14. Armor

Volava leggero e silenzioso nell'aria, la criniera mossa in onde dal vento. Il corpo sinuoso si dipanava come un inconsistente nastro di seta, in eleganti giravolte. Le vele candide di un veliero erano gonfiate dalle correnti, mentre l'oceano scintillava al sole dorato del pomeriggio primaverile. Scese in picchiata, tuffandosi poco lontano dalla nave. Le sue spire lucenti spansero bagliori iridescenti quando riemerse al fianco della barca. Le grandi vibrisse captarono stupore e meraviglia, mentre in un ampio e lento arco incorniciava la nave, immergendosi nuovamente nelle onde dell'oceano. Intrattenne i marinai in una serie di evoluzioni armoniose, come una danzatrice dalla lunga gonna di stoffa sinuosa. Tra di loro notò un giovane mozzo, dagli occhi neri come le perle più preziose, vigili come quelli di un gabbiano. Si immerse nei flutti. 

Il porto presentava una lunga via di pub dove si serviva birra dorata e spumosa. Tra i marinai che giocavano a dadi con la dea Fortuna molti artisti intrattenevano con i loro spettacoli sia gli animi nobili che quelli più maliziosi. "Cosa succede laggiù?" "Sarà un'altra prostituta che agita il culo in attesa di un cliente, cosa potrebbe mai essere? Ragazzo, sei troppo ingenuo, certe volte!" Si avvicinarono comunque al cerchio di uomini. Il ritmo incalzante tamburi  guidava i passi di un giovane uomo. Gli occhi erano affilati come zaffiri intagliati, della stessa sfumatura brillante, i lunghi capelli erano lucenti e scuri come l'olio nero che si usava per accendere le lampade. I suoi movimenti aggressivi richiamavano la violenza impietosa di una tempesta, in contrasto con le vesti di seta, gonfie e tinte meravigliosamente con i colori dell'oceano. Nelle mani stringeva due ventagli con raffigurati due dragoni, rossi e dorati. Sulla sua fronte brillava una perla, incastonata in una tiara d'argento. Finita la danza, i loro sguardi si incontrarono.

Le sue labbra sapevano di sale e i capelli avevano il profumo del vento. Gli carezzò la guancia, candida e liscia. I suoi occhi alla fioca luce del mattino erano del colore intenso del lapislazzuli. Sorrise dolcemente e spinse il viso contro la sua guancia. "Se ci scoprissero potrebbero ucciderci." "Ti proteggerei." "Sei così esile." "Ho un'armatura che non può essere penetrata." "Davvero? Eppure non la avevi addosso." Rise piano, enigmatico, e si strinse a lui, abbracciandolo: "Ho i miei segreti." Sentì le sue dita carezzargli la schiena, prima che il braccio si tendesse oltre. Sentì il leggero rumore di una lama sguainata e fece per alzarsi. Venne tenuto fermo dal giovane mozzo. "Ti prego, non farlo." "La tua armatura serve a noi." "Non farmi questo, ti prego. Potrei aiutarvi, senza che..." "Non l'ho deciso io." "Ma..." "Mi dispiace." Pianse e le sue lacrime appena lasciarono la sua pelle divennero candide perle. La lama penetrò la pelle calda e morbida prima che ridiventasse una cotta di scaglie dure come il diamante. Il mozzo si liberò dal peso del drago, che agonizzava sul loro letto, vomitando sangue sulle lenzuola. I loro occhi si incontrarono ancora.

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