⇝ 22. Esprimi un desiderio
«Sembra quasi che tu debba andare in Alaska, sei ridicola.»
Sarah non ne aveva fatto parola con nessuno oltre a Lauren - tanto questa aveva il sonno leggero, l'avrebbe senz'altro sentita sgattaiolare via indipendentemente dalla cautela che avrebbe adottato. Per evitare raffreddori e mal di gola, la ragazza aveva indossato quanti più indumenti riuscì ad infilarsi: calzamaglia di lana, leggings pesanti, pantaloni della tuta invernale, maglia della salute, camicia della divisa, maglione, felpa foderata e l'immancabile parka... per non contare calzettoni di lana, doposcì, berretto, sciarpa e guanti. Ciliegina sulla torta: proprio sotto al giubbotto si era legata con una cintura la boule dell'acqua calda all'altezza dello stomaco.
Attraversando la sala comune così conciata e con una pila di coperte di lana piegate nello zaino, aveva attirato gli sguardi di parecchie ragazze. C'era chi la trovava bizzarra, chi invece la comprendeva perfettamente («Non ridete, per uscire con Mark mi sono dovuta coprire anch'io così!»), e chi invece le schiacciava l'occhiolino poiché convinta che stesse andando ad appartarsi con il fidanzato chissà dove. Ma come ebbe modo di constatare Sarah, nessuna di loro sembrava affatto scandalizzata, nemmeno quelle dello staff studentesco, un chiaro segno che quel via vai notturno non era nuovo.
Logan l'attendeva in mezzo al cortile, anche lui imbacuccato da capo a piedi. Sembrava un cretino.
«Senti un po' da che pulpito.» lo rimbeccò lei.
Lui rise.
«Dunque? Cosa ci facciamo qua fuori, soli come due stupidi?» domandò la mora, allargando le braccia per mostrare al compagno il silenzioso ambiente circostante. Ad ogni parola, una nuvoletta bianca si propagava dalle sue labbra.
«Andiamo verso la serra, stendiamo queste cose a terra e mangiamo qualcosa; mia nonna mi ha spedito un pacco pieno di biscotti e cibarie varie, aveva paura non mi nutrissero abbastanza in questo posto.»
Sarah sollevò un sopracciglio.
«Niente stelle?»
«Con questo freddo? Sei così coraggiosa?» la rimbeccò Logan.
Sarah boccheggiò offesa: era stato lui, quel pomeriggio, a proporle di mettersi in giardino a guardare il cielo! E se da una parte la giornalista era sollevata di non rischiare l'ibernazione, dall'altra si diceva che, a saperlo, non sarebbe proprio uscita.
«Cosa facciamo? Dovremo rimanere là dentro al buio?» domandò per cambiare discorso e, soprattutto, per trovare una scusa per fare marcia indietro.
«Sì, come i gatti... che domande: con una torcia, ovviamente.» replicò ironico il ragazzo, indirizzandosi lungo il selciato che conduceva al luogo indicato per il picnic. «Andiamo, sbrighiamoci a raggiungerla, dobbiamo occuparla prima che qualche altra coppietta la usi per darci dentro.»
La mora lo osservò allontanarsi con scetticismo, indecisa sul da farsi: per un attimo, forse in un momento di sanità mentale, accarezzò l'idea di dargli del pazzo e tornarsene in camera per autocommiserarsi, prima di scrollare le spalle e seguirlo.
*
La neve ghiacciata scricchiolava sotto i loro passi e Sarah, che ancora si domandava se avesse fatto la scelta giusta, camminava alle spalle dell'amico senza proferire parola. Un fascio di luce lattiginosa, accesa solo una volta essersi trovati a debita distanza dalle abitazioni dei professori, illuminava la via dei liceali che, frettolosamente, si dirigevano verso il vivaio.
Una volta trovatosi dinnanzi alla porta di vetro satinato, Logan bussò picchiettando energicamente il pugno chiuso. Il rumore provocato risuonò così fragoroso nel silenzio notturno che avvolgeva la scuola da far sobbalzare la giornalista, che spaventata dall'idea di vedere la preside precipitarsi fuori dalla propria casa in ciabatte e vestaglia, si lanciò sul compagno di classe.
