⇝ 24. Che fine ha fatto Renée Forthbay?

Sarah si era ritrovata in situazioni analoghe troppe volte, eppure c'era ricascata di nuovo.

Era tutta colpa sua, non c'era ombra di dubbio. Dopotutto conosceva fin troppo bene Eva e avrebbe dovuto tenere presente il suo vizio di pianificare per entrambe senza preoccuparsi di chiederle un parere in merito.

Il tutto era iniziato con un semplice invito di uscire nei dintorni del liceo per "risollevarle il morale dopo la brutta delusione amorosa di dicembre", ma alla fine aveva finito per rivelarsi una trappola.

La sua allegria era stata incrinata una volta appurato che l'Ape della Waxbee avesse al seguito un gruppetto numeroso di ragazzi e ragazze, per un totale di otto persone, di cui non le aveva parlato. Tuttavia, per non apparire subito polemica e scontrosa, la giornalista si era sforzata di mantenere un'aria tranquilla e per nulla turbata, sebbene gli assembramenti di persone sconosciute la mettessero a disagio.

Eva, come al suo solito, sembrò non considerare l'inguaribile timidezza dell'amica e, tanto per metterla in ulteriore difficoltà, le aveva quasi lanciato contro tutti gli amici trascinati con sé.

«Questo è Christopher, questa è Càrol, lui Daniel...»

Una valanga di nomi che Sarah si era dimenticata in mezzo secondo e che, peraltro, avevano avuto come unico effetto quello di farla disorientare maggiormente. Ed escludendo i primi minuti in cui si era ritrovata al centro dell'interesse di tutti, con il passare del tempo l'allegra combriccola sembrava essersi pian piano dimenticata della sua presenza. Anche Eva.

Soltanto una ragazza, Càrol, la famosa coinquilina con cui Eva era fuggita per fare un pigiama party, perpetuava il proprio accanimento nei suoi confronti. La senior - una ragazza in carne e pesantemente truccata per nascondere i segni dell'acne - la marcava stretto da almeno dieci minuti. La guardava con un sorriso esageratamente pronunciato, inquietante, come se qualcuno le avesse cucito gli angoli delle labbra affinché questa non potesse mai ritirarle in un'espressione neutra. Per non parlare poi della sua parlantina: Sarah aveva a malapena il tempo di rispondere ad una domanda prima che quest'altra gliene formulasse un'altra completamente diversa, quasi la velocità di processamento dell'informazione rasentasse l'istantaneità.

E come se tutto ciò non fosse già stato sufficientemente snervante, Càrol pose la peggiore domanda retorica che potesse mai elaborare:

«Sei sempre così silenziosa?»

Oh no.

No, non era sempre così silenziosa: lo era soprattutto con chi non le andava a genio e, la senior della Waxbee, in quel momento si trovava in cima alla lista.

La giornalista la guardò impassibile, non disturbandosi nemmeno a fingere di aprire la bocca per replicare. Càrol, di fronte a quella pacatezza, strizzò gli occhi e strillò:

«Eva, la tua amica è adorabile!»

Adorabile.

A quel punto sarebbe stata Sarah quella a mettersi ad urlare, ma non di gioia. Insomma, che cosa aveva fatto per guadagnarsi quell'aggettivo? Per tutto il tempo si era limitata a rispondere a monosillabi, annuire e osservare. Niente di più, niente di meno. Sia chiaro: la mora non era frustrata perché ancora una volta aveva fatto una buona impressione su qualcuno, ma perché, nonostante avesse espresso la personalità esuberante di un tubero, tutti si ostinavano sempre a vederla come un tenero gattino smarrito.

Solo allora Eva sembrò ricordarsi della Volpe, che adesso le stava palesemente rivolgendo uno sguardo da "aiutami, per favore" che valeva più di mille parole. L'Ape, però, ancora una volta, non si accorse assolutamente di niente.

Anzi, quasi si fosse ricordata solo allora il vero motivo di quell'uscita, la ragazza afferrò uno dei suoi amici per il cappuccio del giubbotto e lo trascinò in direzione della giornalista.

