10. Trovarsi, perdersi, ritrovarsi

Non lasciarmi sola. Non andare via, dove non potrò vederti, toccarti, accarezzarti la pelle e assaporarti le labbra. Voglio continuare a studiare i tuoi occhi, svegliarti con un bacio la mattina, pensare che sei vicino a me la notte, quando ho più paura.
Non lasciarmi sola, perché so che poi non tornerai più.

Quando si erano detti addio si amavano infinitamente. Il loro amore era talmente forte che avrebbero sacrificato la propria vita l'uno per l'altra, senza pensarci un secondo; sarebbero riusciti a cancellare ogni cosa se solo l'altro ne avesse avuto bisogno. Eppure farlo era una delle cose di cui avevano più paura, nonostante quell'amore così potente e indistruttibile. Abbandonare i propri sogni per il bene dell'altro? Era quello il vero amore? Perché a Faílenn sembrava solo una presa in giro, un tremendo gioco in cui ci rimetteva chi rimaneva fedele a sé stesso, abbandonando perfino l'altra persona amata. Era lei che ci teneva di più, forse. Era lei che amava di più.

«In una coppia non esiste chi ama maggiormente, Faílenn. E non ti sto chiedendo di venire con me. Ma io ho bisogno di andarmene da qui, a tutti i costi. Anche se ti amo e tu mi ami, anche se farà un male cane. Anche se potrei morire, a non averti vicina.»

«Allora perché lo devi fare, se ci farà soffrire così tanto? Io non riesco a capire!»

Gli aveva urlato contro mentre si dicevano addio; gli aveva gridato la paura che stava provando e allo stesso tempo la rabbia di qualcuno che si era sentito tradito dalla persona in cui riponeva più fiducia. Era stata presa in giro per tutto quel tempo? No, forse era stata ingenua volontariamente fin dall'inizio e sapeva che sarebbe rimasta sola con i suoi sentimenti più intensi e vivi, prima o poi, perduta tra il buio della sua camera e i rumori fermi della notte. Erano quei sentimenti a tenerla in vita e nemmeno se ne rendeva conto; e solo ora si stava accorgendo di quanto fosse stata stupida a riporre in lui tutto il suo cuore.

«Perché qui mi sento soffocare, e lo senti anche tu, non è così? Ce lo siamo detti tante volte... che qui ci stiamo uno schifo, che la città è vuota, e che la gente a cui siamo legati ci fa del male più di quanto ce lo farebbe lasciarci. Preferisco andarmene, e in realtà sono io a non capire perché tu invece preferisca rimanere!»

Le aveva urlato anche lui contro, infuriato per i suoi passi indietro, per l'insicurezza che non le aveva mai visto in viso, lei con le lacrime trasparenti che portavano con sé un po' di matita per gli occhi rendendola bella, bellissima, per lui. Si sentiva come se la stesse pugnalando più volte ma sapeva che gli avrebbe causato quel dolore, lasciarla. Quello che non si aspettava era vederla immobile nella sua posizione, a fissarlo con ira, quasi toccata dall'odio.

«Allora vattene. Vattene via,» con un paio di passi avanti l'aveva raggiunto, aveva abbassato la voce quasi a sussurrargli sul viso e l'aveva spinto con entrambe le mani indietro, «forza, cerca la tua felicità. Cerca l'amore, se il mio non ti basta.»

«Smettila, Faílenn. Io non potrò amare nessun'altra se non te.»

Faílenn sorrise fra sé.

«Davvero?» incalzò, riavvicinandosi.

Lo prese dalla maglietta con delicatezza, la strinse fra le dita e vi si appoggiò con la fronte, per evitare di guardarlo mentre lo supplicava.

Rimani con me. Non lasciarmi. Altrimenti a chi accarezzerò la pelle, bacerò il collo, studierò il colore degli occhi?

«Scusa. Scusami... davvero, scusa. Ma io non posso farlo. Non posso rimanere.»

Così si erano lasciati. Lui, Neil, le aveva baciato la testa che Faílenn teneva ancora appoggiata al suo petto; le aveva accarezzato le braccia, passando le mani sulla pelle morbida e allo stesso tempo un po' secca, su cui le vedeva mettere così tante creme la mattina, quando si svegliavano; le aveva preso il viso, facendo sì che lo guardasse dritto negli occhi.

