31. Preludio - Vicktoria

«Ce l'ho.» Marleen trascinò una sedia di fronte al banco e si sedette senza neppure girarla dal verso giusto, a cavalcioni e con le braccia sopra lo schienale. I capelli arancioni erano legati in una coda alta, quella che lei chiamava l'acconciatura adatta per riflettere, il viso ovale illuminato da un ampio sorriso che prometteva guai. «Potresti riparare cose.»

Vicktoria la guardò con un sopracciglio alzato. «Riparare cose?»

«Massì, qualunque cosa. Hai presente come funziona la saldatura?»

«Sì.»

«Si riscalda il metallo fino a fonderlo, si unisce ciò che si deve unire e una volta raffreddato è un po' come se fosse un pezzo unico.»

«Avevo detto sì» protestò Vicktoria, ma l'amica scacciò quella rimostranza con un gesto della mano.

«In teoria puoi applicare lo stesso concetto a qualunque cosa, anche... Non so, questo banco.» Marleen sfiorò la superficie di legno con le dita, grattando con le unghie tonde le scanalature lungo il bordo. «Potresti prendere un rametto, fondere il legno e riparare le crepe in un attimo. Tornerebbe come nuovo!»

«Sì, ma... Insomma, who cares. Non mi da fastidio.»

«Non è quello il— Oh, Vivi.» Marleen sbuffò, scoccandole un'occhiataccia sotto le sopracciglia aggrottate. «Non puoi negare che sia un utilizzo molto utile. Potresti riparare vestiti, accessori, qualsiasi cosa si rompa tu potresti rimetterla insieme! Dai, è geniale!»

Vicktoria replicò con un lungo lamento, poi chiuse il fumetto che stava leggendo per riporlo nel cassetto sotto al banco. Quando aveva visto Marleen uscire dalla classe insieme a tutti gli altri per il pranzo, aveva creduto di poter riuscire a concludere almeno quel volume... Ma ormai l'amica era lì, e sperare che la lasciasse in pace prima che ricominciassero le lezioni era utopia.

Abbandonò le spalle contro lo schienale e scivolò in avanti col bacino, distendendo le gambe di fronte a sé. L'applicazione pensata da Marleen era utile, ma che fosse fattibile non implicava che sarebbe riuscita a farlo. Che ne sapeva lei di come riparare un vestito? Changeover le consentiva solo di cambiare stato della materia, tutto il resto era in mano alle leggi della fisica. Poteva trattenere liquidi e gas come fossero all'interno di un contenitore, ma solo finché continuava a manipolare Sihir in modo costante. E sebbene potesse imprimere una direzione o persino una forma quando la materia raggiungeva lo stato solido, ma non aveva grande controllo su quello. I Ricercatori dubitavano che l'avrebbe mai avuto.

Sbuffò, lasciando ciondolare il capo insieme alla matassa di ricci neri che il mollettone sulla testa teneva su a malapena. «Sì, è utile.»

«Allora—»

«Ma non mi interessa» la fermò. Marleen le scoccò una nuova occhiataccia mentre l'entusiasmo svaniva dal suo viso, rapido come era arrivato, ma lei finse di non notarlo. «Esistono molti mestieri che si occupano di riparare le cose rotte. I falegnami per i banchi. I sarti per i vestiti. E poi meccanici, fabbri, calzolai, orafi e via dicendo. E quello che non si può riparare, si può creare nuovo.»

«Sì, ma è uno spreco di tempo, denaro e risorse.»

«Mi sono persa il punto in cui questo è un mio problema.»

«Avevi detto di voler essere utile con il tuo Naru, giusto?»

«No, tu hai detto "figo", io ho detto "meh", poi mi hai chiesto "hai idea di tutte le cose che potresti farci?", io ho detto "no" e allora ti sei messa in testa che dovessi trovarne per forza una che facesse dire "figo" anche a me.»

Liberò il fiato in un respiro lento, osservando l'amica distogliere lo sguardo. Il suo viso si stropicciò in una smorfia e cominciò a farle il verso mentre parlava, anche se sapeva di avere torto marcio. Vicktoria non sapeva se avesse qualcosa a che fare con l'essere Dotai, però aveva una buona memoria. Almeno quello non poteva negarlo.

«Facciamo che ti do ascolto e imparo a gestire questa cosa, poi che ne faccio? Lo rendo il mio mestiere? Buona fortuna per la concorrenza.» Uno sbuffo di scherno le sfuggì dalle labbra. «E quanto dovrei farmi pagare? Non posso adeguarmi al mercato, sarebbe sleale e avrei un'interminabile fila di clienti, impossibile da gestire. Ma se facessi pagare uno sproposito, sarebbe poco conveniente e avrei il problema opposto. E se anche riuscissi a trovare un buon equilibrio per gestire un discreto flusso di clientela, chi ha voglia di trascorrere ore e ore al giorno aggiustando cose? Non è propriamente il mestiere che inserirei nelle mie prospettive di vita.»

