PRIMA PROVA / La sostituta

Girone Albuquerque

Giudice: ElianaPi

CHI: Un/una ragazzo/a disabile

DOVE: regime totalitario in Italia

COME: fantascienza, distopia

PAROLE USATE: 1999

***



Le gocce di clorofol colavano pigre nel deflussore al ritmo di undici al minuto. Cecilia aveva trascorso la prima notte di degenza a contare ogni singola stilla color carminio in mancanza di alternative plausibili, e non aveva mai smesso. Il perenne ticchettio dell'anestetico contro le pareti del tubo era divenuto uno dei molti sottofondi forzati cui il ricovero l'aveva costretta.

«...assolutamente palesi le loro intenzioni, atte a scuotere le fondamenta dello Stato con il barbaro attentato di ventidue giorni fa. I terroristi del Fronte Democratico Milanese sono stati intercettati e catturati in prossimità della frontiera nord-orientale...»

Non vi era alcuna differenza fra la flebo e il telegiornale: entrambi la stavano tormentando da più di tre settimane, e di certo avrebbero continuato a tormentarla ancora. Sua madre aveva categoricamente vietato all'inserviente di spegnere il megaschermo e perfino di abbassare il volume dell'impianto sonoro.

"Non voglio che la mia bambina rimanga tagliata fuori dal mondo" l'aveva sentita sussurrare oltre il vetro opaco della porta. "Deve vedere quanto mi sto dando da fare per punire i mostri che l'hanno ridotta così".

«...peraltro accertate nuove vittime oltre a quelle già rese note dalla stampa, uccise dalla casualità di essersi trovate accanto all'auto presidenziale nel momento dell'esplosione. I corpi sono già stati rimossi e traslati nella camera ardente del Duomo per le esequie di domenica sera...»

Cecilia socchiuse le palpebre davanti all'insipido volto del giornalista. I fotogrammi della scorta spazzata via dall'onda d'urto lampeggiavano beffardamente sulle note di "Custodi d'Italia", l'inno del Partito Unico. Insieme alla classica sigla iniziale, era l'unica colonna sonora concessa ai telegiornali.

«...senza dubbio inconcepibile come le alte sfere del FDM abbiano rivendicato l'attentato definendolo "la giusta vendetta contro gli oppressori della diversità e dell'emancipazione personale". Vi ricordiamo a questo proposito lo speciale che verrà mandato in onda stasera riguardo i brutali metodi adottati dal Fronte nei confronti dei disertori. Considerati i suoi alti scopi didattici ed educativi, ne consigliamo caldamente la visione anche ai minori...»

Cecilia distolse lo sguardo dalle immagini ormai quasi totalmente sovrastate dagli annunci pubblicitari. Erano mesi che sua madre attendeva la messa in onda di quel maledetto programma: perché promuoverlo ancora quando era chiaro che sarebbe stato trasmesso in visione obbligata su ogni singolo canale? A volte la zelante accortezza di Aurora Della Rinata era davvero incomprensibile.

Sospirando, Cecilia rivolse gli occhi alla sfilata di slogan di prebellica memoria che ormai conosceva fin da quando era bambina. Robusti e sorridenti soldati in uniforme che marciavano insieme sotto gli stendardi del Partito. Rapide carrellate lungo il ciglio della strada, occupato da un'infinita schiera di Reietti. Volti deformi, grotteschi, meticci. Volti di pazzi o di incapaci. Volti che popolavano ancora gli incubi di Cecilia.

«Sono dunque questi i frutti della libertà?»

La telecamera cabrò verso una finestra socchiusa, mostrando una famiglia dagli occhi vuoti riunita davanti ad un piccolo, antico schermo digitale. Il padre e la madre erano così assorti nel fissarne la luce che nemmeno si preoccupavano di toccare cibo, a differenza del figlio maggiore che invece non faceva che ingozzarsi. Briciole e salse colavano sui rotoli di grasso, messi impietosamente in risalto dalla maglia attillata. Al centro di quel desolante squallore, un bambinetto di dieci o undici anni, col capo abbassato, si osservava sorridente le gambe: nient'altro che due stecche di carne biancastra che pendevano immobili fra una ruota e l'altra della carrozzella.

Cecilia si morse il labbro d'istinto, scossa da una fitta improvvisa. Le dita le si chiusero quasi meccanicamente intorno alle cosce, sfiorando i tubi che le avevano dovuto infilare nella pelle viva per evitare la cancrena. Strinse così forte da avvertire la pietra dell'anello premerle contro la carne, e dovette lottare contro se stessa per trattenere le lacrime.