«Sarah, non ti avevo ancora presentato James!» cinguettò questa, spingendole contro il poveretto, che per poco non le si schiantò addosso. «Tifa per i Toronto Maple Leafs

Ah, ecco il vero motivo di tutto quell'assembramento: Eva non aveva dimenticato della propria promessa di presentarle un valido sostituto a Ethan. Alla mora non dispiaceva affatto che, per una volta, l'altra avesse mantenuto la parola data, ma quantomeno avrebbe gradito venirne prima allertata per potersi mettere in ghingheri.

James era un ragazzo dall'aspetto normale: non era bello ma non era anche brutto, solo un po' trasandato e non molto alto. Aveva i capelli castano chiaro e un costante sguardo perso nel nulla, "da pesce lesso", come avrebbe detto zia Cordelia. Più Sarah lo guardava, più le ricordava l'espressione che era solita assumere Emma.

Così a prima vista, James non era affatto il suo tipo, ma si teneva comunque pronta a cambiare idea.

Questo le porse la mano impacciato.

«Siete così carini insieme.»

La mora, che stava giusto giusto allungano il braccio per rispondere al saluto del ragazzo, lo ritirò indietro raccapricciata.

«Vero? Secondo me andranno molto d'accordo.»

"Prontoo?! Io sono proprio qui" avrebbe voluto protestare Sarah.

Le due Api della Waxbee stavano parlando di lei e James come se questi non fossero nemmeno presenti, finendo per mettere in un forte imbarazzo entrambi.

Il ragazzo abbassò la mano lentamente senza distogliere lo sguardo dalla nuova ragazza, peggiorando ulteriormente la sua situazione di disagio.

Solo allora Eva sembrò notare il turbamento dell'amica e, in modo neanche troppo velato, accantò una scusa per portarsi via Càrol e lasciare da soli i due "piccioncini".

Sarah fissava il selciato con le guance bordeaux per la vergogna: oltre alla sua consueta difficoltà nell'iniziare una conversazione si aggiungeva la questione che Eva e Càrol avessero platealmente annunciato che quella nuova conoscenza fosse tutta da attribuire ad un possibile futuro fidanzamento.

La giornalista detestava pensare al fatto che, probabilmente, James e tutti gli altri del gruppo l'avessero presa come una "disperata in cerca del ragazzo", anche se da questo punto di vista anche lo stesso James rientrava nella categoria. Si sentiva quasi in una posizione di vulnerabilità all'idea che gli altri potessero vederla come una sfigata incapace di stringere nuove amicizie in autonomia.

«Sei della Forthbay, giusto?» le domandò James nel tentativo di fare conversazione.

Sarah annuì.

«Tu sei della Waxbee come Eva?»

«Lo ero. Mi sono diplomato l'anno scorso.»

La giornalista si sforzò di non sbarrare gli occhi: non avrebbe mai giurato che il ragazzo fosse ancora più grande di Ethan. Forse a causa delle sue guance piene, forse a causa della totale assenza di peluria sulla faccia, James non dimostrava più sedici anni.

Ad ogni modo, il fatto di potersi vantare in giro di star frequentando qualcuno più grande di ben quattro anni la intrigava parecchio.

Decisa a non fare una brutta impressione, gonfiò il petto e costrinse mentalmente a cercare di apparire un po' più tranquilla e spigliata.

«E adesso cosa fai? Vai all'università?» gli chiese.

Forse incoraggiato dal briciolo di interesse mostrato da Sarah, James fece un passo avanti, arrivandole molto, troppo, vicino. Questa indietreggiò di conseguenza, non dandoci alcun penso.

«No, lavoro nell'ufficina di mio padre. Non sono stato accettato da nessuna parte.» replicò James piattamente.

D'accordo, non era il ragazzo colto e studioso che tanto aveva sognato, ma magari aveva altra qualità, si consolò Sarah. Dopotutto ci doveva pur essere una ragione che aveva spinto Eva a considerarlo come un qualcuno di compatibile a lei.

