⇝ 5. Prendere o lasciare

Era abbastanza risaputo tra gli alunni dell'istituto che tra quelle mura la vita dei precedenti abitanti non fosse sempre stata tutta rose e fiori.
Era il genere di informazioni che si cercava di smentire con fermezza, ma che inesorabilmente passava di bocca in bocca senza che nessuno potesse farci niente; una leggenda che faceva accapponare la pelle a una buona parte degli studenti, sospirare avvilite le fanciulle, e far spergiurare i ragazzi di non sentirsi neanche un po' intimoriti.

E Sarah e i suoi amici non erano da meno.

Seduti ad un tavolino della mensa, gli studenti – tutti quelli che avevano assistito alla spaventosa apparizione di quella che sembrava essere proprio Renée Forthbay - meno Chase, che con l'orgoglio maschile ferito aveva preferito rifugiarsi nella propria solitudine, discutevano riguardo il misterioso accaduto della notte precedente.

« Non ho dormito questa notte, finirò per addormentarmi in treno. » si lamentò Amber

Emma diede un paio di pacche consolatorie alla rossa, che con due borse violacee sotto gli occhi mescolava svogliatamente il proprio the verde.
Sarah, anche lei piuttosto stanca per un sonno non troppo tranquillo, aggiunse una bustina di zucchero al suo caffè con eleganza, non riuscendo a trattenere un mezzo sorriso: se c'era qualcosa che la stuzzicava, oltre ai misteri, era proprio vedere la gente in fibrillazione per un qualcosa di inspiegabile. Il tutto era ancora più spassoso, se l'assonnata in questione si trattava di Amber Mercedes Jones, colei che si era sin da subito dimostrata scettica riguardo la leggenda del fantasma.

« Quindi adesso ci credi? » domandò Logan con una punta di derisione.

« No che non ci credo! E non usare più quel tono, sei scappato a gambe levate pure tu! » negò stizzita lei.

« Ah no? Allora spiega la tua improvvisa difficoltà a dormire. » infierì Max con insistenza.

« È perché non sono abituata a dormire su dei materassi così scadenti, mi sembra ovvio. » si giustificò la rossa, la cui voce si era fatta più acuta per il fastidio.

« Oh, capisco perfettamente, principessa. » ribatté Max. « Il baccello di pisello sotto di esso vi ha disturbata, vostra altezza? »

La riccia si voltò verso la sua fedele compagna, Emma, e sbuffò sollevando gli occhi al cielo, quasi a volersi lamentare del fatto che nessuno le credesse.

« Siamo sinceri: ci siamo cagati sotto tutti, nessuna eccezione. » intervenne Nick.

Sarah ricordava ancora alla perfezione la fastidiosa sensazione di sentire il proprio cuore salire con prepotenza in gola e, per quanto detestasse ammetterlo, alla vista dell'ombra intenta ad osservarli aveva quasi avuto la tentazione di scappare subito via urlando, senza prima avvertire gli altri come invece aveva fatto.

« Certo, non nego di aver perso dieci anni di vita. » ammise Logan con tranquillità, addentando un bagel con prosciutto.

« Se tu ne hai persi dieci, penso che Chase abbia i giorni contati... »

I sette ragazzi si voltarono all'unisono verso il compagno, seduto da solo e con il viso pallido.
La sera precedente, quando tutti se l'erano filata nei dormitori femminili, il poveretto era rimasto appeso al cancello per diversi minuti, fino a quando l'ombra di Renée non era svanita e i ragazzi non erano andati a soccorrerlo per riportarlo in camera. Una situazione che, a dirla tutta, Sarah aveva trovato a dir poco esilarante e che non vedeva l'ora di raccontare ad Eva, giusto per il semplice gusto di avere una storia degna di essere ascoltata.

« Sembra un'anima in pena. » disse Logan.

« Rimarrà traumatizzato a vita. » aggiunse Max.

« Secondo voi è vero che un forte spavento può provocarti i capelli bianchi? » domandò Emma, cambiando totalmente discorso.

La ragazza, in assenza di risposte, si controllò scrupolosamente alcune ciocche chiare, come se il color perla avesse potuto sovrastarne la tinta in punti casuali.

« Magari così non ci si avvicinerà più. »

« Jones... » finse di rimproverarla Logan.

