⇝ 16. Eva Young è scomparsa

Sarah cercò di mantenere la calma: Eva non era nuova a misteriose sparizioni che duravano qualche ora, magari aveva deciso ancora una volta di farsi una passeggiata senza dire niente a nessuno. E in tutte le precedenti occasioni nessuno aveva mai lanciato l'allarme.
Un silenzio che, a dirla tutta, la mora aveva sempre trovato trovato bizzarro: se solo avesse provato lei ad andare a zonzo per il paese senza dire nulla, sua madre avrebbe avuto un attacco di panico nel giro di una decina di minuti e avrebbe subito chiamato la polizia per denunciare la sua scomparsa. Per non parlare poi della severa ramanzina che le avrebbe riservato il padre una volta di ritorno...

Tuttavia le sfuggiva la motivazione che aveva spinto la sorella maggiore, Eleonore, a scriverle.

Sarah sospirò profondamente per non farsi prendere dall'agitazione e digitò:

>Non ha detto dove andava?

La risposta della giovane adulta non tardò ad arrivare:

>No.

>E non risponde nemmeno alle chiamate?

>No. Il cellulare non squilla nemmeno.

D'accordo, era abbastanza strano. Eva era sempre attaccata al suo telefonino, rispondeva sempre alle telefonate e ai messaggi – se questi le interessavano, ovviamente, perché se invece non la toccavano minimamente (come quelli che Sarah le aveva spedito a inizio anno) non li considerava nemmeno.

Se la giovane Young non dava alcun segno di vita nemmeno alla propria famiglia, allora doveva essere successo qualcosa di veramente grave.

>Da quanto è sparita?

>Non lo sappiamo...

Aveva un rapporto complicato con Eva, ma mai sarebbe arrivata ad augurarle qualche sciagura.

Sarah cercò di concentrarsi e ripensare all'ultima volta che aveva visto la coetanea nella speranza che le fosse sfuggito qualcosa e che le avesse menzionato qualche impegno previsto per quel weekend, ma non le veniva in mente nulla.

>Io purtroppo non conosco nessuno dei suoi nuovi amici, quindi non so nemmeno a chi chiedere aiuto... tenetemi aggiornata se Eva dovesse tornare a casa.

Sarah si portò la mano alla bocca per lo stress: colei con cui aveva passato tutta l'infanzia, era incappata in chissà quale disgrazia. Qualcuno poteva averla rapita e ferita. La mora non voleva essere melodrammatica, ma non era mai un buon segno quando qualcuno svaniva nel nulla senza lasciare traccia e, sebbene si stesse domandando perché mai i coniugi Young avessero atteso le nove di sera per lanciare l'allarme, non sapeva proprio come reagire: il suo lato ansioso le diceva di correre in soggiorno e dare di matto perché la sua amica non era tornata a casa, mentre quello più razionale le suggeriva di fare respiri profondi e pensare ad altre soluzioni.

Alla fine il primo ebbe la meglio e ancor prima che se ne rendesse conto, Sarah stava scendendo le scale trafelata diretta verso il salotto, dove i suoi genitori stavano guardando la televisione sotto una coperta di pile.

« Ma cosa-. »

« Eva è sparita! » strepitò la figlia.

« COSA?! » domandò incredula la signora Liberty.

Il marito rimase in silenzio, troppo sbalordito per poter dire una singola parola.

« Mi ha scritto la sorella per chiedermi se fosse a casa mia e mi ha detto che non riescono a contattarla. » continuò Sarah.

La quattordicenne si avvicinò alla poltrona di pelle color panna e ci si lasciò cadere sopra con un'espressione costernata.

« Sono così preoccupata, non è da lei sparire senza nemmeno rispondere al cellulare. Forse dovrei uscire a cercarla. »

La signora Williams spostò il plaid con un colpo secco, rivelando un pigiama grigio di lana, e si avvicinò alla quattordicenne.

« No, da sola non vai proprio da nessuna parte; non abbiamo idea di dove sia in questo momento e se c'è in giro qualche bastardo che rapisce giovani ragazzine finiresti solo per rimanere coinvolta anche tu. »

Sarah sollevò il capo e guardò la madre dritto negli occhi: sempre attenta al proprio linguaggio, Liberty Williams non aveva mai usato volgarità in sua presenza.