«Io tornerò, va bene? Quando sarai pronta per abbandonare chi ti tarpa quelle dannate ali stupende che hai, sarò qui a sostenerti e accompagnarti nel tuo viaggio. Non ti dico di tatuarti il mio nome sulla pelle,» a quelle parole, Faílenn ridacchiò un po', così Neil continuò abbassando il proprio tono, anche lui supplicandola, quasi, «ma non odiarmi, non dimenticarmi, ok? Per me sarai solo tu, l'amore. Offrirò tutto me stesso solo a te.»

Dopo un anno e mezzo ancora se lo chiedeva, Faílenn, dove fosse finito. Che posti avesse visto, con quante persone avesse parlato, quanta musica diversa avesse sentito. E ci aveva pensato a tatuarselo sulla pelle, come a prenderlo in giro, sfidando ciò che lui credeva di lei, per poi sbattergli in faccia al suo ritorno che non aveva paura di averlo con sé pur soffrendo, che non si pentiva di esserselo scolpito nel cuore. Eppure, la sua pelle non era adatta a questo genere di decisioni e faceva già fatica a mantenerla sana. Se lo tatuò dentro di sé, però, un ricordo fisso di una persona che l'aveva abbandonata davvero.

Si stavano costruendo una vita insieme, e ad un tratto si era trovata a fare un letto troppo grande per lei, a cucinare solo per sé, ad accudire una madre a cui voleva bene ma che sentiva come un blocco nella sua vita e continuare così per mesi, e mesi, pensando sempre a Neil, a come stesse passando i suoi giorni libero dalle catene della propria città. Forse stava iniziando a odiarlo, ma soffocava quel sentimento; si erano salvati a vicenda in un momento in cui rischiavano di sparire entrambi. Non se lo meritava, e lo amava troppo per odiarlo. Ma c'era qualcosa di viscerale che provava ogni ora che passava, una rabbia e una delusione immensa tanto quanto la speranza di rivederlo.

Un giorno era andata in cima al monte più famoso della sua città. Voleva guardare l'alba la mattina presto, unica folle a salire lì da sola. Aveva bisogno di respirare, di prendersi il proprio tempo per andare avanti. Erano passati quasi due anni da quando si erano lasciati, e non avrebbe resistito un giorno di più ad aspettarlo. Nemmeno lei si meritava quel trattamento, doveva passare oltre.

Quando pensò di essere pronta, si mise a piangere, sporcando nuovamente il proprio viso con quel poco trucco che si regalava per esaltare il colore della propria pelle. Rivedeva dentro di sé il tatuaggio che si era fatta per non dimenticarlo, e pensava, aveva preso tutto l'amore in suo possesso e l'aveva donato a lui, ora cosa avrebbe dovuto fare? Vivere senza quel sentimento sarebbe stato insopportabile. Insieme all'amore doveva cancellare il dolore, la rabbia, la delusione, la tristezza e soprattutto la felicità. Che senso aveva?

Non posso. Non posso ancora. Quando torni, Neil? Quando vieni a prendermi? Io il tatuaggio ce l'ho. Come faccio a cancellarlo? Non mi hai detto di farlo, ma mi sembrava l'unico modo per tenerti con me.

Ecco, il sole. Ecco che illuminava pian piano il cielo misto viola e azzurro che gli lasciava sempre più spazio; ed ecco che le lacrime di Faílenn si fermarono di colpo, rapita dall'intensità di quella luce.
Poi, nel silenzio dei boschi che la circondavano, delle rocce su cui era seduta, della montagna che sembrava cavalcare, sentì una voce. Calda, familiare, sicura.

«Neil?»

Si girò in cerca del corpo a cui apparteneva, ma non c'era nessuno lì intorno. Se l'era immaginato, forse. Ma di nuovo la sentì, più vicina, sotto di lei. Guardò giù dalle montagne di rocce su cui stava e notò un'ombra che scomparve velocemente tra l'erba alta. Non aveva nemmeno capito cosa sentisse.

«Neil!?»

«Faílenn, sono qui!»

Scese di corsa dalla collinetta, strappando la maglietta sui fianchi nel passare da una roccia all'altra; aveva il fiatone per l'agitazione, ma la corsa non le stava provocando niente. Si sentiva il fiato mancare per lui, e quando arrivò davanti alla persona a cui aveva donato tutto il suo amore, mantenne una distanza quasi di sicurezza prima di avvicinarglisi.

«Bastardo.»

