⇝ 23. La tragedia di San Valentino

A che serve avere un intero istituto alla propria mercé e non sfruttarlo per ricavarne qualcosa?

Doveva essere stata questa la domanda che aveva spinto la preside a costringere l'intera Forthbay a produrre dei ridicoli progetti ispirati alla festa di San Valentino - che causalmente coincideva con uno degli open day scolastici.

Mossa furba, molto furba. Ancora più astuto si era rivelato il trucchetto di renderla una gara con una gita bonus come premio finale.

L'annuncio della preside aveva messo in agitazione tutti quanti: i ragazzi per l'inaspettato ordine di dover competere tra loro per vincere un giorno di vacanza in più; i professori perché, a fine incontro, l'adorata Trinity aveva precisato che nel corso della mattinata avrebbe fatto sapere i nomi dei docenti che si sarebbero dovuti accollare quel fardello. E sebbene non si fosse espressa su alcun nome in particolare, voci di corridoio sembravano puntare il dito sui vari rappresentanti di classe.

Alle nove del mattino, la professoressa Wilson aveva già un diavolo per capello. 

Sarah già sentiva l'adrenalina della competizione scorrerle nelle vene. La professoressa Lavigne, di scienze, dovette riprendere e sgridare la classe più volte prima di ottenere un labile silenzio.

«Devo finire la teoria tettonica prima della prossima lezione. Ne parlerete durante l'intervallo o con il docente che mi segue.» aveva detto la donna con la sua solita voce nasale.

Il professore in questione era, neanche farlo apposta, il signor O'Neil, che poveretto proprio non aveva idea di ciò che l'aspettava.

Quel mercoledì, inoltre, si sarebbe svolta la prima lezione alla piscina comunale. 

Il professore, con addosso la sua solita tuta da ginnastica invernale grigia e un giubbotto di finta piuma d'oca, ebbe un piccolo infarto quando, in piedi davanti alle porte aperte del pullmino che li avrebbe accompagnati alla meta, vide sopraggiungere i propri alunni correndo e schiamazzando come scimmie urlatrici. Già faticava a tenerli in riga in condizioni normali, figuriamoci in quelle. Max, poi, dopo aver notato nella platea una bella ragazza, sembrava ancora più su di giri del solito.

Ci mise quasi tre minuti per fare l'appello e dovette ricontare i presenti più e più volte, poiché questi continuavano a saltellare qua e là come cavallette impazzite.


*


Seduta a bordo vasca con le gambe a mollo per iniziare ad abituarsi alla differenza di temperatura, Sarah attendeva in solitudine l'arrivo dei suoi amici. Dall'altra parte della piscina, altri suoi compagni sembravano averla imitata, mentre altri ancora avevano deciso di avvicinarsi alla piscinetta dei bambini per schizzarsi a vicenda.

Il professor O'Neil si stava accordando con l'istruttore di nuoto sulle dinamiche della lezione, mentre una contrariata Emma Powell, poggiata contro a un muro e con le braccia incrociate, aspettava che l'insegnante di ginnastica la raggiungesse: l'idea di fare ben due ore di stretching e altri esercizi di aerobica l'entusiasmava quanto dei pantaloni leopardati accostati ad una camicia fluo. Emma la detestava.

In più, qualche giorno prima il professore l'aveva contattata per comunicarle di portare con sé delle ciabatte, ma questa aveva frainteso il tipo indicato e ne aveva infilato nello zaino un paio peloso rosa. L'immagine della ragazza in tuta sportiva scolastica e, con ai piedi delle tenerissime e super femminili pantofole color confetto, aveva fatto ridere tutto il personale della piscina. Sarah era piuttosto sicura che un aneddoto del genere non sarebbe stato dimenticato tanto facilmente.

Sarah stava giusto osservando l'amica, quando sentì un paio di mani poggiarsi sulla sua schiena e spingerla in piscina. Colta alla sprovvista annaspò visibilmente e diede qualche poderosa bracciata per evitare di affondare, prima di riuscire a galleggiare e voltarsi verso il colpevole. I suoi compagni di classe, attirati dal rumore degli schiaffi provocati dall'infrangersi dei palmi aperti sul pelo dell'acqua, scoppiarono a ridere.

