⇝ 1. Un'amicizia traballante
Insomma, era lampante il fatto che la Forthbay High School non fosse una scuola qualunque. La brochure aperta - datale durante un Open Day - letta almeno un milione di volte durante l'estate e che ormai sapeva a memoria, era poggiata sul letto sfatto di Sarah. La giovane buttò un'altra veloce occhiata al foglietto stropicciato:
"La Forthbay High School è un liceo privato edificato nel 1848 sulle rive del fiume Ottawa e alle porte dell'omonima città, per volere della ricca famiglia Forthbay. In origine si trattava di una reggia, usata durante i soggiorni estivi per fuggire dalla vita cittadina. Ampliata e riadattata a istituto scolastico soltanto nel 1952, offre allo studente un posto tranquillo e intellettualmente stimolante per..."
Sarah sollevò d'istinto un sopracciglio; ogni volta che leggeva l'ultima frase, così forzata e noiosa, restava sempre perplessa.
La giovane proseguì nella lettura, decidendo di non soffermarsi più di tanto su quelle parole. Dopotutto era solo una brochure come tante.
"...Al fine di aiutare i nostri ragazzi negli spostamenti interni all'istituto, la scuola è stata comodamente "sezionata" in dipartimenti:
- Dipartimento di lettere;
- Dipartimento linguistico;
- Dipartimento scientifico - matematico;
- Dipartimento umanistico;
Gli studenti potranno inoltre scegliere tra una vastissima gamma di corsi di studi, club autogestiti e partecipare periodicamente a competizioni di vario genere."
Un'altra particolarità che aveva affascinato Sarah sin da subito, era appunto quella bizzarra ma unica divisione dell'istituto in sezioni, che rendeva il liceo più simile ad un'università.
Anche da un punto di vista estetico - architettonico, la Forthbay ricordava, per le proprie dimensioni, un polo universitario: alla villa a tre piani di mattoni rossi in stile neogotico, per ovvie ragioni di spazio, era stata aggiunta una nuova, gigantesca, struttura in uno stile nettamente più moderno, con immense vetrate e tanto, tanto, calcestruzzo. Il mix risultante era strano, insolito, ma al tempo stesso tremendamente ipnotico; era come se qualcuno avesse deciso di mischiare La Casa sulla Cascata, di Wright, alla Oozells Street Board School a Birmingham. Un romanticismo pittoresco contrapposto ad una fredda modernità.
Nonostante le nuove costruzioni rivelatesi necessarie, al fine di poter accogliere generazioni e generazioni di studenti e garantirgli diversi corsi da svolgere anche all'aria aperta, il giardino rimaneva comunque gigantesco, tanto da poter ospitare anche gli alloggi per i professori. Insomma, praticamente una cittadina chiusa in una cancellata di ferro battuto.
In più, altro particolare che aveva fatto saltellare la ragazza sul posto per l'eccitazione, la scuola era addirittura in grado di autofinanziarsi la pubblicazione mensile del proprio giornalino scolastico: un vero mensile con copertina patinata annessa, totalmente diversa dalla schifezza - più simile a fazzolettini per il naso coperti da un inchiostro talmente di bassa qualità, da sbiadirsi in due ore se esposto al sole - che girava per i corridoi delle medie.
Sarah aveva sempre desiderato poter prendere parte alla stesura degli articoli, sebbene fatti in modo così approssimativo, ma purtroppo per lei era conosciuta solo dalla propria classe (ma di questo non ne era neanche troppo sicura). Solo le più popolari venivano ammesse nel gruppo di giornalismo e lei non era altro che un'ombra al quale nessuno si fermava a prestare attenzione.
Sarah era anonima esattamente come il proprio nome.
Ma alla Forthbay avrebbe potuto riscattarsi, farsi un nome, uscire dalla sua zona di confort per un bene maggiore: diventare qualcuno e dar prova di poter brillare a sua volta; già si vedeva a percorrere i lussuosi corridoi del liceo, circondata da amiche perfette ma poco affidabili come in una scena di "Mean Girls", mentre il resto della scuola la guardava con occhi colmi di invidia.
