8. Formula - Louis
«Io vado, Kalyvaz.» Il dottor Falboni scribacchiò una rapida firma sugli ultimi documenti prima di issarsi sulla sedia. «Occupati tu di discutere il resoconto con la signora Garvizzi quando avrai finito.»
«Io? Da solo?» chiese Louis, sbattendo le palpebre. «Che faccio se insiste di nuovo per parlare con un ricercatore?»
«Dille che io sono andato via e i colleghi sono impegnati, perciò dovrà arrangiarsi. Se rifiuta comunque di parlare con te, falle firmare la presa visione e fissale un appuntamento per domani.»
Louis annuì. Abbozzò un sorriso di circostanza che tenne su fin quando l'uomo non uscì dallo studio, lasciandolo solo con le sue scartoffie, poi si abbandonò contro lo schienale. Sospirò fino a svuotare il petto e si passò le mani sulla fronte e sul capo, attraversando i corti capelli scuri fino alla nuca. Avrebbe preferito redigere mille fascicoli piuttosto che avere a che fare con un'anziana razzista a cui doveva rivolgersi con la dovuta professionalità, ma suo malgrado anche quello faceva parte del suo lavoro.
Drizzò il busto e tirò a sé i documenti firmati dal dottor Falboni, poi aprì la cartelletta della precedente visita di controllo e si armò di foglio di calcolo per le operazioni. Per gli altri tirocinanti quella era la parte noiosa, per lui la più intrigante: adorava le persone – quando non erano la signora Garvizzi, naturalmente – e adorava vedere i Dotai in azione, ma si trovava più a suo agio tra le mura di un laboratorio o con la testa immersa tra grafici e dati.
Mending era un Naru interessante da analizzare, anche se avevano diminuito il numero gli esami quando la signora Garvizzi aveva compiuto settant'anni. La sua capacità di riparare la materia inanimata veniva testata solo su venti materiali, non più il centinaio della sua giovinezza, tuttavia era facile ricavare delle stime approssimative su elementi di categorie simili, basandosi sul rapporto degli scorsi risultati. Louis ricordava le formule necessarie, anche se assisteva il dottor Falboni da meno di un anno; aveva memorizzato persino le specifiche di alcuni dei materiali più comuni, che gli sarebbero di certo tornate utili anche nelle analisi di altri Naru, ma si assicurò di cercare conferma prima di trascrivere i risultati nel documento ufficiale.
Erano aumentate le tempistiche di azione, naturalmente. Solo 4,8 secondi in più rispetto all'ultima rilevazione, ma lo scarto precedente era di 3,7 secondi, perciò il peggioramento era evidente. Negli anni di maggior prestanza fisica la signora Garvizzi era in grado di ricucire uno squarcio lungo dieci centimetri in un sacco di juta in soli 2,2 secondi, ma se la curva del suo peggioramento fosse rimasta stabile avrebbe superato il minuto prima di compiere ottant'anni – sempre che le fosse rimasta sufficiente lucidità mentale per farlo. Le percentuali di Dotai con demenza senile erano infinitesimali, ma non erano comunque pari a zero.
Louis fu tentato di approntare un calcolo per stimare quali sarebbero stati i valori di risposta del Naru sotto sforzo, dato che la signora Garvizzi non affrontava un esame simile da quasi quindici anni, ma sarebbe stato superfluo e ovviamente era solo il tentativo della sua mente di rimandare il più possibile quell'incontro. Controllò i documenti con attenzione, ripeté alcuni calcoli due volte, ma infine fu costretto a raccogliere tutto nella cartelletta e alzarsi dalla sedia. Lisciò la stoffa del camice, riempì i polmoni di un respiro pieno e chiamò la signora Garvizzi nello studio.
L'intenso aroma pungente del suo profumo lo raggiunse ancor prima che la donna facesse capolino dall'ingresso, poi la figura minuta di Ada Garvizzi venne avanti. Era avvolta in un cappotto scuro fuori stagione, già proiettata in inverno con un cappello di pelliccia e una voluminosa sciarpa attorno al collo che abbassò per scoprire le labbra tinte di rosa chiaro.