«Sono dunque questi i cittadini di uno Stato civile?»

Ansimando e contorcendosi per gli spasmi, Cecilia si voltò verso il deflussore: no, il clorofol continuava a gocciolare come da norma... Lo strazio che ora stava provando era stato partorito dalla sua mente, non dal suo corpo.

«Ogni anno vengono spesi più di diciassette miliardi di euro nel mantenimento di immigrati, disabili e minorati mentali, mentre la vigorosa gioventù italica viene trascurata.»

La telecamera virò oltre uno dei famigerati sportelli che prima della guerra avevano distribuito pensioni e assegni di invalidità ai Reietti di ogni dove. File e file di stranieri e sudici profittatori attendevano smaniosi di poter ricevere i vitalizi, mentre poco lontano le suppliche delle vere famiglie d'Italia venivano trascurate.

«Sottoscrivi il Programma di Salute Nazionale promosso dal Partito Unico, e tuo figlio non verrà mai più sorpassato in nome di una libertà che favorisce i diversi e penalizza i normali!»

Il volto fiero e truccatissimo di sua madre apparve in dissolvenza sullo sfondo, mentre centinaia di tricolori garrivano sull'onda del vento.

«La nostra presidente Aurora Della Rinata ha bisogno di firme per salvaguardare il benessere di coloro che lo meritano davvero. Il Partito Unico sei anche tu. Chi non è sano, non è italiano.»

Cecilia aveva già teso le orecchie pronta ad udire la sigla di chiusura, ma un inaspettato ticchettio metallico le fece voltare di scatto la testa, per poi abbassarla su un paio di stivaletti candidi.

«Siete sempre più mattiniera, signorina.»

«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi così, Rebecca?» farfugliò Cecilia, risollevandosi fino ad incontrare i vispi occhi neri dell'inserviente. Il dolore che man mano andava scemando le dette la forza di abbozzare un sorriso fragile come le quattro pareti di similvetro che la circondavano. «E poi oggi arriva mia madre... e sai quanto lei odi la pigrizia.»

Rebecca spinse la carrozzella fin quasi a toccare il bordo del letto, lanciando una rapida occhiata alla flebo. «Tutto a posto? Nessun dolore particolare?»

«Nessuno» mentì Cecilia, puntellandosi a fatica coi gomiti sul materasso. «Avanti, fammi scendere da qui.»

Rebecca la aiutò a mettersi seduta, scostandole le lenzuola dalle gambe paralizzate. «Piano...» Le porse un bicchiere d'acqua fredda. «Prima la medicina.»

Cecilia la vide armeggiare con il pilbox, la lingua che faceva capolino dalle labbra. Quando poi l'inserviente fece scivolare un'unica, rosea pastiglia di duprofreneLan nel bicchiere, non poté fare a meno di sussurrare: «Con la prima in paradiso, con la seconda a nanna, con la terza in coma.»

«Ben detto, signorina.» Rebecca richiuse il pilbox nascondendolo in una delle tasche dell'uniforme. «Ora vi libero dai tubi, d'accordo?»

Cecilia non rispose, si limitò ad annuire e a puntare di nuovo gli occhi in direzione del megaschermo. Era stato il suono limpido e alieno del flauto ad incantarla, un suono che pareva essere stato sepolto sotto la miriade di sigle elettroniche composte dal Partito. «Rebecca, guarda!» esclamò, eccitata come una bambina, additando le colonne di marmo di Palazzo Grande inquadrate a campo lungo. «Il ballo...»

Una calda voce maschile si premurò di commentare: «Malgrado i tragici avvenimenti delle ultime settimane, la data del gala non ha subito modifiche e si attende già questo pomeriggio l'arrivo dei primi invitati. La nostra stessa presidente terrà un toccante discorso rivolto alle vittime dell'attentato...»

Scuotendo la testa, Rebecca finì di staccare l'ultimo tubo e spostò delicatamente le gambe di Cecilia verso il bordo del letto. «La medicina vi fa sembrare tutto più bello di quanto non sia in realtà.»

