio dei suoi migliori amici e di non riuscire ad ambientarsi in una situazione sociale nuova, oltre ad avere molta paura di essere preso in giro dagli altri compagni.
Fred era un bambino veramente sensibile. Nel corso degli anni, Isabelle aveva perso il conto delle volte in cui era tornato a casa da scuola piangendo. I motivi erano sempre diversi: un litigio con Mark, qualcuno che lo aveva preso in giro per le lentiggini o per i capelli rossi, il fargli notare che lui un padre che lo andasse a riprendere a scuola o lo accompagnasse in gita non ce lo aveva. Quello era davvero un tasto dolente per lui. In quei casi si chiudeva a riccio e l'unico con cui voleva avere contatti era Lucas, che con poche parole e qualche abbraccio, riusciva sempre a farlo stare meglio. Sperava che la situazione non peggiorasse con un grande cambiamento all'orizzonte.
Dopo aver infornato le lasagne e la pizza, iniziò a preparare tutti gli ingredienti per il dolce sul tavolo della cucina: uova, zucchero, farina, lievito.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse immediatamente del suono proveniente dalla sala. Dopo qualche secondo, però, questo divenne insistente. Isabelle voltò la testa di scatto verso la direzione del suono. Incuriosita, si avvicinò,
Riconobbe il suono come un ticchettio continuo, come quello di uccellino che becca. Aguzzando meglio la vista, ebbe un sussulto. Vide un enorme animale sul davanzale della finestra, con morbide piume color marrone che coprivano tutto il suo corpo, un piccolo petto all'infuori che si alzava e si abbassava freneticamente e due enormi fari gialli al posto degli occhi.
Cosa diavolo ci fa un gufo sulla mia finestra?
Isabelle aprì, nel tentativo di spaventarlo e scacciarlo via, ma questo non si mosse. Notò che aveva al collo una piccola medaglietta d'oro con la lettera "H" impressa sopra, e nel becco teneva una lettera sigillata. L'animale si sporse in avanti come a volergliela consegnare. Isabelle, dapprima incerta, poi si fece coraggio e prese con dita tremanti l'involucro. Dopo il gufo la guardò incuriosito, emettendo qualche versetto, forse per farsi dare da mangiare. Dopo qualche istante però, capendo che non avrebbe ricevuto nulla, fece un verso lungo e acuto e si voltò spiegando le ali e librandosi nel cielo mattutino.
Passò le mani delicatamente sul sigillo rosso che chiudeva la lettera, dove erano incise alcune lettere che non riconobbe, e poi la girò per vedere il mittente. Rimase però assolutamente scioccata di ciò che trovò scritto sopra.
Sig. F. Banks
Seconda cameretta a destra
1777 E. Broad Street
Columbus, Ohio
Spinta dalla curiosità, con mani tremanti aprì l'involucro ed estrasse due fogli di carta bianca intestata e un biglietto rettangolare, che riportava una data, un orario e l'indicazione per un binario: 1° settembre 2012, ore 11.00, binario 9 e ¾. In alto, due parole: Hogwarts Express.
SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS
Preside: Minerva McGranitt
(Ordine di Merlino, Prima Classe,
Grande Strega, Membro dell'Ordine della Fenice, Confed. Internaz. dei Maghi)
Caro signorino Banks,
Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Distinti saluti,
Filius Vitious
Vicepreside
Uniforme
Gli studenti del primo anno dovranno avere:
· Tre divise da lavoro in tinta unita (nero)
· Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno
· Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)
· Un mantello invernale
N.B. Tutti gli indumenti degli allievi dovranno essere contrassegnati da una targhetta con il nome.
Libri di testo
Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:
· Manuale degli incantesimi, Volume primo, di Miranda Goshawk
· Storia della magia di Bathilda Bagshot
· Teoria della magia, di Adalbert Waffling
· Guida pratica alla trasfigurazione per principianti, di Emeric Switch
· Infusi e pozioni magiche, di Arsenius Jigger
· Gli animali fantastici: dove trovarli, di Newt Scamander
· Come diventare un animagus: guida completa, di Minerva McGranitt
· Le forze oscure: guida all'autodifesa, di Quentin Trimble
Altri accessori
· 1 bacchetta
· 1 calderone (in peltro, misura standard 2)
· 1 set di provette di vetro o cristallo
· Telescopio
· Bilancia di ottone
Gli allievi possono portare anche un gufo, OPPURE un gatto, OPPURE un rospo.
SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON È CONSENTITO L'USO DI SCOPE PERSONALI.
Una grande voragine si aprì sotto i piedi di Isabelle, che sconvolta cercò un appiglio intorno a sé. Si appoggiò al divano, scossa e scioccata.
Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts
Sperava che quel giorno non sarebbe mai arrivato. Il giorno in cui avrebbe dovuto fare i conti con il suo passato. Con tutto ciò che aveva cercato di sotterrare sotto strati di polvere, con tutto ciò che aveva cercato di dimenticare.
Nel corso degli anni le era capitato varie volte di pensare a questa possibilità, soprattutto quando si erano verificati alcuni strani fenomeni che aveva cercato di nascondere agli occhi di Beth e Lucas.
I bicchieri sul tavolo che si erano rotti improvvisamente, in concomitanza del pianto disperato di Fred per una brutta caduta.
Il giorno in cui Fred, a cinque anni giocando in un parco le si era avvicinato con il palmo della mano chiuso. Quando lo aprì, Isabelle vide sbocciare lentamente una piccola margherita.
I giocattoli che spesso il bambino faceva levitare involontariamente, battendo poi le mani felice per quella che considerava un semplice e puro divertimento.
Ma per Isabelle tutto ciò rappresentava una profonda e terrificante paura.
Da quando aveva scoperto la vera natura di George, era sempre rimasta affascinata dalla magia, dalla facilità con cui era possibile fare ogni cosa. Un semplice movimento della bacchetta, una formula magica da pronunciare e voilà. Sembrava tutto così semplice a prima impressione. Ma George le aveva anche mostrato l'altra faccia della medaglia. Le aveva raccontato della Guerra magica, del terrore e della desolazione che aveva portato. Di come gli aveva strappato via la sua esatta metà.
La magia poteva essere bene, poteva essere luce. Ma poteva anche essere buio, tristezza e negatività. E lei non voleva che suo figlio fosse esposto a certi pericoli, a certe situazioni che avrebbero potuto metterlo a rischio.
E poi c'era un altro grande problema. Era una semplice "babbana", come la definivano loro, e sapeva davvero poco del mondo magico. Avrebbe dovuto chiedere aiuto... e le uniche persone in grado di fare qualcosa erano quelle da cui era scappata, ormai undici anni prima. Era fuori discussione.
Sistemò di nuovo i fogli dentro la busta e la portò in camera, nascondendola in uno dei suoi cassetti. Se ne sarebbe disfatta il giorno dopo, bruciandola o gettandola direttamente in uno dei cassonetti fuori casa. In questo modo nessuno ne sarebbe venuto a conoscenza, e presto si sarebbe lasciata quell'esperienza sconvolgente alle spalle. Ne era sicura.
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Eccoci qua! Primo spazio autrice! Che ne pensate di questi primi capitoli? Fatemi sapere!
Ne approfitto per iniziare il giro consueto di ringraziamenti, parto ovviamente con effywriter che anche questa volta mi ha dato consigli e ha letto in anteprima un pezzetto di questo capitolo, grazie amica mia✨❤
Baci stellari a tutti! ✨❤
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