⇝ 3. Chi non risica non rosica
« Benvenuti, ragazzi. » salutò l'insegnante, vestita da capo a piedi con abiti dall'aria molto costosa, con un sorriso.
La classe, invece che rispondere con un altro saluto, tenne la bocca cucita limitandosi a guardare la donna seduta alla cattedra.
Sarah, che aveva soffiato da sotto il naso di due ragazzi i banchi in fondo all'aula, adesso spariva alle spalle di uno di loro che, ad occhio, sembrava già sfiorare il metro e ottanta.
Quindi, riassumendo: aveva scoperto che probabilmente non avrebbe potuto scrivere nessun articolo di giornalismo e adesso si era anche ritrovata coperta da un compagno troppo alto. Mancava soltanto che Lauren decidesse di piantarla in asso per fare baldoria con le sue nuove amiche, così come era solita fare Eva.
"Anno nuovo, vita nuova" un corno.
La professoressa, di fronte al mutismo degli alunni, borbottò qualcosa tra sé e sé che nessuno udì e continuò a presentarsi.
« Sono Deborah Wilson, vostra insegnante di francese. Vi do il benvenuto, e vi auguro un sereno primo anno alla Forthbay. » Pausa. « Allora, parto col dire che per i miei standard sono già indietrissimo con il programma... » riprese freneticamente.
Sarah sollevò la testa, confusa da quel cambio improvviso di atteggiamento. Scambiò uno sguardo perplesso prima con Lauren, seduta accanto a lei, e poi con un paio di ragazzi in seconda fila, che spaesati quanto lei si erano voltati per vedere se anche i compagni si sentivano in quel modo. Dopo aver constatato di non essere l'unica a trovarla strana, la quattordicenne invece che fare spallucce per fare la simpatica, si limitò a riabbassare lo sguardo.
« ...Ho da farvi ripassare la grammatica; poi ho intenzione di farvi studiare anche un pochino di storia canadese e farvela ripetere in francese perché l'anno scorso ho assistito ad una performance in lingua di un alunno che mi ha causato problemi di insonnia. »
Altre occhiate perse scambiate tra studenti.
« Che figuraccia con i miei colleghi, chissà cos'avranno pensato di me... » mormorò la Wilson più tra sé e sé, che ai ragazzi in ascolto.
Ad un certo punto, dopo un breve momento di imbarazzante riflessione, la donna si riscosse dai suoi pensieri e tornò alla carica.
« Non ho alcuna intenzione di sfigurare davanti agli altri insegnanti di francese. » ribadì con fermezza, rendendo la sua voce ancora più acuta. « Ho tante cose da fare e così poco tempo... avanti, prendete il quaderno! »
Una ragazzina dai lunghi capelli ricci e rossi alzò la manina pallida per richiamare l'attenzione della donna, che le diede la parola distrattamente.
« Professoressa, è il primo giorno di scuola. » le fece notare l'alunna.
« Sì, lo so, ma... »
« Non ha nemmeno fatto l'appello. » la interruppe ancora la rossa.
L'insegnante parve infastidita da quell'atteggiamento, ma fece un respiro profondo per calmarsi.
« Sì, l'appello, giusto. Non vi ho nemmeno fatto presentare, avete ragione. È che ho così tante cose da fare... »
La Wilson allungò le mani verso il registro elettronico, si mise sul viso degli occhiali di Dolce e Gabbana con la montatura da gatta e, prima di cominciare ad elencare i nomi, rimase a fissare lo schermo davanti a lei.
Sarah si sistemò sulla sedia, consapevole che quello fosse il momento ideale per un primo studio dei suoi nuovi compagni.
« Anderson, Chase Andrew. » pronunciò limpidamente.
Un ragazzino grassoccio sollevò un braccio timidamente; gli occhi di Sarah e della donna si posarono subito su di lui – curiosi quelli della prima, neutri quelli della seconda.
« Piacere, Anderson. » disse l'insegnante forzando un sorriso.
« Piacere. » replicò lui con finta voce virile, quasi stesse flirtando.
Sarah alzò gli occhi al cielo. Da una semplice battuta le era risultato ovvio che Chase fosse ancor peggio di lei: un elemento emarginato che, invece che prendersi del tempo per affermarsi, si butta a pesce nella mischia con scarse doti d'attore.
« Prego, presentati: da dove vieni? Cosa ti piace fare nel tempo libero? Come mai ti sei iscritto qui? »
Sarah guardò Chase Anderson con perplessità: perché la gente doveva mettersi così tanto in ridicolo sin da subito?