« Che c'è? Ho solo espresso un parere comune. » fece spallucce la rossa. « È l'unico lato positivo di avere a scuola quella squilibrata di Renée... »

« E così ora ritorni a parlare dell'argomento come se fosse vero? » le fece notare Max.

Amber lo guardò con occhi che mandavano lampi, innervosita dal fatto di essersi fregata di nuovo involontariamente.

« Che palle! Certo che non è vero, stavo solo dicendo-. »

« Stavi implicitamente ammettendo di credere alla leggenda. »

Le guance di Amber si colorarono di rosso per la vergogna e, senza nemmeno aver finito di fare colazione, si alzò e guardò dritto in viso il biondo.

« Io me ne vado. Mi sembra di parlare con degli idioti. »

Emma le afferrò un polso con delicatezza per fermarla.

« Dai, fermati ancora un po'. » le disse.

La riccia guardò dapprima la compagna di banco, poi Logan e Max che ridevano sotto i baffi, dopodiché Nick, che la guardava impassibile, e infine Sarah e Lauren, che le sorrisero concilianti.

« E va bene, mi fermo. » cedette Amber, sedendosi con una compostezza degna di una reale e afferrando nuovamente il cucchiaino per ricominciare a mescolare il the. « Ma per oggi non voglio più parlare con voi due cretini! » berciò indicando con la finta argenteria i due ragazzi intenti a sghignazzare davanti a lei.

Calato un momento di silenzio, in cui Amber sembrava attendere la stoccata successiva da parte di Max e di Logan solo per avere una scusa che giustificasse una sua rappresaglia, Sarah decise di ritirare in ballo la vecchia conversazione interrotta bruscamente dai commenti di Max.

Dopotutto, una delle cose che più appassionavano Sarah, era spettegolare.

« Pensi che quanto successo ieri sera sia valsa la pena di essersi tolti di mezzo Chase? » le domandò con voce angelica.

« Assolutamente. Non mi piace quello lì, mi sembra falso. » affermò la rossa.

Forse percependo inconsciamente gli occhi dei sette ragazzi su di sé, Chase si voltò istintivamente nella loro direzione. Le uniche a fingere di non averlo mai guardato furono Lauren e Sarah, che non appena lo videro ruotare la testa simularono di star ammirando il contro soffitto bianco della mensa.

Chase, distolse lo sguardo imbarazzato.

« Voglio dire, sembra sempre volersi spacciare per qualcuno che non è. E poi ti guarda sempre sempre come se ti stesse spogliando con gli occhi, è un viscido. Lunedì scorso ha flirtato con me e mi ha chiesto di uscire! Ma come si permette?! »

« Wow, davvero un delinquente. »

Amber ignorò l'ennesimo intervento provocatorio di Torres e continuò il suo discorso:

« Detto senza peli sulla lingua, sono convinta che sia meglio non averci nulla a che fare con elementi del genere. E se quella matta di Renée è servita a togliercelo di torno, allora sono proprio contenta che sia morta. »

« Amber, non parlare così di lei... » mormorò Emma, guardandosi attorno spaventata, come se si aspettasse di vedere la sagoma della defunta sbucare fuori all'improvviso. « Potrebbe sentirci. »



Le due settimane successive alla misteriosa comparsa di Renée furono per Sarah molto frenetiche: divisa tra lo studio, il comportamento evasivo di Lauren – che scoprì grazie a voci di paese per L'Amable essere dovuto ad un burrascoso divorzio dei suoi genitori del quale, a quanto sembrava, la ragazza sembrava non voler parlare – e speranza di rivedere un'altra volta il fantasma della malinconica Renée, la giovane non aveva avuto molto tempo per concentrarsi su se stessa.

In più, quando Eva Young le diede l'onore di dedicarle un briciolo del suo tempo tramite una chiamata al telefono, Sarah non riuscì in alcun modo a raccontarle dei suoi primi, frenetici quattordici giorni alla Forthbay High School, poiché Eva non la lasciò parlare un attimo – difatti costringendola ad ascoltare e basta. Di nuovo.

Sarah, in quelle settimane, aveva passato così tanto tempo in biblioteca da poter ripercorrere il percorso dormitorio-libreria da bendata senza mai andare a sbattere contro qualcosa.