La mora annuì con il capo, in attesa che il suo interlocutore estraesse dal cappello un altro argomento di conversazione che, purtroppo, sembrava non voler arrivare. Difatti, James si stava limitando semplicemente a fissarla senza proferire parola. Sarah distolse lo sguardo a disagio.

Il chiacchiericcio di sottofondo degli altri membri del gruppo, inoltre, non faceva altro che mettere in ulteriore risalto l'assordante silenzio che regnava nella coppia.

«Quindi...» iniziò Sarah, nel tentativo di ravvivare un po' la situazione, «Conosci Eva da tanto tempo?»

L'Ape in questione, nel frattempo, sembrava essersi dimenticata nuovamente di lei. Al momento era infatti occupata in quella che sembrava un'accesa conversazione con un'altra ragazza di cui Sarah non ricordava il nome. L'unica nota positiva era che perlomeno le aveva tolto dai piedi quella stramba di Càrole.

James, giusto una frazione di secondo prima di rispondere alla domanda, fece un altro passo in direzione di Sarah che, prontamente, ne fece uno a sua volta per allontanarsi. Di nuovo.

«Due mesetti.»

Sarah annuì un'altra volta e James, ancora una volta, le si avvicinò ulteriormente senza porle nessun quesito di rimando. A quanto sembrava, il ragazzo non aveva la più pallida idea di quale fosse la corretta distanza prossemica e non era interessato a saperne di più di lei.

Che forse non gli piacesse? Magari il poveretto si era ritrovato invischiato in qualcosa di non programmato e adesso, per limitare i danni e assicurarsi di non farsi fraintendere, aveva optato per chiudersi in un silenzio di protesta.

Che delusione.

Sarah iniziò a osservare la punta delle proprie scarpe, a giochicchiare con alcuni ciottoli e, come massima espressione del proprio malessere psichico, a spostare ritmicamente il proprio peso da una gamba all'altra. 

Ad aumentare la sensazione di soffocamento, c'era il brutto vizio di James di invadere il suo spazio vitale: ogni qual volta la ragazza cercava di allontanarsi per prendere un po' di respiro, l'altro le si riavvicinava sempre; cosa che non faceva altro che confondere ulteriormente la poveretta: insomma, che senso aveva stare così tanto addosso ad un qualcuno che neanche ti attira? Non avrebbe dovuto, più che altro, cogliere la palla al balzo per svignarsela?

Improvvisamente ebbe un lampo di genio: magari James era solo incredibilmente timido, molto più riservato e taciturno di lei. Il cuore di Sarah si sciolse per la dolcezza. Comprendeva perfettamente la scomoda percezione del diciannovenne di ritrovarsi senza argomentazioni, l'orrenda immagine delle proprie parole incastrate nel proprio cervello e che non volevano proprio raggiungere le labbra.

Sarah ricordava perfettamente quello che aveva provato al primo giorno di scuola, quando desiderosa di fare una buona impressione sulla classe, aveva finito per sputare fuori qualche frase scarna e con tempi verbali non corrispondenti tra loro; o peggio ancora, gli istanti di "imbambolamento" tutte le volte che Ethan le rivolgeva una domanda e la guardava.

Sarah sarebbe stata una grandissima ipocrita a prendersela per la timidezza di James. In più passava tutti i giorni in compagnia di Lauren - altra inguaribile taciturna che, anche se a suo agio, tendeva ad aprire ben poco la bocca - che problema ci sarebbe mai stato a frequentare qualcuno di altrettanto silenzioso, quando ormai era già abituata ad avere un'amica simile?

Improvvisamente la prospettiva di essere lei quella a portare i pantaloni le diede la carica necessaria. Spinta da una vena di coraggio, Sarah guardò dritto in faccia il ragazzo e iniziò:

«Dunque, come-.»

«Allooora?»

Zittita malamente dal trillo di Càrole, la mora aveva avuto a malapena il tempo di voltarsi verso la fonte del rumore, quando questa le era balzata letteralmente addosso, nonostante l'evidente differenza di peso tra loro.

