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"Per perdere una cosa occorre prima averla posseduta. Noi non abbiamo mai avuto nulla di nostro in questa vita, mai avuto nulla da perdere, nulla da fare se non cantare, cantare con la gola, la pancia, la testa, il cuore, lo spirito, con tutta la polvere delle nostre anime innamorate."
- Christian Bobin
Sono cresciuta con l'idea che la famiglia sia fondamentale per una vita che si basa su rapporti precari e imprevedibili, che un giorno rappresentano l'unico mezzo di sopravvivenza da tutta la malvagità del mondo, e l'altro diventano parte integrante di quella stessa provocatrice di sofferenza.
È impossibile mantenere questo genere di legame, come quando si cerca di conservare, per più tempo possibile, l'acqua nelle mani a forma di coppa, ma questa inevitabilmente cadrà giù, fuggente come il sole al tramonto ma senza quella speranza del suo maestoso ritorno nell'alba.
Al contrario i genitori rappresentano una sorta di stella polare, non sempre visibile, ma perennemente presenti, ad illuminare e guidarci in questo tortuoso sentiero di incertezze.
È questo il mio pensiero, o almeno lo era, fino a quando dopo un grande dolore, l'unica persona che avrebbe dovuto esserci, il mio scudo, era inspiegabilmente scomparso, senza lasciarmi niente, portandosi con sé una parte della mia anima che non ho più rivisto e che penso mai rivedrò.
Il mio passato mi ha marchiata sotto la pelle, fin dentro le ossa. Posso ancora sentire quella bambina di otto anni che piange, avverto ancora le sue grida e il suo dolore che mi scorre nelle vene.
L'ha lasciata. Mi ha lasciata qui, in questo posto, sola.
Non ho mai capito bene come funzioni questo luogo, e onestamente non mi è mai importato. È una sorta di istituto a cui sono collegati dormitorio scuola e palestra.
Di solito vengono portati i bambini "indesiderati", di qualsiasi fascia di età e la direttrice si mette in contatto con delle agenzie per le adozioni. Ogni settimana vengono numerose coppie e dopo essere sottoposti ad una lunga analisi qualcuno riesce ad uscire da questo inferno.
I primi tempi dopo l'accaduto sono stati per me molto complicati e l'ultima cosa che volevo era considerare l'idea di dovermi abituare ad un nuovo stile di vita con persone a me completamente sconosciute.
Passati i mesi però le giornate diventavano sempre più pesanti sia per quel senso di vuoto che mi attanaglia il petto ma anche per le persone che mi circondavano, che riversavano tutta la loro ira in parole crudeli rivolte a me.
Allora per un periodo provai a compiacere chi veniva con l'intenzione di adottare qualcuno. So che può sembrare brutto e opportunista, ma avrei davvero dato di tutto per allontanarmi da quel posto che mi stava distruggendo.
Però mi accorsi fin da subito che questi era interessati maggiormente ai neonati, sicuramente più facili psicologicamente da gestire. Fu per questo che poco dopo iniziai a non farmi mai vedere durante le "visite" per evitare l'ennesima delusione.
Così mi nascondevo nella mia "torre" lontana da tutto e tutti, consolata unicamente dalle mie innumerevoli passioni che durante questi anni ho avuto il tempo di coltivare.
Un po' come in questo momento, chiusa a chiave nella mia stanza con il mio pianoforte a muro.
Non mi sono mai considerata una musicista, o almeno non una particolarmente brava.
Ma per me la musica rappresenta l'unico modo per esternare tutte quelle voci che gridano nella mia testa. Solo attraverso una successione di accordi riesco almeno per qualche minuto a scordarmi di tutto il mio tormento.
Le melodie avevano fatto parte di me da sempre. Mi ricordo ancora quando mia madre sedendomi sulle sue gambe di fronte al suo magnifico pianoforte a coda bianco, poneva la sua delicata mano al di sopra della mia e mi guidava verso suoni che riempivano il mio cuore e la mia anima di una dolce sinfonia accompagnata dalla sua soave voce, che spesso riempiva le mura della casa portando armonia e gioia.
Alcune volte quando mi chiudo in questo mio mondo, mi sembra quasi di percepirla ancora al mio fianco o di sentire la sua voce riecheggiare anche in questa spoglia stanza, portando via le tenebre rischiarando con la sua limpida voce. Aveva questa capacità di donare a tutte le cose che faceva un certo luccichio, qualcosa di meravigliosamente fiabesco, o almeno era così che ricordavo, magari era l'illusione provocata dalla patina dell'immaginazione che tanto caratterizza lo sguardo dei bambini.
Non ho permesso mai a nessuno di entrare dentro questa stanza mentre suono. È una cosa che custodisco gelosamente. È uno dei pochi momenti in cui abbasso ogni difesa per concedermi di poter sentire ogni singola emozione quelle che più ti stimolano e quelle che più ti sconvolgono per potermi sentire viva.
Per me è un momento fondamentale, un momento che in realtà di momento non ha proprio niente, infatti non ha la caratteristica della fugacità ma più della permanenza.
Un istante che si dilata all'infinito facendomi perdere la cognizione del tempo.
È una cosa talmente intima non voglio che nessuno la profani, che possa rompere questo sottile legame che lega la musica , me e mia madre. È lei la musa ispiratrice di ogni mio spartito, è la creatrice di ogni accordo, come quando ero bambina continua ancora a sussurrarmi la sequenza di note da riprodurre.
Così nasce la mia musica e così in parte riesco a rimettere in ordine alcuni frammenti della mia anima.
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SPAZIO AUTRICE
Eccomi con un nuovo capitolo, so che è molto breve ma ho preferito dare un ulteriore introduzione al personaggio di Megan, senza però dilungarmi troppo su descrizioni. Dal prossimo capitolo inizierò la storia vera e propria.
Spero vi piaccia, al prossimo capitolo
Chiara 🖤🥀
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