Pan per focaccia


Aveva deciso di scendere a compromessi con se stesso, principalmente perché aveva capito che si trattava di qualcosa di più forte di lui. Continuava a vergognarsene, perché temeva di tradire i propri principi e la ragazza che amava, ma il suo cuore e i suoi pensieri sembravano aver vita propria, spingendolo irrimediabilmente verso l'altra. Per questa ragione, pur imponendosi di non fare alcun passo falso, Adrien aveva deciso di assecondare quella curiosità crescente che nutriva verso la sua migliore amica.

   Fermo davanti al portone di casa di lei, il giovane sperava di riuscire a parlarle. Di cosa, in verità, non lo sapeva bene neanche lui; sentiva però che era la cosa giusta da fare. Non aveva senso continuare a scappare, negare a se stesso quella nuova situazione. Proprio ora che le cose con Ladybug sembravano andare meglio, proprio ora che lei pareva maggiormente ben disposta nei suoi confronti. Avrebbe dovuto essere al settimo cielo, tuffarsi fra le sue braccia, e invece si trovava impelagato in questo nuovo sentimento, non troppo diverso e ugualmente intenso. Più ci pensava, più non se ne capacitava: era davvero impossibile amare due persone nello stesso momento e nello stesso, devastante modo? Aveva sempre creduto di no, in realtà ne era persino convinto. I fatti, tuttavia, contestavano quella sua ferrea sicurezza. Era questa la ragione principale per cui si trovava lì: voleva indagare sui propri sentimenti e capire se davvero come temeva – sperava? – si fosse innamorato anche di Marinette.

   Si fece coraggio e suonò il campanello. Nessuno rispose al citofono, ma qualcuno lo chiamò per nome, persino meravigliato di vederlo lì. Adrien si voltò e vide il padre dell'amica che, dall'angolo del proprio negozio, lo scrutava perplesso. «Marinette non c'è», esordì, certo che il ragazzo cercasse sua figlia. Tom si persuase che si trattasse di un'improvvisata, perché altrimenti, sapendo della sua visita, Marinette non sarebbe mai e poi mai uscita di casa.

   «Oh...» balbettò Adrien, preso in contropiede. Giustamente, si disse, avrebbe almeno potuto avvisarla che sarebbe passato. Magari Marinette era uscita con Alya. No, no, si ricordò in quel momento: Alya e Nino avrebbero trascorso il pomeriggio a fare da baby-sitter ai rispettivi fratellini. Dunque Marinette doveva essere uscita con qualche altra amica. Ammesso e non concesso che non fosse uscita con qualcun altro. Un ragazzo. Luka.

   Avvertendo una morsa alla bocca dello stomaco, Adrien si lasciò involontariamente andare a un'espressione che indusse Tom a specificare: «È andata dal medico con sua madre.» Il sospiro di sollievo che tirò il giovane in quel momento fu tale che l'uomo si lasciò scappare un sorriso divertito e intenerito al tempo stesso. «Saranno qui a breve. Nel frattempo ti va di entrare?» gli chiese, facendo cenno all'interno della boulangerie e strizzando un occhio con complicità. «Mentre aspetti, ti offro un croissant.»

   L'altro non se lo fece ripetere una seconda volta e subito lo seguì all'interno del negozio, che trovò inaspettatamente vuoto, i vassoi quasi del tutto pieni e il pane sugli scaffali ordinato come se nessuno lo avesse toccato da un pezzo. «Non sono abituato a non fare la fila, quando vengo qui...»

   Tom storse la bocca. «Eh, oggi va così. La fila la stanno facendo più in là, alla nuova boulangerie che hanno aperto due isolati più avanti. Un franchising piuttosto famoso, impossibile resistere», spiegò, mentre recuperava il portavivande in cui aveva disposto diversi tipi di croissant. «Serviti pure. Oggi ce ne sono in abbondanza.»

   «Grazie», rispose Adrien, afferrando il primo dolce e riflettendo su quella situazione. Non lo trovava giusto, soprattutto perché sapeva che i genitori di Marinette erano grandi lavoratori e ogni prodotto presente nel loro negozio era stato preparato con attenzione e amore. Qualità che la stessa Marinette aveva ereditato, tanto da mettere tutta se stessa in ogni cosa che faceva, in particolare quando si trattava di aiutare il prossimo.