E mentre Chase parlava a vanvera elencando un sacco di fesserie, la quattordicenne studiò i volti e le espressioni degli altri ragazzi solo per avere rivedere lo stesso grado di dubbiosità.
Più Sarah lo guardava, più si convinceva del fatto che Chase fosse il classico esempio di "tutto fumo, niente arrosto". E dopo aver passato una vita al fianco di Eva, la mora, di bugie, se ne intendeva parecchio.
La pietosa performance di presentazione di Chase Anderson, condita con ogni genere di irrealistica farneticazione, terminò con la stessa falsa sicurezza con cui era cominciata.
I nomi scorrevano con velocità, e mentre Lauren a malapena ascoltava quanto veniva detto, Sarah non si perdeva nemmeno una parola dei suoi compagni, riuscendo addirittura a capire a grandi linee la psicologia di qualcuno di loro.
Ad esempio, Amber Mercedes Jones, la ragazza dai lunghi e voluminosi capelli ricci e color rame e dagli occhi verdi che aveva ricordato alla Wilson dell'appello, le sembrò fin da subito molto attaccata alle valutazioni dei professori e di essere un tipetto affatto timido. In più, come aveva tenuto a precisare, adorava tutto quello che riguardava la moda.
Un ragazzino dai capelli biondo scuro e gli occhi scuri, Maximilian Torres aveva intrattenuto la classe per cinque minuti buoni raccontando barzellette e facendo battute che, più e più volte, avevano spinto la professoressa a tentare di passare oltre.
Quando giunse il turno di Lauren, la pianista dimostrò non poche difficoltà a lasciarsi andare.
« Con calma, non ti mangia nessuno. » dovette ripeterle più volte l'insegnante, che davanti a tutta quella timidezza non aveva potuto fare a meno di intenerirsi.
La Wilson pensò subito di trovarsi davanti al classico alunno a cui si deve sempre cavare le informazioni dalla bocca. E aveva ragione. Sorrise incoraggiante alla ragazza.
« Una cosa alla volta: hai qualche hobby, Lauren? »
La chiamò per nome per tranquillizzarla.
« Mi piace suonare il pianoforte. » fu la scarna risposta della ragazzina.
Sarah pregò di riuscire a fare una figura migliore di quella dell'amica, perchè sapeva che la prima impressione era tutto. Respirò profondamente e si spostò i capelli neri dal viso tenendo lo sguardo basso; quando sollevò gli occhi, il ragazzo a cui aveva soffiato il posto e che si era voltato verso Lauren, le sorrise velocemente mettendo in mostra l'apparecchio ai denti, prima di riposare tutta la sua attenzione sulla bionda timida accanto a Sarah.
Il giovane dai capelli castani in questione, successivo a Lauren nell'elenco alfabetico, e che la quattordicenne scoprì chiamarsi Logan Ross, la colpì subito per una particolarità genetica alquanto rara: manifestava l'eterocromia oculare. Aveva un occhio verde, e uno castano chiaro. Quest'ultimo condì la sua referenza con battute ironiche sulla stessa scia di Maximilian Torres e la Wilson, dopo aver spostato gli occhietti neri dal primo al secondo, non riuscì a trattenere un'espressione stizzita: aveva ben due studenti che facevano parte della peggior razza di alunni che una docente potesse mai ritrovarsi a dover gestire. Tuttavia, tra i due, per ragioni sconosciute a tutti, la donna sembrava reggere di meno il biondo.
Quando cominciò a parlare Remi Spears, unico ragazzo che la separava dal suo momento, Sarah si affrettò a sistemarsi i capelli, a trovare una posizione che comunicasse assoluta tranquillità e che non facesse capire troppo quanto in realtà si sentisse in ansia.
Quando Remi Spears smise di parlare, Sarah aveva preparato nella sua mente un discorso degno di un'autobiografia. Una disquisizione talmente ben fatta, che la ragazza si aspettava addirittura di ricevere un applauso scrosciante sotto una pioggia di rose.
Sì, si sentiva carica e pronta per mettersi al centro del palco. Sentiva di poter sollevare il mondo con un dito, di...
« Sarah Anne Williams? »
...di voler solo scappare via e nascondersi.
Sarah allungò una mano verso l'alto e vide tutti i visetti dei compagni voltarsi verso di lei all'unisono. Deglutì per disfarsi della fastidiosa sensazione di percepire il proprio cuore in gola, ma si rivelò del tutto vano.
« Sei una parente di Peter Williams, in 4^A? » le domandò la Wilson.
Un classico; Sarah, a causa del suo cognome molto comune si era sentita associare ad un numero spropositato di ragazzi nel corso della sua vita e, sebbene non fosse colpa di nessuno, cominciava anche a stufarsi di quella stupida domanda.
