⇝ 20. Come commettere un omicidio e farla franca
La cena della vigilia con sua zia Erika fu, come previsto, un disastro totale: la donna si era portata da casa una leggerissima insalatina di quinoa, seitan e tofu, condita con olio extravergine d'oliva e maionese vegana; una sbobba dall'aspetto orrendo che Sarah non avrebbe rifilato nemmeno al cane della vicina.
I suoi pargoli di tre anni, due pesti che Sarah avrebbe ben volentieri buttato nel bidone dell'umido, avevano passato tre quarti della serata a strillare e frignare; quando non erano occupati ad attentare all'udito dei presenti, invece, i due si divertivano a correre in giro per casa. In un paio d'occasioni Sarah era anche dovuta andare a recuperarli in camera propria e strappargli di mano quello che avevano arraffato, prima di chiudere a chiave la porta e provocare un'altra serie di piagnistei.
Nervosa com'era la mora, quelle due piattole dovevano solo ringraziarla per non averli ancora defenestrati.
Suo zio Bob, che di lavoro faceva l'idraulico, aveva parlato con suo padre solo di tubature e impianti di scarico.
A rendere ancora più nera quella serata, in cui Sarah avrebbe solo voluto chiudersi nella propria stanza a compiangersi, ci si mise l'obbligo morale di dover sorridere sempre e comunque a zia Erika, anche quando questa le aveva regalato una tuta da pilates – taglia XL – palesemente riciclata dopo aver scoperto che il proprio sedere fosse ancora troppo ingombrante per utilizzarla.
L'indomani mattina, tanto per ricordarsi che non c'era un mai un limite al peggio, Sarah si era ritrovata seduta su una vecchia poltrona sfondata nel salotto colmo di addobbi natalizi di nonna Concordia.
Il suo umore era ai minimi storici e non aveva proprio voglia di bisticciare con nonna Concordia, cosa che sicuramente sarebbe avvenuta.
Purtroppo per lei, era tradizione di famiglia pranzare tutti insieme dalla nonna; non esisteva tirarsi indietro e venire meno a questa vecchia quanto fastidiosa usanza, sebbene suo padre le avrebbe dato man forte con molto piacere.
Un senso di frustrazione che si verificava con puntualità ad ogni riunione della famiglia Laurier, ma che dopo l'ennesimo regalo di pessimo gusto ricevuto da sua zia Erika e la delusione con Ethan, non aveva fatto altro che acuirsi.
Così, con i capelli fermati sul capo da un grosso fiocco lilla e addosso un vestitino pomposo che sarebbe potuto appartenere ad una bambola di porcellana, Sarah si sentiva come reduce da una festa in maschera. Detestava talmente tanto quell'abito da aver fantasticato più volte di strapparselo di dosso e incendiarlo.
Continuava a spostare gli occhietti gonfi per una notte insonne dal micio che dormicchiava sul divano all'albero riccamente addobbato in giardino, in cerca di qualcosa che potesse distrarla ed evitarle di pensare alla propria sventura.
« Abbi pazienza, la nonna è all'antica. » le aveva detto la madre poco prima di uscire.
Sua nonna Concordia era quel genere fardello di cui non ci si liberava con spensierata facilità; dall'alto dei suoi ottantadue anni poteva vantare una salute esemplare: niente emicranie, niente reumatismi, nessun segno di imminente demenza senile e esami del sangue a dir poco perfetti.
Aveva un gatto, un persiano bianco e obeso che trattava come un re e che succhiava via una fetta consistente della pensione del marito. Osvaldo Caruso (la bestiola) si era appropriato dell'ex cameretta dei figli della coppia, beveva solo acqua minerale dalla bottiglia, si cibava di ciò che la nonna gli cucinava e, se qualcuno osava occupare il suo posto sul divano, aveva addirittura il coraggio di protestare.
La signora Concordia a prima vista sarebbe addirittura passata per la classica nonna siciliana un po' in carne, dai capelli tinti di nero e resi ricci da una permanente, e che dispensa ai nipotini amore e polpettine fritte, ma in realtà era la rappresentazione umana del demonio in persona.
