⇝ 21. Grazie al cielo c'è Amber

Il lato positivo della sfuriata a casa di nonna Concordia era che, perlomeno, la presenza di Sarah a villa Caruso non sarebbe stata insistemente richiesta per un po'.

La donna, infatti, non aveva digerito l'insolenza della nipote e una volta che questa era uscita del bagno non le aveva più rivolto la parola. Ma vuoi la soddisfazione di essersi momentaneamente liberata di un grosso peso, vuoi l'umore sotto i piedi che ancora non si era rialzato, la ragazza non riuscì ad usufruire al meglio di quella piccola pausa dalle lezioni.

Infatti, aveva sempre qualcosa per la testa che le impediva di studiare o fare qualsiasi cosa che richiedesse un minimo di sforzo mentale. Toccò a sua madre l'ingrato compito di andare per negozi a comprare un pensierino per Amber, visto che la piccola di casa Williams era al momento psichicamente debilitata. 

Il test di scienze sullo spazio, due fogli interi – fronte e retro – colmi di domande aperte e a crocette e che normalmente la giornalista avrebbe affrontato senza alcun indugio, si rivelò essere un ostacolo per il quale non si era preparata a sufficienza. E quando, qualche giorno dopo, la professoressa Lavigne si ripresentò in classe con i compiti già corretti e valutati e la voce che la Williams avesse preso appena una C+ al posto delle sue solite B e A, a tutti fu piuttosto chiaro che qualcosa fosse andato storto nelle due settimane precedenti.

Gli unici a minimizzare quella valutazione, per loro comunque alta, furono Max e tutti gli altri ragazzi che come lui erano sempre sul filo del rasoio.

«Ma sì! Ma cosa te ne frega! Hai già una B come media, non sarà una C a rovinartela!» aveva cercato di consolarla il biondo, quando al cambio dell'ora Sarah aveva espresso la propria delusione.

"Ma cosa te ne frega, un corno", si era detta questa, che non avendo aperto libro per giorni non poteva nemmeno chiedere all'insegnante di poter recuperare con un'interrogazione.

Dal suo punto di vista, da quella tremenda mattinata di festa, nulla stava più andando per il verso giusto. Per quanto la riguardava, nella lista delle disgrazie che si stavano abbattendo su di lei, ci mancava solo un infortunio all'imminente uscita sul Rideau Canal Skateway – magari una frattura al polso destro, cosicché le sarebbe toccato dettare ai professori le risposte dei test che doveva ancora affrontare prima della chiusura del quadrimestre.

Una previsione che si rivelò in parte azzeccata.

Il giorno successivo ad averlo pensato, infatti, mentre scendeva le scale al fianco di Nick per accompagnarlo in segreteria a ritirare le liberatorie per la gita a Niagara Falls e per l'uscita al museo di marzo, scivolò e si fece tutti gli scalini con il sedere. A rendere ancora più imbarazzante la scena, oltre al fatto che il russo avesse cercato inutilmente di rincorrerla per fermarla e risparmiarle almeno una manciata di gradini, ci pensarono gli spettatori: purtroppo per lei, a quell'ora vicino alla tromba c'erano quegli animali di 2^D, che vedendola ruzzolare così comicamente avevano iniziato a schiamazzare e a ridere senza alcun ritegno.

Sarah non si era girata per guardarli male essenzialmente per tre motivi: perché erano in quattro e si vergognava, perché non ne valeva la pena, e perché il dolore al fondo schiena e al piede sinistro erano così forti che, nei primi secondi dopo l'arresto, non era riuscita a pensare ad altro che non fosse l'infermeria.

E dire che che, teoricamente, non toccava nemmeno a loro andare a ritirare quei maledetti documenti: avrebbe dovuto essere compito del docente rappresentante di classe, la Wilson. Le fumavano le orecchie al solo pensiero che, se solo la professoressa fosse stata meno esaurita e avesse fatto il proprio lavoro, al posto suo ci sarebbe stata lei distesa sul pavimento in quel momento.

Nick però era stato tanto gentile con lei; dopo esserle corso dietro, infatti, aveva pensato lui ad incenerire i ragazzi che ridevano, a coprirle le cosce scoperte con la gonna della divisa – che si era alzata per la caduta e per poco non la lasciava in mutande – e anche a prenderla in braccio per portarla dall'infermiera.