«Faílenn...»

«Sei un fottuto bastardo, Neil! Ti avevo chiesto di non lasciarmi e te ne sei fregato, mentre io ho sporcato d'inchiostro tutto pur di non dimenticarti! Lo sai come ce l'ho il cuore in questo momento? Me lo sento finito, spento, eppure mi sembra stia per uscirmi dal corpo... e ci ho provato a odiarti, sai? Ci ho provato tante volte e con un'intensità sempre maggiore, ma ti sei portato via anche le mie emozioni. Sei un bastardo egoista che mi ha abbandonata, e ora sei qui. Pensi che ti perdonerò? Dopo quasi due anni? Non ti sei fatto sentire, sei sparito dalla mia vita e sarei uscita pazza credendo di essermi immaginata la tua esistenza! Lo sai che esistono i telefoni? Le mail? Le lettere? Tu... Bastard-»

«Basta, ti prego,» la implorò Neil, andando verso di lei con le mani che la cercavano, «sono tornato,» le prese il viso dai lati e Faílenn si bloccò, a quel gesto.

Gli studiò gli occhi. Grigi, con delle sfumature castane, e lucidi, appena bagnati. Pensò che stesse per piangere, ma lui non era un tipo del genere. Preferiva fare sfogare lei, anziché mostrarsi tanto vulnerabile; non per debolezza né per paura, voleva solo e sempre proteggerla, e in quell'istante lei era arrabbiata, in maniera così triste e spaventata, che lui non aveva il diritto di piangerle davanti come se non fosse colpa sua.

«Faílenn,» la richiamò; lei si era zittita mentre lo osservava dopo tutto quel tempo, innamorandosi di nuovo del suo viso, della sua voce bassa e calorosa, del suo tocco leggero e garbato.

Lui voleva soltanto che lo guardasse. Che lo scrutasse nel profondo. Così Neil poteva capire se le aveva restituito l'amore di cui l'aveva privata per tutto quel tempo, e se poteva lui stesso perdonarsi di averla lasciata sola. E non appena lo scorse nel suo sguardo, quell'amore, il sentimento che Neil considerava più infame ma anche bello, anzi meraviglioso e vivo, decise di darle anche il proprio: la baciò con sicurezza, ma anche dolcemente e gentilmente, sfiorandole con una mano la guancia e con l'altra il collo, piano; le fece prima studiare gli occhi, e ora assaporare le sue labbra proprio come piaceva fare a lei, e sentì il respiro farsi corto, regolarsi con il suo; intenso, profondo ma veloce, così tante sensazioni contrastanti, mentre le mani di Faílenn lo cercavano sempre di più come se lo stessero riscoprendo, un'altra volta, anche se l'aveva già fatto in innumerevoli momenti del loro rapporto in precedenza.
Quando si separarono erano rossi, imbarazzati e pieni di vita.

«Faílenn.»

«Neil.»

«Sei pronta ad andare via?»

Faílenn gli sorrise timidamente.

«Lo farò solo per me, ma se tu vuoi seguirmi...»

Anche Neil le ricambiò il sorriso, mentre si lasciava andare in un pianto liberatorio e improvviso strizzando gli occhi; lei non l'aveva visto spesso, ma quando lo faceva sembrava proprio un bambino, indifeso, eppure tanto forte, comunque, da farla impazzire.

«Non posso stare senza di te, mi dispiace. Scusa, io non... non riesco a lasciarti. Quindi sì, verrò con te.»

Parlava con voce fine e singhiozzava un po', ma cercava di sembrare sicuro con quelle parole e lei l'aveva percepito. Gli prese la nuca giocando un po' con le dita fra i suoi capelli, dietro; poi lo avvicinò a sé e lo abbracciò. In un sussurro, vicino al suo orecchio, gli rispose chiudendo gli occhi.

«Nemmeno io, Neil,» gli rivelò, segretamente, «nemmeno io.»


Parole: 1879.

// stavo per mettermi a piangere. Stava diventando troppo doloroso, quindi non sono riuscita a farla finire male. D'altronde il tema non era angst. Non che io l'abbia rispettato molto comunque, quello vero, volevo fare qualcosa di più metaforico ma ho descritto poco questa ipotetica metafora del tatuaggio. Però va bene così, come vedete almeno sono tornata. Poi recupero le altre, probabilmente sforando a novembre. Ma anche questo, va bene così. \\

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top