Basti pensare che era stata proprio lei a regalarle quell'orrendo maglioncino peloso che Sarah aveva sfortunatamente perso durante il primo mese di scuola.
«...Mi sta costando un patrimonio in spese mediche!» berciò l'anziana, riferendosi al marito raggrinzito al suo fianco.
Sarah guardò con maggiore insistenza Osvaldo: che esistenza idilliaca. Una vita fatta di cibo e dormite per cui Sarah avrebbe venduto l'anima al demonio. L'unica pecca era, appunto, dover vivere dalla nonna.
«Chi ti sta costando un patrimonio, scusa?» domandò nonno Abner, mettendo mano all'apparecchio acustico per alzarne il volume.
«Tu, vecchio rimbambito!»
«Come ti permetti?! Brutta megera...»
«Smettetela!» si intromise Liberty Williams.
Nonno Abner riprese a guardare con interesse la televisione, che in quel momento trasmetteva il telegiornale di mezzogiorno.
Abner Laurier, contrariamente alla consorte, era un pezzo di pane; un signore dalla salute cagionevole e tanto, tanto amorevole con la nipotina. Era disposto a parlare di tutto con quest'ultima, anche di argomenti scientifici che, non avendo un alto grado di istruzione, non capiva minimamente.
La ragazzina si lisciò la gonna del suo tanto detestato abito e guardò con morbosità la strada: dell'esuberante zia Cordelia ancora nessuna traccia.
Vicino a lei, suo padre continuava a starnutire, a soffiarsi il naso e a guardare Osvaldo come se sperasse di vederlo schiattare sotto ai suoi occhi.
«Mamma, possiamo far spostare il gatto? Perce è allergico...» domandò la mamma di Sarah.
«Il signor Williams è libero di tornare a casa sua.» ribatté ostinata la nonna.
Percival le lanciò un'occhiataccia: odiava stare in quella villetta almeno quanto la figlia.
« Guarda! » ringhiò ancora nonna Concordia, gettando sul tavolo perfettamente apparecchiato un paio di occhiali rotti. «Gli devo ricomprare anche questi, ci si è seduto sopra!»
Percival commise il madornale errore di lasciarsi sfuggire una risatina divertita. La suocera si voltò di scatto e lo fulminò con lo sguardo: avrebbe ben volentieri fatto a meno del suo genero, ma purtroppo "quel disgraziato" aveva sposato sua figlia e a quanto pareva adesso era incluso nel pacchetto famiglia.
Con la speranza di liberarsene, nel frattempo, lasciava Osvaldo libero di disseminare pezzi di pelliccia in giro per casa.
«Li ricompreremo.» disse sospirando, appunto, la colpevole di avergli portato in casa quell'uomo.
« Duecento dollari e questo scemo li rompe! » si lamentò teatralmente l'anziana. «Io nemmeno volevo sposarlo, è stata una decisione dei miei genitori!» continuò sempre più arrabbiata.
Sarah guardò con pietà nonno Abner, vera vittima delle arretrate tradizioni dei Caruso, e sospirò nuovamente. Il poveretto aveva scoperto la verità solo anni dopo il matrimonio, quando ormai aveva tre figli.
In tutto questo, il coniuge malatticcio nemmeno si era accorto di continuare a venir ricoperto di insulti perché imbambolato davanti allo schermo della sua vecchia televisione a tubo catodico.
«E non sapete l'ultima!» incalzò sempre più inferocita la vecchia. «dagli ultimi esami del sangue è saltato fuori che ha il diabete!»
Nonno Abner, effettivamente, era sempre stato piuttosto fragile di salute, ma negli ultimi anni aveva cominciato a collezionare ogni genere di malanno. Sarah era fermamente convinta che aprendo una delle enciclopedie mediche in camera sua su una pagina qualunque, sarebbe riusciva a scovare qualche piccola patologia diagnosticata all'anziano.
«Il dottore ha anche detto che dovrei dare via Osvaldo.» si indignò la matriarca. «Dovrei trovargli un albergo dove stare.»
«Per il gatto?!»
«Ma che per il gatto! Per questo qua! Col cavolo che mando Osvaldo al gattile!» ribatté oltraggiata.