Il referto medico era arrivato subito: la mora aveva solo preso un banale colpo all'osso sacro e una leggera storta alla caviglia che le sarebbe passata nel weekend. Nulla di grave, insomma, ma l'infermiera le aveva anche firmato l'esonero dalle ore di ginnastica e mandando in apprensione il professor O'neil, che non appena lo lesse reagì come se avesse contratto una brutta malattia incurabile.

Tutto questo in appena tre giornate.

*

La mattina del dieci gennaio, giorno del primo Open Day, prima dell'arrivo dei ragazzini delle medie la preside si era attaccata al microfono nel suo ufficio per raccomandare a tutti gli studenti un comportamento decoroso e che non la mettesse in imbarazzo; un monologo che ridendo e scherzando era durato cinque minuti di orologio e che aveva portato i ragazzi iscritti al laboratorio di economia domestica a fantasticare di mettere in atto l'ultima lezione e di tagliare i cavi agli altoparlanti.

Così, mentre la dolce Trinity era occupata a fingersi un essere umano vagamente sopportabile con i tredicenni e rispettivi genitori nell'aula magna – aperta apposta per fare bella figura e impressionarli come ogni anno – qualcuno con il fegato di passare dalle parole ai fatti, si intrufolò nel suo ufficio e le smontò il microfono. Un'altra volta.

Una bravata da nulla e che era stata risolta in una mezz'oretta da uno dei tecnici della scuola, ma che aveva fatto sorridere un po' tutti, tranne la rettrice.

Quel pomeriggio si sarebbe svolta la prima di quattro uscite al Rideau Canal Skateway e l'entusiasmo con cui Sarah si era iscritta sembrava essere svanito. Il trasloco di Ethan le impediva di godersi la sua vita scolastica; qualsiasi attività a cui prendesse parte ora le sembrava sempre insipida e incompleta, come se la sola presenza del senior in quel liceo rendesse tutto più meritevole di essere vissuto.

La giornalista aveva commesso il grave errore di far gravitare la propria esistenza attorno a quell'amore platonico non corrisposto e, adesso che l'oggetto del suo interesse si era allontanato di migliaia di chilometri, aveva l'impressione di essere rimasta senza una parte di se stessa che non sarebbe più tornata indietro.

Era quasi stata tentata di darsi per malata e non uscire, ma alla fine la vocetta nella sua testa aveva avuto la meglio: perché perdere tempo dietro a qualcuno che non avrebbe più rivisto e non ricominciare a vivere il presente? Ethan non sarebbe più tornato, non poteva disperarsi per lui in eterno.

Mentre scendeva le scale del dormitorio femminile era stata colta da un altro ripensamento e aveva accarezzato l'idea di ritirarsi a causa della storta alla caviglia che, anche se non doleva, rappresentava comunque un'ottima scusa per fare marcia indietro. Aveva ripercorso un paio di metri verso la propria stanza, quando aveva ricevuto l'illuminazione: per diventare popolare quando non si è tra le più belle della scuola, doveva mandare giù il rospo e partecipare a quel genere di eventi.

Giunse in cortile con qualche minuto di anticipo, con il suo immancabile parka beige ben allacciato fino al collo, guanti, cappello e sciarpa di lana, pronta ad affrontare il gelido clima canadese. Il cartellino con il suo nome e il simbolo della Forthbay erano a malapena visibili, sotto tutto quel tessuto. Era al corrente che così imbacuccata aveva un aspetto più tenero che attraente, ma al contempo sapeva anche che con tutti quegli strati addosso l'unico modo per provare dolore dopo una caduta sarebbe dovuta atterrare di faccia.

Logan e Max erano già presenti, assieme ai due terzi della squadra di Hockey del primo e secondo biennio, il rispettivo coach e un'altra manciata di studenti. Amber li raggiunse con un paio di minuti di ritardo, anche lei ben coperta ma comunque bellissima nel suo cappotto crema. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in dei distinti riccioli fitti e appesa ad una spalla portava una borsa a tracolla contenente i suoi pattini personali, appositamente portati a scuola per l'occasione. Salutò alcuni atleti e si affiancò a Sarah elargendo candidi sorrisi.

Accompagnati dal coach di Hockey, dopo un veloce appello per segnare le presenze, gli studenti salirono sulla navetta messa a disposizione per l'uscita.