« Posso accompagnarti in macchina e passare in rassegna i dintorni, se vuoi, ma i genitori di Eva dovrebbero rivolgersi alla polizia. » intervenne suo padre.

Sarah annuì debolmente.

« Da quanto è scomparsa? » le domandò poi il signor Williams.

La mora fece spallucce.

« Non lo sanno nemmeno loro. »

« Come sarebbe a dire che non lo sanno nemmeno loro?! » scattò la madre indignata. « Quella famiglia è davvero strana! L'ho sempre pensato e me lo sono sempre tenuto per me, ma adesso non ce la faccio proprio. »

« Ascolta, la cosa migliore che tu possa fare è scrivere ai vostri amici: magari è semplicemente uscita a mangiare qualcosa con qualche vostro vecchio compagno di classe. » le suggerì Percival Williams, dirigendosi verso l'appendiabiti dell'ingresso per andare a mettersi il capotto pesante.

« Dove vai? » gli domandò Sarah.

« A cercare Eva. » rispose l'uomo infilandosi in una tasca il cellulare e le chiavi dell'auto, prima di aprire la porta del garage e sparire dietro di essa.



La ragazza poteva essere con chissà chi e chissà dove, nei migliori dei casi; nel peggiore, poteva essere imbavagliata nello scantinato di un pazzo.

E quell'ultima eventualità non faceva che spaventare Sarah. Non voleva credere che proprio Eva fosse andata incontro a quel triste e brutale destino.

Provò a chiamarla diverse volte senza ricevere alcun responso. Solo dopo una decina di telefonate una persona dall'altra parte si decise a rispondere, ma unicamente per riagganciare senza dire una parola – cosa che mandò ulteriormente nel panico la povera piccola Williams. Riprovò a ricontattarla un altro paio di volte, ma qualcuno non la smetteva di farle capire di non voler o non poter parlare.

E se si fosse trattato del suo assalitore?

Provò a scriverle lei stessa un messaggio dicendole che tutti si stavano preoccupando per lei, pregandola di battere un colpo e far loro sapere qualcosa; le sarebbe stato sufficiente anche un misero: "Ehi, scusa se non ti rispondo, sono al cinema!", ma non ricevette nulla.

Il cuore le batteva così velocemente in petto da farle male.

Quando il suo cellulare vibrò, Sarah allungò immediatamente una mano per afferrarlo con il cuore a mille per l'ansia: sperava fosse la sorella dell'amica o, meglio ancora, Eva stessa.

Purtroppo, però, si trattava solo di Logan.

>Se lunedì ti offro una bella poutine di qualche food truck mi fai copiare matematica?

In altre circostanze Sarah avrebbe fatto la preziosa per alzare la posta in gioco e, magari, includere nel pagamento anche una bibita, ma in quel momento non aveva proprio voglia di scherzare.

>No. Non contrattare nemmeno, non è serata.

>Che è successo?

Sarah non rispose. 

Ma l'amico dall'altro capo del telefono, vedendo che la risposta tardava ad arrivare, insistette nel sapere quale cruccio stesse tormentando la compagna di classe.

>Williams, cosa sta succedendo?

La ragazza rilesse quelle parole più volte e sorrise debolmente: le faceva piacere vedere che qualcuno per una volta si preoccupasse per lei. 

>È sparita una mia amica.

Sarah si aspettava di ricevere una replica scritta, ma il suo cellulare rimase in silenzio.

Magari Logan si era semplicemente allontanato e non aveva con sé l'oggetto, si disse la ragazza, non avrebbe avuto senso insistere per poi ignorarla. La mora attese le sue parole di conforto per più di un minuto senza posare il telefonino e, quando si convinse di aver sbagliato a parlare di un qualcosa così grave con un ragazzo spensierato come l'amico, questo si mise a vibrare rumorosamente.

« In che senso è sparita una tua amica? »

« Nell'unico possibile: non è a casa sua e nessuno sa dove sia finita. » rispose ovvia Sarah.

« Da quanto tempo è via? »

« Non si sa. »

« Come non si sa? » domandò con perplessità Logan. « È uscita senza dire niente a nessuno? »

« Proprio così. Non è nemmeno sicuro che sia tornata a casa questa mattina. »

Ci fu un breve momento di silenzio assoluto in cui Sarah pensò che fosse caduta la linea, ma prima ancora che potesse allontanare il cellulare dall'orecchio per verificare, la voce limpida dell'amico risuonò dalle casse.

