28. Ago e filo - Bethelie

Bethelie incrociò le caviglie sotto la sedia, ma le gambe non volevano smettere di tremare. Era la prima volta che completava un lavoro sartoriale da sola, e farlo di nascosto, con misure approssimate – si fidava di Edvokin, ma doveva pregare Beyled che avesse davvero capito come utilizzare un metro – non aiutava a placare la sua agitazione. Per fortuna era riuscita a recuperare una divisa di prova da modificare, così da non doverla cucire da zero, ma si era dovuta occupare delle rifiniture e dei ricami su cui non aveva granché esperienza. In qualche modo era riuscita a ottenere un risultato decente, abbastanza da ingannare sguardi poco attenti – sempre che fosse calzata a Brycen come doveva.

Lui si stava ancora cambiando, nascosto dal separè di legno e tela che avevano sistemato al centro della stanza di Mari. Edvokin avrebbe dovuto aiutarlo, ma entrambi avevano talmente poca dimestichezza con gli abiti femminili che Mari aveva dovuto dar loro istruzioni passo passo, finché non si era spazientita decidendo di occuparsene lei stessa.

«Ne avrete ancora per molto?» borbottò Edvokin, che dopo esser stato cacciato si era accasciato sul letto della cugina, i lunghi capelli verdi sparsi su tutto il cuscino. In teoria sua madre le aveva proibito di frequentarlo da quando aveva picchiato Vladimir, ma in teoria lei frequentava Mari e Brycen, se ovunque andassero loro c'era anche Edvokin non era certo colpa sua. E poi non aveva niente contro di lui: suo fratello se l'era meritato. Se solo pensava a come aveva ridotto Brycen... Era grata a Edvokin di essere intervenuto. Non era carino da dire, e certo non poteva ammetterlo di fronte a sua madre, ma era grata persino che avesse esagerato.

«Quasi pronti!» Il volto sorridente di Mari fece capolino oltre il separé, poi la mano che reggeva un pettine a coda. «Sto finendo di acconciare i capelli, così facciamo una prova generale!»

Sparì di nuovo dietro la tela e Edvokin riempì il petto di un respiro pesante, che liberò in uno sbuffo. Incrociò il suo sguardo e Bethelie avrebbe voluto trovare qualcosa da dire per rompere il silenzio, invece riuscì solo ad abbozzare un sorriso prima di voltarsi, tornando con lo sguardo fisso di fronte a sé.

Spinse contro le ginocchia con tutte le sue forze, ma le gambe tremavano ancora. Il cuore batteva con una tale intensità nel suo petto che poteva udire le sue stesse pulsazioni, rimbombavano ovunque, scandivano il tempo dei suoi pensieri.

E se la divisa non fosse andata bene? Se la gonne fosse stata troppo corta o se i difetti della blusa avessero reso troppo evidente il suo tocco? Per sembrare realistica doveva calzare a pennello, un solo difetto e avrebbe attirato su di sé l'attenzione delle istruttrici che non avrebbero tardato a notare anche il resto. Quel piano non poteva riuscire senza la divisa modificata, perciò se avesse fallito anche Brycen avrebbe fallito, avrebbe dovuto rinunciare ad andare a scuola, e immaginare la sua espressione amareggiata le lacerava il cuore.

Quando finalmente Mari dichiarò concluso il suo lavoro, a Bethelie sembrò di aver trattenuto il fiato per un'eternità. La sua amica aveva una voce soddisfatta e non aveva mosso lamentele, ma Bethelie riuscì a scacciare la tensione che le artigliava lo stomaco solo quando Brycen venne allo scoperto.

Teneva lo sguardo basso, le braccia rigide lungo i fianchi e un rossore sul viso così diffuso da colorare persino la punta delle orecchie. Mari gli aveva raccolto i capelli in due trecce alte e aveva legato ogni estremità al suo punto di origine, così che ricadessero in forma ovale ai lati del capo – un'acconciatura troppo infantile per una ragazza della loro età, ma il volume delle trecce ammorbidiva i tratti troppo decisi della mandibola. Al collo avevano legato un fazzoletto variopinto, uno dei pochi accessori concessi a scuola, ma l'accortezza di quei dettagli sarebbe stata vana se l'uniforme non fosse stata perfetta.