*

Le persone presenti sul Rideau, sebbene stesse nevicando, dovevano essere un centinaio. La pista, classificata patrimonio mondiale dell'UNESCO, era affollata da famigliole con figli; da pattinatrici che piroettavano con la grazia di un cigno sul pelo dell'acqua; da coppie che, nel bel mezzo di un appuntamento, si tenevano per mano; e da gruppi di studenti accorsi dopo la fine delle lezioni per un po' di svago.

Quando finalmente Sarah riuscì a mettersi ai piedi i pattini affittati e tentò di mettersi in equilibrio sul ghiaccio, si rese ben presto conto di non avere le capacità necessarie per mantenere la posizione verticale.

Era stata una pessima mossa iscriversi a quella serie di uscite.

Rimase a guardare lastra biancastra davanti a lei con un misto di terrore e rimorso per essersi buttata in un'attività del genere, seriamente tentata di tornare indietro e rimettersi gli stivali, fino a quando non sentì una mano farsi spazio tra il suo fianco e l'avambraccio.

«Stiamo indugiando?» le chiese Amber, prendendola a braccetto.

«Mi spezzerò le caviglie.» bofonchiò Sarah, visibilmente in imbarazzo. «Farò una pessima figura.»

La riccia le portò una mano sotto al mento e le girò la testa affinché potesse guardare un ragazzo del terzo anno.

«Guarda quello lì: fa football, probabilmente non ha mai avuto ai piedi un paio di pattini, eppure si è gettato comunque nella mischia.» le indicò successivamente una coppia del secondo. «O anche quei due. Li avrò visti scivolare almeno una decina di volte nel giro di due minuti. Se cadere è la tua paura, oggi sei fortunata: ho pattinato per anni, posso aiutarti.»

I primi passi della giornalista sullo spesso strato di ghiaccio furono incredibilmente impacciati, resi ancora più ridicoli dal giubbotto ingombrante e tutti gli strati protettivi contro il freddo che questa aveva deciso di indossare.

Era caduta diverse volte trascinandosi dietro l'amica, prima di capire il metodo più corretto per riuscire a mantenere la stazione eretta.

Si ripeteva i consigli dell'ex pattinatrice come un mantra, come se questi fossero stati scritti sotto forma di lista da controllare e rileggere cento volte.

Tieni le gambe leggermente piegate.

Non irrigidirti.

Inclinati un po' in avanti.

Cammina a soldatino.

Sarah si era dovuta concentrare come davanti ad un compito di matematica e stringere forte la mano di Amber, ma almeno era riuscita a non finire a gambe all'aria per interi minuti.

La ballerina le aveva lasciato tutto il tempo necessario per prendere familiarità con la superficie scivolosa del canale ghiacciato senza dire una parola che non c'entrasse con il pattinaggio, ma quando decretò che la mora fosse sufficientemente a suo agio per poter conversare di questioni che andassero ben oltre, aveva cercato di approcciare l'argomento che più le premeva sapere con tatto.

«Sarah, sei sicura che vada tutto bene?» le aveva domandato rimanendo vaga.

La giornalista aveva annuito in silenzio. Una bugia che non aveva nemmeno lontanamente convinto Amber, dotata del dono dell'empatia e capace di comprendere al volo le emozioni di chi la circondava.

Sarah era sempre stata una ragazza timida ma solare, dedita allo studio ma comunque sempre con la voglia di passare del tempo con i propri amici; adesso invece le sembrava perlopiù spenta, solitaria, distratta, con un atteggiamento altalenante che oscillava in continuazione tra la passività, l'irritabilità e l'indolenza. La mediocre C+ ottenuta nel compito di scienze non era stata altro che un'ulteriore prova alla tesi che la mora fosse perseguitata da una profonda tristezza.

Stavano tornando indietro verso il punto di partenza, quando la rossa si era decisa a sganciare la bomba:

«Non ho più visto più il tuo amico in questi giorni... sta bene?»

Non aspettandosi una domanda così diretta, Sarah commise l'errore di irrigidire le gambe. Lasciò immediatamente la mano della compagna di classe per cercare di ritrovare l'equilibrio e non cadere e Amber, nel vano tentativo di sorreggerla, si affrettò ad abbracciarla. Le due studentesse, senza che nessuna potesse farci nulla, si ritrovarono ben presto lungo distese una sopra l'altra sulla fredda lastra ghiacciata del Rideau. Amber fu la prima a rialzarsi, poiché più abituata ad avere ai piedi un paio di lame e perché non era stata lei la poveretta ad attutire la caduta dell'altra, mentre Sarah non aveva osato muovere un muscolo se non per mettersi a sedere. Per la prima volta la giornalista comprese quel che provava Lauren, tutte le volte che tentava di farsi gli affari suoi.