Presto o tardi avrebbe preso a girare per i corridoi con un cartello che recitava: "Non ho fratelli o sorelle, né cugini-Williams. Lasciatemi stare."
Forse così l'avrebbero finalmente finita di porle sempre il medesimo quesito.
« Ehm... no. »
« Oh, non fa niente. Prego, hai qualche hobby? »
"Tantissimi. Mi piace scrivere, ascoltare la musica, passeggiare nella natura, le storie di qualsivoglia tipo..."
« Ascolto la musica. »
Tutto qui. Il cervello di Sarah le aveva fatto dire solo quello. Nel tempo verbale sbagliato, tra l'altro...
La professoressa le riservò lo stesso sguardo impietosito che aveva rivolto a Lauren, quando qualche minuto prima si era dimostrata particolarmente riservata.
Sarah boccheggiò un po', prima di riuscire a tirare fuori qualcos'altro.
« Mi piace uscire con le mie amiche. »
Quella poi poteva essere considerata la balla del secolo.
Quali amiche, che le uniche di cui si poteva vantare avevano tutte qualcosa che non andava? Arielle viveva a cinque ore di distanza, fare una passeggiata con Lauren sarebbe stato come parlare da sola e farlo con Eva avrebbe portato, prima o poi, a un qualche battibecco.
« E da dove vieni? »
"L'Amable, proprio come Lauren, seduta qui accanto a me."
« L'Amable. » si limitò a rispondere.
Una scena talmente pietosa che Sarah si sarebbe messa le mani addosso da sola.
« Oh, come la signorina... Rodgers? » domandò la docente controllando sul registro.
E ancora una volta, invece che mettersi a parlare di sé e della sua amicizia con Lauren, Sarah si limitò ad annuire con il capo.
Vedendo che la quattordicenne esitava a raccontarsi, la Wilson preferì evitare ulteriori silenzi imbarazzanti e passò all'alunno successivo.
Ma come ebbe successivamente modo di appurare la professoressa, nessuno dei suoi alunni si dimostrò molto entusiasta di cominciare a lavorare; dopotutto era il primo giorno, doveva pur esserci una legge che impedisse ai docenti di partire in quarta!
E dopo diversi stratagemmi – quali continue interruzioni durante la breve ed esaustiva introduzione sulle regole base della grammatica francese, richieste di delucidazioni riguardo anche il più stupido dei dubbi e domande apparentemente senza senso che, gira e rigira, confluivano tutti sulla richiesta di fare un tour dell'istituto, la Wilson si vide costretta a riporre il libro di testo.
« Tzè, ho una classe di piantagrane. » borbottò la donna, facendo leva sulle braccia per sollevarsi e facendo tintinnare i bracciali che aveva al polso.
Senza nemmeno attendere che tutti si alzassero, la prof abbandonò la stanza zoppicando sulle sue gambe storte e, quando la Wilson si accorse di aver perso il suo seguito, gli studenti poterono sentirla strillare dal corridoio:
« Insomma, sbrigatevi! »
L'insegnante di francese li trascinò controvoglia in giro per gli androni, mostrando loro tutto il primo piano - sezione letteraria e delle classi prime - ed elencandogli velocemente alcuni eventi che, come ci tenne a rimarcare, avrebbero potuto rubargli un quarto d'ora delle sue lezioni.
Tanto per dirne una, una volta a settimana per circa due mesi, il professor O'Neil, di educazione fisica, portava le sue classi alla piscina comunale – evento che, nove volte su dieci, conduceva a rischi di annegamento. E, sempre come si premurò di specificare senza nascondere il proprio fastidio, quando ciò accadeva e la sua materia era sistematicamente all'ora successiva e c'era sempre talmente tanto scompiglio da impedirle di insegnare con tranquillità.
I passi di tutti loro, per qualche misteriosa ragione resi doppiamente rumorosi dalle piastrelle come se indossassero i tacchi, costrinsero le classi al quale passavano accanto a chiudere la porta.
Durante la sua prima settimana di scuola, Sarah ebbe modo di conoscere alcuni suoi altri insegnanti: come la professoressa Morgan, di inglese, una donna bassa e tracagnotta, dallo stile molto delicato ed elegante. Durante le sue ore, Sarah aveva notato di avere come la sensazione di parlare con sua madre, per quanto la donna di mezza età si fosse dimostrata gentile e comprensiva con tutti loro, spaesati dal nuovo ambiente.
« Vi auguro di vedere la Forthbay come una seconda casa. » era stato il suo sincero auspicio.