«Tu!» berciò Sarah in direzione di Logan, che la guardava fiero della propria bravata.

Il ragazzo portava dei bermuda rossi a fiori bianchi – tipo di costume sconsigliato dal prof di ginnastica, che contrariamente aveva caldamente suggerito di indossare degli slip per questioni di fluidodinamica – e una cuffia di silicone nera, che gli tendeva la pelle del viso facendolo sembrare fresco fresco di lifting facciale.

«Io?» domandò questo con finta aria attonita.

Lei fece per aprire bocca e insultarlo, ma un fischietto suonato a pieni polmoni la zittì: il loro istruttore di nuoto accanto al professor O'Neil la stava richiamando per essersi buttata in piscina senza nulla a coprirle i capelli. Imbarazzata, schizzò fuori dall'acqua e, sapendo di non poter inseguire il compagno di classe per picchiarlo, si limitò a camminare velocemente – beccandosi un'ulteriore fischiata perché un'altra regola della struttura vietava di correre.

Il professor O'Neil si strinse nelle spalle avvilito; poverino, quando i due liceali erano stati sgridati dal bagnino, stava già venendo informato che un ragazzo biondo e atletico – descrizione che rispecchiava alla perfezione quella di Maximilian Torres – era stato sorpreso negli spogliatoi ad usare la propria cuffia come gavettone da scagliare qua e là.


Prevedibilmente, la lezione in piscina fu un bagno di sangue. Quasi letteralmente.

Mentre si issava fuori dall'acqua per seguire le istruzioni impartite dal loro nuovo responsabile, infatti, Lexa Martin si tagliò con una piastrella rotta in rilievo. Il taglietto in questione non era nulla di grave ma, complice il caldo della struttura e la notevole quantità di capillari nelle dita, la ragazza sanguinava copiosamente. 

Max e Logan, realizzando la previsione fatta da Sarah prima delle vacanze natalizie, cercarono di affogarsi a vicenda più e più volte. Vennero fermati prontamente dal bagnino ogni volta, ma al settimo richiamo questo li minacciò di fargli mettere una nota dall'insegnante.

Nick li aveva osservati da lontano con dipinta in viso un'espressione di superiorità. Proprio come aveva fatto Amber, che aveva ripetuto più volte di star sperando che, per un tragico errore, entrambi finissero per ammazzarsi sul serio. Il russo e la ballerina non erano mai andati tanto d'accordo.

Al nono soffio di fischietto, un esasperato assistente bagnanti, minacciò di non accettare più l'intera classe più alle lezioni successive – facendo esplodere la rossa in un'esultanza smisurata. Per limitare i danni, il docente di ginnastica aveva alternato senza successo i minuti di aerobica con Emma a quelli di controllore a bordo piscina.

Al termine delle due ore, un esausto e sudato professor O'neil aveva scortato i suoi indisciplinati alunni fino alla navetta. L'uomo non sapeva dire se si sentisse così stanco perché i ragazzini sembravano essersi accordati tra loro per dare il peggio di sé o se invece perché iniziava a non avere più l'età, ma sentiva di volersi solo mettersi a sedere per qualche minuto.

Poverino, ancora una volta era del tutto ignaro di quel che lo aspettava, una volta di ritorno al liceo.


*


Una donna dai capelli neri, tutta ingobbita e con le mani ai fianchi, mandava lampi da dietro la cancellata in ferro battuto della Forthbay High.

Con un cappotto di Guess abbottonato fino al collo e i suoi iconici occhiali da gatta, la Wilson attendeva l'arrivo dei suoi alunni con l'espressione nera di un qualcuno che medita sulla possibilità di compiere un omicidio. 