«Mamma, è tuo marito... siete sposati da sessant'anni...» le ricordò Liberty, anche lei dispiaciuta per il padre.
«Già, purtroppo.»
«Purtroppo per lui...» borbottò il signor Williams.
Nonna Concordia gli lanciò un'altra occhiata fiammeggiante e, voltandosi senza distogliere lo sguardo minaccioso, disse glaciale:
«Vado a controllare le lasagne nel forno.»
La liceale non si sarebbe sorpresa minimamente se la donna avesse abbandonato la stanza solo per architettate il modo migliore per avvelenare il genero.
Allontanatasi la nonna, l'atmosfera nel soggiorno si distese sensibilmente e Sarah prese il cellulare dalla borsetta per leggere una sfilza infinita di auguri da parenti e amici – azione che sarebbe stata sicuramente rimproverata dalla vecchia ed etichettata come segno di maleducazione. Era già stata ripresa con insistenza durante i primi cinque minuti di permanenza nella casa a causa della sua assenza di parlantina (« Signorina tu-mi-turbi? Non mi vedi da più di due mesi e te ne resti lì in silenzio?! »), e l'ultima cosa che desiderava era un'altra opportunità per uscire dai gangheri e mettersi a urlare frustrata.
Il citofono suonò, facendo balzare in piedi il gatto addormentato, che inarcò la schiena e rizzò il pelo. Nonna Concordia si precipitò a gran velocità fuori dalla cucina.
«Calma, calma, Osvaldo.» lo tranquillizzò la signora di casa, avvicinandosi con il tipico passo malfermo di un vecchio in sovrappeso alla porta per guardare attraverso lo spioncino. «È solo quella disgraziata di mia figlia.» constatò girando la chiave nella serratura e facendo entrare una ventata gelida nel soggiorno.
Sull'uscio, una donna di neanche quarant'anni dall'aria allegra e i capelli neri legati in una crocchia le fece un gran sorriso non ricambiato.
«Mamma!» la salutò zia Cordelia, piegandosi in avanti per abbracciarla.
Nonna Concordia si lasciò stringere e baciare, ma non appena la figlia fece un passo dentro casa la fermò immediatamente.
«Il mio pavimento! Dove pensi di entrare con le scarpe conciate così?! Ho lavato per terra, io!»
Dopodiché lanciò una delle sue frequenti occhiate scontente al ragazzo della figlia, Henri Lacasse, e controllò che anche quest'ultimo si ripulisse i doposcì dalla neve.
«Buon Natale, signora Laurier.» le disse l'uomo, che essendo buono come il pane si mostrava sempre gentile con la suocera.
«Signora Caruso.» lo corresse immediatamente la nonna con durezza. «Ci tengo al mio cognome da nubile.»
Zia Cordelia, normalmente una donna molto sportiva e attaccata ai suoi jeans, per l'occasione era stata costretta ad indossare anche lei un abito lungo più femminile, e Sarah non aveva potuto fare a meno di trovarla strana.
« Quando vi sposate? » indagò la padrona di casa, senza ammorbidire il proprio tono minaccioso.
Henri, il classico omaccione con un cuore d'oro, si strinse nelle spalle, visibilmente in difficoltà.
« Noi non ci sposeremo. Stiamo bene così. » rispose al posto suo Cordelia. « Siamo fidanzati da quindici anni, non abbiamo bisogno di un anello al dito per amarci. »
« Ma che sarà mai un banale fidanzamento agli occhi di Dio? E non sarebbe solo un gioiello, ma una promessa al Signore. » la contraddisse la madre.
Zia Cordelia, che aveva vissuto assieme alla madre per ben ventisette anni e che quindi sapeva riconoscere quando era il momento di chiudere la bocca, la ignorò e corse a salutare calorosamente la sorella, il cognato e il padre, che le rivolse un sorriso con le gengive nude.
«Papà, dove hai messo la dentiera?» gli domandò.
«A disinfettare. Se non lo faccio io, lui non ci pensa mai.» brontolò nonna Concordia al posto suo.