Se solo non fosse stato un comportamento poco consono ad una signora, la mora avrebbe ringhiato minacciosamente. Stringendo i denti per evitare di dar platealmente sfogo alla propria irritabilità, si limitò ad allontanarsi da Càrole per potersi liberare del suo abbraccio.

«Di che avete parlato di bello?»

Di un bel niente.

James, con il suo consueto sguardo da pesce lesso, scrollò le spalle.

«Le ho detto che lavoro all'officina di mio padre-.»

«Oh, sì!» esclamò Càrole in una frazione lampo di tempo. «Il nostro James ha ricevuto per un soffio il diploma, ma proprio un soffio, eh! Sìsì! O no, James?»

Il poveretto annuì senza tuttavia esprimere alcuna emozione.

Sarah, al posto suo, sarebbe senz'altro morta di vergogna, avrebbe tentato di giustificarsi o, se proprio non le fosse stato possibile, spacciare il proprio lavoro come il più bello del mondo; il diciannovenne no, quasi la cosa gli scivolasse completamente addosso.

Ad ogni modo, quest'ultimo fece l'ennesimo passo nella sua direzione.

« Il nostro James non sarà un asso con lo studio, ma ha senz'altro un sacco di altre qualità! E tu, cara?»

Ecco, quella era la sua occasione per mettersi in buona luce. Sarah era consapevole del fatto che la maggior parte delle persone non voleva starla a sentire mentre vaneggiava e vaneggiava sui propri talenti, ma la mora adorava talmente tanto farlo che il più delle volte perdeva la capacità di darsi un freno.

«Io sono tra i primi della classe-.»

«Wow, abbiamo un genietto qui!»

«Quest'anno il voto più basso che ho preso è stata una C+.»

«Caspita-.»

«Ed è successo una sola volta.»

Eccola, Sarah aveva appena perso ogni inibizione. E il fatto che avesse appena malamente interrotto una sconosciuta ne era la prova.

James la stava guardando così come la giornalista avrebbe ammirato il professor Stephen Hawking. Quell'espressione estasiata - la prima variazione mimica - ebbe come unico risultato quello di far caricare ulteriormente la quattordicenne, che con il petto gonfio d'orgoglio stava già preparando la successiva sequela di successi ottenuti in campo scolastico.

Purtroppo per lei, però, non aveva considerato il fattore Càrole.

Prima ancora che Sarah potesse aprire bocca, infatti, l'Ape le diede l'ennesimo abbraccio, stritolandola contro il proprio seno molliccio.

«Che donna da sposare!»

Era decisamente troppo.

Sia James che Càrole erano fin troppo vicini per i suoi gusti. Nemmeno con Arielle, che conosceva da anni e con cui andava d'amore e d'accordo, era mai stata tanto appiccicosa. Sarah già di per sé non era una tipa tanto fisica, figurarsi con le persone che conosceva a malapena.

Nel disperato tentativo di scrollarsela di dosso e, perché no, far indietreggiare il diciannovenne, la giornalista arricciò il naso e, in una magistrale imitazione di una reazione allergica, emise il più epico e disgustoso starnuto che riuscì a simulare.

Così come sperato i due della Waxbee fecero un vistoso balzo indietro per evitare di venir investiti dallo sputo e dai germi della Volpe.

« Ops. Dev'essere l'allergia. » disse pacatamente Sarah.


*


Quel pomeriggio, Sarah tornò in camera propria con le idee piuttosto confuse: non era stata in grado di capire con certezza assoluta se James fosse interessato a lei - ma troppo timido e rigido per darlo a vedere - o se invece questo avesse semplicemente un qualsivoglia problema prossemico.

Aveva ricevuto segnali contrastanti tra loro e, vista la recentissima delusione con Ethan, "qualche sospetto su una piccola fobia sociale" non era un elemento neanche vagamente accettabile per potersi dare una risposta.

