Gufo e disciplina
Aveva guadagnato quella mezz'ora di libertà a caro prezzo, grazie anche a quelle bugie che aveva iniziato a dire a sua madre con maggior frequenza. Era l'unico modo per non lasciarsi schiacciare, il solo che la facesse sentire davvero libera – benché dentro di lei rimanesse un vago senso di colpa a causa di quell'onore che alle volte risultava più un peso che una qualità. Avanzò a testa alta, incurante degli sguardi interrogativi che le venivano rivolti da quegli studenti che erano appena arrivati a scuola e si chiedevano chi fosse, e salì con fare autoritario le scale per fermarsi infine davanti alla porta dell'ufficio del preside. Aveva incontrato monsieur Damocles soltanto una volta, poco prima dell'inizio degli allenamenti di scherma che si tenevano lì, ma lo aveva conosciuto tempo prima attraverso un servizio giornalistico locale, quando lo aveva visto nelle discutibili vesti di un goffo eroe mascherato che cercava invano di emulare le imprese di Ladybug e Chat Noir. Era stato anche quel ricordo a farle prendere quella decisione: quanto timore poteva davvero incutere un attempato uomo con la passione per i cosplay?
Preso un grosso respiro, Kagami bussò con forza alla porta. Non ricevette risposta e riprovò, di nuovo senza successo. Che fosse ancora presto? Ridicolo: un preside aveva il sacrosanto dovere di presentarsi a scuola prima di chiunque altro. La ragazza fece per bussare ancora, ma una voce alle sue spalle la bloccò. «Signorina, in cosa posso aiutarti?»
Voltandosi, Kagami si ritrovò davanti la figura panciuta e autoritaria della persona che stava cercando e che ora la squadrava da capo a piedi. «Non mi pare tu sia un'alunna di questa scuola, dico bene?»
Riavutasi dalla sorpresa, lei si esibì in un rispettoso inchino. «Il mio nome è Tsurugi Kagami», si presentò allora, con quel suo lieve strascico giapponese. «Ho bisogno di parlare con lei.»
«A proposito di cosa?»
«Nel suo ufficio», fu irremovibile nella sua richiesta.
Stupito da quel comportamento, che mai si sarebbe aspettato da una ragazzina di quell'età, monsieur Damocles non questionò e si dispose per aprire la porta, ancora chiusa a chiave. Quando furono entrambi all'interno dell'ufficio e, dopo aver scostato le tende per far entrare la luce del mattino e acceso il computer, lui sedette alla poltrona dietro alla scrivania e le fece cenno di accomodarsi. Kagami, tuttavia, preferì rimanere in piedi, l'espressione seria e decisa, così inadatta a un viso tanto giovane. «Allora, di cosa volevi parlarmi?»
«Monsieur Damocles», cominciò con aria solenne lei, «vorrei sapere se esiste un modo per iscriversi a questa scuola senza l'autorizzazione dei propri genitori.»
L'uomo rimase per un momento a fissarla in silenzio e solo quando si rese conto che l'altra non stava scherzando, rispose: «Ovviamente no.»
Kagami non si perse d'animo. «Eppure so che uno studente lo ha fatto.»
«Di chi stai parlando?»
«Di Adrien Agreste.»
Il preside inarcò le sopracciglia, domandandosi se quella davanti a lui non fosse l'ennesima fan in visibilio per il proprio idolo, decisa più che mai a seguirlo fino in capo al mondo. «Era una situazione diversa, quella.»
«Perché? In cosa è diversa?» insistette Kagami.
«Adrien si è presentato qui all'inizio dell'anno scolastico, non a metà», fu la semplice risposta che ricevette. «Era ancora in tempo per avere il consenso di suo padre.»
«Mi sta dicendo che non c'è nulla che io possa fare, quindi?»
Pur avvertendo il lieve tremore nel tono della sua voce, l'uomo non poté far altro che sollevare le spalle. «Non senza l'autorizzazione dei tuoi genitori.»
Autorizzazione che sua madre non le avrebbe mai dato, Kagami lo sapeva bene. Strinse le labbra e serrò i pugni con forza, lo sguardo dritto davanti a sé: al di là dei sentimenti di tipo romantico che provava nei suoi confronti, Adrien era il suo primo, vero amico. Non voleva rinunciare a lui, non voleva accontentarsi di vederlo solo durante le lezioni di scherma o in quelle poche occasioni in cui i loro genitori si trovavano a parlare d'affari. Per non parlare di quella dannata gelosia che le attanagliava lo stomaco. Si fidava di Marinette e, benché rimanessero rivali in amore, ormai erano anche amiche – la seconda che lei avesse mai avuto. Inoltre, Kagami sapeva che Marinette non era tipo da giocare in modo scorretto. D'altro canto, in classe con Adrien c'era anche Lila Rossi, una bugiarda patentata che aveva già tentato di circuire il ragazzo, diffondendo senza il suo consenso una foto di loro due insieme, millantando con lui un legame di tipo amoroso. Kagami non aveva retto a quella vista e si era lasciata sopraffare dalla rabbia, finendo così per cadere vittima di Papillon per la seconda volta. Se ne vergognava ancora, e questo era uno dei motivi per cui non voleva in alcun modo che Lila avesse ancora via libera accanto al suo Adrien. Non poteva rinunciare.
Si mosse di scatto, sporgendosi in avanti e batté di schianto i palmi delle mani sulla scrivania. «Monsieur Damocles, la prego!» implorò con gli occhi in fiamme. «Sono disposta a tutto, pur di essere accettata in questa scuola!»