   Fu pensando a lei che Adrien domandò: «Monsieur Dupain... posso chiederle un favore?»

   Tom lo guardò con curiosità. «Certo.»

   «Mi permetterebbe di farle da sponsor?»

   Un sorriso stupito comparve sotto ai grossi baffi infarinati dell'uomo. «Mi stai davvero chiedendo il favore di farmi un favore?»

   Il ragazzo scosse le spalle, sorridendo a sua volta. «Voglio solo rendere ai nuovi "fornai" pan per focaccia.» Infilò il croissant in bocca e, reggendolo coi denti, iniziò a frugare nella borsa, tirandone fuori il cellulare per chiamare la sua guardia del corpo. «Ho bisogno di aiuto», disse soltanto.

   Una manciata di minuti più tardi, l'uomo entrò nel negozio annunciato dal suono delle campanelle appese alla porta a vetri. Salutò Tom con un grugnito e poi fissò lo sguardo sul suo protetto, che lo accolse con un grembiule addosso. «Allora, l'hai portata?» Senza bisogno di parlare, il gorilla si sfilò da sotto al braccio qualcosa che, vista la sua mole, sulle prime era rimasta nascosta alla vista degli altri. La piazzò davanti al ragazzo e a quest'ultimo parve di guardarsi allo specchio. «Perfetto, grazie!» Armato di pennarello, autografò la sagoma che lo ritraeva e infine chiese alla guardia del corpo di posizionarlo fuori dalla boulangerie, proprio accanto alla porta d'ingresso. Aprì bocca per dire altro, ma una sirena suonò in lontananza e una voce, la cui eco era possibile avvertire a grande distanza, annunciò l'attacco di un'akuma.

   Senza pensarci due volte, il gorilla artigliò Adrien per la cintola e se lo issò in spalla. «Ehi!» esclamò il ragazzo, assai contrariato per quel gesto in verità del tutto legittimo. Sapeva che l'uomo stava solo facendo il suo lavoro, così come sapeva che suo padre lo voleva a casa sano e salvo ogni qual volta c'era di mezzo uno scontro fra supereroi e supercattivi. Il punto, però, era che uno di quei supereroi era proprio lui...

   «Monsieur Dupain!» gridò per farsi sentire nonostante il gorilla lo stesse già infilando di prepotenza in auto. «Tornerò appena la situazione si sarà calmata!»

   «Prima pensa a metterti al sicuro!» replicò Tom, sinceramente preoccupato per lui. Mentre la macchina si allontanava in gran fretta, il suo pensiero corse rapido a Sabine e Marinette, domandandosi se fossero al riparo.


Non appena il gorilla lasciò Adrien in camera sua e ne ebbe chiuso la porta, prese una sedia e si piazzò lì davanti, proprio come una brava guardia del corpo. Monsieur Agreste contava su di lui per tenere il suo unico, prezioso figlio lontano dai guai, non poteva deluderlo. Dall'altro lato della porta, tuttavia, Adrien già aveva dato voce a Plagg e, richiamati i poteri del miraculous del Gatto, si era lanciato fuori dalla finestra con la maschera nera in volto e i capelli biondi al vento. Non aveva idea di cosa avesse combinato Papillon questa volta, ma era certo più che mai che lui e Ladybug avrebbero sistemato tutto in un baleno. Come sempre.

   Trovare l'akumizzato non gli fu difficile: stava creando non poco scompiglio in una zona centrale della città, non troppo lontano dalla villa di suo padre. La sua compagna di battaglia era già all'opera e lui si buttò immediatamente nella mischia, salvandola persino da un brutto colpo inferto dal nemico. Rapido, si fece spiegare in pochi attimi i dettagli più importanti, e subito si tuffò di nuovo nella lotta. Ladybug gli sembrava nervosa, più ansiosa del solito, ma non ne comprese la ragione. Solo dopo si rese conto che, poco più in là, vi era un gruppetto di civili che aveva trovato momentaneo riparo dietro a un cartellone pubblicitario. Tra loro riconobbe la figura di Sabine, la mamma di Marinette. Avvertì la rabbia salirgli alla testa e l'adrenalina invadergli il corpo: le mamme erano sacre, quella di Marinette soprattutto. Con pochi, agili balzi, riuscì ad atterrare l'akumizzato e Ladybug lo immobilizzò grazie al Lucky Charm. Il Cataclisma di Chat Noir liberò l'akuma, che l'istante successivo volò nel cielo limpido, bianca e luminosa. Ogni cosa tornò al suo posto ed entrambi gli eroi, prima ancora di battersi il pugno come di consueto, si precipitarono verso il gruppo di civili che aveva rischiato di rimanere coinvolto nell'attacco.

