18. Regina - Realgar
L'arena era così affollata che le urla entusiaste del pubblico sovrastavano la cronaca di Tourmaline, nonostante il microfono che stava utilizzando per amplificare la sua voce. Peridot aveva fatto un lavoro eccellente, con quello: in qualche modo era riuscita a connettere tutti i cavi in modo che il suono fuoriuscisse da tutti gli altoparlanti che aveva fatto installare lungo l'arena, a prescindere dal microfono che si utilizzava. Aveva progettato una complessa tastiera di leve e pulsanti che le consentiva di scegliere quale accendere o spegnere, e ne aveva costruite di simili anche per le luci, che proiettavano fasci bianchi sul ring e colorati sugli spalti. Realgar doveva aver fatto qualcosa di meraviglioso nella sua vita passata per essersi meritata quella ragazza al suo fianco. Certo, il sistema aveva bisogno sia della combustione di Pietre di Sihir che di quelle a contatto, ma gli affari stavano andando bene e potevano permetterselo, potevano trasformare quell'arena nel paradiso di lotta e spettacolo che aveva sempre sognato.
«Woofer sta accusando il colpo, questo potrebbe essere il momento adatto per... Eccolo! Destroyer Machine non perde tempo e la schianta a terra con una sedia!» urlò Tourmaline, e un boato si sollevò dagli spalti.
Cori di entusiasmo presero vita tra gli spettatori mentre Destroyer Machine, il favorito di quell'incontro, sovrastava un ormai devastata Woofer fino al conteggio di tre che dichiarava la sua vittoria. Realgar si accasciò sul suo scranno sopraelevato, rigirandosi tra le dita una delle treccine twist che non aveva raccolto mentre osservava Destroyer Machine esultare al centro del ring, le braccia alzate che incitavano il pubblico a tifarlo con più vigore.
«L'ho detto che quello arrivava alla fine.»
Kolt, su una sedia al suo fianco, non sbuffò come aveva pensato. Affondò la mano nel sacchetto colorato che reggeva sulle gambe e tirò fuori una manciata di popcorn da schiaffare in bocca. «Non è ancora la fine.»
«Che cazzo dici? Non ci sono altri scontri in programma, scordati che ne improvviso un altro solo per te. Hai perso e basta, perciò—»
«Rea.» Peridot le picchiettò la spalla. Era seduta sul lato opposto e Realgar si girò per guardarla, ma lei indicò il ring. «Era previsto che Destroyer prendesse il microfono?»
Realgar non lo guardò neppure. Afferrò entrambi i braccioli con le mani e fulminò Kolt con lo sguardo, le sopracciglia aggrottate mentre lui continuava a sghignazzare. «Cosa hai fatto?»
«Chi, io? Gli ho solo fatto i complimenti. È un gran lottatore, tanto esperto quanto te, forse persino più di te. Ah, se solo ci fosse un modo per averne conferma...»
Il suono del suo sbuffo fu coperto da quello della grossa mano di Destroyer Machine che batteva contro il microfono. L'uomo prese un respiro profondo che risuonò attraverso gli altoparlanti, muovendo lenti passi all'interno del ring in attesa che gli spettatori si chetassero par lasciarlo libero di parlare.
«Da quando sono arrivato in quest'arena mi sono fatto strada senza mai fermarmi» cominciò a dire, con voce piena e rabbiosa. «Ho sconfitto tutti i pezzi di merda che si sono messi tra me e la vittoria, ho sbattuto al tappeto bestie come Blue Train, l'ex campionessa Glamour, i gemelli Laoi... Sono il miglior lottatore della zona, è per vedere me che riempite gli spalti, è il mio nome che urlate durante i combattimenti, eppure c'è qualcuno che ancora non mi reputa degno di attenzione! Qualcuno che ci guarda dall'alto, dimenticandosi che il proprio valore si dimostra qui, all'interno del ring, giorno dopo giorno.» Destroyer sollevò il braccio e puntò l'indice verso Realgar, lo sguardo furente sotto la fronte aggrottata. Il pubblico rispose battendo le mani e inneggiando nuovi cori, cominciando a urlare vieni giù, vieni giù. «Sei la regina di quest'arena solo di nome, Realgar? Combatti contro me! Dimostrami che meriti il titolo di campionessa!»
