11. Sotto La Pioggia
La mattina, di solito, si svegliava presto con il profumo dolce della crostata del panificio sotto casa. Poi usciva. A ottobre faceva fresco, ma lui portava sempre una giacca leggeva che a malapena lo teneva al caldo e al sicuro; con la pioggia, preferiva bagnarsi anziché proteggersi. e quel giorno non aveva fatto differenze. L'unica cosa che era cambiata rispetto al solito era il motivo per cui si trovava da solo a camminare fuori, sotto le lacrime del cielo che gli piovevano addosso.
I suoi capelli ricci si erano infradiciati perdendo la loro forma caratteristica, acquisendone una mogia e triste.
Come il suo viso, impassibile, eppure così malinconico.
«Ehi.»
Si girò verso la direzione da cui era provenuta la voce; lì, appoggiata allo stipite di una porta quasi oltre la soglia di un bar, lo fissava una ragazza con le braccia conserte e lo sguardo severo. Indossava il grembiule del panificio.
«Ti prenderai un raffreddore, se continui così.»
Ma a lui non interessava stare male. Non gli interessava se si fosse dovuto chiudere in camera per guarire, voleva solo tenere occupato il cervello con l'acqua che continuava a cadergli di sopra infermabile. La ragazza uscì venendo sotto la pioggia con lui; si bagno i capelli biondo cenere e lo osservò inclinando un po' la testa.
«Ho un ombrello, se vuoi.»
Gli mostrò quello che teneva in mano, chiuso, ma non sembrava avere intenzione di usarlo in qualche modo. Forse aspettava che lui lo prendesse, ma invece stava fermo a guardarla con gli occhi vacui e le ciocche di capelli sulla fronte, gocciolanti.
«Bah,» la ragazza si voltò di colpo, seccata, «fa' quello che vuoi.»
Si allontanò senza rivolgergli un altro sguardo, e lui la seguì con il proprio fin dentro al bar, dopo che la porta si chiuse. Non si chiedeva nemmeno perché lei avesse provato ad aiutarlo. Lui non era in grado di accettare alcuna mano che gli fosse offerta da qualcuno, per cui gli andava anche bene così. Continuò il suo cammino fino alla fine della strada, poi tornò indietro per la stessa, ormai fradicio come se si fosse appena tuffato in una piscina con tutti i vestiti più volte.
La ragazza non c'era più, dentro al bar. E nemmeno fuori a offrirgli un riparo, bagnandosi anche lei.
Qualche giorno dopo uscì di casa in fretta, di corsa, scappando come da qualcosa che sembrava lo stesse torturando; i suoi occhi infelici e angosciati si muovevano freneticamente in cerca di una via di fuga, ma le strade erano sempre quelle e lui si sentiva in trappola, rinchiuso in quel quartiere del quale non trovava l'uscita. Continuava a correre, inciampando sui propri stessi passi, con la bocca spalancata che cercava di prendere fiato ma non ci riusciva, finché un fulmine in cielo attirò la sua attenzione, seguito qualche secondo dopo da un tuono agghiacciante; non aveva avuto mai tanta paura di quel suono come in quel momento. Presto cercò di nascondersi in un vicolo; era solitario, non c'era nessuno che fosse uscito a quell'ora del pomeriggio per la città soprattutto a causa delle previsioni che davano un temporale furioso; quindi si mise seduto per terra, abbracciando sé stesso sconvolto, cercando di fornirsi del calore che non possedeva e tremando per il freddo che iniziava a percepire.
«Tu.»
Di nuovo la voce della ragazza. Lo aveva seguito nel vicolo dopo averlo visto correre impaurito, ma questa volta aveva con sé l'ombrello aperto, rivolto a lui.
«Non hai neanche la giacca, oggi.»
I denti del ragazzo battevano per il gelo, le mani stringevano le gambe che aveva portato al petto e la testa rimase su di esse, provando in tutti i modi ad avvolgere il proprio corpo e proteggersi.
«Puoi anche non rispondermi,» mormorò lei, guardando altrove ma puntando sempre l'ombrello sopra il ragazzo, per non fargli arrivare la pioggia, «io resterò qua finché non smette di diluviare.»
E così fece. Il rumore dell'acqua sulle pietre del vicolo risuonava prepotente, il cielo grigio aveva abbuiato l'atmosfera che li circondava, talmente tetra e scura, eppure lei era lì, in piedi, non si era mossa di un solo centimetro; rimaneva ferma a bagnarsi il capo e il corpo, preferendo fornire riparo al ragazzo di cui non aveva ancora sentito nemmeno un lamento, a volte scrutandolo con la coda dell'occhio, altre evitando di guardarlo. In qualche modo lo incuriosiva, eppure si sentiva in colpa ad aiutarlo, a stare con lui, senza che nemmeno quel ragazzo lo avesse chiesto. Pensava di avergli rubato il suo spazio sicuro; ma solo quando lui alzò lo sguardo verso di lei capì che in realtà aveva fatto bene.
I suoi occhi neri tremavano di terrore riflettendo la luce opaca che c'era nel vicolo.
«Stai bene?» accennò con cautela lei, finalmente incrociando il suo sguardo.
«Sei tutta bagnata.»
La sua voce. Era rauca.
Dopo quelle prime parole si alzò lento, come trascinando tutto il corpo che sembrava di una pesantezza immane a guardarlo da fuori; le toccò le mani con cui aveva tenuto l'ombrello su di lui per tutto quel tempo e fece per toglierglielo in modo da coprire lei.
«Tu...»
La ragazza provò a rispondere, ma lui non glielo permise.
«Lascia stare me. Mi va bene la pioggia, mi va bene il freddo. Mi permette di fermare i pensieri, di dimenticare da dove vengo. Ma le tue mani sono gelate.»
