- XI - L'urna

Buio.

L'unico rumore che sento è quello del mio cuore; il sangue pulsa nelle vene e mi rimbomba nelle orecchie come un fiume in piena.
L'aria calda che esce dalla mia bocca si infrange contro la parete metallica di fronte a me e risale sul mio viso, offuscando i vetri gelati dei miei occhiali.

Ho freddo.

Avrei dovuto saperlo che prima o poi sarebbe finita così.

Passi.

La vita del ladro non è certo una delle più sicure, eppure speravo che sarebbe finita diversamente.
Di certo non avrei mai voluto passare i miei ultimi istanti chiuso in un armadietto all'ultimo piano di un vecchio rudere abbandonato.
Eppure, eccomi qui.

I passi si fanno sempre più svelti.
Presto mi troveranno.

Non avrei mai dovuto accettare questo lavoro. Solo ora mi rendo conto di quanto sia stato stupido.
Stupido!
Stupido Frank!

Li sento bisbigliare.
Si sono accorti che l'urna non è più al suo posto.
Cazzo!

Sto tremando dal freddo, o dalla paura, non lo so più ormai... Devo calmarmi. Regolarizzo il respiro e lecco via le gocce di sudore che mi bagnano le labbra; ma la lingua si impasta, s'appiccica alla bocca. Non ho più salivazione.

Si avvicinano.

Un dolore sordo al petto mi costringe a stringere i denti.
Non posso.
Fare.
Rumore.

Il dolore si dirama al braccio sinistro e poi su, alla base del collo e fin dentro la gola, tanto da farmi andare in apnea.
Non.
Posso.
Muovermi.

Sono sempre più vicini.

Deglutisco ed è come avere una palla di filo spinato che scende giù, per poi piantarsi alla bocca dello stomaco.
Mi stringo il petto con le mani e l'urna scivola via.

Un solo istante.
Un'unica disattenzione.
Un solo tonfo e l'eco del tintinnio che si espande nella stanza.

Non.
Posso.
Chiedere aiuto.

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