«Ma che cavolo fai?! Sei impazzito?!» gli domandò afferrandogli il braccio per prevenire ulteriori picchiettii.
Logan le rivolse uno sguardo stupefatto come se fosse stata lei quella con una rotella fuori posto.
«Vuoi davvero entrare così, senza prima assicurarti che nessuno si sia già intrufolato dentro?» poi, ritrovando il suo classico umorismo derisorio aggiunse:
«Accidenti, Williams, se proprio sei curiosa di vedere certe cose cercatele su internet!»
Sarah lo guardò boccheggiando, cercando di pensare il più in fretta possibile alla reazione più consona da adottare. Avrebbe voluto rivolgersi a lui con calma e compostezza, spiegargli che non le interessava un fico secco se due altri due alunni non avevano trovato altro posto che la serra per i loro incontri notturni e che, l'unica cosa che proprio desiderava in quel momento, era conciliare la sua voglia tenersi fuori dai guai con quella di stendersi sotto le coperte e chiedersi dove avesse sbagliato con Ethan.
Ma in fin dei conti, Sarah aveva pur sempre solo quattordici anni e certi argomenti rimanevano ancora un po' un tabù.
Infatti, invece che adottare l'ammirevole comportamento maturo che si era figura nella sua mente mentre cercava di pensare ad un botta e risposta sagace, prese ad agitare le mani e a scuotere la testa per sottolineare quanto tutto si fosse trattato di un malinteso.
«No, no no! È solo che... è solo che insomma, fai troppo rumore!» si spiegò con una punta di imbarazzo.
Sarah, sempre terrorizzata all'idea di venire aggredita alle spalle da una furibonda Trinity Ortiz - stufa marcia dell'irresponsabilità dei suoi studenti - si guardò attorno con i nervi a fior di pelle; se avesse visto anche solo un'ombra aggirarsi per il giardino, avrebbe abbandonato tutto lì e se la sarebbe data a gambe senza pensarci su due volte.
Logan le picchiettò un dito su una spalla per invitarla a voltarsi e le passò le coperte di lana che stava reggendo; borbottò un grazie prima di frugare nelle proprie tasche – tirando fuori la lingua nel tentativo di concentrarsi meglio su ciò che stava facendo – per estrarre una forcina per capelli.
Il sopracciglio sinistro di Sarah scattò verso l'alto.
«Fai sul serio?»
Il ragazzo le rivolse uno sguardo di sfida, sollevando una mano in un cenno di attesa.
Come in un film poliziesco qualsiasi, il quattordicenne si piegò poggiando un ginocchio a terra, avvicinò il viso alla serratura, infilò il suo kit da scasso improvvisato nel foro della chiave ed ecco rispuntare la lingua tra le labbra. Sarah trovò buffo quel suo vizio che, a quanto pareva, lo aiutava a focalizzarsi meglio e a isolarsi dalle distrazioni circostanti.
Stava aspettando di vederlo gettare a terra il fil di ferro e balzare via per la frustrazione, quando udì un inconfondibile "crick" provenire dal chiavistello: incredibile ma vero, quel trucco da quattro soldi aveva funzionato.
Sarah guardò attonita la porta semitrasparente aprirsi in un cigolio acuto e l'espressione concentrata di Logan mutare in una di puro orgoglio. Non aveva ancora aperto bocca, ma la mora era abbastanza sicura che le stesse per rivolgere un: "te lo avevo detto".
Così, prima che l'amico potesse rinfacciarle la sua mancanza di fiducia, scherzò:
«Complimenti, se con gli studi non dovessi andare lontano, potresti sempre fare il ladro d'appartamento.» e varcò l'uscio tutta impettita.
La differenza di temperatura tra l'interno e l'esterno la fece sospirare rumorosamente e, dal momento che il termostato segnava circa venti gradi e lei si era preparata per affrontarne molti meno, Sarah ebbe la sensazione di soffocare per il caldo.
La ragazza, dopo aver posato a terra le coperte, si tolse il giubbotto rivelando la boule dell'acqua calda legata alla vita e tutti gli infiniti strati di vestiario indossati.
Logan, che per chiudere dentro entrambi si stava dirigendo verso il capanno degli attrezzi alla ricerca delle chiavi, notò immediatamente quella sacca color smeraldo tenuta ferma con una cintura e, trovando la scena molto buffa, scoppiò fragorosamente a ridere.