I cori si intensificarono. Con Destroyer Machine che li fomentava, la platea chiamò il nome di Ember Stone come una sola voce, pretendendo la sua entrata in scena con una tale foga che non poteva permettersi di ignorarli.
«Sei un gran figlio di puttana, lo sai?» sussurrò a Kolt, che le rivolse un occhiolino e tornò a mangiare popcorn. «Pagalo, Dottie. Vado a perdere una scommessa ricordando a questi stronzi chi è che comanda qui dentro.»
Si mise in piedi e il pubblico cominciò a esultare più forte, innalzando striscioni su cui avevano scritto il suo nome. In alcuni spiccava una corona, in altre un tirapugni, in altre ancora il suo volto stilizzato e giochi di parole con il soprannome che usava sul ring. Ember Stone... Era stato Kolt il primo a chiamarla così, si era diffuso così in fretta che non se ne sarebbe liberata neanche se ci avesse provato, ma per fortuna le piaceva.
Tourmaline strappò il microfono dalle mani Destroyer mentre Realgar scendeva le scale, poi la raggiunse. «Non so cos'è successo, questo doveva essere spento.»
«Kolt è successo.»
Il ragazzo roteò gli occhi. «E figurati.»
Le porse il microfono e Realgar afferrò il cavo tra le dita mentre camminava in direzione del ring, agitandolo per fare un po' di scena.
«Il migliore della città? Sei tu a riempire gli spalti?» Realgar rise, lo sguardo fisso su Destroyer Machine. Salì sul ring arrampicandosi dal bordo, scivolando sotto la terza corda per trovarsi al suo cospetto. L'uomo era poco più alto di lei, con una testa glabra troppo piccola per la corporatura massiccia, ma gli scarponi che aveva indosso compensavano quella differenza. «Non dimenticare chi ha tirato su questo posto, feccia. Vieni nel mio regno, parli al mio pubblico e metti in questione il mio titolo? L'unica cosa che ti dimostrerò è che non uscirai da qui con le tue gambe, ti servirà così tanto tempo per riprenderti che quando tornerai chiunque avrà già dimenticato il tuo nome!»
La folla esplose in ovazioni animate, Realgar lasciò il microfono a Tourmaline che si era avvicinato e si tolse la giacca di pelle borchiata, lanciandola oltre il ring. Destroyer rise e sfilò le maniche della tuta da lavoro per farle cadere lungo i fianchi, il simbolo della sua gang – un pipistrello di profilo, in volo – che campeggiava sul pettorale destro. Realgar aveva il suo sulla spalla, l'ingranaggio dei Rascals che figurava anche al centro del ring, e lo indicò con orgoglio al pubblico che inneggiava i loro nomi nell'impazienza di vederli combattere.
Tourmaline diede sfogo a tutta la sua abilità vocale per presentarli, ruggendo il suo nome con una tale grinta che, se non avesse avuto uno scontro da vincere, Realgar gli sarebbe saltata addosso per dimostrare il suo gradimento. Riservò lo stesso trattamento a Destroyer, perché Ember Stone non aveva bisogno di raccomandazioni o favoreggiamenti per vincere, e sapeva che la folla l'avrebbe elogiata e tifata perché sapeva come conquistarli.
I fari al Sihir si mossero in una danza di luci colorate prima di spegnersi, così che solo i fasci bianchi sul ring restassero accesi, poi la campanella suonò tre volte e Destroyer si lanciò contro di lei. Possedeva una forza spaventosa ed era agile per un uomo con la sua stazza, ma Realgar non aveva solo guardato i suoi scontri: li aveva osservati, studiati, compresi, e finché conosceva il modo in cui si muoveva avrebbe trovato anche quello per vincere.
Incassò un pugno al fianco e lo colpì di rimando al petto, afferrando le sue mani quando lui le proiettò avanti per spingerla. Intrecciò le dita alle sue e divaricò le gambe per contrastarlo, ringhiando mentre Tourmaline fomentava la folla con la sua cronaca. Gli teneva testa, ma le sue braccia tremavano: in una lotta di pura potenza avrebbe perso, così piegò le ginocchia e si abbandonò di schiena sul ring, sfruttando quella carica per trascinarlo giù. Serrò la presa sulle sue mani per impedirgli di trovare l'equilibrio, sollevò le gambe piegate e impattò entrambi i piedi contro il suo sterno per proiettarlo all'indietro.