Neanche un'ora prima aveva scoperto che avrebbe dovuto accollarsi lei il controllo dei progetti per San Valentino. Quando poi si era precipitata in aula con il suo tipico passo malfermo e aveva notato la totale assenza di scolari, la professoressa avrebbe voluto gettarsi a terra e imprecare contro O'Neil.

La prima cosa che i ragazzi assentati notarono non appena il pullmino penetrò il perimetro scolastico fu, infatti, la figura longilinea della docente di francese che, con un broncio chilometrico, non aspettava altro di ritrovarsi il professor O'Neil tra le mani.

«Robert!» latrò questa non appena il collega scese i gradini del veicolo.

Questo, già avvezzo a quelle strigliate plateali nel bel mezzo del giardino, la guardò con un misto di ansia e avvilimento.

«Deborah, aspetta, lascia che-.»

«Tutti gli anni sempre la stessa storia!»

Gli alunni ridacchiarono sotto i baffi davanti al comico scontro tra i due titani. Non era inusuale percepire della tensione tra alcuni professori, ma mai si erano ritrovati di fronte ad un bisticcio in piena regola.

La Wilson, con il viso contratto in un'espressione collerica, non lasciava modo al povero O'Neil di giustificarsi. Aveva le guance colorate di un rosso così intenso, in contrasto con la pelle leggermente olivastra, da farle assomigliare a due pomelli appena verniciati. Le sopracciglia erano talmente tanto corrugate, che i suoi occhi, normalmente a palla e ben spalancati, da lontano sembravano chiusi strettamente.

Il professor O'Neil, al contrario, era agitato, balbettante e sudaticcio per lo stress. L'areola di calvizie sul retro del capo luccicava per il sottile strato di sudore recentemente prodotto e, nonostante le temperature rigide, un paio di goccioline gli colarono lungo la fronte.

«Sono sempre più convinta che lo faccia apposta a tornare tardi!» era la continua accusa che mrs. Wilson gli strillava contro.

A nulla servirono i sospiri abbattuti, i tartagliamenti e gli spergiuri di essere stati in buona fede, la Wilson era rimasta ferma nelle proprie convinzioni.

Si era ripresa i suoi alunni con toni secchi e aggressivi, esortandoli a camminare più fretta per poter finalmente parlare di "quella pagliacciata organizzata per San Valentino" e "della dannata gita di classe". Due argomenti che avevano confuso i ragazzi e che adesso non sapevano se saltellare allegri o trascinarsi svogliatamente.

Una volta giunti in classe, la professoressa lasciò cadere pesantemente la sua Burberry invernale e si sistemò sulla sedia.

«Vi do subito la bella notizia così non mi stressate: tutti i professori hanno accettato di mandarvi in gita a Niagara Falls, ad aprile . Forse per liberarsi di voi per almeno quattro giorni...»

Nessuno fece caso al commento acido della donna, ormai divenuta un'abitudine accolta con assoluta nonchalance. I ragazzi, annunciata la lieta novella, si erano subito lasciati andare in cori felici, applausi e fischi d'apprezzamento. Sarah, in particolare, non era proprio riuscita reprimere la propria contentezza e, abbandonando la compostezza che tanto la caratterizzava, aveva emesso un gridolino acuto simile allo squittio di un topolino. Stridio che aveva fatto ridere e voltare Logan e Remi Spears, seduti nei posti davanti a lei.

Non le sembrava vero: avrebbe potuto riabbracciare Arielle prima di agosto. Aveva fantasticato a lungo su quell'evenienza che, nonostante i continui rimuginamenti, non aveva mai smesso di sembrarle un'utopia irrealistica; e invece adesso eccola diventare una realtà consolidata!

«Per adesso solo la 2^B ha accettato di unirsi a voi, ma a giorni dovrebbe arrivare la risposta di altre classi.» continuò la Wilson alzando la voce per sovrastare quella dei giovani.

Poco importava chi li avrebbe seguiti, per Sarah l'importante era raggiungere Niagara Falls.

«Verrete accompagnati dalla professoressa Morgan-.»

«Non lei, prof?» la interruppe Max.