«NO, MA TU MI FAI MORIRE!» si sbellicò lui, piegandosi in avanti per le risate e puntando la torcia dritta dritta contro Sarah.
«Senti, ho pensato volessi per davvero gironzolare all'aperto con questo freddo e allora mi sono attrezzata!» si giustificò continuando a spogliarsi.
«Ecco perché sembravi così gonfia! Se adesso apri lo zaino e tiri fuori una stufetta portatile, potrei sentirmi male.» continuò Logan, sghignazzando rumorosamente.
«Caspita, a saperlo...» scherzò la giornalista.
Non ottenne risposta dall'amico, che ridacchiando in maniera più sommessa si era infilato nello stanzino degli attrezzi. Dopo averci frugato dentro, uscì vittorioso sventolando un paio di chiavi.
«Trovate!» esultò. «Ricordami di ricordare al mio coinquilino di avvertire il presidente del club di giardinaggio che la serra è stata usata, così nessuno si spaventerà quando troveranno la porta aperta.»
«Wow, in questa scuola si fanno più cose di nascosto che compiti in classe.» commentò Sarah.
Logan, dopo essersi assicurato che nessuno sarebbe entrato nel bel mezzo della chiacchierata, stese a terra le coperte, afferrò lo zaino e invitò l'amica a sedersi al suo fianco.
«Vieni, ti racconto un aneddoto divertente che mi è successo durante le vacanze di Natale...» iniziò lui per rompere il ghiaccio.
*
Sarah aveva sempre sottovalutato l'importanza di una spalla su cui piangere. Avvezza a risolvere i problemi nel silenzio della propria solitudine, la quattordicenne non aveva mai avuto il piacere di ricevere conforto da una faccia amica.
Più cercava di sforzarsi a pensare ad una situazione simile vissuta, più comprendeva come, negli anni passati, fosse stata tremendamente sola. Eva, perennemente circondata da un sacco di persone e sistematicamente impegnata in faccende di importanza apparentemente maggiore, non le aveva mai prestato veramente attenzione. Lauren, inguaribilmente riservata e con quella sua aria malinconica, non aveva mai suscitato in lei l'impazienza di confidarsi per alleggerirsi un po' la coscienza.
Difatti, Logan era il primo ad essersi preso a cuore la sua malconcia situazione emotiva. Il liceale conciliava in sé due fattori non di poco conto: era a modo suo amorevole e, soprattutto, era lì con lei.
Per metterla a suo agio le aveva raccontato un po' delle proprie vacanze e di alcuni avvenimenti imbarazzanti che, agli occhi di Sarah, l'avevano fatto apparire ancora più simpatico di quel che credeva inizialmente.
Ad esempio, tanto per dirne una, a cinque anni aveva tagliato i codini alla sorella maggiore, di fatto costringendo la madre a portarla al più presto da una parrucchiera per rimediare al disastro fatto; gli era stato impedito di metter mano ad una forbice senza la supervisione di un adulto per i successivi due anni e Virginia non glielo aveva mai perdonato. A sei aveva voluto portare a scuola di nascosto Marshmellow – il coniglio nano di famiglia – e aveva finito col perderlo. La bestiola era stata ritrovata un mese dopo nel giardino dello stesso istituto con circa una decina di figli, facendogli scoprire che in realtà Marshmellow era una lei. Quando poi Logan aveva provato a riportarla a casa, questa era divenuta incredibilmente aggressiva nei suoi confronti.
I due compagni di classe, man mano che la stanchezza dovuta ad una lunga giornata cominciava a farsi sentire, erano pian piano scivolati sotto le coperte che si erano portati dietro. Si era fatto tardi – molto tardi – e ogni tanto qualche sbadiglio interrompeva le loro chiacchiere, ma nessuno dei due sembrava intenzionato ad andarsene. Per la prima volta da tempo, Sarah sentiva un senso di calore dovuto al forte affetto irradiarsi nel petto.
Ma dopotutto c'era una motivazione ben precisa che giustificava il perché, quei due, si trovassero sdraiati sul pavimento piastrellato della serra, a condividere le medesime coperte di lana trafugate dalle proprie camere.