   Alla vista di sua madre illesa, benché visibilmente scossa per quanto accaduto, Marinette non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Più sanguigno, Chat Noir afferrò la donna per le spalle, sia pure con gentilezza, e domandò: «Marinette! Dov'è?!»

   Il cuore di Ladybug sussultò, allarmato e gioioso a un tempo: se quello che aveva davanti a lei era davvero Adrien, come aveva iniziato a supporre nell'ultimo periodo, significava dunque che anche lui aveva cominciato a provare dei sentimenti di tipo romantico per l'altra parte di lei?

   «Non lo so», stava rispondendo Sabine, preoccupata quanto lui. «Nella confusione l'ho persa di vista e...»

   «Non si preoccupi», intervenne allora Ladybug, posando una mano sul braccio di Chat Noir affinché potesse tranquillizzarsi a sua volta. «Ovunque sia, il Miraculous avrà riportato tutto alla normalità. Sono certa che sta bene.»

   I suoi orecchini emisero l'inconfondibile suono che le ricordava del tempo che le rimaneva prima di riprendere le proprie sembianze civili. «Va' pure, qui ci penso io», la rassicurò il suo compagno, che sembrava finalmente più sereno.

   Occhi negli occhi, Ladybug gli sorrise di cuore, reprimendo a stento l'istinto di abbracciarlo. Forse persino di baciarlo. «Grazie», sussurrò con un trasporto tale da lasciarlo per un istante in totale subbuglio emotivo.

   Deglutendo a vuoto, il giovane la vide volteggiare sui tetti vicini, fino a scomparire alla loro vista. Scosse il capo con vigore, imponendosi di concentrarsi sui propri doveri. «Venga con me», disse allora a Sabine, dopo che tutti gli altri, akumizzato compreso, furono soccorsi dalla polizia. «L'aiuto a trovare sua figlia.»

   «Grazie di cuore», rispose l'altra, lo sguardo oltre la sua spalla. «Ma credo che non ce ne sia bisogno.»

   Chat Noir si voltò appena in tempo per vedere Marinette sfrecciargli accanto e gettare le braccia al collo della donna. «Meno male che stai bene!» Il giovane osservò quell'abbraccio tra madre e figlia con l'animo pieno di tenerezza e non osò intromettersi, lasciando loro tutto il tempo di cui avessero bisogno. Fu la ragazza, dopo alcuni attimi, a voltarsi nella sua direzione e a guardarlo in un modo che gli fece sobbalzare il cuore proprio come aveva fatto Ladybug giusto qualche minuto prima. «Grazie per averla difesa.»

   Stringendosi nelle spalle, Adrien si grattò la nuca con un certo imbarazzo. «Sì, beh... è naturale...» farfugliò. Che cavolo gli prendeva?! Si impose di riprendere il controllo e domandò, pur con fare ammiccante: «Volete un passaggio? Vi riaccompagno a casa, di tetto in tetto faremo prima.»

   Quasi non finì di dirlo che anche il suo anello iniziò ad avvisarlo dell'imminente trasformazione. «Sarà per la prossima volta», lo rassicurò Marinette, ringraziandolo con un nuovo sorriso che gli fece battere il cuore.

   Arrendendosi a lasciarle dov'erano, il giovane annuì. «A presto», si lasciò sfuggire, sicuro che l'avrebbe rivista di lì a poco. Senza che l'idea di passare da casa gli sfiorasse la mente, fu difatti verso la boulangerie che si diresse, avvalendosi di ciò che rimaneva dei poteri concessigli dal miraculous per fare prima.


Quando l'ennesima persona passò davanti a loro affrettando il passo, Marinette e Sabine, ormai sulla strada di casa, si scambiarono uno sguardo perplesso: cos'altro stava accadendo? Di certo non poteva essere una situazione d'emergenza, visto che nessuno sembrava davvero agitato. Anzi, qualcuno sorrideva con entusiasmo. Un gruppetto di ragazzine tagliò loro la strada, lanciando gridolini eccitati, tra i quali Marinette colse il nome di Adrien. Raddrizzando la schiena e allungando lo sguardo più avanti, le parve di vedere un viavai di gente che entrava e usciva dalla boulangerie.