Ma Sarah non sarebbe stata sé stessa se non avesse lasciato vagare la propria mente in qualche film mentale e, così, si ritrovò ben presto a fantasticare di aver trovato qualcuno con cui sostituire la sua vecchia cotta. Sapeva bene che fare chiodo schiaccia chiodo non era la migliore delle soluzioni, che guarire da una malattia non comporta non potersi ammalare di un'altra, ma data la dolorosa ferita al proprio orgoglio non le importava minimamente.

Il comportamento contraddittorio del ragazzo, tuttavia, rimaneva presente e, troppo intimorita e orgogliosa per fare il primo passo, la mora non aveva idea di come comportarsi con lui, né di come cercarlo senza dover passare per Eva e chiederle il suo numero.

Nemmeno nei giorni a venire seppe darsi una risposta e, vedendo che nemmeno dall'altra parte nessuno sembrava star battendo nessun colpo, aveva sempre meno voglia di buttarsi in qualcosa di così rischioso e potenzialmente umiliante.

Mrs. Wilson, nel frattempo, si era prodigata nella ricerca di una terza classe disposta ad accompagnarli a Niagara Falls, al fine di formare un gruppo più consistente e dividere al meglio le spese.

Sarah si trascinò al venerdì sera con fatica, sfinita da un pomeriggio passato a studiare matematica: il corso di giornalismo aveva scelto, come argomento per il progetto di San Valentino, di intervistare e sottoporre a sondaggi quanti più alunni possibile sul significato che loro attribuivano all'amore, su quanto dovrebbe durare una relazione per venir considerata seria, sul numero di partner avuti... insomma, una sfilza di curiosità sugli studenti della scuola degna di "Statistics Canada".

Sotto costrizione del Sergente, le era toccato rimanere chiusa in aula e aspettare la fine delle due ore.

«Venerdì prossimo ti daremo la prima lezione di impaginazione, ma nel frattempo è importante che ti faccia vedere in nostra compagnia.» aveva mediato successivamente Sierra.

L'unico aspetto positivo era che almeno le era stata data la certezza che, prima o poi, avrebbe potuto anche lei gestire in completa autonomia una piccola rubrica del giornale.

Seduta ad un tavolo della mensa, in compagnia della solita combriccola, la mora ascoltava gli sproloqui di Max che, intervistato da Olivia in persona, aveva condito le proprie dichiarazioni con ogni genere di fesseria.

«Ho provato a scherzare un po' con la tua presidentessa, ma ha lo stesso umorismo del mio comodino.» aveva riferito a Sarah.

Vedendo che fare battute alla senior era più o meno come pestare la coda ad un rottweiler, e non riuscendo comunque a porre un freno alla propria comicità, il biondo aveva infine optato per continuare a prenderla per i fondelli in un modo più sottile: si era spacciato per un ragazzo casto e puro.

Ad ogni modo, considerando che la ragazza non aveva dato alcun segno di collera al suo ritorno in classe, il velocista doveva avergliela data a bere ben bene.

«"Bacio al primo appuntamento: sì o no?"» la scimmiottò Max. «No, assolutamente niente bacio prima del matrimonio!»

Amber, che fino a quel momento si era limitata a mangiare la purea di ceci con un lieve sorriso dipinto sulle labbra, a quell'esclamazione era definitivamente scoppiata a ridere, trascinando con sé la stessa Sarah.

«"Ti reputi una persona seria da un punto di vista sentimentale?". Certo che sì, attendo solo di trovare la mia anima gemella, sposarla e mettere al mondo cinque bambini.» continuò il biondo.

«Hanno fatto somministrare il questionario anche te?» Emma domandò a Sarah, con la sua solita eccitata vocetta acuta.

«No, magari l'avessero fatto.» replicò quest'ultima con una smorfia delusa. «Dicono che per il momento è meglio tenermi segreta. Potrò però vedere come gestiscono le impaginazioni e tutto.»

«Almeno hai la certezza che non ti stanno sfruttando e basta.» si aggiunse Nick con il suo solito tono burbero.

«Ma è grandioso! Sono proprio felice che pian piano ti stiano lasciando lo spazio che ti meriti.» si unì Amber.

