2. Geometria - Vesper

«Fanculo.» Kolt tirò i capelli all'indietro in uno sbuffo, senza smettere di guardare il marchingegno che aveva davanti. «Lemurea puttana lurida. Ci deve essere una cazzo di cosa che non funziona.»

«Non c'è» disse Vesper, trattenendo una smorfia quando distese le gambe. Le aveva tenute incrociate per meno di dieci minuti, ma le sue ginocchia avevano già cominciato a lamentarsi e fitte di dolore infilzavano i muscoli fino al polpaccio. «Ci sono trentadue combinazioni possibili, se vuoi possiamo provarle tutte. Te le risolvo in un attimo.»

Kolt masticò l'ennesima imprecazione e tornò ad armeggiare con gli ingranaggi, ruotandone uno avanti e indietro per far scattare il meccanismo di accensione e spegnimento della lampadina a cui era collegato. La struttura in sé era piuttosto semplice: un pentagono equilatero di metallo levigato con cinque lampadine agli angoli e una pietra di Sihir al centro per alimentare il circuito. Ogni ingranaggio azionava la lampadina sovrastante e quelle adiacenti, accendendole se spente e viceversa, e lo scopo del rompicapo era riuscire a spegnerle tutte.

Una volta compresa la logica che c'era dietro, non era difficile. Kolt aveva risolto in tempi rapidi tutte le situazioni che Vesper gli aveva presentato – anche se la sua logica si mescolava a istinto e fortuna al punto che era impossibile distinguere le cose – ma poi si era arenato su quella scommessa. Se la domanda fosse stata "Esiste una configurazione impossibile?" Kolt avrebbe dato la risposta corretta senza esitazione, ma Vesper gli aveva chiesto se fosse stato in grado di trovarne una che lui non sarebbe riuscito a risolvere.

Perciò la stava ancora cercando. Kolt era furbo, ma una volta compresa la sua logica neanche lui era difficile.

Vesper sorrise, guardandolo accendere e spegnere una lampadina dietro l'altra con l'espressione sempre più corrucciata. Era bello persino così, soprattutto così, con lo sguardo concentrato e i denti che tormentavano il labbro inferiore per sfogare il nervosismo. I capelli erano diventati così lunghi da sfiorargli il mento, cadendo giù ogni volta che tentava di sistemarli dietro l'orecchio. Diciassette volte. Vesper non aveva idea del perché le avesse contate, non si era neppure reso conto di averlo fatto finché quel numero non si era palesato nella sua mente. Forse sua sorella aveva ragione, la sua era un'ossessione... Ma non era qualcosa che riusciva a controllare. Se il suo nome era ispirato a una stella, Kolt era di certo l'Angelo che l'abitava.

«Ok, Blackstar. Prova a spegnere questo.»

Kolt drizzò il busto, incrociando le braccia al petto. Le lampadine erano tutte accese e la luce che lo illuminava dal basso marcava le ombre del suo sogghigno soddisfatto. Vesper lanciò uno sguardo al marchingegno, si rigirò con la lingua la chiusura del piercing che aveva al labbro, poi cominciò a ruotare gli ingranaggi. Ruotò per primo quello che aveva ribattezzato con la lettera A nella sua testa, e poi subito il B, che stava alla sua destra. Si spostò dal lato opposto per girare quello corrispondente alla E, infine quelli in basso nello stesso ordine, C e D. Le lampadine si spensero e si riaccesero una dopo l'altra in rapidi guizzi di energia man mentre trafficava con il circuito, finché il Sihir della Pietra smise di fluire in ognuna di loro.

Il viso di Kolt si rabbuiò altrettanto. «Ma che cazzo, ci hai almeno pensato

«La regola è sempre la stessa, non importa quali lampadine sono accese o spente all'inizio» disse Vesper, sfiorando uno degli ingranaggi con le dita. Riusciva a immaginare le linee che collegavano ogni lampadina alle altre, e il percorso tracciato dalla sua mente si faceva più nitido man mano che ne seguiva lo schema. Sembrava infinito quando l'aveva guardato per la prima volta, poi era diventato ovvio. Prevedibile. Una domanda con un unico risultato possibile. «Non puoi trovare una combinazione impossibile perché non esiste. Una volta compreso il modo in cui le lampadine interagiscono tra loro puoi risolverle tutte, è una banale regola geometrica.»

«Fanculo tu e la geometria» sbottò Kolt, ruotando il busto per lasciarsi cadere sul materasso. «Ma poi che forma del cazzo è il pentagono? Il triangolo, quello sì che è interessante. Oh, e l'angolo retto mi piace moltissimo.»

«Che non è neppure una forma» lo corresse Vesper, anche se l'espressione maliziosa di Kolt era piuttosto eloquente. «E comunque sei pessimo.»

«Non ti lamenti tanto quando metto te a novanta gradi.»

Vesper trattenne a stento una risposta tra le labbra serrate. Avrebbe voluto dirgli che in teoria era lui a sostenere che non gli piacevano gli uomini, che andavano a letto insieme solo per affari, perciò in teoria non avrebbe dovuto pronunciare frasi simili con il sorriso furfante e lo sguardo da vorrei tanto farlo adesso – però Vesper amava quel sorriso e quello sguardo, erano il suo paradiso e la sua dannazione insieme.

«Accetta la sconfitta, Kay» disse soltanto, abbandonando la schiena all'indietro tra i cuscini. «Questa è una sfida che nemmeno tu puoi vincere.»