« E i suoi genitori immagino siano furibondi. »

Anche se il ragazzo non poteva vederla, la mora fece comunque spallucce.

« Non ne ho idea, mi ha scritto la sorella maggiore. Non so nemmeno se si siano rivolti alla polizia. »

Altra pausa.

« Dio, se lo facessi io uno scherzo del genere mia mamma si impegnerebbe a ritrovarmi solo per uccidermi con le sue mani. »

Ah ecco, allora non era solo la sua a preoccuparsi per la propria famiglia. Vedendo l'assurdità dei comportamenti della signora Rodgers e della signora Young, la mora era stata più volte colta dal dubbio che, forse, era la propria madre ad essere strana ed eccessivamente ansiosa, invece del contrario.

Nonostante i due ragazzi si trovassero a circa un'ora di distanza, la mora ebbe quasi l'impressione che l'amico si trovasse al suo fianco ad accarezzarle consolatorio la spalla. Era una sensazione strana che tuttavia la faceva sentire meglio, come se entrambi si trovassero nel giardino della Forthbay a parlare, invece che nelle rispettive case.

« Sai, io e questa ragazza non andiamo sempre d'accordo, ma il pensiero che potrebbe esserle successo qualcosa di brutto mi sconvolge. Capisci, non glielo avrei mai augurato. » iniziò la giornalista.

« Non mi sono mai ritrovato in una situazione del genere, ma posso capire. »

La mora si sdraiò supina sulle coperte, cercando con gli occhi i quadretti con le foto che la ritraevano con Eva.

« Sono sicuro che stia bene. »

Sarah rise sarcasticamente.

« E come faresti a saperlo? Sei stato tu a rapirla e incaprettarla nel tuo seminterrato? »

« Oh, certo. In questo momento è qui accanto a me che si dimena. » scherzò Logan per cercare di risollevarle il morale. « Battute a parte, è più come un sesto senso. Sento che tu ti stia preoccupando per niente. »

« Ma ammetti che è perfettamente comprensibile questa mia ansia. » contestò lei.

« Mai detto il contrario. Comunque non conosci qualche suo compagno di classe? Magari è uscita per, che so, fare una ricerca scolastica o un pigiama party tra amiche. » la buttò lì Logan.

« No, non conosco nessun suo compagno di classe e no, dubito che sia andata a studiare o a dormire da un'amica, avrebbe già sentito il cellulare squillare. »

« Non se sta facendo a cuscinate con qualcuno e ci sono piume che volano ovunque... potrebbe esserci troppo caos e troppe risatine per notare una suoneria. » contestò Ross.

Sarah si grattò dietro l'orecchio sinistro perplessa, incerta su come l'amico si immaginasse una serata tra donne.

« Ross, tu lo sai che quando noi ragazze dormiamo a casa di amiche al massimo spettegoliamo, ma non ci prendiamo a botte con i cuscini e non saltiamo sui letti, vero? »

« Come no?! » domandò incredulo lui, come se gli avesse appena detto che i soldi sotto al guanciale glieli mettevano i genitori e non la fatina dei denti.

Sarah sospirò nuovamente, ma questa volta fu per mascherare il proprio divertimento. Parlare con Logan la stava aiutando a non sprofondare nell'ansia e nel panico che altrimenti l'avrebbero soffocata.

« Nei film succede sempre. » borbottò il ragazzo. « Comunque dovrai pur conoscere qualche sua compagna o compagno di classe se è del tuo stesso paese. » contestò infine.

« Frequenta la Waxbee e, come ben sai, c'è una leggera competizione con quel liceo. Vallo a trovare qualcuno della Forthbay che esca con loro. » sbuffò atterrita Sarah.

« Beh, è il tuo giorno fortunat-. Cosa vuoi? » si gongolò Logan, prima di venir malamente interrotto dal rumore di una porta sbattuta.

« Cosa?! No, che vuoi che me ne faccia della tua stupida spazzola? » continuò il calciatore, rivolgendosi a ignoti.