La rossa, con in viso un'espressione dolce e quasi commossa, allungò il braccio sul tavolo affinché Sarah, seduta proprio davanti a lei, l'afferrasse. Al fianco della giornalista, Lauren si limitò ad emettere un mugugno allegro - sufficiente all'amica per comprendere di aver appena ricevuto complimenti anche da parte sua.

«E cos'hai fatto per tutto il pomeriggio, scusa?» le chiese Logan.

«Studiato matematica. Almeno nel weekend dovrò solo fare le disequazioni d'esercizio e concentrarmi su geografia.»

Al menzionare la materia della Stewer, Sarah ebbe come un flashback: si era dimenticata il proprio opuscolo. Ricordava di essersi trattenuta qualche minuto in più al club per ascoltare le aspre critiche di Olivia nei confronti di quella stupida festa - rivolte in particolare alla trovata del corso d'arte, che a quanto pareva stava sfornando putti alati come pagnotte di pane - e poi di essere tornata in camera propria. A mani vuote.

Si bloccò di colpo e posò la forchetta sul vassoio scarlatto; come pensava di fare i compiti?

«Scusate, penso proprio di essermi scordata il libro in classe. Faccio una scappata a riprenderlo.» successivamente schioccò le dita per attirare l'attenzione di Logan. «Guai a te se mi rubi il cibo.»

Logan ridacchiò divertito, prima di alzarsi anche lui e delegare il proprio vassoio a Nick.

«Ti accompagno.»

« Hai paura che mi perda? » gli chiese la mora.

«Ti risparmio l'ansia di tornare indietro domandandoti se io ti abbia mangiato o meno tutti i broccoli.» la derise il calciatore, guadagnandosi una linguaccia.

Nessuno dei due aveva mai pensato a porsi il dubbio di come risultassero i corridoi della Forthbay, quando questi non erano popolati da folle di ragazzini imberbi, ma ora avevano trovato la risposta: erano inquietanti, silenziosi e, soprattutto, bui. Nell'ala antica risuonavano solo i passi due ragazzini sul pavimento legnoso, un sinistro scricchiolio che faceva accapponare la pelle a entrambi.

In più, particolare che non faceva altro che accentuare la pelle d'oca, al secondo piano tirava un'aria gelida.

«Fa impressione vederlo così, eh?» considerò Logan, in uno scarso tentativo di non rendere evidente il proprio disagio.

«Perché fa così freddo?» si lamentò l'amica, avvicinandosi maggiormente al ragazzo - ufficialmente per approfittare del calore umano, in realtà per la paura.

Sarah si sentiva come se, all'improvviso, qualcosa sarebbe prima o poi emerso dall'oscurità per attaccarli.

Una cosa era certa: non avrebbe più guardato l'androne con gli stessi occhi.

Logan stringeva in una mano il cellulare con la torcia accesa, puntata dritta di fronte a sé per farsi luce, mentre con l'altro braccio aveva invitato l'amica ad avvicinarsi ulteriormente a lui. Arrivati all'altezza della Stanza, il ragazzo sussultò, facendo spaventare anche Sarah.

«La porta! La porta è aperta!» esclamò.

Il cuore della mora era arrivato a centoventi bpm - il valore che avrebbe raggiunto dopo una corsa - e il suo volto si deformò in una smorfia impaurita.

L'uscio della tanto rinomata camera era schiuso di uno spiraglio sufficientemente grande da far fuoriuscire una notevole corrente d'aria invernale. Forse, come valuto lei, risultava addirittura singolare che questa non si fosse richiusa o spalancata da sola.

Il personale doveva aver approfittato della mancanza di ragazzini curiosi per far circolare l'aria ed evitare che la Stanza puzzasse di stantio.

La voglia di darsela a gambe e rinunciare a recuperare il libro era tanta, quella di entrare a curiosare anche. Stava appunto per girare i tacchi e tornare in mensa, quando la vocina razionale nella sua testa si fece risentire: aveva sognato quel momento per mesi, ora che si era ritrovata la strada spianata non poteva voltarsi e basta. Fino a prova contraria quella era una stanza qualunque, in una corsia qualunque, in un liceo privato qualunque; lei era Sarah, una semplice alunna del primo anno, non Erin di "Non aprite quella porta", là dentro non ci avrebbe certo trovato un assassino.