Era appena calato il silenzio quando Logan si era schiarito la gola, un chiaro segno che un argomento importante stesse per venir toccato.
«Allora...» iniziò incerto. «Va tutto bene?»
Sarah sospirò: dunque era giunto quel momento.
«Nel senso: va tutto bene?»
Il ragazzo si girò su un fianco per sollevarsi su un gomito.
«Cioè, va tutto bene?»
Intuendo la difficoltà dell'amico nell'esprimere un concetto così delicato, la mora decise di dargli un aiutino. Sarah non glielo avrebbe mai detto, ma trovava tutta quell'improvvisa impacciataggine estremamente tenera, oltre che carina.
«Vuoi chiedermi cosa mi sia preso?»
Logan annuì.
«Ti troviamo tutti molto strana ultimamente, voglio dire: più del solito.» scherzò alla fine lui, guadagnandosi una finta occhiataccia offesa dall'amica. «Insomma, ci stiamo preoccupando... io mi sto preoccupando.» aggiunse con un filo di imbarazzo.
Per non dover guardare in faccia la compagna di classe, Logan le diede le spalle e prese a frugare nello zaino, alla ricerca di un qualcosa non identificato. Se solo non si fosse sentito tanto in imbarazzo da sentire il bisogno di girarsi, avrebbe potuto vedere lo sguardo carico di dolcezza che lei gli stava rivolgendo.
In quel momento, Sarah capì quanto fosse fortunata ad averlo al suo fianco.
Ethan rappresentava un argomento un po' tabù che la ragazza non affrontava con particolare entusiasmo – ora come ora, meno lo menzionava e meglio era – ma in compagnia del ragazzo si sentiva, stranamente, più a suo agio del solito. Sorprendentemente, le parole le uscirono da sole.
« Ho conosciuto un ragazzo in biblioteca, pensavo che provasse qualcosa per me ma invece mi sono immaginata tutto. Adesso si è addirittura trasferito in Pennsyllvania. » iniziò.
Logan, che finalmente aveva ripresa a guardarla in viso, annuì comprensivo, cosa che spronò la ragazza a continuare la propria storia.
Fu un racconto lungo e dettagliato, che a tratti aveva provocato delle fitte al cuore della giovane, come se qualcuno l'avesse punta con uno spillo. Era stato doloroso rispolverare certi ricordi, era stato ancora più frustrante esporli ad alta voce ad una persona estranea ai fatti e, soprattutto, era stato umiliante rendersi conto che, in fin dei conti, la maggior parte dei segnali ricevuti dal senior non erano altro che malintesi.
Aveva frainteso tutto quello stare insieme in biblioteca, gli sguardi incrociati e le gentilezze che lui le aveva riservato. L'unica cosa che rimaneva poco chiara era il motivo che l'aveva spinto a sedersi vicino a lei sul pullman, nonostante tutti i posti lieri, ma per il resto Sarah aveva appurato con una certa amarezza di aver semplicemente scambiato la sua gentilezza per un interesse romantico. E non appena era giunta all'amara conclusione si era sentita incredibilmente stupida.
Ma Logan – forse perché di un parere opposto o forse solo per sensibilità all'argomento – non la chiamò sciocca, non la interruppe per ridere di lei, non sbadigliò per la noia; il liceale l'aveva lasciata parlare liberamente senza mai provare ad interromperla nemmeno una volta.
Solo quando la ragazza aveva concluso il suo lungo monologo con un altrettanto durevole silenzio, Logan si espresse in un giudizio.
«Penso che tu abbia visto solo quello che volevi vedere.»
Era stato diretto, franco, ma allo stesso tempo anche gentile. Sarah non si era sentita ferita all'udire quella così scontata constatazione.
«Alcune cose sono equivoche, concordo, ma hai per di più frainteso quasi tutto.»
La mora gli lanciò un'ultima occhiata, prima di ritornare a guardare il soffitto appannato. Non molti giorni prima c'era stata una pioggia di meteore, se solo fossero stati all'esterno, forse, ne avrebbero vista qualcuna ritardataria.
«Toglimi una curiosità: che cosa ti ha attratto tanto di lui?» le domandò Logan, sdraiandosi ancora su un fianco e poggiando la testa sul palmo della mano.