Quest'ultima si diresse zoppicando verso la vecchia credenza in noce ereditata dalla madre – il cui valore affettivo superava di gran lunga quello nei confronti del marito Abner ed era forse equiparabile a quello per Osvaldo – e la aprì in cerca di qualche leccornia da offrire agli ospiti come una specie di aperitivo, in attesa che il pranzo fosse pronto.
Cordelia si voltò finalmente verso la nipote, che si alzò dalla poltrona, si lisciò nuovamente la gonna dell'odiato vestito, e si gettò tra le sue braccia.
Il malumore di Sarah si era improvvisamente volatilizzato.
«Da quanto tempo! Non ci vediamo dal tuo compleanno!» esclamò zia Cordelia.
L'allontanò per posarle le mani sulle guance rosee e guardarla meglio in viso.
«Cresci a vista d'occhio: ti sta sparendo quel bel visetto pieno da bambina di una volta, stai diventando un'adulta.»
Sarah ridacchiò allegra e la guardò con affetto. Aveva sempre ammirato Cordelia: sempre in giro per il mondo, senza figli, senza la voglia di affrontare il proprio matrimonio e zabetta quanto lei, era l'incarnazione perfetta della zia tosta che tutti avrebbero voluto avere.
«Tieni, questo è il tuo regalo di Natale.» le disse porgendole un sacchetto color crema.
Sarah lo aprì con un colpo secco facendo saltare tutte le graffette che lo chiudevano. Al suo interno, un bellissimo maglioncino bordeaux con le maniche di pizzo nero era stato piegato con attenzione. La ragazza lo estrasse con delicatezza e immediatamente un senso di tristezza le smorzò l'entusiasmo: anche se ormai era chiaro che Ethan non l'aveva mai vista più che come un'amica, le sarebbe piaciuto farsi vedere con quel maglione addosso. Chissà, magari le avrebbe fatto i complimenti, magari si sarebbe limitato a guardarla da lontano, o magari non si sarebbe accorto di nulla.
«Hai mangiato ancora le noccioline salate!» strepitò nonna Concordia contro Abner, che una volta preso il pacchetto lo aveva trovato mezzo vuoto.
Abner estrasse un fazzolettino di stoffa dalla manica del maglione.
«Solo una manciatina.» minimizzò soffiandosi il naso colante.
«Ma quale manciatina! Hai l'ipertensione, brutto scemo!»
Decisa ad ignorare l'ennesima lite tra i due coniugi, Sarah tornò a sedersi sulla sua poltrona polverosa, seguita da Cordelia. La quattordicenne invidiò suo zio Justin e sua zia Stacy per non essere potuti venire; la loro scusa ufficiale era stato un malessere del figlio diciassettenne, Stephen, ma Sarah era abbastanza sicura che fosse semplicemente una balla rifilata per non dover sopportare quel mastino di nonna Concordia. E come biasimarli.
Vedendo la nonna gesticolare animatamente per attirare l'attenzione di tutti – da perfetta italiana – si domandò perché mai non si fosse finta malata anche lei.
Anche se, sotto sotto, quella mattinata con i suoi parenti la stava distraendo da tutto ciò che riguardava la scuola – e dunque anche da Ethan.
«Papà, non va bene esagerare con il sale nelle tue condizioni...» lo ammonì bonariamente la signora Williams.
«Eeeh che vuoi che siano... metti che muoia domani...»
«Speriamo.»
Sarah guardò allucinata sua nonna, mentre il resto dei presenti preferì saggiamente far finta di non aver udito nulla: l'ultimo loro desiderio era venir coinvolti in una disputa su auguri di morte.
La nonna afferrò un pacco di salatini preconfezionati e strappò via con un gesto secco l'involucro di plastica. In un brontolio indistinto, afferrò afferrò gli antipasti e li sistemò ordinatamente nel set da the ereditato da sua madre; quasi si trattasse più di un riflesso incondizionato che di un'azione ben soppesata, nonno Abner allungò una mano per afferrarne immediatamente qualcuno.
Ovviamente, la reazione esplosiva della moglie non si fece attendere.
Con in sottofondo gli strilli inviperiti della signora Caruso, Cordelia riuscì a scacciare via Osvaldo dal divano senza che questa se ne accorgesse e a sedersi vicino alla nipotina, che osservava la scena annoiata; quegli spettacoli non le erano nuovi.