Lentamente - dopotutto un po' di strizza persisteva - si incamminò verso la fonte del gelo.

«Will, cosa accidenti fai?!» le domandò Logan allarmato.

«Voglio vedere cosa nasconde.» ribatté l'altra con un tono che ricordava molto il capriccio di un bambino.

«Ma sei matta?! Andiamo via, congeleremo!»

Al diavolo il freddo, doveva entrare.

«Non possiamo lasciarci sfuggire questa opportunità.» si impuntò nuovamente Sarah. «Guardiamo giusto cosa c'è dentro e poi andiamo a recuperare il libro, promesso.»

Logan sembrò esitare. Per orgoglio maschile non l'avrebbe mai ammesso, ma quel corridoio così tetro lo spaventava a morte.

Sarah, tuttavia, intuì subito i dubbi dell'amico, quasi fiutasse la paura come un cane.

«Cagasotto!» lo provocò.

Sebbene non potesse vederlo perché mezza accecata dalla luce lattiginosa della torcia, la mora non ebbe alcun problema nell'immaginarsi l'espressione offesa dietro di essa.

Questo, infatti, le andò incontro tutto impettito, distolse il fascio luminoso in modo tale che potesse vederlo in faccia, e le rivolse un'occhiataccia. Dopodiché, senza rivolgerle la parola, raggiunse il portone di legno e, con fatica, lo aprì abbastanza per permettere il proprio passaggio.

Sarah osservò la luce affievolirsi nella stanza, man mano che l'amico si muoveva all'interno di essa, soddisfatta di essere riuscita ad attirare il ratto nella trappola per topi.

«Sbrigati, rompipalle!» la richiamò questo.

Contro le pareti, caratterizzate da intonaco rosso e rivestimenti di legno scuro fino a mezza altezza, si trovavano una serie di credenze color ebano colme di documenti e gingilli d'epoca; le vetrate di queste, forse perché nessuno aveva mai messo in conto l'irruzione degli studenti, erano state lasciate socchiuse e con le chiavi di bronzo ancora inserite nelle serrature.

A destra rispetto l'entrata vi era un imponente camino sovrastato da un vecchio e polveroso specchio, che insieme padroneggiavano rispetto all'intero locale.

Il mobilio originale era stato perlopiù sgomberato, sostituito da pile di cianfrusaglie e oggettistica mezza rotta abbandonata - in attesa di uno smaltimento in discarica mai avvenuto. Del vecchio arredo rimaneva solo una scrivania massiccia, coperta da due o tre computer degli anni '90, e gli armadietti. In un angolo erano stati ammassati degli scatoloni dall'aria molto pesante.

Il design era cupo e curato come il corridoio esterno, mantenuto tale e quale a come molto probabilmente era al tempo di Renée.

Come prima cosa, Sarah si precipitò a chiudere la finestra. Successivamente si diresse frettolosamente verso gli espositori, al fine di estrarre una delle cartelline incolonnate.

Logan, invece, superato il momento iniziale di inquietudine, si era fermato davanti alla specchiera per osservare il proprio riflesso reso sfocato dal vetro grezzo.

«Ci pensi che tutti quelli che si sono specchiati qui dentro sono morti?» proruppe all'improvviso.

Sarah, che dopo qualche tentativo era riuscita ad allungarsi a sufficienza per prendere uno dei fascicoli, alzò un sopracciglio.

«Non mi sembra il momento migliore per fermarsi a pensarci...» borbottò.

Se solo il tempo fosse stato dalla loro parte, Sarah avrebbe potuto studiare tutti i dettagli che sarebbe riuscita a trovare. Purtroppo, però, non potevano permettersi di assentarsi più di tanto.

«Già, lo so.» Replicò Logan sovrappensiero, prima di voltarsi di scatto nella sua direzione e indicare con un cenno del capo ciò che la giornalista reggeva in mano. «Che c'è scritto?»