Bethelie si alzò, cominciando a girare attorno a Brycen. Fece avanti e indietro un paio di volte, si chinò per osservare l'orlo della gonna più da vicino, poi allungò una mano verso di lui.

«Posso?»

Lui annuì in un mugugno incerto, e Bethelie lo sentì irrigidirsi quando lisciò la stoffa della blusa, incastrandola con cura sotto la cintura di corda che la stringeva in vita. Le imbottiture che avevano usato per accennare le forme del seno erano ben posizionate – Edvokin aveva ragione, le spalle di Brycen non sembravano così larghe con un petto più pieno – e la gonna cadeva bene sui fianchi, abbastanza lunga da coprire le caviglie. Le maniche erano un po' corte, ma si notava solo quando piegava o alzava del tutto il braccio, e benché la stoffa tirasse troppo sopra le clavicole – formando pieghe che non avrebbero dovuto esserci – quello era un difetto a cui non era difficile porre rimedio, perciò andava bene. Beyled candida, andava bene davvero!

Brycen si schiarì la gola. «Quindi... va bene? È credibile? Se lo trovate ridicolo potete dirlo, mi rendo conto che—»

«Stai benissimo!» Mari gli afferrò le mani, guidandolo in un mezzo giro di danza. Quando la gonna si alzava era impossibile non notare che quelli che Brycen aveva ai piedi erano stivali da uomo, ma forse era il caso di concentrarsi su un problema per volta. «Beth è fantastica con ago e filo, la divisa è perfetta come una Pietra e il suo castone!»

Lei arricciò il naso, lo sguardo basso mentre si tormentava le dita. «Beh, la base era già pronta... Ed è molto abbozzata, fa difetto sul petto e—»

«Non si nota neppure! E poi tu l'hai cucita, quindi non conti. Io dico che è perfetta, quindi è perfetta» insistette Mari, le braccia incrociate al petto e uno sguardo che non ammetteva repliche. «Gli sta così bene che sembra davvero una ragazza! Certo, il merito è anche della mia acconciatura. Non trovi sia bellissima, Edvokìn

«Sgargiante, oserei dire!» Edvokin scattò in piedi, facendosi strada tra le due ragazze per prendere le mani di Brycen tra le sue, portando le nocche alla fronte. «È un immenso piacere fare la vostra conoscenza, Donzella...?»

Brycen sbattè le palpebre. «Non ho ancora pensato al nome. Magari... Anja? Anyeska. Sarò Anyeska.»

«Anyeska! Un nome coloratissimo proprio come voi» disse Edvokin, allargando il sorriso mentre si faceva più vicino. «Invero non rammento di aver mai posato gli occhi su una fanciulla così squisita, persino le sfumature più vivide appaiono smorte al vostro confronto. Ahimé quest'oggi non ho il fazzoletto bianco al collo, ma vi prego di considerarmi come vostro pretendente: non sopporterei di vivere un altro giorno senza corteggiarvi, giuro sull'armonia cromatica che nel mio cuore non alberga altro desiderio se non quello di sposarvi.»

Gli sfiorò il viso, sollevandogli il mento come se volesse baciarlo, e Bethelie si ritrovò a trattenere il fiato. Per un attimo fu certa che l'avrebbe fatto davvero, anche se Mari sghignazzava al suo fianco ed era sciocco pensarlo, era pericoloso pensarlo, eppure il volto era in fiamme e il cuore si dimenava nel petto.

Brycen arrossì ancora di più e si spinse all'indietro, la voce ridotta a un sussurro tremante. «Smettila di scherzare, Kin! N-non dovresti nominare l'armonia cromatica in questo modo, i giuramenti a Beyled sono sacri!»