«No, non è vero» protestò Cecilia, senza smettere di fissare quell'incantevole mondo di luci e danze. Già le ritornavano alla mentre le passate fantasticherie, i sogni ormai svaniti, le speranze morte insieme all'esplosione... Ricordava l'abito rosso che sua madre le aveva fatto trovare una mattina sul letto: Cecilia aveva passato metà giornata ad accarezzarne ogni pizzo, ad immaginarsi fra le braccia di Antonio circondata dalle note dell'orchestra. «Era una delle cose più belle che avessi mai desiderato, e avevo promesso che ci sarei andata.» Le sue unghie avevano ricominciato a tormentare impercettibilmente la pietra dell'anello. «Gliel'avevo... promesso...»

Rebecca la convinse a darle la mano per farsi aiutare a sedersi sulla carrozzella. «Coraggio, non siate triste. Avrete di certo un'altra occasione...»

«Un'altra occasione?» ripeté sconcertata Cecilia. «Rebecca, io rimarrò così per sempre!» In un impeto di disperazione, si sferrò un pugno sul ginocchio. Avrebbe tranquillamente potuto scaraventarvi sopra un martello o una lama, e la sua reazione non sarebbe mutata: non avvertiva più nulla. «Nemmeno i medici sono riusciti a mentirmi: io non potrò mai guarire! Resterò qui dentro a guardare quello stupido telegiornal...»

Non riuscì a concludere la frase, perché un volto a lei fin troppo familiare aveva appena fatto la sua comparsa al centro del megaschermo. Una ragazza dai lunghi capelli bruni e dagli occhi lucidi per la commozione, fasciata da una divisa scura che recava sul petto una dozzina di medaglie dorate. Stava salutando la folla dalla balconata del vecchio parlamento, socchiudendo le labbra davanti al microfono: «Voi non avete idea di quanto sia contenta di rivedervi... rivedere tutti voi, così tanti, così leali a mia madre, a me, al Partito...»

Gli occhi di Cecilia si riempirono d'odio liquido, mentre i giornalisti s'affannavano a commentare: «State assistendo alla replica del discorso tenuto ieri a Roma da Cecilia Della Rinata, appena dimessa dall'Ospedale Nazionale nonostante le gravi ferite riportate a seguito dell'attentato. Come vedete, la giovanissima figlia della presidente si è ristabilita in tutto e per tutto e riprenderà al più presto le gare di atletica leggera per le quali si è allenata fin da quando era bambina...»

«Spegni» sibilò Cecilia. «Spegni, ti prego.»

L'inserviente aggrottò le sopracciglia, smarrita. Non era la prima volta che assisteva a certe scenate. «Sapete che non posso: gli ordini di vostra madre...»

«Spegni, Rebecca!» supplicò di nuovo Cecilia, scrollandole il braccio. Non voleva guardare. Non voleva ascoltare.

«Molti dei miei amici sono morti» udì mormorare lei stessa nel video, con quella voce vagamente metallica che la troupe dei tecnici aveva finito di sintetizzare solamente la settimana scorsa. «Il mio stesso fidanzato, Antonio Ranieri, è rimasto ucciso nel tentativo di farmi da scudo con il suo corpo. È stato terribile...»

«Spegni» balbettò Cecilia, portandosi le mani alle orecchie. «Spegni, non posso sentire... spegni...»

«Hanno cercato di colpire mia madre non solo nel corpo, ma anche nello spirito, attaccando la sua unica figlia.» La luce dei riflettori investì il viso privo di imperfezioni del cyborg costruito a sua immagine e somiglianza. La migliore tecnologia internazionale messa al servizio di una delle peggiori beffe del Partito Unico. «Ma io, Cecilia Della Rinata, sono sopravvissuta, e sono qui ad urlarlo all'intera Italia!» L'essere sollevò il braccio, e la calca, ormai euforica come non mai, l'imitò immantinente. «Lunga vita alla presidente! Lunga vita al governo!»

«Morte alla democrazia! Morte al FDM!» urlò il pubblico, agitando i pugni.

Durante uno dei vertiginosi zoom delle telecamere, Cecilia scorse il grosso anello di smeraldo infilato al dito della sua sostituta. Non aveva nulla a che vedere con quello che le aveva donato Antonio pochi mesi prima: evidentemente sua madre non doveva avervi prestato una grande attenzione...

«Rebecca» mormorò Cecilia, come svuotata di ogni sentimento che non fosse l'odio per il cyborg e per tutti quelli che avevano contribuito a crearlo. «Credi che mia madre mi farà morire di fame?»

Rebecca sgranò gli occhi. «Ma che cosa state dicendo?»