A Sarah si era scaldato il cuore davanti a quelle parole e Lauren aveva dimostrato di sentirsi più a suo agio quando la donna era in classe.
Il professor Green, di geografia, un armadio con dei folti baffi grigi spioventi aveva dato modo di far notare con estrema facilità il suo perenne stato confusionale: tanto per dirne una, il primo giorno in cui incontrò la timida classe della 1^A – che se non fosse stato per alcuni chiacchieroni e permalosi, sarebbe stata composta per lo più da ragazzini solitari – procedette convinto a spiegare il programma del secondo anno per almeno dieci minuti, fino a quando un ragazzo, Nikandr Zaytsev, gli fece notare senza particolare gentilezza il suo errore.
Il professor O'Neil, ricurvo e, quando nervoso, affetto da balbuzie, aveva dimostrato di trovare complicato mantenere un minimo di ordine durante la loro permanenza in palestra. L'uomo, con dei radi capelli biondo-rossastri, stempiato e vestito sempre con le stesse due tute da ginnastica vintage - quasi fosse stato ibernato negli anni ottanta e foste stato scongelato giusto qualche ora prima della lezione - aveva passato tutte le ore in cui aveva avuto a che fare con la classe a correre qua e là per la palestra, supplicando gli alunni di fare attenzione a non ferire i propri compagni.
E fu proprio in quei momenti che Sarah ebbe modo di conoscere alcuni ragazzi.
Come Maximilian Torres, il ragazzo tutto pepe dai folti capelli biondo grano e occhi scuri da cerbiatto che aveva raccontato barzellette per minuti interi durante il primo giorno e che, oltre a continuare a disturbare il regolare svolgimento di una già travagliata lezione (visto che il prof. O'Neil aveva difficoltà di per sé), in due settimane era stato ripreso innumerevoli volte per atti che, volendo, avrebbero potuto concludersi molto male.
« Torres, attento a dove lanci la palla! »
« Torres, non usare le corde per frustrare gli altri ragazzi! »
« Torres, per piacere, smettila di correre ovunque! »
Insomma, Max regalava sempre occasioni per strillargli dietro.
E assieme a lui c'era sempre Logan Ross, il ragazzo con gli occhi bicolore, anch'esso molto incline a combinare sciocchezze per cui farsi rimproverare; come giocare con l'acqua negli spogliatoi e bagnare la metà dei propri compagni e un paio di alunni di un'altra classe, con cui si doveva dividere lo spazio.
I due si erano dimostrati sin da subito molto aperti con Sarah ed erano riusciti a prendere per le corna la timidezza di Lauren, finendo per considerarle sin dall'inizio come delle nuove amiche. Max e Logan, infatti, furono i primi a cui la mora e la bionda rivolsero la parola.
E dopo quelle nuove conoscenze così estroverse, il passo per presentarsi a tutti i suoi nuovi compagni fu veloce e meno complicato di quanto immaginato – dopotutto, come aveva valutato Sarah una sera con Lauren, erano tutti sulla medesima barca.
Nel giro di pochi giorni andarono a delinearsi gruppi ben definiti e la figura carismatica di Max finì per attrarre altri elementi come un magnete. Come, ad esempio, Amber, che aveva già dato modo di classificarsi tra le più belle della classe. Bellissima anche nell'anonima divisa scolastica - che tuttavia non impediva alla gente di intuire il bel fisico celato sotto di essa - e con quelle sue graziose lentiggini, incarnava alla perfezione il ruolo della ragazza popolare; carattere difficile e del tutto imprevedibile incluso.
La presentazione di Amber portò all'aggiunta di Emma Sheila Powell, sua compagna di banco che, da più o meno il terzo giorno di scuola, la seguiva ovunque. Emma poteva venir considerata come "l'amica brutta": magra come un chiodo, naso aquilino e pelle olivastra perennemente coperta da trucco; i capelli biondo platino – palesemente tinti – le incorniciavano il viso colmo di difetti e i suoi occhi scuri da pesce lesso la facevano apparire ancora più distratta e sciocca di quello che si scoprì essere in realtà.
L'unico ad aver parlato prima con Sarah e Lauren, piuttosto che con l'altissimo Logan o l'attira noie Max, fu Nikandr Zaytsev.
Nikandr, che costrinse le ragazze a chiamarlo semplicemente "Nick", era un ragazzino dalla corporatura massiccia, i capelli da militare, e con la faccia schiacciata come se la stesse tenendo pressata contro un vetro. I suoi severi occhi marroni rispecchiavano alla perfezione il suo animo polemico – che faceva la sua mistica comparsa durante tutte le lezioni di geografia con il professor Green – la sua voce ferma aveva intimorito molto Sarah e Lauren, e la sua tendenza ad usare un sarcasmo tagliente aveva, inizialmente, fatto credere alla prima di star venendo presa per i fondelli.