Seppur stupito da tanto ardore, l'uomo iniziò a provare un leggero senso di irritazione. «Ti ho già detto che è impossibile», ripeté intrecciando fra loro le dita delle mani. «Servirebbe comunque un nullaosta da parte della tua scuola e...»
«Posso insegnarle a combattere.»
Nella stanza calò il silenzio, rotto esclusivamente dal ronzio del computer.
Intuendo di aver catturato la sua attenzione, Kagami piegò il busto nella sua direzione. «Scherma e arti marziali.»
«Mi interessano soprattutto le arti marziali», rispose in un sussurro cospiratorio monsieur Damocles, dando conferma alle speranze della ragazza.
Quest'ultima tornò ritta sulla schiena, un sorriso soddisfatto sulle labbra sottili. «Possiamo iniziare subito, se vuole.» L'altro non se lo fece ripetere una seconda volta. Si alzò immediatamente dalla poltrona e si mise a fare stretching, convinto di ciò che stava per accadere. Kagami lo osservò con una certa perplessità, domandandosi se non fosse pericoloso per un uomo della sua età cimentarsi in certe discipline così, di punto in bianco. Quando però lo vide rivolgersi a lei, impettito e con le braccia inarcate sui fianchi e i pugni sulle anche come nemmeno Superman avrebbe saputo fare, si arrese a mostrargli la prima delle posizioni base dello yoga.
«Come sarebbe a dire, yoga?!» protestò monsieur Damocles, visibilmente scocciato per quella perdita di tempo.
«Non so come funzionano da voi le cose, ma in oriente le arti marziali richiedono disciplina», iniziò a rispondere la ragazza, sedendosi a gambe incrociate sul grande tappeto che ricopriva buona parte del pavimento dell'ufficio. «La disciplina si conquista tramite la meditazione e il rilassamento psicofisico. Se non si possiedono queste capacità, è inutile pretendere di incamminarsi lungo la via che porta ai segreti delle arti marziali.»
Per un momento l'uomo fu tentato di domandarle se lo stesse prendendo per i fondelli. Si trattenne solo per via dei suoi tratti somatici orientali che, per chissà quale assurda suggestione, ai suoi occhi le conferivano un'aria austera e consapevole. Arresosi a obbedire, monsieur Damocles fece l'enorme sforzo di sedere a terra, cercando di trattenere la pancia in dentro. Quando ci riuscì, osservò di nuovo Kagami: aveva incrociato le gambe, sì, ma in un modo che gli faceva già sentire male ai muscoli. Armato forse di eccessiva fiducia in se stesso, cercò di imitarne la posa, sia pure in modo goffo e scoordinato. «Va bene così?»
«Il dorso dei piedi deve trovarsi sulle gambe.»
«Ma è impossibile!»
Rendendosi conto che, in effetti, per lui sarebbe risultato assai improbabile riuscire in tale impresa, Kagami sospirò e si costrinse a cambiare posizione. «D'accordo, allora. Proviamo con quest'altra.»
L'uomo tentò di imitarla, fallendo miseramente anche quella seconda volta. Borbottando fra sé e sé, ci riprovò ancora e ancora, fino a che non sentì uno strappo sul retro dei pantaloni, rivelando un paio di boxer con gufetti variopinti. Per la vergogna, perse l'equilibrio e capitombolò all'indietro, urtando la scrivania così forte che la lampada da tavolo crollò dal ripiano, finendogli dritta in testa prima di rompersi sul pavimento. Monsieur Damocles trattenne a malapena un'imprecazione colorita e si rotolò per terra in preda al dolore. Dannato yoga! Dannata ragazzina giapponese!
Quando fu in grado di tornare a sollevare lo sguardo su di lei, vide Kagami scrutarlo dall'alto, sinceramente preoccupata per la sua salute. Cercando di recuperare una postura decente e un'espressione dignitosa, il preside si schiarì la voce, nella speranza che il dolore sordo che ancora provava sulla testa calva non lo tradisse. «A ben pensarci, signorina...» cominciò, tentando di rimettersi in piedi in modo impacciato e coprendosi i boxer. «Temo che non potrò davvero venirti incontro.» Lei si accigliò, ma non rispose. «Anzi, ti consiglio caldamente di tornare nella tua vecchia scuola o finirai per arrivare in ritardo per l'inizio delle lezioni.»
Detto ciò, le fece cenno con la mano di uscire dall'ufficio, quasi stesse scacciando una persona molesta. Colpita nell'orgoglio, ma per nulla scoraggiata, Kagami marciò fiera verso l'uscio senza neanche salutare: non sarebbe finita lì. Prima di andar via, comunque, si voltò un'ultima volta nella sua direzione e sentenziò: «Se vuole davvero giocare a fare il supereroe, non andrà lontano senza un buon allenamento.»
Scomparsa lei dietro la porta, che venne chiusa in modo deciso ma educato, monsieur Damocles si portò una mano alla schiena dolorante e l'altra alla testa, lamentandosi sgraziatamente per quello che gli era appena capitato. Ripensandoci, quella ragazzina non aveva tutti i torti: solo con la disciplina avrebbe potuto diventare un eroe come Ladybug e Chat Noir. Anzi, persino migliore di loro, perché non avrebbe potuto contare sulla magia dei miraculous. «Sarò proprio come Batman all'interno della Justice League», concluse tra sé, appoggiandosi alla scrivania con una mano e zoppicando verso la poltrona, sulla quale si abbandonò stancamente. «Un semplice uomo in mezzo a superumani...» continuò a riflettere, lisciandosi la barba. Arpionò la tastiera del computer e subito iniziò la sua ricerca. «Vediamo un po' se in Francia esiste qualche posto come la Lega degli Assassini... così, giusto per farmi un'idea su dove potrei cominciare ad allenarmi...»
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