Cavoli, bella domanda.
La giornalista cercò di fare mente locale, ripercorrendo a ritroso tutta la storia della loro amicizia e sentendo nuovamente una serie di fitte dolorose. Arrivata alla sua prima mattinata da matricola, giorno in cui l'aveva visto lamentarsi al bar per la mancanza di brioches, si rese conto di avere un'infinità di motivi per cui ammirarlo.
Tuttavia, all'amico, non ne espose nemmeno la metà della metà.
«Era gentile e intelligente.»
E misterioso, e affascinante, e le ricordava un po' la sua prima cotta... e la lista andava avanti.
«Tutto qui?» chiese incredulo Logan. «Scusami, ma sono delle ragioni un po' deboli, ci deve essere qualcos'altro alla base di questa sbandata.»
«Sei diventato il mio psicologo adesso?!» si inalberò Sarah, lanciandogli un'occhiataccia.
«Ma sai che non sarebbe una cattiva idea? Fare lo psicologo in generale intendo, mica fare il tuo personale. Sei troppo difficile.» precisò infine.
«Ah, certo. Ti ci vedo proprio ad aiutare le persone: già mi immagino il momento in cui farai sdraiare qualcuno su una chaise longue e gli chiederai che problemi abbia oltre a quelli mentali...» replicò asciutta lei.
Il calciatore si mise a ridere, per poi stendersi supino ad osservare il cielo.
Sebbene la sua presenza e i suoi modi calmi l'avessero aiutata a confidarsi, Sarah faticava parecchio ad immaginarsi il compagno di classe nei panni di uno psicanalista – forse perché abituata a vederlo lanciarsi in discorsi che di serio e sensato avevano ben poco. Solo ora capiva che, dietro a quella facciata perennemente spensierata da ragazzo che prende tutto alla leggera, si nascondeva una personalità più profonda.
«Almeno io sarò legittimato a farmi gli affari degli altri.» la rimbeccò lui.
La mora finse un'espressione offesa e gli fece una linguaccia, per poi metter su un broncio fasullo e fissarlo in cagnesco. Un comportamento abbastanza infantile che tuttavia divertì Logan. L'apparecchio che portava ai denti brillò sotto alla luce lattiginosa della torcia e solo allora, come se per tutti quei mesi avesse avuto due fette di prosciutto sugli occhi, la ragazza notò il bel sorriso dell'amico.
*
Quello scambio di esperienze passate rappresentava la cosa più intima che avesse mai fatto con qualcuno. Si era sfogata innumerevoli volte con Arielle, ma il tutto le era sempre sembrato talmente naturale che non ci si era mai soffermata troppo a rifletterci sopra; le era capitato anche di essere costretta a stare a sentire Eva blaterare sul suo amore incondizionato che scoppiava ad intervalli regolari di una manciata di mesi con ragazzi diversi, ma non aveva mai considerato il tutto come un momento di confidenza, dal momento che questa raccontava tutto a tutti; e Lauren... beh, lei non era nemmeno da calcolare.
Quel sentimento di vicinanza che stava provando per Logan era una cosa del tutto nuova. E le piaceva.
Mentre il ragazzo le raccontava di quella bambina che, cotta a puntino di lui, si era trasformata in una specie psicopatica pronta ad eliminare la concorrenza con ogni mezzo, Sarah era piano piano scivolata al suo fianco e si era distesa supina per osservare il cielo. Logan non attese molto per imitarla.
La giovane osservava il nero sopra di sé – un po' sbiadito a causa del tetto di vetro un po' velato – con meraviglia. Era sicura che, se solo quella tanto sottile quanto fastidiosa barriera fosse sparita, avrebbe potuto vederlo costellato di innumerevoli puntini luccicanti come a L'Amable.
«Ho sempre desiderato potermi sdraiare e contare le stelle cadenti.» confessò lei in sussurro.
«Mai fatto?»
«Mai. Non so come mai, ci ho pensato parecchie volte ma non l'ho mai fatto.»
Uscendo solo con Eva – e con le amiche di quest'ultima, quando la ragazza le invitava senza avvisarla – Sarah non aveva mai avuto modo di soffermarsi ad ammirare il cielo. Ogni tanto, quando si annoiava, sollevava il capo per guardarlo, ma le amiche di Eva l'avevano sempre richiamata per chiederle che stesse facendo e che cosa ci trovasse di così di interessante.