Sperò che l'ex pattinatrice si fosse lasciata distrarre dallo schianto al suolo, ma a giudicare dall'espressione impietosita che questa aveva ancora stampata in viso sembrava proprio di no.

«Non lo vedo da dopo le vacanze e ad un certo punto, alla festa di Natale, sei sparita. »

Chi di curiosità ferisce, di curiosità perisce, d'accordo, lo riconosceva. Sarah era l'ultima persona su quel canale a potersi lamentare dell'indiscrezione di Amber.

Ora che aveva provato sulla propria pelle la smania di un'altra persona di sapere cosa fosse successo, doveva ammettere che era piuttosto snervante.

Scoperto ciò, avrebbe finalmente smesso di impicciarsi dove non avrebbe dovuto? Certo che no. Avrebbe semplicemente cercato di essere il più discreta possibile.

La mora sospirò. Non avrebbe raccontato tutta la verità – tanto Ethan non era più lì per completare la sua storia – ma avrebbe rifilato solo il problema principale che l'aveva mandata in uno stato depressivo.

«Si è trasferito a Pittsburgh.» rivelò atona. «Per motivi legati al lavoro del padre.»

Amber le tese la mano per aiutarla ad alzarsi e Sarah l'afferrò con gesti molli, come se il malumore rallentasse i suoi movimenti. La rossa si piegò sulle gambe e sbilanciò il proprio peso in direzione contraria a quella dell'amica, per evitare di scivolare un'altra volta e picchiare la faccia.

«Mi dispiace, Sarah.» disse lei.

«Me ne farò una ragione.» sospirò l'altra, senza lasciar trasparire alcuna emozione. «Non mi ha nemmeno scritto da quando se n'è andato, ma suppongo sia meglio così, no? Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. »

La riccia la prese amichevolmente a braccetto.

«Il mare è pieno di pesci, vedrai che lo troverai un altro che ti farà battere il cuore.» le disse conciliante. «Se dovesse interessarti qualcuno della scuola ti prego di dirmelo, così se lo conosco posso presentartelo.» ammiccò infine.

«Sei la seconda che si offre di fare da agente matrimoniale.» la prese in giro Sarah, ricordando come anche Eva se ne fosse uscita con quella proposta.

«Sei fortunata ad avere delle amiche come noi, allora. E adesso fammi un sorriso sincero, si vede lontano un miglio che qualcosa non va.» la spronò la ballerina.

La giornalista stava quasi per voltarsi e stirare gli angoli delle labbra verso l'alto, quando notò in lontananza una figura tanto comica quanto ridicola: Logan, terrorizzato dall'idea di scivolare per terra, aveva chiesto in prestito al capanno in cui avevano preso i pattini uno di quei deambulatori speciali a forma di pinguino per i bambini. Il ragazzo, fin troppo più alto rispetto a chi normalmente veniva affidato quel supporto, muoveva piccoli passettini chino sul suo piccolo salva-vita come un anziano con problemi motori, ignorando le risatine di tutti quelli che passavano e lo scornavano.

Max, invece, temerario come al suo solito, si lanciava qua e là infischiandosene di passare la maggior parte del tempo a rotolare in seguito a cadute. Anzi, più le due ragazze lo guardavano, più sembrava che il biondo si gettasse a terra con lo specifico intento di muovere pietà nelle spettatrici e farle accorrere per farsi aiutare.

Sapendo di poter lasciare andare Sarah senza che questa involontariamente imitasse Max, Amber si diede un paio di spinte per raggiungere il compagno di classe.

«Non dategli una mano, è un porco!» strepitò in direzione delle giovani nei dintorni, che al decimo scivolone del velocista si erano guardate tutte per decidere chi dovesse avvicinarglisi per aiutarlo.

«Vai a cagare, Mister Hyde!» replicò prontamente Max.

La giornalista, indecisa se trovare più divertente il gigante piegato su un pinguino di plastica o il diverbio tra i due compagni di classe, aveva deciso di affiancarsi a Logan nel più completo silenzio.

Non gli fece nessuna battutina derisoria, né gli scoppiò a ridere in faccia. Sarah si era solo limitata a guardarlo con un sorriso non troppo convinto.