«Aah, il Natale in famiglia.» sospirò ironica Cordelia.
Mentre la padrona di casa sbraitava indicando convulsamente il marito seduto al tavolo da pranzo, farneticando anche a proposito di un piccolo problema d'alcol, Sarah si massaggiava stancamente le tempie. Gli ultimi giorni erano stati già di per sé frustranti di per sé, l'ultima cosa che voleva era festeggiare con il mal di testa.
«Sempre una favola.» completò la ragazza.
Suo zio Henri e suo padre, nel tentativo di non finire in mezzo al parapiglia dei genitori delle loro dolci metà, avevano iniziato a parlare degli ultimi film usciti al cinema.
«...Fa sempre quel che vuole lui, è sordo! E non parlo dei suoi problemi di udito!» strepitava la nonna in direzione della figlia, che a tutti gli effetti rivestiva il ruolo di Casco Blu dell'Onu.
Nonno Abner, approfittando della baraonda generale, tentò improbabilmente di alzarsi e servirsi da solo, con come unico risultato quello di far inferocire maggiormente la moglie. Nonna Concordia, come conseguente risultato dell'ira, si prese un momento per insultarlo in un stretto dialetto siciliano - che nessuno in famiglia comprendeva - prima di rivolgersi alla figlia maggiore, Liberty, per lamentarsi.
Sarah sollevò gli occhi al cielo, invocando un intervento divino, e poi tornò a guardare sua zia Cordelia.
«Com'era Vienna?» le domandò alzando la voce, per sovrastare la lite furiosa in sottofondo.
«Bellissima. Una città davvero meravigliosa.»
«...E vuoi sapere che mi ha risposto? "Fatti i cazzi tuoi, prugna secca!"» aggiunse inferocita la padrona di casa.
Il signor Williams ebbe la cortezza di non intervenire, ma silenziosamente simpatizzava per il suocero per quell'ultima uscita rivolta alla moglie.
Cordelia sembrò ricordarsi improvvisamente di un qualcosa e strabuzzò gli occhi azzurri – sangue dei Caruso, così come diceva sempre la nonna.
«Quasi dimenticavo!» esclamò afferrando la borsa per frugare al suo interno. «Tuo zio ed io abbiamo girato diversi musei e, in una città così ricca di storia, ho avuto serie difficoltà a decidere cosa portarti come dono... tieni, questo è per te.» le disse porgendole una scatolina argentata poco più grande della sua mano.
«Per me?» domandò con finto stupore Sarah.
«È un pensierino, spero ti piaccia.» le sorrise sua zia, stringendosi nelle spalle.
«...Se continua così lo sbatto fuori di casa!»
«Chiudi il becco, brutta scema!»
Sarah afferrò il regalo con impazienza, senza tuttavia risultare brusca o maleducata – la rigida disciplina imparitole da bambina durante i suoi soggiorni a villa Laurier - Caruso era pur sempre servita a qualcosa.
«...Come osi?! Io ti sfamo!»
«Oh, intendi con quella pastina di semolino che...»
Non era la solita calamita da attaccare al frigo, né tanto meno una scatola di caramelle; era qualcosa di rigido ma allo stesso tempo facile da piegare. Con uno strattone secco strappò la carta argentea rivelando... una raccolta di storie delle opere esposte al Belvedere e dei rispettivi pittori.
«...Mi fa vomitare!»
Proprio così, un tempismo perfetto.
Un urlo che per un momento aveva fatto calare il silenzio nella stanza e che aveva interrotto le chiacchiere anche del signor Williams e del signor Lacasse.
Era stato nonno Abner a parlare, ma Sarah si sentì come se le fossero state rubate le parole di bocca.
La zia non le aveva portato un brutto regalo, era soltanto inutile: la ragazza non aveva alcuna sensibilità artistica e un libro del genere sarebbe risultato fuori luogo come una lozione per capelli in mano ad un calvo.
«Lo adoro, grazie mille!» mentì la ragazza, stringendo al petto il dono e sfruttando la capacità acquisita di fingere entusiasmo.