«E il dottore dov'è?»
«È andato via prima, aveva un'urgenza» disse Louis, distendendo il sorriso più cordiale che riusciva. «Il resoconto dei suoi esami di oggi è completo, perciò possiamo discutere insieme del—»
«Oh no, non c'è bisogno, aspetterò il dottore.» Scostò la sedia di fronte alla sua scrivania e vi si abbandonò, stringendo al petto la borsa mentre lo fissava. Teneva sempre gli occhi piantati nei suoi, con una tale insistenza da risultare inquietante. Louis era abituato agli sguardi, a quegli sguardi, quelli che non vedevano altro che la sua pupilla grigia, ma ogni volta doveva trattenere l'istinto di voltarsi.
«Il dottor Falboni non tornerà oggi, se vuole può prendere appuntamento con lui per domani.»
«Ma io sono qui adesso.»
«Ma adesso il dottore non c'è. Possiamo parlare dei risultati insieme, oppure deve tornare domani.»
«E un altro ricercatore non c'è? Non si può chiamare un sostituto?» si lamentò, stringendo il manico rigido della borsa tra le dita mentre la sbatacchiava sulle gambe. «È assurdo dover tornare domani. Mi avete dato appuntamento per oggi, dovremmo finire tutto oggi. Cosa li assegnate a fare gli appuntamenti, se poi non li rispettate?»
«Gli altri ricercatori sono impegnati, ma il dottor Falboni ha delegato me. Possiamo finire tutto oggi, se—»
«Io voglio discutere dei miei esami con un ricercatore, non con un ragazzino.»
Louis inspirò a fondo, sforzandosi di mantenere neutra l'espressione. Gli balenò in mente di sottolineare che avesse già ventisei anni, che mancava solo un mese al termine del suo tirocinio e avrebbe ricevuto l'abilitazione come ricercatore ufficiale prima del suo prossimo controllo, che doveva solo leggerle il resoconto di esami che avevano condotto con il dottor Falboni presente e altre motivazioni logiche che sapeva non sarebbero servite a nulla.
Così si umettò le labbra e ricacciò indietro ognuna di quelle argomentazioni, optando per un banale «Mi spiace, se vuole un ricercatore deve aspettare domani.»
Lei borbottò altre lamentele, rimproverando la scarsa organizzazione del Centro di Ricerca, lagnandosi di qualche impegno che avrebbe dovuto rimandare l'indomani, altre cose che Louis non riuscì a seguire perché aveva smesso di ascoltare. Annuiva e basta, con le labbra tirate nel suo collaudato sorriso di circostanza, aspettando invano che si alzasse dalla sedia. Sarebbe stato da maleducati far notare che, se non voleva discutere con lei degli esami, avrebbe fatto meglio a togliere in fretta il disturbo?
«Avrebbe potuto aspettare dieci minuti in più, questa è maleducazione» sbottò la signora Garvizzi a voce più alta. «Mi sta bene che aiuti il dottore, però non dovrebbe lasciarti fare anche queste cose. Sono esami importanti, serve qualcuno che ne capisca di Sihir, un kautiano non è adatto.»
Ci risiamo.
Louis si trattenne dal stropicciarsi gli occhi, perché lo stava ancora fissando e non sarebbe stato professionale sbuffare davanti a lei, ma si concesse un altro respiro profondo. «Per capire il Sihir è sufficiente studiarlo, signora.»
«I Naru sono una cosa diversa, come fate a esaminarci se non sapete cosa vuol dire essere un Dotai?»
«Come fa chiunque altro, suppongo? Non sono un Dotai, è vero, ma non lo è neanche il dottor Falboni e così il 90% dei ricercatori in questo Centro.»