Logan, davanti a quel mutismo, aveva gettato alla ragazza un'occhiata in tralice, domandandosi perché mai ancora non l'avesse schernito nonostante le stesse servendo l'occasione su un piatto d'argento. Insomma, lui stesso ci avrebbe riso su, se solo non avesse rischiato di perdere l'equilibrio e schiantarsi sul ghiaccio.

«Cos'hai?» le domandò.

«Niente.» replicò prevedibilmente Sarah.

Difficile però crederle quando questa passava giorni con la bocca cucita e con la testa tra le nuvole.

*

Logan aveva inutilmente cercato di fare un po' di luce sulla questione, ma le ragazze del gruppo – perché alla fine Sarah aveva accennato del trasferimento di Ethan anche a Lauren, ed Amber aveva liquidato Emma con un perentorio: "se n'è andato, non dirlo a nessuno" – si erano tutte chiuse in un silenzio omertoso. Incredibile come queste si divertissero a spettegolare su cose futili, ma non appena arrivava il momento di trattare di argomenti più seri riuscissero a coalizzarsi affinché non una parola arrivasse all'orecchio altrui.

Il gigante aveva passato tutto il martedì pomeriggio e il mercoledì mattina a fare supposizioni con Nick e Max, ma entrambi avevano etichettato il tutto come un "periodo no".

«Dammi retta: le femmine sono pazze. Hanno sbalzi d'umore ogni cinque minuti, lasciale stare.» gli aveva suggerito il biondo con un braccio attorno alle spalle.

Ma Logan non voleva proprio saperne di lasciar correre. Gli risultava complesso ignorare l'aria abbattuta della giornalista quando questa era nel suo stesso gruppo di amici ed era seduta alle sue spalle a lezione.

Mercoledì pomeriggio, dopo l'ora di geografia, Sarah si era diretta in biblioteca con la vitalità di uno zombie e si era lasciata cadere sulla solita sedia su cui era solita studiare in compagnia di Ethan. Quel posto non le era mai sembrato tanto deprimente, eppure non voleva stare da nessun'altra parte.

Aveva estratto dalla borsa una calcolatrice e stava cercando di concentrarsi per risolvere le equazioni datele per compito. La professoressa Stewer, dopo la sfuriata fatta la mattina precedente perché i suoi alunni, invece che studiare l'ultimo capitolo spiegato, avevano passato il weekend a oziare, era stata così carina da fissare un test per quello stesso venerdì. Sarah si sentiva molto pessimista riguardo all'esito di quella verifica. Aveva appena iniziato a sussurrare i propri calcoli per evitare di perdere il conto e dimenticarseli, quando la sedia accanto a sé si spostò per permettere a qualcuno di sedersi sul tavolo.

Sarah si fermò immediatamente, colta da un deja-vu risalente a nemmeno un paio di mesi prima. In quell'occasione era stato il senior a raggiungerla e ricordava perfettamente come questo si fosse messo comodo accanto a lei per farle qualche domanda riguardante lo spione che aveva rubato il copione. La mora chiuse gli occhi e respirò a fondo.

Ma ora Ethan non c'era più e sarebbe stato stupido, da parte sua, pretendere di alzare gli occhi e ritrovarsi davanti il suo ciuffo di capelli neri o il suo viso spigoloso che tanto la faceva impazzire. Perciò sospirò ancora prima di sollevare il capo e fissare i propri occhi azzurri in quelli bicolore di Logan.

«Non ti farò copiare i miei compiti.» recitò meccanicamente.

Il ragazzo rise sommessamente.

«Non li voglio.»

Sarah sollevò il sopracciglio sinistro, domandandosi che cosa ci facesse lì il compagno se davvero non era interessato al suo lavoro.

«Allora perché sei venuto qui? Non ti ho mai visto da queste parti.» replicò lei, curando il proprio tono di voce.

Logan si portò due dita al colletto del maglione blu scuro della divisa per tirarlo e far passare un po' d'aria.

« Cosa ti succede? » le domandò senza troppi giri di parole.

Sarah si guardò attorno, spaventata dall'idea di vedere qualche testa sbucare da dietro gli scaffali o qualche mano spostare libri per poter osservare meglio. In quella stanza le librerie avevano le orecchie e non era affatto consigliabile parlare delle proprie questioni amorose là dentro.

« Niente. » ribadì lei a denti stretti.