«Vivi, non c'è niente nelle tue prospettive di vita.»

«Non è vero.» Vicktoria alzò la mano e cominciò a contare. «C'è non morire. Non finire a vivere per strada. Non ucciderti anche quando interrompi la mia lettura.»

Marleen le tirò uno schiaffetto sulla spalla. «Non pensare al mercato, pensa a come potresti aiutare le persone. Potresti usare Changeover per tutti quelli che non hanno modo di permettersi un professionista per riparare le loro cose.»

«Se lavorassi gratis o a poco prezzo avrei una richiesta ancora più alta, ed è ingenuo pensare che si presenterà solo chi ha bisogno. In base a cosa dovrei decidere chi aiutare e chi no? Effettuo dei controlli per accertarmi che tu sia davvero povero? Mi sembra inutilmente complesso, specie in virtù del fatto che non mi interessa. Trascorrere ore e ore al giorno aggiustando cose e venire pagata una miseria per farlo? Thanks, but no

Marleen sistemò gli occhiali sul naso in un respiro pesante. «Quella del riparare cose era solo un'idea, non è che tu debba fare solo quello. Però, insomma... È un inizio, no? Non devi per forza farne un lavoro, basterebbe solo metterti a disposizione per chi ha bisogno. Mano a mano potrebbero venirti in mente altre idee e modi per usare Changeover, potresti essere d'aiuto all'umanità intera!»

«L'umanità fa schifo. Non ho intenzione di sacrificarmi per la massa di ignoranti, egoisti e violenti che stanno lì fuori.»

Vicktoria alzò lo sguardo sulle sedie ancora vuote della classe, penne e quaderni sparpagliati sui banchi e borse piene di libri appese ai ganci laterali. Non serviva spingersi troppo lontano per avere un esempio della bassezza umana: sapeva, perché era già successo, che lasciare incustoditi i propri averi durante la pausa pranzo equivaleva a perderli per sempre. Sapeva, perché suo malgrado aveva delle orecchie funzionanti, che i suoi compagni si vantavano delle azioni scorrette, ridevano alle spalle dei loro presunti amici, elogiavano la superficialità e detestavano chiunque fosse diverso da loro.

Un classico. Vicktoria aveva compreso da tempo che quella situazione non era affatto anormale, che classi del genere si trovavano in tutta Sayfa e che la situazione non migliorava se si analizzava il mondo degli adulti. Non c'era nulla di nuovo, nulla di sorprendente, era così ovvio da esserne anestetizzati. Gli idealisti come Marleen, che ancora credevano di poter migliorare le cose, erano preferibili alla massa di lobotomizzati che non riconosceva neppure l'esistenza del problema... Ma erano comunque degli illusi, resi ciechi dal loro ottimismo.

Non c'era speranza per l'umanità, e neanche un Dotai poteva cambiare il mondo.

«Antipatica» borbottò Marleen, appoggiando il mento nell'incrocio delle braccia sullo schienale. «Non fa tutto così schifo. Là fuori c'è anche gente buona, che merita la nostra gentilezza, e tu hai capacità che nessun altro al mondo possiede. Se non le sfrutti tu, non può farlo nessun altro.»

«Quindi dovrei sentirmi costretta a fare qualcosa solo perché ho la capacità di farlo? Ottengo un potere che non ho chiesto e devo dedicare la mia vita al servizio di altri, altrimenti sono una cattiva persona?»

Marleen sfarfallò le ciglia dietro le lenti spesse, stropicciando il viso in una smorfia. «Sì. No. Devi essere sempre così estrema?»

«Non sono estrema, sono logica. Il tuo discorso è troppo buonista.» si tirò su, tornando seduta composta. «Chiedi alla gente comune se pensa che un miliardario abbia il dovere di donare un milione di lunari beneficienza, e diranno sì. Chiedi a uno di loro un lunari per la stessa ragione e diranno che è suo diritto scegliere come usare i suoi soldi. L'impatto finale sarà diverso, ma il concetto alla base e la percentuale richiesta è la stessa. Siamo noi a tracciare il confine. Il mio si trova sulla soglia del "se il destino del mondo non ricade sulle mie spalle, resterò a leggere il mio fumetto."»

«Antipatica» ripeté Marleen, che era il suo modo per dire che non era d'accordo ma non sapeva come controbattere. «Se io fossi una Dotai, cercherei il modo per aiutare quante più persone possibili. Magari potrei diventare una supereroina!»

«Non esistono i supereroi, Quacky» disse Vicktoria. Aveva coniato quel soprannome per prenderla in giro, lei e la sua stravagante ossessione per le paperelle – le indossava persino come orecchini – ma non aveva più smesso di usarlo. «Esistono le unità speciali dei Sovalye, e per entrarci devi prima fare l'addestramento da Sovalye.»

Gli occhi di Marleen lampeggiarono di nuovo entusiasmo. «Oppure potrei indossare una maschera e agire per conto mio, senza i limiti imposti dalla burocrazia e dalla legge!»

«Quello funziona solo nei fumetti.»