La donna lo fulminò con lo sguardo. Era quasi affascinante osservare il repentino cambio d'umore che la colpiva non appena il biondo apriva bocca; sembrava quasi di assistere ad uno scambio di battibecchi tra due vecchi nemici.

«Per carità.» borbottò lei senza distogliere lo sguardo ostile da quello vispo del ragazzo. «La 2^B, siccome invece è nettamente più numerosa di voi, è costretta ad avere due accompagnatori. Sembrerebbe che si siano proposti il professor Corner e il professor O'Neil.»

Sarah strabuzzò gli occhi: Corner e O'Neil insieme? Tanto valeva bendarli tutti e lasciarli liberi di scorrazzare in autostrada. Il livello di pericolosità sarebbe stato uguale. Nullafacente uno, rammollito l'altro, i due uomini rappresentavano la peggior accoppiata di responsabili che si potesse mai combinare. Il povero O'Neil doveva essere stato ricattato in qualche modo e Mr. Corner doveva aver ricevuto qualche promessa succosa in cambio, altrimenti non si spiegava.

«Ora passiamo all'annuncio di questa mattina: dopo una lunga discussione con la preside, avvenuta subito dopo la fine del suo discorso, sono stata messa davanti all'impossibilità di rifiutare l'incarico a me assegnato; perciò è stato pattuito che sarò io la responsabile di questo inut-inaspettato progetto.» si corresse lei.

«Evvai!» esultò ironicamente Max.

La Wilson gli lanciò un'altra occhiataccia.

«Non festeggerei troppo fossi in te, Torres.»

A Sarah, quella controbattuta, ricordò più una minaccia che un blando suggerimento.

Tra i due ci fu un intenso scambio di sguardi: la prof guardava il suo studente come se desiderasse afferrarlo per la collottola e gettarlo dalla finestra come un sacchetto dell'immondizia – che poi, tra l'altro, era più o meno la considerazione che la Wilson aveva di lui – mentre quest'ultimo le restituiva un'espressione di pura fierezza.

«L'argomento che vi è stato preposto...» continuò poi lei, «...è il San Valentino nel mondo; ovvero dovrete illustrare nel modo migliore e più interessante possibile come, negli altri paesi, le persone festeggiano la giornata dell'amore.»

«Cosa non si fa per quattro iscrizioni in più...» commentò tra sé e sé Nick.

Questa volta, invece che assumere un atteggiamento passivo-aggressivo, la Wilson si limitò in annuire silenziosamente per dimostrare il proprio assenso.

«Vi dovrete dividere in tre gruppi da sei-.»

«Ehi, Logan! Stiamo insieme?» la interruppe nuovamente Max, rivolgendosi direttamente all'amico.

Prima ancora che Logan potesse rispondergli, tuttavia, la professoressa strepitò:

«Per carità! Ci manca solo questa catastrofe! I gruppi li faccio io estraendo a sorte.»

Il calciatore incrociò le braccia al petto indispettito mentre il biondo la osservava con la classica espressione di qualcuno che attende pazientemente che il proprio interlocutore giunga ad un'amara conclusione.

«Va bene.» replicò serafico Max.

Una risposta insolita, troppo singolare per una pesta come lui. La Wilson lo guardò sospettosa: quando mai quello lì le aveva dato ragione?!

Sempre senza togliersi dal viso il cipiglio perplesso, la donna estrasse dalla borsa il libro di francese.

«Useremo questo, cosicché nessuno potrà accusarmi di nulla.» disse lei.

«Sta dicendo che, quindi, le squadre scelte casualmente non potranno venir cambiati da niente e da nessuno? Nemmeno da lei?» indagò il velocista.

«Sì, Torres. È quello che sto dicendo.»

Lui annuì. Altro brutto segnale che non lasciava presagire niente di buono.

La donna, sempre con dipinta in volto una smorfia esitante, aprì il libro a caso.

«Numero sette: Amber Mercedes Jones. Numero cento; vada per l'uno e per il dieci: Chase Anderson e Florence Park.»