«Fly over!» urlò Tourmaline, che si divertiva a trovare nomi per tutte le sue mosse. Al pubblico piaceva, talvolta le richiedeva a gran voce, perciò Realgar l'aveva incitato a continuare. «Destroyer Machine comincia a capire che schiacciare la nostra regina non è così facile, e adesso lei ha campo libero.»
Realgar si rialzò con una spinta di reni, scacciando in fretta l'intreccio di twist dietro le spalle. Corse verso le corde e vi si gettò di schiena, poi sfruttò quella spinta per lanciarsi sull'avversario. Tese un braccio mirando al suo collo e lo scaraventò al suolo nel boato del pubblico, ma lui si rialzò troppo velocemente perché potesse schienarlo. Destroyer si diede la carica con un grido, intercettò il suo calcio volante e approfittò del suo equilibrio precario per caricarsela in spalla, gettandola contro il tappeto.
Strinse i denti in un grugnito, senza nascondere la sua sofferenza. Al pubblico piaceva, le stoiche macchine da guerra annoiavano presto, preferivano uno scontro combattuto. Spesso faceva in modo di non concludere uno scontro troppo in fretta, si lasciava colpire da mosse che avrebbe potuto evitare, ma con Destroyer non aveva bisogno di fingere. Alzò le braccia per difendersi dalla sua scarica di pugni, si scambiarono una serie di prese che fece urlare i suoi muscoli mettendo a dura prova le sue articolazioni, ma ogni schianto era accompagnato da un urlo del pubblico e Realgar percepì le sue labbra distendersi. L'adrenalina soffocava il dolore, i cori riempivano i muscoli di nuova energia, il sudore scintillava sulla sua pelle, il cuore pompava sangue a una velocità tale che doveva respirare a bocca aperta e non esisteva gioia più grande.
E poi la vide. L'apertura. Destroyer si afferrò una spalla con la mano opposta mentre giaceva a terra, forse se l'era lussata, forse l'ultimo atterraggio aveva fatto troppo male – Realgar non restò ferma a chiederselo. Si issò sul paletto dandogli le spalle, si voltò per prendere le misure e poi saltò. Chiuse gli occhi mentre roteava a mezz'aria, il suono del suo battito tra le orecchie insieme allo stupore del pubblico, un breve e infinito istante in cui era così leggera che le sembrava di volare. Atterrò di pancia su Destroyer ancora a terra, spezzandogli il fiato, poi il nuovo suono della campanella dopo il conteggio.
Realgar si accasciò accanto al suo avversario per riprendere fiato mentre Tormaline dichiarava la sua vittoria al pubblico euforico. Per il santo karma, le faceva male tutto, ma l'energia non si era ancora esaurita e l'entusiasmo della vittoria guizzò tra i muscoli in un ultimo scatto che le consentì di mettersi in piedi e arrampicarsi sulle corde, godendosi il suo momento di gloria.
Alzò lo sguardo verso Kolt, che aveva abbandonato il sacchetto di popcorn per applaudire alla sua vittoria – e alla sua sconfitta. Aveva un tale sogghigno che Realgar aveva voglia di prenderlo a schiaffi eppure non riuscì a trattenersi dal ridere, perché l'aveva incastrata eppure credeva in lei così tanto che ci aveva scommesso sopra.
«Che sia da lezione per tutti» gridò quando Tourmaline la raggiunse con il microfono. «Questa è la mia arena, e il posto di chiunque osa sfidarmi è ai miei piedi!»
Dove c'è Realgar c'è un'arena da combattimento - e Kolt pronto a scommettere su qualcosa, ovviamente. In questo caso la scommessa è già stata piazzata ma lui si era assicurato di ottenere la vittoria, furbastro ;D
Chi è già passato dalle oneshot ha visto Realgar alle prese con la sua arena improvvisata in mezzo alla strada, ebbene la ragazza ha fatto progressi e adesso ne ha una vera e propria **
E non esita a buttarsi nella mischia per ricordare che non è arrivata lì con belle parole, ma si è guadagnata il suo posto u_u
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