   Il mistero s'infittì quando, ormai davanti alla porta d'ingresso, trovarono una sagoma a grandezza naturale di Adrien, autografata. Qualcuno la fotografava, qualcun altro l'abbracciava – soprattutto le ragazze – e Marinette provò quasi una fitta di gelosia. S'impose la calma e, comprendendo che non avrebbero potuto passare da lì senza difficoltà, si costrinsero a fare il giro dal portone di casa. Una volta sul retro, si affacciarono dalla cucina del negozio e rimasero di stucco: la boulangerie era zeppa di clienti, con Tom che preparava pacchetti e sacchetti di pane e dolci e Adrien, con tanto di grembiule infarinato, che li serviva a tutti con il suo inimitabile, dolcissimo sorriso sulle labbra.

   «Abbiamo assunto un aiutante?» chiese Sabine, ridendo per quella novità.

   Tom si voltò appena, lanciando loro uno sguardo divertito da sopra la spalla. «Si è offerto di aiutarci a recuperare la clientela, dopo la deludente apertura di stamattina. Non è stato gentile, Marinette?»

   Lei però lo stava ascoltando appena, rapita com'era dalla figura del giovane che si dava da fare per aiutarli. Di nuovo. Per un istante fu colta dal dubbio che si stesse illudendo, che lui non fosse Chat Noir e che Adrien avesse passato tutto il tempo lì al negozio con suo padre. Il ragazzo si volse nella sua direzione quasi per caso e quando i loro sguardi si incrociarono, per un breve, lunghissimo momento entrambi ebbero la sensazione che il mondo si fosse fermato, che fossero soli e che tutto il resto non esistesse.

   «È un lavoratore instancabile, oltretutto!» stava continuando Tom, elogiando quel giovane proprio come aveva fatto già una volta con Chat Noir, quando aveva fantasticato di lasciare a lui la boulangerie – lunga storia. «Soprattutto!» esclamò di colpo, facendo sussultare i due ragazzini e riportandoli con i piedi per terra. «Adrien fa delle battute davvero divertenti!»

   Marinette sgranò gli occhi. «Sul... serio?»

   «Sì, ha detto che avremmo reso pan per focaccia alla concorrenza!»

   Sabine rise, sua figlia sollevò gli occhi al cielo e sospirò, rassegnata e sollevata al contempo: non c'era alcun dubbio che quella meraviglia dai capelli biondi e gli occhi verdi che si trovava davanti a lei fosse anche il suo compagno di battaglia. «Non fare quella faccia», si risentì Adrien, pur sogghignando fra sé. «Hai sentito tuo padre? Era divertente», ribadì con un certo orgoglio, guadagnandosi un colpetto al braccio dall'amica che, ridendo, ribatté: «Non ti avevo detto di piantarla, con gli scherzi?»

   Lui rise con lei, rendendosi conto di come, nonostante tutto, Marinette e Ladybug fossero davvero simili, alle volte. Come un campanello d'allarme, il suo sesto senso lo immobilizzò sul posto. Di colpo, tutto gli fu chiaro. Semplice. Meraviglioso. Era solo un sospetto, forse solo una speranza. Ma era talmente bella che Adrien ci si aggrappò con tutte le sue forze: non poteva davvero tollerare di essere innamorato contemporaneamente di due persone, no davvero; viceversa, l'idea di essersi innamorato per ben due volte della stessa ragazza lo mandava letteralmente in visibilio.

   La clientela li richiamò all'attenzione e mentre Sabine e Marinette si affiancavano ai loro amati dietro al bancone del negozio, Adrien si rese conto che Tom lo stava guardando con un sorriso sornione sulle labbra. Gli venne di nuovo da ridere, perché già sapeva cosa gli sarebbe toccato subire nel momento in cui sarebbe tornato davanti all'uomo come pretendente al cuore di sua figlia: era già successo, pur in altre vesti, ma questa volta tutto sarebbe andato diversamente e nessun'akuma avrebbe spezzato l'incanto e la gioia del momento.

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