«COSA?!» strillò la rossa, indignata.

Si era addirittura alzata di colpo, facendo stridere le gambe della sedia sul pavimento piastrellato, e aveva picchiato i palmi aperti sul banco.

Della calma e della maturità che in genere la contraddistinguevano non ce n'era più l'ombra, e il suo bellissimo viso era contratto in un ghigno collerico.

«No, no, no! Non è possibile!»

«Quale sarebbe il problema?» le domandò pazientemente la Wilson.

Amber indicò furiosamente il povero Chase, che scarlatto come un peperone non osava girarsi in direzione della ballerina.

Nel corso dei mesi precedenti, in seguito al presunto avvistamento del fantasma del liceo, il ragazzo aveva tentato di tanto in tanto di riavvicinarsi al gruppo, ma aveva sempre usato le carte sbagliate: aveva flirtato con Amber, vaneggiato su imprese palesemente mai avvenute con Sarah, e cercato di far leva sulla simpatia degli altri prendendo in giro Nick. Chase, che già a inizio anno non si era guadagnato la stima dei sette ragazzi, nel corso delle settimane aveva fatto troppi passi falsi per poter far loro cambiare idea.

«Beh, è un tuo compagno di classe.» fu la laconica risposta della docente.

«Siamo del tutto incompatibili!»

«Ci devi lavorare insieme, non devi mica sposarlo.»

Le guance di Amber diventarono del colore dei suoi capelli.

«E ci mancherebbe anche il contrario, ma noi due non potremo mai fare un buon lavoro insieme!»

«Magari proprio da questo odio nascerà una bellissima storia d'amore. Magari tra una decina di anni convolerete a nozze.» replicò la donna nel vano tentativo di far leva sul suo lato romantico.

Peccato che il trio "Amber – romanticismo – Chase" c'entrassero l'uno con l'altro come i cavoli a merenda.

«Oh, ma certo! Tra dieci anni lancerò la mia linea ufficiale di vestiti e tutti i più grandi stilisti del mondo piangeranno ai miei piedi, implorandomi di insegnar loro il vero stile; Orlando Bloom sarà follemente innamorato di me e forse Ross avrà imparato a non uscire conciato come se fosse in trip da LSD!» ribattè la rossa, che a quanto pareva era in vena di fare ironiche previsioni e paragoni del tutto impossibili.

«Io sono qui.» protestò torvo Logan.

«Non essere sciocca, un amore inaspettato potrebbe nascere in qualsiasi momento. Proprio come successe a me e mio marito. Quando ancora eravamo due baldi giovanotti ci odiavamo a morte, sapete?»

«Prof, non per girare il coltello nella piaga, ma le ricordo che ci aveva accennato a un divorzio tempo fa...»

«Un'altra parola e ti spedisco dalla preside!» Berciò la Wilson in direzione di Max.

«Mi permetta di farle notare l'illogicità di tutto questo.» riprese agguerrita Amber. «Se pretendere che io e... questo qua, lavoriamo in armonia è un'assurdità, mettersi addirittura a combinarci un matrimonio è pura follia. Per non dire che è disgustoso come il pessimo senso della moda di Ross. »

«Oh, ma cosa vuoi da me?!» si lamentò nuovamente Logan, preso in causa in una discussione in cui lui non c'entrava un accidenti per la seconda volta nel giro di neanche un minuto.

«Bando alle ciance, Jones. Come ho già precisato i gruppi verranno estratti a sorte e niente e nessuno potrà modificarli.» concluse seccamente la professoressa.

A quella frase Amber si accasciò teatralmente sulla sedia. Ascoltò assente i nomi degli altri suoi compagni che si sarebbero sorbiti la sua stessa identica piaga e solo quando udì pronunciare il cognome del russo sembrò riprendersi un po' dallo shock: Nick e Amber, un'accoppiata che solo un pazzo avrebbe voluto combinare per un lavoro di classe. Patita del controllo una, rigido e severo come un militare l'altro, insieme avrebbero mandato al manicomio anche il più valoroso dei soldati.

