21. Mondo - Beelzebub

Tremilacinquecentottanta. Beel non credeva di essere in grado di contare tanto a lungo, ma concentrarsi sul passare dei secondi era l'unica cosa che lo aiutava a non impazzire. Non aveva altro modo per tenere traccia dello scorrere del tempo in quello stanzino, ma quello era il problema minore. Persino non avere nulla su cui sedersi oltre il freddo pavimento, in uno spazio così stretto che era impossibile allargare le braccia, non era poi così terribile se paragonato al buio.

Tremilacinquecentottantacinque. Luminux Albeno era certo che familiarizzare con l'oscurità l'avrebbe aiutato a sbloccare Overshadow, ma Beel non riusciva a farsela piacere. C'era qualcosa di sbagliato, nel buio. L'oscurità era il dominio di Lemurea, non poteva accadere nulla di buono in un luogo senza neppure uno spiraglio di luce. Lì dentro era solo, ma non nel modo giusto. Era impotente. In trappola. Attorno a sé il nero era così denso che non riusciva a vedere le sue stesse mani, e senza vista aveva cominciato a dubitare di ogni altro senso. Il suono del suo respiro, l'odore di polvere e umidità, la parete ruvida sotto i polpastrelli... Sapeva che quelle sensazioni erano vere, erano le stesse anche quando poteva vedere, ma quando la luce si spegneva svaniva anche la linea tra immaginazione e realtà.

Tremilacinquecentonovanta. Sentiva cose, a volte. Scricchiolii, rapidi passi di insetti, tonfi, crepitii, persino risate. Quello era impossibile, ma ripeterselo non le aveva zittite. Ogni tanto percepiva spifferi freddi che si insinuavano sotto la tunica, un respiro caldo sul viso, mani che sfioravano gambe e braccia. Era impossibile, impossibile, ma senza luce come poteva esserne certo? Forse la Dama della Notte l'aveva trovato. Forse i suoi demoni si avvicinavano ogni giorno di più, attendendo il momento giusto per attaccarlo. Forse erano lì anche in quel momento, in attesa, celati dalle ombre della loro signora.

Tremilacinquecentonovantacinque. Beel strinse ancora di più le gambe al petto, rannicchiandosi nel suo angolo. Sentiva il battito del cuore rimbombare ovunque e dovette aprire la bocca per respirare perché l'aria non sembrava mai sufficiente. Strinse la stoffa delle maniche tra le dita tremanti, sentiva l'oscurità lambire le caviglie, solleticargli la nuca sudata, insinuarsi nel suo respiro.

Tremilaseicento. Dov'era la luce? Quello era il momento in cui la porta si apriva e una Lucilla gli dava il permesso di abbandonare la stanza, ma non sempre era puntuale. Tremilasecentouno, tremilaseicentodue... Quando contava riusciva a tenere a bada i pensieri, ma poteva sentire l'angoscia serrare la morsa attorno al suo cuore ad ogni battito. Tremilaseicentotre, le ombre si stavano avvicinando – no, non c'erano ombre lì dentro, le ombre erano figlie della luce e Dio aveva voltato lo sguardo a quello stanzino. Tremilaseicentoquattro, per quanto ancora sarebbe riuscito a fingere di essere al sicuro? C'erano demoni annidati in ogni dove, pronti ad assalirlo, e sua sorella non era lì per proteggerlo.

«Tremilaseicentocinque» gemette, affondando le dita tra i capelli. «Tremilaseicentosei.»

Contare a voce alta non li avrebbe fermati. Si stavano avvicinando, Beel li sentiva bisbigliare ai suoi fianchi, posare le lunghe dita gelide sulla sua gola, stringendo fino a togliergli il respiro. Tremilaseicentosette, schiuse le labbra ma non emise alcun suono. Erano lì, erano lì per lui e—

Lo scatto della serratura lo fece sussultare. Una lama di luce inondò la stanza, così intensa da fargli stringere gli occhi, e i demoni che gli impedivano di respirare si ritirarono di nuovo nell'oscurità. Beel si gettò in avanti, le braccia protese verso il bagliore mentre riprendeva fiato. Tremava ancora, ma poteva vedere le sue mani e tanto bastava, e non era importante che i muscoli delle gambe fossero tanto intorpiditi da far male o se aveva sudato tanto che sentiva la tunica appiccicata addosso, la luce aveva sconfitto il buio e lui era sopravvissuto un altro giorno.

«Un altro fallimento.» Lucilla Roulana scosse il capo in un sospiro pesante. «Sua luminescenza non ne sarà felice.»

Beel si sistemò in ginocchio, la testa incassata nelle spalle. Mormorò delle scuse, ma la sua voce venne fuori così sottile che non sapeva dire se Lucilla Roulana l'avesse udito oppure no. Lei non aggiunse altro: gli fece cenno di andarsene, e Beel sgusciò fuori dallo stanzino più in fretta che poteva.

L'angoscia era lenta a sparire. La luce gli offriva immediato conforto, ma non riusciva a scacciare l'appiccicosa sensazione che l'oscurità gli lasciava addosso, il brivido di occhi oscuri puntati su di lui, sussurri incomprensibili alle sue orecchie e mani pronte ad afferrarlo. Si strinse nelle spalle mentre attraversava i corridoi illuminati da candele e lanterne – nulla doveva sostituire la sacra luce di fuoco e stelle, perciò l'illuminazione a Sihir era bandita in tutto il convento – e si precipitò lungo le scale che conducevano ai dormitori.