«Inserirà anche me nel Programma di Salute Nazionale? Oppure mi murerà qui per tenermi nascosta al resto del mondo fino alla fine dei miei giorni?» Cecilia scoccò un'occhiata astiosa alle gambe paralizzate. Perché era sopravvissuta? L'urto dell'auto contro il fianco del camion era stato così forte da uccidere Antonio sul colpo. Perché non era morta anche lei? Perché non lo aveva seguito? Perché? «Chi non è sano, non è italiano. Continuate a ripeterlo perfino qui in Ospedale... se le lesioni sono congenite o croniche come nel mio caso il decreto di mia madre vi obbliga a sospendere l'alimentazione del paziente fino al suo decesso...»

Rebecca si chinò a controllare il blocco delle ruote. «Vostra madre vi sta tenendo qui soltanto per il vostro bene, signorina.»

Proprio in quell'istante una breve melodia d'allarme avvertì entrambe che Aurora Della Rinata era appena entrata nell'ala protetta dell'Ospedale.

«Scommetto che c'è anche lei...» sussurrò Cecilia, passandosi la mano sugli occhi infiammati di rancore. «La sua nuova bambina.»

«Saranno tutte e due molto assetate per via del caldo» mormorò Rebecca, estraendo un paio di bicchieri dalla cassetta accanto al letto e riempiendoli d'acqua. Poi tolse di nuovo il pilbox dalla divisa e ne cavò cinque pastiglie esatte, facendone cadere due in un bicchiere e tre nell'altro. «Chissà se anche ad una creatura artificiale fanno effetto i farmaci.»

Cecilia sbatté confusa le palpebre. «Rebecca, ma cosa stai...»

L'inserviente le fece segno di tacere, e le porse il bicchiere che aveva accolto la maggior quantità di duprofreneLan. «Glielo vuoi dare tu stessa, Cecilia?»

La figlia della presidente udiva il cuore battere sempre più velocemente, quasi al medesimo ritmo dei passi che s'udivano risuonare fuori dalla porta. «Chi sei tu...? Non sei del Partito...»

Sorridendo, Rebecca aprì il colletto della divisa, e Cecilia sobbalzò. All'altezza della clavicola vi erano tatuate le iniziali del Fronte Democratico Milanese. «Avanti, Cecilia. Avevi promesso ad Antonio che avresti partecipato a quel ballo: davvero vuoi lasciare che un robot prenda il tuo posto... indossando il tuo stesso vestito?»

Cecilia afferrò tremante il bicchiere ormai saturo di medicinale. Abbassò gli occhi sull'anello, poi li risollevò sul volto di Rebecca. Come aveva fatto una ribelle a fingersi leale a sua madre per tutto questo tempo? Nessuna delle guardie all'ingresso dell'Ospedale aveva mai sospettato nulla... voleva dire che ce ne erano altri come lei nascosti lì dentro? E quanti erano? «Perché lo fai?» Continuava a porsi domande su domande, ma la verità è che aveva un'unica idea in testa: sbarazzarsi di quell'orrenda marionetta che stava impunemente recitando la sua parte. «Sono la tua nemica...»

L'infiltrata le voltò le spalle senza risponderle, e si avviò verso la porta.

Cecilia scorse l'ombra di sua madre e quella della sua sostituta oscurare la luce delle lampade al neon, e socchiuse le palpebre. Le parve già di sentirsi frusciare addosso la seta rossa dell'abito del gala. «Con la prima in paradiso, con la seconda a nanna, con la terza in coma» si ripeté.

Poi, Rebecca spalancò la porta.


***


NOTE:

Di solito sono contraria ai vari "Spazio Autrice" o cose del genere, ma questa volta mi sono sentita in dovere di lasciare un commento.

Questa OS è stata ispirata da un ricordo della mia infanzia. Da piccola svenivo molto spesso, e parecchi medici pensavano che fossi epilettica. Quando ero alle medie sono rimasta ricoverata in ospedale per più di due mesi di fila, ed è stata una delle esperienze più orribili della mia vita. Non ho fatto altro che starmene sdraiata a letto a fissare la flebo o la televisione finché poi non mi hanno dimessa dicendomi che non avevano ancora ben chiaro che cosa mi fosse successo... quindi so bene cosa Cecilia possa aver provato, credetemi.

Vorrei inoltre poter dire di essermi inventata di sana pianta gli slogan del fantomatico Partito Unico, ma purtroppo non è così: a parte gli ovvi riferimenti ad Hitler e al suo Aktion T4, alcune frasi che avete letto le ho sentite pronunciate dal vivo da persone comuni e in contesti del tutto normali. E la mia mente ha cominciato a porsi strane domande...

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