Il povero Chase, ora singhiozzava disperato e guardava avvilito i due maniaci del comando, certo che presto o tardi si sarebbe instaurata una vera e propria tirannide.

«Bene, passiamo al secondo.» si impose la Wilson, scribacchiando freneticamente l'ultimo nome del primo gruppo.

La prima a venir sorteggiata fu Lauren, successivamente venne pescata Yoora Choi, una ragazzina coreana paffutella e con quella che sembrava essere una timidezza peggiore di quella della pianista, e poi Logan.

La Wilson pregò intensamente di non pescare Max Torres: già si immaginava il suo visetto insolente se mai una tale sciagura si fosse verificata. Quando però lesse un sedici, che scoprì essere il numero di Sarah, tirò momentaneamente un sospiro di sollievo: almeno le erano rimaste solo due possibilità per appaiare quella che sarebbe stata la peggior coppia della storia.

«Sarah Anne Williams!» esclamò infatti con un po' troppa gioia.

Sarah accolse la notizia con un sorriso, girandosi immediatamente verso la compagna di banco che, a sua volta, le restituiva la stessa identica espressione contenta.

«Ma sei una maledizione!» strepitò Logan.

Il riso le morì sulle labbra. Non potendo rispondergli a tono davanti a tutti né mandargli ironicamente dei bacetti, Sarah si limitò a sollevare un sopracciglio.

«Eh no, non ricominciamo!» intervenne prontamente la prof, che già iniziava a temere l'inizio di una nuova lite. «Ross, tu non hai proprio niente di cui lamentarti, per ora i tuoi compagni di gruppo sono tra i più bravi della classe... anche se non ci vuole molto... » bofonchiò infine gettando occhiate casuali a Max, Emma e altri ragazzi, tra cui Logan stesso.

«Dove vorrebbe andare a parare, scusi?!» scattò offesa Emma.


Continuando le estrazioni, Sarah notò con piacere che il proprio gruppo sembrava il più coscienzioso di tutti. Lexa Martin a parte, le erano anche tutti molto simpatici.

Rimasti gli ultimi sei alunni, la Wilson sbiancò.

Max sorrise trionfante: essendo la classe quasi perfettamente divisa a metà tra persone pelandrone e persone ligie, era statisticamente impossibile formare tre gruppi a maggioranza di studenti volenterosi con un campionamento casuale. Infatti, nei due primi raggruppamenti erano state selezionate due o tre mele marcie al massimo, nell'ultimo invece non c'era praticamente nessuno disposto ad accollarsi l'onere di far lavorare gli altri. Che poi Max con un po' di buon impegno avrebbe anche potuto eccellere in diverse materie – e magari anche portarsi a casa il premio della gita bonus – ma le questioni che lo frenavano dal mettersi sotto erano essenzialmente due: mancanza di voglia e sadico divertimento nel vedere la Wilson fumare di rabbia, che adesso lo guardava come se fosse stata tutta colpa sua.

Il fatto che inoltre questa avesse ribadito diverse volte che i pescaggi non si potevano in alcun modo cambiare rendeva il tutto incredibilmente spassoso.

L'ultima squadra, composta da pigroni di serie A come lo stesso Max, Emma Powell, i gemelli Douglas e via dicendo, dava proprio l'idea di essere una zavorra pesantissima difficile da smuovere.

«Prego, mi dica, prof: con chi avrò il piacere di affrontare questa avventura?» la provocò mellifluo il biondo. 

***

Sì, non ditemelo: è trascorso un mese dall'ultimo aggiornamento :(

Sono stata piuttosto presa in questo ultimo periodo e, arrivati alle feste, ho preferito aspettare e pubblicare il nuovo capitolo una volta essersi lasciati tutto alle spalle. 

A tal proposito vi auguro un buon anno nuovo, e che il 2021 possa essere più clemente con tutti noi. 

Al prossimo capitolo, 

Lily :*

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