«È un peccato che ci sia il vetro appannato a rovinare lo spettacolo, sono sicura che dall'esterno la vista sarebbe nettamente migliore.» commentò la mora senza voltarsi verso l'amico.
Con il naso rivolto verso il tetto della serra, non si erano ancora rivolti nemmeno uno sguardo.
Logan stava per ribattere, quando qualcosa di fulmineo, rossastro e abbastanza luminoso da poter essere visto anche in quelle condizioni, attirò la sua attenzione.
«Una stella cadente! Svelta, esprimi un desiderio!» esclamò.
«Uff, me la sono persa...» borbottò Sarah con delusione.
L'amico sghignazzò divertito davanti al tono sconsolato della ragazza, che speranzosa guardava con morbosità il cielo nero.
«Sfigata.»
«Va' al diavolo.» ribatté prontamente la giovane. «Piuttosto dimmi: che hai desiderato?»
«Che domande: essere qui con te, Williams.» scherzò lui.
Sarah non esitò un secondo a tirargli un bel pugno sulla spalla. Logan incassò il colpo ridendo, mentre con una mano si massaggiava la zona colpita.
«Idiota...» mormorò la giornalista.
«Come siamo permalose.» rincarò la dose Logan.
Sarah scosse la testa.
«Hai intenzione di concludere la serata ad insulti?»
«Concludere? Chi ha parlato di concludere? La notte è ancora giovane!»
«Ti ricordo che domani abbiamo lezione. Abbiamo storia con Peterson, tra l'altro.»
Logan sbuffò. Dio solo sapeva quanto detestava quella materia e il ligio professore non l'aiutava certo a ricredersi su di essa – dopotutto c'era un motivo dietro al debito che lo attendeva a fine semestre.
«Tzé, come se per me facess-.»
«Guarda, un'altra!» strepitò Sarah meravigliata, mentre l'indice saettava verso il punto in cui la stella cadente aveva ricreato la sua tipica scia.
Per concentrarsi meglio sulla propria richiesta al cielo, la giovane chiuse gli occhi e fece un respiro profondo.
Cosa desiderava di più? Le sue richieste erano tante, tutte inerenti alla sfera sociale che, fino ad allora, non era stata delle migliori. La giornalista si affrettò a passare in rassegna tutti i propri sogni solo per giungere, in un secondo momento, alla banale conclusione che la cosa che cercava con così tanta bramosia, era una persona che l'amasse per quella che era. Qualcuno che si innamorasse della vera lei, disposto ad attendere che questa gli si presentasse e che non si lasciasse ingannare dalla sua timidezza.
Parenti a parte, che in un certo senso erano costretti a volerle bene, Sarah non aveva mai avuto nella propria vita una figura di spicco che le avesse trasmesso amore e affetto.
Avendo la sensazione di essere osservata, ruotò la testa verso il compagno di classe e lo sorprese intento a fissarla. C'era qualcosa di strano nel modo in cui lui la guardava, così come era singolare essersi ritrovati all'una di notte, sdraiati supini ad ammirare l'universo.
I due si contemplarono per qualche frazione di secondo, prima che Sarah distogliesse lo sguardo con un velo porpora a colorarle le guance.
***
Ta-dàààà!
Questo è un capitolo importantissimo per il rapporto che lega Logan e Sarah. Voi che ne pensate? Credete che ci sarà un cambiamento nella loro relazione? Se sì, in che misura e come?
Vi lascio qui una piccola curiosità: per scrivere questa scena mi sono ispirata a tutte quelle volte in cui sono andata a vedere le stelle con i miei amici. In quelle situazioni ovviamente non c'era un bel niente di romantico, ma ho sempre trovato quei momenti estremamente magici e penso che, se andassi a guardare il cielo con una persona a me cara, potrei seriamente innamorarmene 😂 Sono l'unica?
E' un capitolo molto vecchio, risale più o meno a due anni fa, ma nonostante tutto questo (forse) è l'unico che non ho mai modificato rispetto alla vecchia versione della storia.
Ecco, ho finito tutto quello che avevo da dirvi.
Alla prossima,
Lily :*
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