Uriel lo attendeva fuori dalla sua porta, come sempre. Trasalì quando lo vide arrivare e la sua espressione preoccupata fu l'ultima cosa che Beel vide prima di gettarsi tra le sue braccia. Si strinse forte a lei, la tunica serrata tra le dita e il viso premuto contro la sua spalla, e riprese fiato mentre le dita sottili di sua sorella gli accarezzavano i capelli con il tocco dolce che soltanto lei possedeva. Non gli servì aprire gli occhi per capire che aveva cominciato a usare Lighten: riusciva a percepire il tepore della sua luce sulla pelle, un fulgore così intenso da dissolvere ogni traccia di oscurità che si trascinava dietro, e il suono delle preghiere che sussurrava al suo orecchio gli restituì la pace.

«Va tutto bene» disse Uriel, e Beel si rese conto che aveva pianto solo quando la sentì asciugargli una lacrima con il polpastrello. «Finirà, prima o poi. Quando sbloccherai Overshadow non dovrai più tornare lì dentro.»

«E se fosse il contrario? Se sbloccassi Overshadow e non riuscissi più a uscire?» Beel si tirò un poco indietro, incrociando quegli occhi viola identici ai suoi. Si somigliavano così tanto che guardare Uriel era come guardarsi allo specchio, soprattutto da quando aveva tagliato i capelli, ma nel suo sguardo c'era una forza che lui non aveva mai avuto. «L'oscurità è in agguato, sorella. Attende solo il momento giusto per ghermirmi e quando accadrà non avrò alcun posto dove fuggire, lo so, lo sento. Non posso farcela da solo, senza la tua luce non posso sopravvivere.»

«Certo che puoi. Il Lucente ti ha scelto per dominare Overshadow perché sa che sei in grado di farlo, sa che riuscirai a sopportarne il peso come hai fatto con il tuo nome. Beelzebub non è riuscito a corromperti, non lo farà neanche questo potere.»

Beel abbassò lo sguardo, avvinghiandosi a Uriel ancora di più. Non gli sembrava di aver dominato il suo nome – al contrario; pronunciarlo per intero lo spaventava, sentiva correre un brivido lungo la schiena ogni volta che qualcuno glielo ricordava, troncarlo era l'unico compromesso che era riuscito a trovare per non soccombere a quella tortura. Il giorno in cui avrebbe potuto riprendere il suo vero nome si avvicinava, eppure sembrava sempre troppo lontano.

«Ma se non ci riuscissi...»

«Ci riuscirai.»

«Se non ci riuscissi» ripeté, la voce tremante. «Se Overshadow non si manifestasse, o se non riuscissi a controllarlo, tu resteresti al mio fianco?»

Lo sguardo di Uriel si addolcì, il suo sorriso così affettuoso da scaldargli il cuore. «Sempre, fratello. Non esiste ombra senza luce, né luce che non generi ombra: siamo due metà inseparabili, tu ed io, insieme siamo nati e insieme moriremo. E se dovessi perderti nel buio, abbi fede che saprò sempre come trovarti.»

Beel chiuse gli occhi e restò a farsi cullare dal suo abbraccio, il suo respiro di nuovo sereno. Avrebbe preferito avere sua sorella con sé in quello stanzino, poter stringere la sua mano e ascoltare il suono della sua voce per calmarsi, ma quello sarebbe stato sufficiente. L'oscurità poteva avvolgere ogni cosa, soffocare i suoi sensi e insinuarsi nella sua mente, ma non avrebbe mai sconfitto Uriel. Era davvero un Angelo, il suo Angelo, la sua stella; era ciò che teneva in piedi il suo mondo, e finché l'avrebbe illuminato con la sua luce avrebbe continuato a girare.



Di questo passo finirò il Writober per Ottobre dell'anno prossimo, ma non demordiamo xD

Nella entry di oggi abbiamo due personaggi nuovi... o forse no 👀 Beel è già comparso in Bluebird, e benché non venisse rivelato il suo nome è facile comprendere la sua identità dato che parliamo di Overshadow.

Come si può intuire, questa scena è ambeintata prima di Bluebird e chiuderlo in una stanza buia è solo uno dei gradevolissimi metodi con cui hanno cercato di sbloccare il suo Naru a forza – e chi ha letto Bluebird sa com'è finita.

È nei miei piani scrivere un raccontino sui gemelli, in futuro, e vi anticipo già che la prossima entry vedrà come protagonista proprio Uriel ♥

Funfact: "Uriel" e "Beelzebub" non sono i veri nomi dei personaggi, come suggerisce la narrazione. È pratica della Chiesa della Luce assegnare dei nomi temporanei a chi diventa Adepto: le ragazze prendono il nome di un Angelo, affinché possa guidarle nel percorso, mentre i ragazzi prendono il nome di un Demone, affinché si dimostrano in grado di resistere alla sua influenza. Nel post su IG dedicato al Lucismo era scritto, ma un reminder non fa mai male :3

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