Era sempre stata quella ragazzina che se ne stava in un angolo, spaventata dall'idea di far sentire la propria voce – cosa che la rendeva straordinariamente diversa da Eva Young, esuberante ed espansiva, e particolarmente simile a Lauren Rodgers, pacata e silenziosa. Difatti, nelle ultime tre foto fatte al tempo delle medie, Sarah ricopriva sempre il ruolo del minuto fantasmino mezzo coperto da un compagno più alto. Non le era mai stato chiaro se ciò sistematicamente si ripetesse perché il fotografo scolastico era un incompetente, o se invece fosse tutto a causa del suo essere davvero invisibile - anche perché quella sfortuna toccava sempre e solo lei.
Eva, al contrario, era sempre in primo piano a pavoneggiarsi, incurante delle persone che la circondavano. Spesso, in quei casi, si dimenticava persino di dove fosse e chiedeva ripetutamente se fosse possibile fare un'altra fotografia.
Ma nulla era perduto.
Dopotutto aveva davanti l'opportunità di farsi un nome, di vivere una nuova vita in mezzo a persone sconosciute, di resettare tutto e ripartire da zero... o quasi. Avrebbe avuto solo Lauren al suo fianco, che però mai le avrebbe rubato la scena; sebbene non avesse con lei la confidenza che poteva "vantare" con Eva, la presenza rassicurante di un viso conosciuto le dava la spinta necessaria ad affrontare quall'avventura così spaventosa che le si prospettava davanti. Sempre che Lauren non decidesse in quelle ultime ventiquattro ore di tirarsi indietro e fare il nullaosta per il liceo pubblico del loro distretto.
Il costante stato d'ansia che Sarah provava a sbalzi alterni da circa una settimana non faceva che tenerle compagnia e ormai aveva smesso di contare quante volte quella sensazione di soffocamento - diventata sfortunatamente familiare - le aveva chiuso lo stomaco, impedendole di guardare al lato positivo delle cose. Se solo Arielle fosse stata lì con lei, con la sua dolcezza e le sue battute impacciate che smorzavano anche le situazioni più imbarazzanti, magari sarebbe stata in grado di calmarsi.
La giovane si sedette sul letto e incominciò a studiare la sua cameretta, come a volersi imprimere tutto per bene nella mente: le pareti color lavanda, i gingilli vari, le vecchie e mai toccate enciclopedie mediche, il souvenir regalatole da sua zia Cordelia, di ritorno da Lisbona...
Improvvisamente, la consapevolezza che la sua stanza le sarebbe mancata colpì Sarah con violenza. Era una cosa stupida preoccuparsene, dato che non doveva trasferirsi all'altro lato capo del mondo e che sarebbe ritornata in cinque giorni, eppure si sentiva come se avesse dovuto direttamente abbandonare il Canada.
Alzò il braccio destro e con la punta delle dita accarezzò il soffitto inclinato; toccò il legno liscio dove tutte le mattine picchiava sonore craniate, per ritrovarsi puntualmente con un bernoccolo in mezzo alla fronte. Avrebbe sentito nostalgia perfino di quello.
Stesso discorso valeva per quell'abbaino polveroso che adesso la ragazza stava guardando; perennemente invaso da una moltitudine di ragnatele, era stata costretta a pulirlo tutti i giorni per liberarsi di inquilini sgraditi. Anche se, come aveva tragicamente appurato, quei mostriciattoli si ostinavano sempre a ripresentarsi a tempo di record.
Nel weekend Sarah avrebbe sempre avuto modo di rischiare piccoli attacchi di cuore e contusioni, ma la preoccupava il pensiero che, durante i giorni scolastici, si sarebbe svegliata in un'altra stanza.
Spostò lo sguardo alla sua destra e guardando le sue valigie sfatte fece un veloce calcolo: avrebbe potuto incastrare dentro qualcos'altro, oltre ai vestiti già segnati nella lista che aveva stilato, magari qualche soprammobile di piccole dimensioni per decorare il dormitorio. Sarah si alzò dal letto, si diresse verso l'armadio, cominciò ad estrarre tutti i suoi abiti preferiti per posarli ordinatamente sul letto e successivamente selezionare quelli che andavano sistemati per primi.
Tra i vari indumenti che le erano capitati sotto tiro, Sarah ritrovò il maglione regalatole da nonna Concordia poco dopo aver annunciato di volersi iscrivere alla Forthbay: era brutto, sformato e sembrava essere stato fatto con i capelli tinti della nonna. Più lo osservava e più le sembrava rivoltante.
Lo guardò con un sorriso e si alzò per andare a nasconderlo da qualche parte: sua madre avrebbe insistito affinché lo portasse con sé e non aveva alcuna intenzione di assecondarla. Non si sarebbe fatta vedere con quel coso peloso nemmeno sotto tortura.