«Diventerei un nuovo simbolo di speranza per la città, la misteriosa figura mascherata che lotta per il bene e appare nel momento del bisogno!»

«I Naru vanno dichiarati, scoprirebbero la tua identità in un secondo.»

«Magari troverei una soluzione per aggirare il problema. Perché arrendersi senza neanche aver provato a cercare una soluzione? Se ti lasci fermare dal tuo pessimismo non concluderai mai niente.»

«Ti ho detto che non è pessimismo, è logica. Questi sono problemi concreti, il fatto che tu abbia deciso di ignorarli non significa che non esistano.»

«Ma tu ti arrendi ancor prima di provare a cercare una soluzione» si lamentò Marleen, drizzando il busto con una tale spinta che Vicktoria temette che sarebbe cascata giù dalla sedia. «Sei una Dotai, per il sole e le stelle. Lo Sblocco dovrebbe essere... una sorta di origin story, l'evento che cambia tutto, il preludio della tua nuova vita!»

Vicktoria schioccò la lingua contro il palato. «In effetti mi chiedo perché non l'abbiano scritto sui giornali. Adolescente dichiara che le si sono liquefatti i compiti ma non era una fantasiosa giustificazione, l'articolo completo a pagina cinque.»

Marleen prese fiato per controbattere, ma il suono di risate e chiacchiere nel corridoio attirò l'attenzione di entrambe. Pochi istanti dopo i loro compagni di classe rientrarono in piccoli gruppi, senza abbandonare i loro discorsi mentre prendevano posto ai loro banchi. Pochi minuti e sarebbe tornata anche la loro insegnante, per continuare la lezione di storia che non aveva granché voglia di seguire.

«Tempo scaduto» disse Vicktoria, scacciando l'amica con un gesto della mano, e lei si alzò in un mugolio lamentoso per rimettere a posto la sua sedia.

Forse sarebbe stato meglio se Changeover fosse capitato a Marleen, che aveva ancora voglia di fare qualcosa. Sarebbe stato inutile, ma almeno una delle due si sarebbe divertita o qualcosa del genere, magari ne avrebbe tirato fuori qualcosa di decente.

Sospirò. Fece per aprire il cassetto, ma lo sguardo intercettò una delle spaccature sul bordo del banco e le dita si soffermarono a tastarla. Era una delle più profonde, tanto che vi si poteva incastrare un foglio di carta ripiegato, e c'era da così tanto tempo che il legno era eroso, liscio sotto la pelle. Vicktoria ne accarezzò la superficie levigata, passando con il polpastrello sull'apertura mentre incanalava Sihir. Tutto ciò che serviva era concentrazione: l'energia mistica era come un muscolo, era necessario dare il comando giusto perché si muovesse come desiderato, e il comando di Vicktoria era sciogli.

Il Sihir obbedì. Il legno sotto le unghie smaltate di nero si fece malleabile, colando giù in una melma viscosa che Vicktoria raccolse con le mani e riunì all'altezza del bordo per eliminare la crepa. Quando ordinò che tornasse solido, il bordo del banco era... Beh, uno schifo. Non c'era più la crepa, ma la superficie era irregolare e piena di bozzi, e fortuna che aveva agito solo su una piccola porzione o non sarebbe di certo stata in grado di scrivere.

Dal banco accanto al suo, Marleen sghignazzò. Alzò le sopracciglia in un gesto eloquente quando le rivolse lo sguardo, occhieggiando al banco con un sorriso sornione.

Vicktoria roteò gli occhi. «Non farti strane idee. Ero solo curiosa. Ed è un obbrobrio.»

«Un obbrobrio per ora» disse lei, e Vicktoria sospirò di nuovo.

Non se ne sarebbe mai liberata. Ma, beh, almeno una delle due si stava davvero divertendo o qualcosa del genere, perciò... Tutto sommato, poteva accettarlo.  



Nuovo personaggio? Nuovo personaggio!

Inutile dire che sia Vicktoria sia Marleen fanno parte di quei famosi "trenta protagonisti" di Overkook, la vecchia storia che non vedrà mai la luce. A dire la verità lì non avevano alcun rapporto, non era neanche previsto che si incontrassero, Marleen era pensata per essere più grande, però mi è venuta quest'idea in mente e ho deciso di seguirla!

Mi piace come il carattere di Marleen bilanci quello di Vicktoria, scrivere questa entry mi ha fatto venire voglia di scriverci una storia sopra, lo metto come nota per il futuro xD

E voi che ne pensate? :3

Anyway, con questo si conclude ufficialmente il Writober! Grazie ai temerari che sono giunti fin qui, è anche grazie ai vostri commenti e al vostro supporto che sono arrivata fin qui, siete un toccasana per i miei momenti più tristi ♥

 Lo so, avrei potuto usare DECINE di altri personaggi, ma ho seguito l'ispirazione del momento o quella della parola XD Spero che le oneshot vi siano piaciute e che non siate rimasti delusi!

E ancora una volta... Alla prossima!

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