Edvokin scoppiò a ridere di una risata sbagliata, amara – o forse suonava così solo alle sue orecchie. Forse era solo colpa della sua mente, oppressa da un'infatuazione talmente intensa che era gelosa persino di un ragazzo.

Abbassò lo sguardo, ignorando i tre amici che avevano ripreso a ridere e scherzare tra loro. Non credeva fosse uno scherzo per Edvokin. Non credeva che il modo in cui guardava Brycen fosse diverso da quello in cui lo guardava lei, ma sarebbe morta tenendo per sé il segreto di quei pensieri.

«Shh, zitti!»

Edvokin posò una mano sulla spalla dei suoi cugini, che si chetarono all'istante. Indicò la porta con un cenno e pochi secondi dopo le voci nel corridoio si fecero più forti, vicine. Erano giovani, tra loro ne spiccava una acuta e nasale che aveva imparato presto a disprezzare.

«Ignorali, la porta è chiusa a chiave» sussurrò Mari, il viso arricciato in una smorfia.

Edvokin però scosse il capo in un sospiro pesante. «Come se fosse sufficiente a fermare quella serpe di mia sorella. Seguimi, mi inventerò qualcosa per distrarli.»

Mari si precipitò ad aprire la porta. Brycen balbettò qualcosa per fermarli, ma entrambi lo ignorarono: sgusciarono fuori e l'attimo dopo lo scatto della serratura informò che erano stati chiusi dentro.

«Non va bene» borbottò Brycen, la testa incassata nelle spalle. «Non va bene, io e te non... non dovremmo essere qui. E se qualcuno prendesse la chiave a Mari? Se entrassero e vedessero che siamo rimasti da soli? Un ragazzo e una ragazza in una stanza e persino chiusi a chiave, come faremmo a spiegarlo alla tua famiglia?»

Bethelie si sentì avvampare. Abbassò gli occhi ed ebbe la sensazione che Brycen avesse fatto lo stesso, ma trattenne l'istinto di sbirciare per assicurarsene. Non avrebbe fatto nulla che avrebbe potuto comprometterla, lo sapeva, ma avrebbe voluto farlo? Se il rischio non fosse stato così alto, avrebbe approfittato della solitudine per baciarla? Ci aveva almeno pensato? Quello sarebbe stato sufficiente. Saperlo avrebbe placato lo scoiattolo impazzito in cui il cuore si trasformava quand'era insieme a lui.

Lo scrutò di sottecchi, e quand'ebbe conferma che aveva davvero voltato il capo trovò il coraggio di alzare il suo. Era così grazioso con il viso rosso d'imbarazzo, anche se indossava una gonna e aveva i capelli acconciati da bambina. Così grazioso che avrebbe voluto abbracciarlo, dirgli che restare sola con lui non le dispiaceva, che sapeva quanto fosse azzardato eppure al suo fianco si sentiva comunque al sicuro.

Anche Brycen alzò lo sguardo, e quando incrociò il suo sussultò. «Io... Dovrei uscire.» Avanzò solo di un passo, poi si fermò. «No! Devo prima cambiarmi. Oh Dea, e se entrasse qualcuno mentre mi cambio? Sarebbe ancora peggio! No, devi uscire tu— Ah! No! Nessuno può uscire, ci hanno chiuso a chiave. Colori! Mi nascondo nell'armadio? No, sotto il letto. No, l'armadio è meglio, se sporcassi la divisa—»

«Va tutto bene, Brycen.» Bethelie ridacchiò, indicando lo specchio con un cenno del capo. «Pare che qui dentro ci siano solo due ragazze.»

Brycen si voltò a guardare il suo riflesso e la sua espressione si distese all'istante. La posa rigida si afflosciò in un sospiro denso, il viso cominciò a schiarirsi liberandosi del rosso intenso che l'aveva invaso.