La mora riuscì a sentire una voce femminile aggredire l'amico: doveva esserci in atto una lite tra fratelli.

« No che non me la sono portata alla partita di calcio! No, ho detto no! Virginia! »

Sarah non riuscì a non ridacchiare.

« Virginia! Sono al telefono con una mia amica, vattene, cretina. No che non è la mia ragazza, va' via! Virginia, se non esci da questa stanza entro tre secondi chiamo la mamma. » minacciò Logan. « Uno... due... e tre. E va bene: MAMMAAAA... »

L'urlo fu così forte che la mora fu costretta ad allontanare il cellulare dall'orecchio, ridendo spensierata all'udire di quel bisticcio infantile tra i due ragazzi. L'aneddoto l'aveva rallegrata talmente tanto che, per un attimo, il pensiero di Eva dispersa chissà dove non la stava tormentando più.

« Scusa, quella deficiente di mia sorella non trovava più la spazzola e si era messa in testa che gliel'avessi rubata io. » si scusò Logan.

« Oh, l'ho sentito. Ho quasi perso un timpano. » replicò Sarah senza peli sulla lingua e senza nascondere il proprio divertimento.

La mora si domandò che aspetto potesse avere questa Virginia e quali punti potessero avere in comune, visto che Logan non molto tempo prima le aveva accennato quanto fossero simili. Per quanto si impegnasse, però, non riusciva proprio ad immaginarsi una ragazza che non fosse la copia sputata del compagno di classe – nel suo immaginario, Virginia Ross era alta, magra, con i capelli scuri e corti, e la stessa identica eterocromia del fratello minore.

« Ad ogni modo, prima che quell'imbecille di mia sorella mi interrompesse... » riprese il ragazzo alzando la voce per far sì che l'insultata in questione udisse, « ...stavo per dirti che il mio coinquilino ha diverse conoscenze all'interno della Waxbee, visto che la sua ragazza studia lì. »

Sarah sbarrò gli occhi.

« Davvero?! »

« No, era uno scherzo. Certo che è vero. » replicò sarcasticamente Logan.

« Chiedigli se i suoi amici conoscono una certa Eva Young, allora! » esclamò lei, ignorando completamente il commento sagace dell'amico. « È alta sì e no un metro e sessanta, magra, capelli castani lunghi fino alle spalle e occhi scuri. Digli anche che recentemente ha parlato di un certo Eddie. »

Aveva descritto l'amica senza mai prendere fiato e il rumore del proprio campanello le aveva messo ulteriore fretta. Era Eva? Era suo padre? Sarah era impaziente di scoprirlo.

« Ricevuto. Gli scrivo subito. »

« Perfetto! Grazie per avermi chiamata e grazie anche per esserti offerto di chiedere al tuo amico. Ora dovrei andare, è arrivato qualcuno e sono abbastanza in ansia di sapere di chi si tratti. » si congedò la mora frettolosamente.

« Figurati, ti terrò aggiornata. »

« Oh, Ross! » lo richiamò Sarah, prima che questo potesse porre fine alla telefonata.

« Sì? »

« Mi ha fatto bene parlare con te. »

La giornalista si precipitò giù dalle scale saltando i gradini a due a due – rischiando più volte di inciampare e spezzarsi l'osso del collo – ansiosa di giungere il prima possibile davanti all'ingresso di casa. Il peso sullo stomaco che l'amico aveva alleggerito in precedenza tornò a farsi sentire non appena si ritrovò davanti l'espressione sconfitta del padre.

Eva non era a L'Amable. Che non ci fosse mai arrivata o che qualcuno l'avesse portata via prima che raggiungesse casa ancora non si sapeva, non rimaneva che sperare che fosse in compagnia di qualche amica di scuola.

In trepidazione per l'attesa di aggiornamenti da parte di Logan, Sarah si sedette sulla poltrona del soggiorno e sua madre le fece un the caldo. I coniugi Williams, preoccupati per l'amica d'infanzia della figlia, discutevano a bassa voce riguardo a tutto quello che sarebbe potuto succedere alla ragazza, spaventando ulteriormente la liceale seduta a pochi passi da loro.

« Spero solo di non doverle mai fare un'autopsia. » era stato il triste commento della signora Williams.