Aveva anche memorizzato la maggior parte dei volti degli altri ragazzi con la libreria come tappa fissa giornaliera; per lo più adolescenti che sembravano frequentare terzo e quarto anno, Sarah aveva appurato di far parte della piccola minoranza di età inferiore.

Il che, considerando quanto la stava già facendo sudare il professor Peterson, di storia, o la professoressa Stewer, di matematica, le dava una prospettiva molto poco rassicurante degli anni a venire.

E ad un occhio di lince come Sarah non sfuggì certo che, a pochi tavoli di distanza, c'era sempre seduto il senior dai capelli scuri, incrociato il primo giorno di scuola.

Per lo più accanto a tomi di storia odierna e poesie, il ragazzo era sempre da solo, vestito di nero, con il capo chino su un quaderno e la mano che freneticamente appuntava qualcosa. Per la quattordicenne, che non poteva fare a meno di gettargli occhiate curiose ad intervalli regolari di pochi minuti, emanava un'aura di mistero a cui non riusciva a resistere.

Chi era? Che classe frequentava? Sapeva solo che per tornare a casa prendeva la sua stessa navetta.

Sarah aveva addirittura provato a passargli vicino, nella speranza di intravedere da qualche parte una targhetta che potesse rispondere alle sue domande, ma invano.


Con i primi di ottobre erano iniziati anche i corsi dei club, e Sarah non poteva essere più agitata di così: stava per ritrovarsi faccia a faccia con quel mostro di presidentessa di cui aveva tanto sentito parlare.

Era tornata in camera in sua per cambiarsi e mettersi qualcosa di carino, giusto per fare una buona prima impressione, e si era presa tutto il tempo necessario per mettersi in ghingheri. Peccato che, non appena lasciò il dormitorio e si chiuse alle spalle il portone sul retro della scuola, si dimenticò istantaneamente dove dovesse andare precisamente.

Dov'era la classe di giornalismo? Era al primo piano? O invece era al secondo? Ciliegina sulla torta, la circolare con segnata data, ora e classe precisa era stata dimenticata in camera sua.

Con la mente annebbiata dal panico di arrivare in ritardo, Sarah non pensò minimamente di fare un'altra scappata al dormitorio e controllare velocemente l'avviso, limitandosi a deambulare sperduta per gli androni e attirando l'attenzione di personale scolastico e studenti.

Passando davanti una classe con la porta aperta, la ragazza decise di mettere da parte la timidezza e infilare dentro la testa, interrompendo due ragazzi mentre parlavano tra loro. Alle loro spalle, una professoressa – la responsabile del corso – scribacchiava frettolosamente su un foglio.

« Scusatemi... » iniziò con un filo di voce. « È qui il club di giornalismo? »

Solo una volta aperto bocca si accorse che uno dei due presenti era proprio il ragazzo della biblioteca.

E fu proprio costui a risponderle.

« No, teatro. Giornalismo è al secondo piano. »

Sarah lo ringraziò e filò via, fiondandosi verso la rampa di scale più vicina per salire i gradini a due a due. Quando posò il piede sull'ultima alzata aveva il fiato corto, ma non si fermò nemmeno un secondo per fare un respiro profondo e prese a girare ancora senza una meta. Avrebbe dovuto domandare ai ragazzi di teatro se sapessero la classe precisa, si disse frustrata.

Ma grazie al cielo, dopo quelle sventure, la fortuna sembrò sorriderle per un istante: in fondo al corridoio, all'inizio dell'ala più moderna, c'era una stanza con la porta aperta e un ragazzino all'uscio si guardava attorno in continuazione.

Sarah accelerò il passo verso di lui, pregando silenziosamente di aver finalmente trovato il suo corso. Il ragazzo – un tipetto di bassa statura, con i capelli biondi e gli occhi blu – ruotò la testa verso di lei, si sfilò gli occhiali da vista, li pulì contro la camicia a quadri, e se li rimise.

« Club di giornalismo? » domandò Sarah affannosamente.

« Affermativo. » replicò questo, sorridendo e mostrandole l'apparecchio ai denti.

« Isaac. » si presentò tendendole una mano.

« Sarah. » replicò la ragazza, ricambiando la stretta frettolosamente e precipitandosi a prendere posto.