«Giusto. Sono... Sono Anyeska. Anyeska!» Si schiarì la gola e ripeté quel nome con una voce più leggera, ma arricciò subito il naso. «Dea, era terribile. Ingannare uno sconosciuto potrebbe essere fattibile, ma i miei parenti... Non ne sono così sicuro. Mi scoprirebbero all'istante!»

«Possiamo fare pratica insieme. Magari puoi iniziare parlando al femminile, per abituarti, e piano piano imparerai a comportarti come una ragazza.»

«Dev'esserci per forza un modo? Perché qualcuno dovrebbe comportarsi come una ragazza o come un ragazzo? È così restrittivo. Dovremmo comportarci da persone, essere ragazzi e ragazze nel modo in cui vogliamo noi. Essere noi stessi e nient'altro.» La voce di Brycen sfumò fino a diventare un sussurro, parole borbottate mentre il suo sguardo si perdeva chissà dove nello specchio, e non era mai così bello come quando si perdeva nelle sue riflessioni.

Una consapevolezza lo colse, tanto improvvisa da farlo sobbalzare. «Scusami! Ho detto di nuovo cose strane.»

«Non sono strane, tutt'altro: io trovo che siano splendide» disse Bethelie, e sentì le labbra distendersi mentre lo diceva. Le parole di Brycen emanavano colori così brillanti che li sentiva risplendere fin dentro al suo cuore, e il mondo dipinto dalla sua immaginazione, quello che vedeva riflesso nei suoi occhi, era bello come il bianco più puro. «Non dici mai niente di strano, sai. Mi sono trovata d'accordo con tutte le considerazioni che hai fatto finora. Ogni tuo pensiero è così autentico, perspicace, coraggioso.»

«Coraggioso?» Una risata amara gli sfuggì dalle labbra. «Edvokin è coraggioso, non io. Lui non teme di affrontare alcun pericolo. Io non so prendere in mano la situazione come sa fare lui, non sarei neppure in grado di ideare i folli piani che lui riesce a mettere in pratica. Io so solo... nascondermi qui dentro mentre lui risolve la situazione.»

«Edvokin è coraggioso, sì... Ma il rosso ha infinite sfumature.» Bethelie lo affiancò, sorridendo mentre il suo riflesso si univa a quello di Brycen nello specchio. «Quanti ragazzi sarebbero disposti a indossare una gonna? Quanti si fingerebbero una ragazza pur di andare a scuola? Molti, se non tutti, non esiterebbero a tirarsi indietro. Perciò ai miei occhi sei più coraggioso di tutti quanti loro.»

Brycen prese fiato, ma non disse nulla. Sollevò lo sguardo e le sue labbra si distesero in un sorriso così dolce da farla arrossire, e Bethelie dovette lottare contro l'istinto di distogliere lo sguardo. Neanche lei si sarebbe definita coraggiosa, ma era così che si sentiva al suo fianco. Non avrebbe mai avuto l'energia o l'intraprendenza di Mari, così come Brycen non sarebbe mai stato come Edvokin, ma perché avrebbero dovuto? Aveva ragione lui, avrebbero dovuto essere loro stessi e nient'altro, potevano farlo.

E le piaceva così.



Vista la parola di oggi (o meglio, le parole) la scelta del POV era obbligata! 

Ho pensato di approfittarne per scrivere qualcosa in più su un episodio che in Bluebird viene solo accennato, vediamo le conseguenze del suo fallimento nel flashback di Brycen ma trovo sia un momento molto carino nella sua progettazione.

Sapevamo già che Bethelie ha accettato di aiutarlo "senza battere ciglio" (cit.), ma trattandosi di Zima non credo che il suo supporto sia da sottovalutare - tutt'altro! La trovo un sacco carina, il modo in cui è sempre pronta a stargli vicino è adorabile ♥

Adoro anche che sia la più empatica del gruppo e la più "saggia" sotto questo punto di vista, tant'è che è stata l'unica a rendersi conto che Edvokin provasse qualcosa di più profondo per Brycen 👀

E voi cosa ne pensate? 

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