A nulla servì la serie di sguardi eloquenti che la mora tentò di lanciargli, quella categorie di occhiatacce che anche un bambino avrebbe associato a dei minacciosi: "chiudi la bocca".

L'amico non afferrò il messaggio; come molti altri ragazzi era davvero un disastro nell'arte di saper leggere tra le righe.

« Certo. Ed io sono la regina di Inghilterra. A malapena mi rivolgi la parola da quando siamo tornati a scuola e te ne stai sempre per i fatti tuoi tutta pensierosa. » ribatté questo, ignorando ancora una volta l'espressione stizzita della studentessa.

« Ross, sta' zitto. »

« No, sul serio. »

«Ross.»

«Ti ho tenuta d'occhio in-.»

«Non ho assolutamente nulla! Va' via.» alzò la voce Sarah.

Adesso sì che erano osservati. Proprio come temuto dalla giornalista, il viso di alcuni curiosi aveva fatto capolino da dietro gli scaffali e le colonne per assistere più da vicino alla discussione in atto tra i due liceali.

La mora si alzò, afferrò il braccio di Logan e lo invitò a piegarsi verso di lei per potergli bisbigliare all'orecchio.

«Non ho niente per cui tu debba preoccuparti. E ora smettiamola, stiamo attirando troppo l'attenzione.»

Logan la guardò in viso con un'espressione seria, prima che gli angoli delle labbra gli si piegassero verso l'alto. Il sopracciglio di Sarah si incurvò in una smorfia scettica davanti alla risatina del compagno.

«Certo, Williams.» mormorò lui, dando alla ragazza l'illusione di una vittoria.

Poi però si chinò nuovamente su di lei e lasciò che le loro guance si sfiorassero. Per un attimo Sarah aveva avuto l'istinto di spingerlo via, per il timore che questo volesse baciarla.

«Ci vediamo in giardino alle undici e mezza.»

Non aveva capito bene.

«Scusami?»

«In giardino alle undici e mezza. E porta con te tutte le coperte che hai in stanza, farà freddo.»

Sarah indietreggiò indignata, guardando negli occhi il suo interlocutore. Logan aveva stampato in viso un sorriso furbo.

«Tu sei matto.» l'accusò lei. «Cosa dovremmo fare in piena notte, al gelo, noi due da soli?»

«Ti porto a vedere le stelle in riva al fiume.»

Sarah strabuzzò gli occhi.

«Ah, quindi sei serio...»

«Certo che sì. Prendila come un'uscita intima tra amici: andiamo in un punto in cui i professori non potranno vederci, ci mettiamo comodi, e osserviamo il cielo.»

Vedendo che la giornalista era sul punto protestare, il ragazzo si affrettò ad aggiungere:

«Se il tuo timore è venir sorpresa dal custode, ti ricordo che quello, superata una certa ora, non esce manco a pagarlo. Figuriamoci poi con questo freddo. Fino ad ora nessuna coppietta uscita ad appartarsi è mai stata ripresa.»

«Sì, ma le altre persone non sono mai usciti con meno dieci gradi! E cosa ti fa pensare che io voglia rischiare l'ipotermia? Potrei anche rimanere in camera mia.» controbatté Sarah.

Logan la guardò negli occhi per un paio di secondi.

«In tal caso verrei io stesso a trascinarti fuori.» disse astuto, lanciando un'ultima occhiata divertita alla compagna di classe e andandosene.

***

Ta-daaaa! Rieccomi qui con un nuovo capitolo. Avete seguito le anticipazioni e i riferimenti che avevo pubblicato su Instagram? No? Beh, allora seguitemi 😌 mi trovate sotto il nome lilythebennet
Sappiate che Instagram è il canale principale che uso per comunicazioni, sondaggi e quant'altro. Sappiate anche che volendo potrei intrattenere intere conversazioni solo attraverso meme e stickers, perciò aspettatevene parecchi. 

Ma torniamo a noi: incredibile come Amber sia capace di passare dall'essere zuccherosa e comprensiva, all'essere una belva feroce pronta a sbranarti la faccia, eh? Forse il soprannome di Mr. Hyde non è poi così sbagliato... 

E secondo voi che dobbiamo aspettarci dall'uscita serale con Logan? Non dico nient'altro, a voi ogni supposizione. 

Ma ora facciamo un gioco: se doveste associare i personaggi di Write about us alle case di Hogwarts, chi sarebbe dove? 

Ci si vede al prossimo capitolo, 

Lily :*

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