Fatto il misfatto, Sarah aprì un'altra anta dell'armadio, estrasse le sue divise scolastiche - perfettamente stirate e formate da una camicia bianca, una gonna o un pantalone e un maglioncino blu - e si guardò nuovamente attorno alla ricerca di qualche altro oggetto che avrebbe potuto portarsi dietro.
Notò le foto con le sue amiche, decorate da cornici colorate, guardarla con malinconia da sopra le mensole.
Sarah le osservò, ma era come se non le stesse guardando veramente, poiché con la mente stava ripercorrendo tutti i momenti in cui erano state scattate. Afferrò poi quella che la ritraeva con Arielle: aveva costruito dei ricordi meravigliosi con lei, il destino era stato molto crudele nel farle nascere a così tanti chilometri di distanza. Se solo avesse abitato anche lei a Niagara Falls, avrebbe avuto almeno un'amica vera; a L'Amable aveva solo Lauren, che nonostante la conoscesse dai tempi dell'asilo non aveva si era mai curata di trovare interessi comuni o anche banalmente a confidarsi, e Eva, il cui rapporto non era mai sembrato veramente quello che si potrebbe condividere con qualcuno a cui vuoi veramente bene fino in fondo.
Spesso, Sarah, aveva l'impressione di somigliare ad una casalinga degli anni '40 che aspetta con ansia il ritorno del proprio marito, in questo caso Eva, dalla guerra; fatta eccezione che Sarah non aveva i capelli laccati e la guerra in questione consisteva in una serie di uscite e avventure che Eva aveva con le altre compagne di classe, alla quale la Williams puntualmente non veniva invitata.
Il campanello suonò, riportando Sarah alla realtà. Sentì sua madre chiedere chi fosse e una voce squillante rispondere, seguita da una serie di saluti e dei passi affrettati su per le scale. La porta si spalancò di colpo e sulla soglia, a fare bella mostra di sè, con la sua solita allegria, vi era proprio Eva.
Aveva i capelli castani raccolti in una coda disordinata, i grandi occhi scuri privi del solito filo di trucco e le labbra rosee piegate in un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
« Sarah! » esclamò Eva.
Senza attendere i convenevoli, gettò sulla sedia della scrivania la giacca e si lasciò cadere di peso sul letto - proprio sulla pila di abiti che Sarah aveva posato con cura.
« Eva, non sui vestiti! » berciò la Williams, infastidita da quella mancanza di rispetto per i propri beni.
« Domani è il grande giorno. » disse l'amica ignorando il trambusto creato, e limitandosi a togliersi da sotto il sedere la felpa azzurra su cui si era buttata.
« Ah-ha. »
« Saremo delle liceali. » incalzò quest'ultima. « Partiremo per l'avventura! »
« Mi passeresti quella maglietta? » domandò invece Sarah indicando una maglia nera che si trovava accanto ad Eva, anch'essa stropicciata dalla sua entrata trionfale.
« Mi hai ascoltata almeno? » replicò stizzita quest'ultima.
La mora nemmeno si disturbò ad accontentare Sarah, limitandosi a scoccarle un'occhiata offesa.
« Sì, santo cielo, saremo delle liceali e partiremo per l'avventura. » ripeté a pappagallo la padrona di casa. « Ora, di grazia, potresti passarmi quella cosa? »
Il rapporto tra Sarah e Eva, come già accennato, era piuttosto contraddittorio: si confidavano e si parlavano come amiche, ma spesso Sarah si ritrovava a pensare che il carattere della mora fosse del tutto incompatibile con il suo. Unico punto in comune: l'egocentrismo e le tendenze egoistiche che, ovviamente, non facevano altro che complicare ulteriormente le dinamiche.
La loro lunga amicizia travagliata si era caratterizzata nel tempo come traballante e scandita da bisticci e periodi in cui Sarah si sentiva profondamente offesa da qualche comportamento adottato da Eva. Per non contare il fatto che quest'ultima aveva la tendenza a farle torti - il più delle volte senza nemmeno accorgersene - e che Sarah invece trovava estremamente complicato evitare di legarsi tutto al dito. E ora che le loro strade si sarebbero praticamente divise, Sarah non sentiva nemmeno un briciolo di rimorso.