Lei aggrottò le sopracciglia, quasi offesa da quelle parole, e riprese per sé il proprio ombrello tirandolo indietro per non farlo prendere al ragazzo.
«V-volevo solo essere gentile!» balbettò incerta, facendo anche un passo lontano da lui.
«Ti vedo sempre correre spaventato per queste stradine, fradicio e scoperto,» non sapeva perché, ma aveva alzato anche un po' la voce, come per darsi più sicurezza, «a malapena metti qualcosa sopra la maglietta, hai la testa costantemente bagnata e lo sguardo perso nel vuoto. Mi chiedo a che pensi e perché non ti proteggi, lo faccio io... e tu ti preoccupi per me.»
«Io-»
«Sì, tu! Assurdo.»
La ragazza si girò come fece la prima volta, i capelli lisci la seguirono in quel movimento e anche mentre cominciò a camminare per uscire dal vicolo appannato di pioggia ondularono armoniosi nonostante fossero pesanti a causa della pioggia.
«Davvero incredibile!» continuò a dire, mentre si allontanava dal ragazzo che nel frattempo la guardava senza battere ciglio.
Aveva i brividi in tutto il corpo per il freddo, ma sembrava non sentirli.
«Senti,» le gridò dietro, provando a fermarla poi con un tono pacato e cordiale, «ehi.»
La ragazza arrestò la propria ritirata, che stava avendo quasi in risposta a un affronto imperdonabile subito.
«Che c'è?» replicò, muovendo la testa di lato per far sì che potesse lanciargli un'occhiata.
Ogni volta che lo osservava così, vedeva quanto soffrisse di un male di cui non conosceva nemmeno lo strato più profondo; radicato dentro di lui, ma anche dentro di lei, solo che per la ragazza quella tristezza era spenta, come assopita in fondo alla propria anima.
E con lui si risvegliava sia quell'angoscia, sia la cura che lei sentiva di dovergli offrire.
«Non parli?» incalzò sempre decisa, muovendosi verso di lui con l'ombrello ancora aperto e la pioggia fitta che lo colpiva.
«D'accordo, allora, scusa se sono rimasta qui con te senza il tuo permesso. Non dovevo farlo, ho superato il limite. Mi dispiace davvero, ora vado, okay?»
Mentre parlava, lui la osservava con i suoi occhi intensi, e quando la ragazza ebbe finito, l'aveva raggiunta con un paio di passi fatti per arrivarle davanti.
«Sei stata gentile.»
«L-lo so!» farfugliò lei, presa alla sprovvista, «è quello che ho detto prima, se l'hai capito non mi fare parlare a vanvera!»
«Non volevo che ti bagnassi per me, ma grazie per averlo fatto,» il ragazzo distolse lo sguardo, alcuni riccioli erano rimasti elastici nonostante l'acqua e gli contornavano la parte destra del viso che le stava rivolgendo maggiormente.
«L'altra volta ti avevo avvisato di avere un ombrello.»
«Uno.»
«Sì, è quello che ho detto.»
La ragazza inarcò le sopracciglia, cercando di capire perché stesse ripetendo quello che diceva.
«Ne avevi solo uno, così tu saresti rimasta senza niente, per questo non l'ho accettato. Sei fin troppo gentile con me, ma non mi conosci.»
«Non mi serve mica conoscerti per offrirti un riparo.»
Quelle parole sorpresero più lui che la ragazza che le aveva pronunciate. Di solito non si esponeva tanto con degli sconosciuti, eppure il viso di quel ragazzo le ispirava una fiducia spontanea, e le sembrava naturale dire cose del genere. Mentre, per lui, era stato fuoco arso fin dentro il proprio petto. Un fiammifero su della benzina che aveva fatto prendere fuoco a tutto il corpo. Perché mai una ragazza avrebbe dovuto dirgli qualcosa di così dolce e premuroso? Nessuno si era mai preso cura di lui. Nessuno gli aveva mai confidato di volerlo fare a prescindere da chi fosse.
Ma lei sì.
«Comunque, se lo vuoi te lo regalo. L'ombrello, dico. Anche a me non interessa se mi bagno o se prendo freddo. Sono abbastanza resistente.»
In quel momento, in modo quasi istintivo, lui la avvolse in un abbraccio stretto, potente, e allo stesso tempo insicuro, esitante, delicato. La ragazza perse la presa dell'ombrello che finì a terra schizzando sulle loro gambe l'acqua depositata sulla strada; ma non rifiutò quel gesto né rimase ferma. Anzi, lo ricambiò in maniera ancora più forte.
Era lei che aveva deciso di aiutarlo, e quella era la richiesta del ragazzo dai riccioli fradici che a malapena dava fiato alla propria bocca di farlo.
«Va bene così, tranquillo.» lo rassicurò, accarezzandogli la schiena con una mano e stringendolo con l'altra.
«Ci sono io, finché non smette di piovere, okay?»
«Sì,» rispose soltanto il ragazzo, con un mormorio quasi impercettibile mentre affondava la testa sull'incavo del suo collo.
Rimasero entrambi fermi così per alcuni minuti. Un abbraccio caldo, rassicurante, sotto una pioggia che non cessava di scendere.
E sì, anche dopo che la pioggia s'arrestò, continuarono a guardarsi, a ripararsi con i loro stessi corpi, a proteggersi. Lei sacrificando il proprio calore, lui accettando la mano che gli era stata offerta in modo inatteso, naturale e materno, da una ragazza sconosciuta che profumava di crostata e pane appena sfornato.
L'odore più dolce e piacevole che potesse mai desiderare di sentire, come quello di ogni mattina, prima di sfuggirgli, fuggirgli, sbrigativo.
Parole: 1721.
//Buonanotte così <3\\
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