« Menomale. Ero seriamente indecisa tra il comprarti la storia dell'imperatrice Sissy e questo. »
Sarah avrebbe di gran lunga preferito l'altra opzione, ma questo non poteva dirlo. Perciò le fece un gran sorriso e la ringraziò nuovamente per lo splendido regalo.
Nonno Abner si alzò dalla sedia e, con passo lento e rigido, si indirizzò verso la porta del soggiorno.
«E adesso dove vai?» domandò burbera nonna Concordia, mentre lo seguiva con lo sguardo.
«Nell'unico posto felice dove non mi seguiresti mai.» replicò lui, chiudendosi la porta dell'antibagno alle spalle.
La nonna la fulminò con lo sguardo, come se sperasse di vederla cadere addosso al marito dall'altra parte, prima di sollevare un sopracciglio – tic che in qualche modo aveva tramandato alla nipote – e muovere qualche passo pesante verso la cucina.
«Vado a cucinare le patatine fritte.» borbottò.
*
Come in ogni pranzo festivo all'italiana che si rispetti, la signora Caruso aveva imbastito una tavola con così tanto cibo da poter sfamare un intero reggimento. Dopo gli antipasti - comprendenti, oltre i salatini della discordia, tutti i salumi e i formaggi che la donna fosse riuscita a trovare al supermercato - due primi, un secondo ed un altro ancora in arrivo, Sarah temeva di esplodere come un palloncino da un momento all'altro.
La giovane avrebbe voluto alzarsi e buttarsi sul divano per dormire un lungo sonnellino, ma nonna Concordia non glielo avrebbe mai permesso perché, uno: una signora non si stravacca, e due: da brava donna di origini meridionali si sarebbe offesa da morire se la quattordicenne si fosse si fosse rifiutata di assaggiare tutto.
E quando, alle due e mezza del pomeriggio, la nonna posò sul tavolo delle presine rosa e una teglia contenente una gallina ripiena di riso, Sarah per poco non si accasciò sul tavolo.
«Oh, non fare quella faccia! Prendi esempio da Osvaldo, ha mangiato tutto ciò che gli ho servito eppure si lecca ancora i baffi.» l'aveva ripresa la signora Concordia. «Ne vuoi ancora un po', a nonna?» domandò poi con tono amorevole alla bestiola.
Questo spazzolò via anche quella portata senza battere ciglio, al contrario di Sarah, che invece aveva mandato giù ogni boccone con estrema sofferenza e con la fronte imperlata di sudore.
Arrivata al momento del dolce, però, non ce l'aveva proprio fatta e si era vista ad allontanare da sé tutti i pasticcini che nonna Concordia le porgeva. Al quinto: "no, sono piena, grazie lo stesso", la donna l'aveva guardata colma di delusione.
«Mi stai facendo un'offesa.» aveva borbottato poi, raccogliendo con l'indice un po' di ricotta dei cannoli per farlo leccare ad Osvaldo.
«Mamma, se è piena non puoi costringerla a mangiare.» contestò Liberty, spezzando una spada a favore della figlia.
In risposta, la signora Williams ottenne solo altri mormorii in dialetto da parte dell'anziana.
Poi, però, invece che chiudersi nel proprio rancore e cercare di far ingozzare il povero Henri, la nonna lanciò la stoccata:
«L'hai trovato il fidanzato o no?»
La mora non era riuscita a distogliere lo sguardo mentre la sua espressione mutava dalla neutralità alla tristezza. La pugnalata era stata così dolorosa che le aveva quasi lasciato la sensazione di sentire la lama farsi spazio tra la carne.
Era riuscita a non pensare ad Ethan per tutta la mattina, ma nonna Concordia era riuscita a risvegliare tutta l'amarezza che provava dalla festa di Natale.
Ripensando a tutto quello che era successo, Sarah si sentiva divisa in due: da un lato, la sua parte più sognatrice, continuava a dirle che non poteva aver frainteso i segnali di tutti quei mesi e che ci doveva senz'altro essere un'altra spiegazione plausibile dietro a quel "sei stata una buona amica". Ma non appena arrivava alla conclusione che magari il senior l'aveva definita tale solo per proteggere i propri sentimenti davanti alla prospettiva di un tragico trasloco, ecco spuntare l'altra per prenderla a schiaffi e metterla a tacere.