«Niente di interessante, sono sole vecchie circolari datate 1984. Magari però ci sarà qualcos'altro in tutti gli altri scaffali... voglio dire: ce n'è una stanza piena!» affermò la giornalista.

Il calciatore, sempre gettandosi occhiate curiose attorno, si avvicinò all'amica per estrarre anche lui una raccolta di fogli da una credenza poco più in là di quella della giovane; sulla sua recitava la scritta: "La notte delle stelle - ballo anno scolastico 1996 - 1997". Logan lo riposò sbuffando.

«A me sembra solo ciarpame per il camino. Andiamocene, questa Stanza è solo un ripostiglio.» decretò deluso, poggiando una mano tra le scapole della mora per

invitarla ad uscire.

Ma Sarah si rifiutava di andarsene così, sebbene fosse conscia di rischiare parecchio a perdere tempo. Sentiva, sapeva, che là dentro ci si trovasse qualcosa di importante, qualcosa che desse un senso a tutta quella segretezza.

«No, aspetta!» esclamò con urgenza. «Non può essere solo uno sgabuzzino!»

Era sicura che la preside non stesse nascondendo solo le circolari e i vecchi computer, che volendo avrebbe anche potuto gettare via o stipare in cantina, ma che, con un po' di pazienza, avrebbe trovato le prove che stava cercando.

«Will, dai...»

«No!» si oppose nuovamente Sarah.

Era talmente impaziente di ficcanasare in giro da non avvertire nemmeno più il freddo.

Logan cercò inutilmente di afferrarla per trascinarla fuori a forza ma la ragazza riuscì agilmente a sfuggire alla presa. Questa si precipitò verso la scrivania d'ebano e prese ad aprire tutti i cassetti.

«Per l'amor del cielo, vieni via!» la sgridò l'amico.

«Fidati di-.»

Si interruppe di colpo. In uno degli ultimi tiretti vi erano una serie di cianfrusaglie dall'aspetto molto antico: fermagli per capelli, kit per il lavoro a maglia e per il ricamo, spille per abiti... Sarah infilò frettolosamente la mano all'interno per tastare tutti gli oggetti e, quando questa raggiunse quasi il fondo, le sue dita accarezzarono quello che appariva essere il retro di una cornice.

«Will!» la richiamò infastidito Logan. «Giuro che ti lascio qui e me ne vado, al diavolo il tuo libro di matematica.»

La ragazza ignorò la minaccia e non si accorse nemmeno dell'amico che, nel tentativo di farla rinsavire, fingeva teatralmente di star imboccando l'uscita per abbandonarla.

Estrasse il tesoro appena ritrovato e lo rigirò con impazienza.

Logan, più che intenzionato ad approfittare della distrazione della mora per prenderla in braccio e portarla via, le si avvicinò con lunghe falcate. Quando però questa sollevò verso di lui lo sguardo sconvolto, con le labbra schiuse per il forte stupore, il giovane capì immediatamente che qualcosa non le tornava.

Sarah, infatti, senza proferire parola, voltò il quadretto in direzione dell'amico affinché anche questo potesse osservarlo.

Da dietro il vetro sporco, una donna di mezza età dal volto familiare, con i capelli accuratamente raccolti e voltata di tre quarti, guardava verso l'orizzonte con un mezzo sorriso.

In un angolo in basso a sinistra, una scritta a penna parlava chiaro:


Renée Forthbay, 1900


Se Renée non era morta suicida in giovane età come si diceva, che fine aveva fatto in realtà?

***

Il mistero si infittisce. Questo ritrovamento è molto, molto strano, ma cosa vorrà dire? Si tratta di un banale errore, o è la prova che non tutto è stato detto? Voi che ne pensate? 

Ma ora torniamo al gossip: pensate che nascerà qualcosa tra James e Sarah? Sono curiosa di sentire le vostre impressioni ^^ 

Ho un'ultima domanda: a voi farebbe piacere avere un cast per questa storia? 

Besos, 

Lily :*

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