Quando il cellulare di Sarah vibrò contro la sua gamba le sembrò essere passata una vita dalla telefonata con Logan e, non appena lesse le parole nere sullo schermo, percepì il nodo alla gola sciogliersi immediatamente.

Eva si era fermata a dormire a casa della sua coinquilina, migliore amica della ragazza del compagno di stanza di Logan.

Com'era piccolo il mondo.

Sarah si passò una mano sul volto per il sollievo e abbracciò i genitori per la contentezza, fino a quando la signora Williams non pose la domanda da un milione di dollari:

« Ma scusate, ai genitori non aveva detto niente? »

In effetti, Sarah ai coniugi Young non aveva minimamente pensato. Svelato il mistero sulla posizione dell'amica, la mora non si era fermata a riflettere sul fatto che, molto probabilmente, in casa di questa potessero essere ancora tutti nel panico per la sua sparizione. Una punta di rabbia le fece storcere il naso.

Quella cretina di Eva si era fermata a dormire a casa della sua coinquilina, senza dire niente a sua madre e suo padre.

Dunque era stata Eva stessa a riagganciarle il telefono in faccia e a non rispondere alle sue richieste di chiarimento. Lei si era preoccupata per lei, aveva chiesto aiuto in lungo e in largo, avrebbe addirittura fatto mobilitare mezza Waxbee per poterla ritrovare, e quell'ingrata aveva avuto pure il coraggio di fare la scocciata.

Menomale che non l'avrebbe rivista subito, altrimenti l'avrebbe strangolata con le sue stesse mani.

« Ma che stupida... » borbottò. « Adesso chiamo i suoi e gli dico che sappiamo dove si trova. »

Con espressione lugubre compose il numero della sorella per darle la grande notizia, certa che questa le avrebbe dato man forte e che si sarebbe infuriata. Nel frattempo, i coniugi Williams brontolavano tra loro per il comportamento sconsiderato della ragazza: insomma, sparire così senza avvertire nessuno!

Eleonore rispose dopo appena un paio di squilli con voce calma, quasi non fosse successo nulla; cosa che fece rimanere di sasso Sarah, che contrariamente si aspettava di trovarla angosciata.

« Eleonore, senti, ho chiesto un po' in giro e con un passaparola ho scoperto che non è mai tornata a casa... è rimasta a dormire da una sua amica. »

« Ah, sì sì, lo sappiamo. »

Sarah guardò i suoi genitori come se la giovane donna dall'altro capo del cellulare la stesse prendendo in giro.

« Lo sapevate? » domandò sempre più nervosa.

Doveva essere uno scherzo, non poteva essere vero. 

La prima tentazione della mora fu quella di scagliare il telefonino fuori dalla finestra, la seconda quella di urlare contro la sua interlocutrice. I suoi genitori la guardavano con aria interrogativa, non capendo cosa stesse succedendo.

Nemmeno Sarah aveva ben compreso la situazione, a dir la verità.

« Bene. » rispose a denti stretti questa. « Dunque tutto è bene quel finisce bene. Salutami tutti, è meglio che vada a dormire. »

Terminata la chiamata, la mora si voltò verso i genitori nera di rabbia.

« Sapevano tutto. » li informò trattenendo la sfilza di insulti per gli inquilini della villetta degli Young.

« Cosa?! E perché han fatto tutto questo casino allora?! » sbraitò Liberty.

« Ma poi perché dire che è scomparsa quando erano al corrente dei piani della figlia?! » si aggiunse indignato il signor Williams.

« Non ne ho idea e ora come ora non voglio neanche saperlo. Non ho capito un accidenti, non voglio avere niente a che fare con quella banda di matti. Adesso vado a lavarmi i denti e vado a letto, prima che mi scoppi un aneurisma per il nervoso. » sputò Sarah, indirizzandosi verso le scale con il naso in su per la rabbia.

***

Ehilà bei bimbi! Questa volta non ho molto da comunicarvi, solo che d'ora in avanti mi potete trovare su Instagram sotto il nome di @lilythebennet  :)

Correte a seguirmi per poter leggere anticipazioni di questa storia, ricevere miei aggiornamenti, rispondere ai sondaggi e, perché no, molestarmi in direct per spingermi a pubblicare capitoli più in fretta :')

Alla prossima, 

Lily:*






Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top