Quest'ultima, infatti, le dava una scrollata e le intimava di smetterla di cercare altre interpretazioni quando non ce n'erano: Ethan non l'aveva mai considerata un interesse amoroso, lei aveva sempre confuso i suoi gesti amichevoli come dei flirt, e molto probabilmente lui aveva anche una cotta per qualcun'altra. Fine del discorso.
Inoltre, ogni tanto si ritrovava a domandarsi perché mai Ethan non si fosse innamorato di lei: era così studiosa, curiosa e perfezionista che trovava molto complesso concepire l'idea di non essere la ragazza adatta a lui. A volte considerava il senior un pazzo, per essersela lasciata sfuggire!
Improvvisamente, il mastodontico pranzo appena consumato aveva preso a lottare per venir espulso.
« No. » replicò Sarah atona.
La tristezza era tale che avrebbe voluto ricominciare a piangere, se solo avesse potuto, ma l'orgoglio glielo impediva categoricamente.
Nella sua testa si era appena messa a urlare, si era alzata in piedi e aveva buttato a terra tutto quello che c'era sul tavolo, ma vista dall'esterno Sarah era rimasta lì, stoica nella propria posizione cerea.
«Io volevo presentarti il caro Anthony, ma tu continui a dire che non vuoi...»
La nonna aveva parlato con un tono di rimprovero, quasi fosse colpa sua se ancora non era riuscita a trovare qualcuno disposto ad andare oltre alla sua timidezza e a darle una possibilità.
L'espressione di Sarah mutò nuovamente, dipingendo sulle labbra sottili una smorfia furiosa.
«È colpa mia se Anthony è il ragazzo più noioso del pianeta?» domandò ad alta voce con lentezza, guardando nonna Concordia con profondo disprezzo.
Le chiacchiere tra gli adulti cessarono di colpo.
«O se non voglio sottostare alle stupide tradizioni dei miei bisnonni?!» continuò sempre più arrabbiata.
Di solito aveva sempre risposto alle provocazioni della nonna con filosofia – ovvero degnandole a malapena considerazione – ma adesso che la ferita lasciata da Ethan era ancora sanguinante, avrebbe voluto ammazzarla. La signora Caruso non aveva proprio idea di star facilitando l'esplosione d'ira della nipote.
Dentro di sé ribolliva di rabbia e voleva sfogarsi, urlare, lasciare fuoriuscire tutta la frustrazione repressa; e adesso che la nonna la stava provocando così tanto, Sarah si sentì quasi sollevata di aver trovato un valido bersaglio su cui accanirsi.
«Senti un po', signorina-.»
«No, senti tu nonna: io non fidanzerò mai con quello lì solo perché tu vivi ancora nel 1920.» si impose Sarah, alzandosi in piedi e premendo l'indice contro il tavolo per scoraggiare qualsiasi replica della matriarca. «Quindi smettila di assillarmi con questa storia.» strepitò con rabbia, afferrando la borsa con dentro il cellulare e dirigendosi verso il bagno con una faccia collerica.
Sarah si richiuse alle spalle la porta dei servizi con un tonfo, infischiandosene se una volta uscita nonna Concordia avrebbe definito quel comportamento deplorevole. Riusciva a sentire le sue lamentele già da là dentro, iniziate pochi istanti dopo essersi chiusa al gabinetto.
La ragazza, i cui occhi bruciavano per le lacrime nervose, corse a sciacquarsi il viso con l'acqua fredda per trovare sollievo. Si appoggiò al lavandino con i palmi delle mani e si guardò allo specchio. Aveva una cera orrenda, niente da dire in contrario, e i bulbi oculari erano talmente sgranati da sembrare due palle da biliardo. Se si fosse fatta una passeggiata per strada in quelle condizioni l'avrebbero presa per una serial killer.