Kolt arricciò le labbra, insoddisfatto. Si mise di nuovo seduto e afferrò il marchingegno tra le mani, rigirandoselo un paio di volte prima di spingerlo lontano, verso i piedi del letto. Restò a osservarlo per qualche istante, accarezzandosi il mento con fare pensoso, poi sorrise.

«Sai cosa? Sai spegnerle, ma scommetto che riesco a trovare un modo per non fartele accendere tutte.»

«Libero di provarci» disse Vesper, alzando le spalle in un soffio ilare. Non sarebbe cambiato nulla, ovviamente; il concetto era il medesimo, perciò non c'era modo di—

Oh no.

Trasalì, alzando il busto di scatto. «Kay, non spa—»

Il suono secco di uno sparo coprì le sue parole. Il Sihir schizzò via dalle dita di Kolt in un sottile lampo violaceo che si scontrò contro una delle lampadine, frantumando il vetro protettivo in una miriade di frammenti. I più caddero sul letto, altri si schiantarono contro la testata, e per fortuna il proiettile di energia mistica si dissolse prima di andare a conficcarsi da qualche altra parte.

Kolt sollevò la mano ancora in posizione, indice e medio tesi a imitare la forma di una pistola. Soffiò sui polpastrelli come a spingere via il fumo dalla canna, poi sfoggiò un ampio sorriso verso di lui. Prese fiato per dire qualcosa, ma prima che potesse farlo la porta si aprì in uno scatto violento.

«Signorino Vesper!» Jay irruppe in camera con la pistola già in mano, nella sua divisa da guardia della sicurezza che somigliava più a un completo elegante. «Cos'è successo? Sta bene?»

Vesper chiuse gli occhi, massaggiando la fronte in un lento sospiro. «Sì, è solo... esplosa una lampadina.»

Jay aggrottò la fronte. Spostò lo sguardo dal lampadario alle luci da tavolo con aria sempre più confusa finché Vesper non indicò il marchingegno sul letto. «Oh, il giocattolo.»

«Non è un giocattolo, è un rompicapo – era un rompicapo. Un problema di logica.»

«Certo» borbottò lui, con l'inflessione che sembrava ripetere giocattolo. «E chi ha sparato?»

«Nessuno.»

«Ho sentito uno sparo» insistette Jay.

Puntò la pistola su Kolt, ma lui non si scompose. Fece schioccare la lingua contro il palato e alzò le mani per mostrargli i palmi vuoti. «Allora lavati le orecchie, perché hai sentito male. Vedi una cazzo di pistola da qualche parte? Come avrei dovuto sparare, con le dita?»

Jay indurì l'espressione, ma dopo qualche istante di esitazione abbassò l'arma. «Chiamo Gletchen per i vetri» borbottò mentre usciva. «Faccia più attenzione, Signorino. Certi giochi possono essere pericolosi.»

Vesper sospirò di nuovo. Per quanto ancora avrebbero continuato a trattarlo come un bambino? Aveva chiesto così tante volte di non essere più chiamato Signorino che aveva perso il conto. Non si rivolgevano così a sua sorella, non la guardavano con quel misto di condiscendenza e pietà, come fosse un povero cucciolo da accudire – ma d'altronde non era Fosfor quella che rischiava una frattura se solo sbatteva un po' più forte contro una scrivania.

Guardò Kolt, che sghignazzava ancora al suo fianco. «Sei soddisfatto?»

«Certo che sì, ho vinto» disse mentre si metteva in piedi. «Alza il culo, stellina. Ti porto a festeggiare.»

«Con ti porto intendi che...?»

«Che paga il perdente.» Sghignazzò, indicando la finestra in un profondo inchino. «Dopo di te, Signorino. Sempre che non sia troppo pericoloso

Vesper si alzò dando una rapida sistemata ai ricci scuri. Indossò gli occhiali da sole che teneva sul comodino prima di raggiungere Kolt, ma li calò un poco perché potesse guardarlo negli occhi. «Chiamami ancora Signorino e la prossima lampadina te la ficco su per il culo.»

«Damn, chi ti ha insegnato a parlare in questo modo?»

«Tu.»

Kolt gli fece l'occhiolino. «Quanto cazzo sarebbe noiosa la tua vita senza di me, eh?»

Le labbra di Vesper si distesero mentre scavalcava la finestra. Non avrebbe mai fatto niente del genere, senza di lui; forse non avrebbe mai neppure lasciato la villa. Sarebbe rimasto il bambolotto di porcellana che non aveva altro scopo se non quello di restare immobile nella sua teca, se Kolt non avesse deciso di sfondarla.

Rise. «Oh, non immagini neanche.» 



Anche il secondo giorno è andato! 

Quanto adoro questi due ♥ Un po' mi spiace che in Longshot non ci sarà il POV di Vesper, perché scrivere di lui mi piace moltissimo! *_*

Conoscevate questo enigma? Io non ricordo più dove l'avevo letto (era in forma testuale) e non sono riuscita a trovarlo su internet, quindi mi son armata di pazienza e ho trovato da sola diverse soluzioni AHAHAH (per poi descriverne una sola, viva me)

Questo genere di cose mi piace molto, anche se ho un approccio molto più simile a quello di Kolt, mentre un mio amico ha quello di Vesper. In genere siamo sempre noi due a fissarci con queste cose, nel nostro gruppo xD

Detto ciò, ci vediamo domani~

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