XII. A Cucchiaio

La incontrai una sera insieme a degli amici, stavamo ascoltando musica live e bevendo un bicchiere di vino. Era in un angolo che canticchiava, per un attimo incrociai il suo sguardo, lei lo distolse subito. Non riuscivo a non pensarci, quindi continuavo a parlare con il mio gruppo per distrarmi, eppure sembrava ci fosse un campo magnetico ad attrarmi lì, in quell'angolino giallognolo e legnoso dove lei continuava a sussurrare parole incomprensibili. Il bar lo conoscevo bene, ci andavo quasi ogni sera perché ero amico con il proprietario e ormai era come casa. Ma lei non l'avevo mai vista prima.

Le sere successive speravo di vederla e la speranza si realizzava così bene che pensavo fosse tutta una mia immaginazione; al bancone dei cocktail avevamo scambiato qualche parola, poi ci eravamo sfiorati le mani e avevo sentito un brivido lungo il braccio di una potenza inaudita. Lei aveva gli occhi scuri, luminosi solo se c'era luce, altrimenti risucchiavano ogni colore dentro e sembravano solo due buchi spazio-temporali pericolosissimi; i capelli erano corti, con dei ciuffetti anteriori mossi che a volte lei sistemava vicino le tempie, e un'altra di quelle sere che di credibile avevano poco mi aveva portato le dita sulla sua nuca per farmi sentire quanto corti fossero in quel punto. Sentivo il delicato solco del suo collo e i muscoli muoversi in base a come si girava, lei ridacchiava perché la mia faccia con molta probabilità assomigliava a quella di un ragazzino alle prese con la sua prima cotta.

L'ultima sera che la vidi nel bar di una vita ci allontanammo dalla confusione e dal chiacchiericcio, con due visi forse tristi forse allegri per ciò che stava capitando. La musica live era bella, c'era una band molto intima che seguiva una cantante dalle note dolorose e allo stesso tempo dolci, usava parole semplici ma così vere da fare male all'anima e in qualche modo non rimanere ad ascoltarla ci creava un senso di colpa interiore che presto, però, spariva. Tra gli accordi diminuiti e i toni gravi di chi cantava, entrambi eravamo comunque certi di ciò che stavamo per perdere ma anche di quello che stavamo ricercando per ottenerlo. Il silenzio. Un silenzio eterno e soggiogante, un silenzio teso ed eccitato, un silenzio che poteva prenderci e sbatterci dentro un universo inconcepibile se non ad anime guastate dagli eventi.

Lei canticchiava mentre camminavamo alle quattro di notte in mezzo alla strada principale del centro città, io cercavo di prenderle la mano ma riusciva sempre a scansarmi, a evitare i miei tentativi di contatto col suo corpo, anche brevi, anche timidi e poco convinti. Io ci pensavo e ripensavo che volevo baciarla, che volevo vedere il suo corpo e baciare anche quello, che volevo da lei lo stesso volere ma era difficile, così difficile, non capire cosa stesse pensando, interpretare le sue parole, poche e sconnesse.

«Questo silenzio,» diceva, e si interrompeva, e io rimanevo ad aspettare come un idiota che lei continuasse un discorso che non avrebbe portato da nessuna parte, «questo silenzio è importante. È grosso, pulsa come un cuore. Ma mi sembra comunque non ci sia niente.»

Io la guardavo, lei si girava dalla parte opposta a nascondermi il volto, senza farmi comprendere se mi stava solo prendendo in giro oppure ciò che pronunciava lo credeva con tutta sé stessa, e io cercavo di camminare un passo avanti a lei per poterla osservare meglio. Non riuscivo a parlare, a volte, non riuscivo ad agire. Quando si fermò, da sola, a un tratto, e iniziò a fissarmi senza mantenere però troppo il contatto visivo, io mi paralizzai con lei. Aveva gli occhi lucidi e le tremavano le labbra. Sembrava una bambina che aveva perso i genitori al supermercato e non riusciva a chiedere a nessuno di aiutarla. Non so cosa volesse da me, continuavo a non capire, ma poi si avvicinò un po' di più e riuscì a dirmi qualcosa.

«Scusa. Abbracciami. Mi viene solo da piangere.»

Non capii il suo scusarsi e nemmeno perché si stesse affidando a me, ma c'ero solo io, forse per quello mi aveva preso per il cassiere del negozio in cui si era smarrita da sola, e aveva provato a chiedere aiuto. Lei era una montagna russa di emozioni che non sapevano come venire fuori; un vulcano inattivo per troppo tempo che stava iniziando a cedere e dare i primi segni pericolosi attorno a sé. La avvolsi quasi immediatamente tra le mie braccia e lei avvolse le sue attorno al mio torso; fece sprofondare la faccia sul mio petto, là dove arrivava, e iniziò a singhiozzare. Piano. Non si sentiva, quasi, non l'avrei sentita se non l'avessi avuta a contatto con me.

Una volta calmata ci baciammo, senza nemmeno volerlo, ne sono certo. Non era una cosa che doveva capitare, solo sentivamo un flusso che ci spingeva a fare quello, e i minuti successivi lei prese a ridere e parlare come non aveva mai fatto. Sembrava le avessi tolto un peso dalla schiena che le bloccava i respiri, che le bloccava ogni minuscolo spostamento dei muscoli, anche quello che credevo di aver sentito nella sua nuca, con le mie mani. Andammo a casa da me, ci concedemmo di toccarci a vicenda e a me non sembrava reale, non sembrava vero che lei, tanto distaccata come si era mostrata, potesse mostrarsi così potente e generosa.

Non so davvero cosa possa essere successo, lei a volte esisteva, altre non era presente nemmeno in un piano d'esistenza parallelo, come se decidesse di sparire nei momenti più impensabili, lasciandomi fuori da un mondo incomprensibile, forse irreale. Dormimmo abbracciati, anche se in realtà ad abbracciarla ero io; la sua schiena stava a contatto col mio petto dove si era lasciata andare a singhiozzi scomposti ore prima, le sue mani tenevano le mie mentre la circondavo il più possibile. Per un attimo la sentii di nuovo tremare, quella posizione a cucchiaio mi faceva percepire ogni vibrazione.

Avrei voluto dire qualcosa, ma una delle poche cose che capii, di quel momento, era che stavo solo raccogliendo dentro di me il rimasuglio di qualcuno che era già andato via.

Parole: 1017.


// Pensavate fossi scomparsa, eh. E invece no, sono ancora qui. Faccio fatica ma comunque ci sono. Buonanotte.

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