Quando Sarah e la pianista si sentirono chiamare in modo burbero con la frase: "voi due, che mi sembrate le uniche intelligenti qua dentro..." non avevano potuto far a meno di guardarlo con un certo sospetto.
E Nick, seduto nella coppia di banchi accanto a quelli delle due ragazze, incredibilmente, sembrava aver deciso di voler parlare solo con loro – con personaggi del calibro di Emma Powell o Amber Jones, sentiva di non avere molto in comune.
I primi giorni in cui il russo, di tanto in tanto, gli rivolgeva qualche parola che nella sua mente dovevano sembrare di cortesia (« Voi avete capito qualcosa di questa lezione? »; « Ho dormito malissimo. »; « Lauren, giusto? Sei sicura di non aver, per sbaglio, rubato la mia gomma? »), le due amiche di vecchia data si erano dimostrate fredde e sbrigative con lui – un po' come ci si comporterebbe con un testimone di Geova, dopo che questo ti ha suonato al campanello di prima mattina; solo a metà della seconda settimana, quando Nick chiese loro delucidazioni sui compiti di matematica, le conversazioni cominciarono a sciogliersi.
E fu così che ognuno portò un amico all'interno del nuovo gruppo, formato da individui caratterialmente diversi che Sarah non avrebbe mai creduto di vedere insieme.
Se i primi sette giorni di scuola si erano dimostrati imbarazzanti come quando ti cantano gli auguri al tuo compleanno e avevano fornito pochi eventi da raccontare ai genitori, i successivi sette, grazie alle nuove conoscenze di Sarah, si erano dimostrati totalmente l'opposto.
La sua compagnia, formata da sei persone, la fece sentire per una volta parte di un qualcosa. La felicità della ragazza era tale da non farla preoccupare più di tanto del perché Lauren, invece che prendere il suo stesso pullman scolastico - uno dei quattro messi a disposizione dalla preside, che le avrebbe condotte alla città maggiore del loro distretto - le rivelò di dover prendere il treno. Ma Sarah non si soffermò su quell'improvviso e inaspettato cambio di programma, era troppo allegra per preoccuparsi dei problemi altrui.
Non ebbe nemmeno modo di indispettirsi quando Eva non rispose ai suoi messaggi, talmente era felice. Arielle, al contrario, da amica perfetta qual era, l'aveva addirittura chiamata per sapere come fosse andata la prima settimana.
Presa dall'emozione di essere riuscita a farsi dei nuovi amici – impresa che precedentemente dubitava di riuscire a compiere – Sarah decise anche di iscriversi al club di giornalismo, che fin da subito l'aveva colpita.
"Chi non risica non rosica", si disse.
E parlando in classe con la sua fedele compagna di banco a proposito delle consegne dei moduli di iscrizione ai club, Logan, si offrì ben volentieri di accompagnarle per consegnare anch'esso il proprio. Il ragazzo infatti, per mantenersi in allenamento per le partite di calcio del weekend, era intenzionato ad iscriversi al corso di atletica con Max.
Nel tragitto verso la segreteria i tre compagni incrociarono il ragazzo moro che Sarah e Lauren avevano visto al bar e la prima non poté non notare alcune similitudini con l'aspetto fisico di una sua vecchia cotta non corrisposta delle medie: stessi capelli scuri trasandati, stessa pelle diafana, stessa espressione impassibile. Il classico tipo misterioso che da sempre attirava la mora.
Il senior in questione spostò gli occhi su di loro, soffermandosi casualmente su Sarah che, una volta superato, prese a sorridere da sola.
La Forthbay High School le sembrava un piccolo angolo di paradiso e ringraziò il suo inaspettato colpo di testa per averle fatto scegliere quel liceo. Agli occhi di Sarah, l'iscrizione alla Forthbay sembrò una benedizione.
Ma ciò che ancora non sapeva, era che anche quell'idilliaco istituto dallo stile raffinato ed elegante aveva i suoi scheletri nell'armadio, e che oscuri segreti si tramandavano di anno in anno, di bocca in bocca.
***
Buondì! E rieccoci qua tutti riuniti per il terzo capitolo!
Cosa pensate siano questi oscuri segreti che si tramandano di anno in anno? E perché Lauren è così misteriosa? Che le sarà successo?
Non dimenticatevi di lasciare una stellina nel caso il capitolo via sia piaciuto ;)
Alla prossima,
Lily :*
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