Si slegò la coda, chiuse gli occhi, e fece dei bei respiri profondi per rilassarsi. Dopo neanche dieci secondi passati a spremersi le meningi per pensare ad un qualcosa che non fosse la sua disastrosa situazione sentimentale, la ragazza sbuffò scocciata, frugò nella borsetta alla ricerca del telefonino, e si sedette a terra con le gambe aperte. Nonna Concordia si sarebbe disperata a vederla in quella posizione così poco femminile – il che le diede un incentivo a non sistemarsi, sebbene la donna non potesse vederla
Aveva pochi messaggi: uno di Lauren, uno di Max e, sorprendentemente, uno di Eva. Sarah ignorò completamente quelli dei suoi amici e, mossa dall'irresistibile curiosità di scoprire con quale confidenza le si fosse rivolta, aprì subito quello di quest'ultima.
>Ehi Sarah, lo so che non ci sentiamo da una vita e mi dispiace essere sparita così. Volevo comunque augurare a te e la tua famiglia un buon Natale :)
Oh che carina. La sua giornata era improvvisamente migliorata.
Non solo Eva aveva riconosciuto di non essersi comportata nei migliori dei modi, ma in più le scriveva lei per prima. Che fosse maturata?
Sarah sorrise al cellulare.
>Ciao Eva, mi fa piacere ricevere un tuo messaggio e accetto le tue scuse... la prossima volta però evita di riagganciarmi in faccia il telefono se ti chiamo preoccupata!
Comunque tanti auguri anche a voi ;)
>Grazie da tutti noi ♥ state festeggiando da tua nonna?
Al pensiero di nonna Concordia in soggiorno la mora storse il naso.
>Sì, purtroppo. Come potrai ben immaginare non sta andando nei migliori dei modi: sono chiusa in bagno da qualche minuto per evitare di parlarle.
>Lol, le tue storie su di lei mi han sempre fatta morire!
Eva aveva sempre saputo del rapporto altalenante che era solita avere con la padrona di villa Caruso – come la chiamava la nonna – ma se solo avesse saputo dell'ultima scenata... evitò di menzionargliela solo per evitare che l'amica le facesse domande.
Stava quasi per chiederle come stesse passando la giornata, quando Eva la anticipò e le pose l'unico quesito che non avrebbe dovuto porre:
>E con il tuo senior? Vi siete messi insieme alla fine?
Ecco, adesso l'umore di Sarah era cascato nel baratro un'altra volta. Ora come le diceva che no, non si erano fidanzati e non l'avrebbero nemmeno mai fatto?
Fissò il display del cellulare per un po', mentre nella sua mente ripercorreva tutti quei momenti magici che l'avevano fatta invaghire di Ethan.
Improvvisamente si sentì persa senza di lui: come avrebbe fatto una volta di ritorno a scuola?
Si asciugò con il dorso della mano gli occhi umidi. Sapeva del detto "chiodo scaccia chiodo", ma considerando che questo fosse il ragazzo più gentile e intrigante che avesse mai conosciuto, non era sicura che avrebbe mai ritrovato un rimpiazzo degno.
>Si trasferisce a Pittsburg.
>Oh, mi dispiace... non preoccuparti, ci penso io a te ;) posso presentarti un mio amico caruccio! È davvero dolce, gentile e riservato, penso che sareste fatti l'uno per l'altro.
...O magari no.
***
E finalmente conosciamo la nostra tanto chiacchierata nonna Concordia. Come vi sembra? Ha soddisfatto le vostre aspettative, o invece è addirittura peggiore? Mentre la famiglia di Sarah?
Come detto nel capitolo precedente, la rottura con Ethan NON rappresenta la fine della storia, ma c'è ben altro 😏 Dopotutto anche nella vita reale la fine di una relazione non combacia con la fine del mondo. E non perdiamo di vista il fatto che Sarah ha un obiettivo ben specifico, perciò chissà come influirà questo contrattempo...
Su Instagram, sotto il nickname di lilythebennet, trovate le rappresentazioni dei personaggi (sì, anche di nonna Concordia, nel caso ve lo stiate chiedendo) e anche dei piccoli estratti dei capitoli che pubblicherò progressivamente.
Ci sono tante cose che bollono in pentola, tra cui anche dei memini 😂
Vi aspetto lì!
Lily :*
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