«Per loro non è certo la stessa cosa, loro sono esposti al Sihir tutti i giorni, possono sperimentare, vederlo da vicino.»
Louis alzò un sopracciglio. Cosa credeva che facesse un ricercatore, esattamente? No, cosa credeva che fosse il Sihir? Era una Dotai da oltre sessant'anni e non l'aveva ancora capito? Forse doveva rivalutare l'ipotesi della demenza senile, non sembrava poi così assurda.
«Non credo neanche che ti faccia bene stare qui con me. Voi non siete allergici?»
«A cosa?»
«Al Sihir.»
«Signora, se fossi allergico al Sihir sarei morto» sbottò Louis. «Lei lo assorbe dall'atmosfera per utilizzare Mending, ha presente? È letteralmente ovunque. È l'alta concentrazione di Sihir ad essere tossica per noi, come quella presente nell'Acqua o nelle Pietre.»
La signora Garvizzi si accigliò, assottigliando lo sguardo. «Perciò ti farei male se ti lanciassi contro una Pietra di Sihir?»
«Mi sta tirando un sasso addosso, veda un po' lei.» Sbuffò. E tanti cari saluti alla professionalità.
Non gli piaceva quella donna. Tirava fuori il lato peggiore di lui, lo rendeva antipatico e lui non era antipatico, non si piaceva con la fronte aggrottata e quel tono cupo. La signora Garvizzi aveva ripreso a borbottare e neanche quello gli piaceva, vedere qualcuno nervoso gli attorcigliava lo stomaco e in qualche modo sentiva il senso di colpa rosicchiargli le ossa anche se non aveva alcuna responsabilità.
«Quello che sto cercando di dire è che non deve preoccuparsi» disse a voce più alta, ammorbidendo il tono. «Ho studiato e fatto esperienza esattamente come tutti gli altri. Assisto il dottor Falboni da quasi un anno, mi ha visto lei stessa insieme a lui durante i suoi esami di valutazione, e devo solo comunicarle l'esito. Leggerò solo quello che c'è scritto qui e può andare a casa. Procediamo?»
«No» rispose lei, secca, l'espressione accartocciata in una ragnatela di rughe. «Queste cose vanno fatte con un ricercatore, aspetterò il ricercatore.»
«D'accordo. Allora devo chiederle di firmare la presa visione e fermarsi all'ufficio informazioni per prenotare una visita col dottor Falboni domani.»
Pronunciò quelle parole nel modo più cortese che poteva, ma la signora Garvizzi proseguì con le sue lamentele per tre minuti buoni prima che decidesse di lasciare finalmente lo studio. Louis gettò fuori l'aria in un sospiro stanco, accasciandosi sulla sedia con il volto tra le mani.
Avrebbe dovuto imparare a gestire casi simili. La nomina a ricercatore effettivo sarebbe stata d'aiuto, ma gente come la signora Garvizzi avrebbe trovato comunque qualcosa da ridire, l'avrebbe stordito con la sua ignoranza, infastidito con un commento fuori luogo, e purtroppo per lui non era un problema che avrebbe potuto risolvere con carta e penna. Non c'erano una formula o un grafico che potessero aiutarlo nel trattare con le persone, ma ci sarebbe riuscito comunque. In qualche modo avrebbe trovato la soluzione. Era o non era quello che faceva un ricercatore?
Qualcuno aveva richiesto una vecchietta Dotai? Ah, no? E va beh, ve la tenete lo stesso, e ve la beccate anche razzista perché sì.
Anche questa volta l'associazione tra parola e personaggio è stata immediata: in Bluebird lo abbiamo visto sempre con i suoi amici, con cui si mostra ottimista e affettuoso, ma ricordate quant'era a disagio quando ha conosciuto Brycen? È molto più bravo coi numeri che con le persone, e proprio questo mi ha fatto venire in mente questa scena~
Se qualcuno se lo stesse chiedendo: sì, il nome "Mending" è una reference a D&D. Non è colpa mia, ci stava bene!
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