I presenti erano sì e no una trentina e, seduti alla cattedra, c'erano tre ragazzi e il professore dai baffoni grigi che Sarah aveva visto in aula magna il suo primo giorno. L'uomo, non appena gli adolescenti accanto a loro decretarono di aver atteso a sufficienza che tutti gli iscritti si facessero vivi si alzò dalla sedia e con voce nasale cominciò solennemente:

« Sono il professor Corner, insegno scienze ai ragazzi del corso C e B e faccio anche da controllore a questo club... »

Il docente responsabile dopo un primo momento passato effettivamente a presentare il corso e le sue mansioni, finì per perdersi in un bicchiere d'acqua e parlare di argomenti che, con il giornalismo, c'entravano come i cavoli a merenda. Sarah, per evitare di rendere palese il proprio tedio, prese ad osservare gli altri ragazzi alla cattedra, che al contrario suo sbadigliavano e sollevavano gli occhi al cielo senza farsi alcun problema.

Seduta al centro c'era una giovane donna con il viso spigoloso e rozzo; aveva un'espressione austera, con i capelli scuri tagliati corti e una schiera di orecchini e un dilatatore all'orecchio destro.

Accanto a lei c'era una ragazza dalle forme più morbide e femminili - forse accentuate dal lieve sovrappeso - con una smorfia annoiata, la pelle nera e i capelli crespi raccolti in una coda.

E infine, tra quest'ultima e Isaac, c'era un giovane che, sebbene fosse seduto, lasciava perfettamente intendere la sua stazza; Sarah se lo immaginava rasentare il metro e novanta per altrettanti novanta chili e passa di peso. Questo, con le guance piene, gli occhi scuri semichiusi e i capelli rossi, sembrava quasi sul punto di addormentarsi davanti al discorso senza senso del professore.

Solo dopo quello che Sarah immaginò essere stata una ventina di minuti, l'uomo si fermò. Si grattò i folti capelli brizzolati, si arricciò un angolo dei baffi, e riprese:

« Ora vi lascio parlare con alcuni vecchi iscritti, io vado a prendermi un caffè e torno. »

Una volta abbandonata l'aula, la ragazza dai capelli corti si alzò nel più completo silenzio senza nemmeno abbozzare un sorriso e si posizionò dove fino a poco prima c'era il docente.

« Allora, non ho tempo da perdere, perciò sarò breve e concisa: il professor Corner non tornerà, potrete considerarvi fortunati se lo vedrete giusto a inizio ora. » iniziò con voce dura.

Sarah capì subito di avere davanti la tanto chiacchierata presidentessa del club, colei che si era conquistata il titolo facendo ritirare la sua predecessora.

« Io sono Olivia e mando avanti la baracca. Questa dietro di me è Sierra, mia vice, lui è Isaac, e lui è Nelson. » disse indicando i ragazzi ancora seduti alla cattedra. « Loro sono dei giornalisti, si occupano degli articoli e intervistano se necessario. Voi no, voi revisionate e basta. »

Dal fondo dell'aula, un singhiozzo indignato fece voltare tutti quanti, Sarah compresa. Un ragazzo con i capelli lunghi e le braccia incrociate guardava la presidentessa dall'alto in basso.

« E cosa dovremmo fare quando voi non avete ancora preparato nulla? » domandò a denti stretti.

« Non è un mio problema. » replicò Olivia senza mezzi termini « prendere o lasciare. Se non ti sta bene sei libero di ritirare l'iscrizione, i club e i corsi mezzi vuoti accettano gente anche dopo la data di consegna dei moduli. Tipo quello di cucito, la Singh sarà felice di sapere di dover insegnare a undici persone invece che a dieci. »

Infine, Olivia si rivolse a tutti i presenti:

« Ho detto quello che avevo da dire, se non vi sta bene siete liberi di andarvene. »

Sarah, che non si mosse dal suo posto di nemmeno un millimetro, osservò con espressione impassibile alcuni studenti abbandonare l'aula, accompagnati da un brusio sdegnato.

***

E siamo giunti al quinto capitolo! 

Alla fine Sarah ha deciso di buttarsi, ma sarà stata una buona idea? E chi è questo senior così affascinante? Lo scopriremo solo leggendo! 

Scherzi a parte: siamo solo agli inizi, ma per ora come vi sta sembrando questa storia? Si accettano consigli e pareri di qualsiasi tipo, purché posti con la dovuta educazione. 

Besos, 

Lily:*

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