Eva lanciò nella valigia la maglia tanto richiesta come se fosse stata uno straccio, e Sarah si ritrovò a guardarla male un'altra volta. Spesso si domandava perché mai non l'avesse ancora mandata allegramente a quel paese, ma poi si ricordava di non avere amici e decideva di tacere: la solitudine la spaventava molto più di un'amicizia inaffidabile.
« Ma non sei entusiasta? Finalmente uscirai da tutta questa noia e potrai andare a vivere altrove! » disse Eva facendo l'angelo sul materasso come se si fosse trovata sulla neve, stropicciando tutti i restanti abiti che ancora non erano stati toccati dalla sua grazia elefantesca.
Sarah contò fino a dieci e si appuntò mentalmente di darle appuntamento lontano da casa propria, una prossima volta. O, perché no, direttamente vietare alla madre di accoglierla mentre lei era indaffarata, tanto per eliminare il problema alla radice.
« Potresti evitare di demolire brutalmente quel poco di ordine che ho fatto? » le domandò seccamente.
« Ma dai, rilassati! » le disse per tutta risposta Eva, non prendendosi ancora la briga di spostarsi in un punto in cui non avrebbe dato fastidio.
Sarah spostò lo sguardo dalla ragazza alla porta: se l'avesse cacciata via malamente, avrebbe fatto una pessima figura? Sì, molto probabile.
« Non sto più nella pelle. » replicò piattamente.
« Wow, questo sì che è falso entusiasmo. »
Sarah avrebbe voluto tanto fiondarsi su di lei e stringere le mani attorno a quel suo collo da cigno.
Eva si slegò la coda di cavallo e i capelli le si posarono sulle spalle; li sistemò distrattamente mentre iniziava a starnazzare fesserie.
« Oh Sarah tu non puoi capire! è una cosa... favolosa, il liceo! Finalmente potremo comportarci come vogliamo e fare cosa vogliamo! »
Il sopracciglio sinistro di Sarah saettò verso l'alto come un fulmine, così come accadeva ogni qualvolta che qualcosa non la convinceva appieno.
« La Waxbee — oh, la Waxbee... » continuò sognante Eva, « non vedo l'ora di andarci. E poi potremo continuare a vederci, visto che tu sarai a poco più di cinquecento metri di distanza! »
La Waxbee era un altro liceo privato ad appena tre minuti di camminata dalla Forthbay. Ultramoderno e con forme più morbide e tondeggianti, sembrava essere stato costruito vicino alla scuola rivale, così spigolosa e eclettica, con lo specifico intento farla risultare ancora più strana.
« Sì, certo. » concordò senza convinzione Sarah.
Alla giovane risultava difficile credere che, una volta prese strade diverse, Eva e lei si sarebbero tenute in stretto contatto o che sarebbero rimaste ancora quelle di una volta. Non si contattavano con costanza nemmeno frequentando lo stesso istituto, figuriamoci due diversi e che tra l'altro si odiavano.
Era triste, ma Sarah sapeva anche che tutti i mali non venivano per nuocere, e un simile distacco avrebbe potuto avere due effetti sul suo rapporto con Eva: cementarlo e farle capire di essere sempre stata troppo scettica, oppure troncarlo definitivamente. E, ora come ora, era più convinta della seconda opzione.
Le due trascorsero le ultime ore del pomeriggio a parlare - o meglio: Eva parlò dei propri ricordi - delle medie, dai momenti esilaranti a quelli imbarazzanti e infine tragici.
Eva aveva impiegato un'ora buona per cambiare posto e andarsi a sedere alla scrivania, dove le era impossibile fare danni, e lasciare la padrona di casa sistemare le valigie in tutta tranquillità.
L'episodio che le aveva quasi fatte bisticciare venne accantonato in men che non si dica, così com'era sempre successo: Sarah se la prendeva per qualcosa, Eva cominciava a parlare a vanvera e gradualmente, tutto veniva dimenticato.
Quando si fece orario di cena, Eva annunciò che se ne sarebbe tornata a casa con la classica veemenza che adottava quando doveva comunicare qualcosa - ovvero come se si fosse trattato di un trattato di vitale importanza.
« A domani mattina... passate a prendermi alle cinque e mezza? » urlò all'amica mentre scendeva le scale.
« Alle cinque e mezza! E sii puntuale! » le raccomandò la Williams.
Dopo che sentì Eva salutare i suoi genitori e sbattersi la porta d'ingresso alle spalle con un tonfo, Sarah guardò i due trolley rossi ai piedi del letto, mentre le parole dell'amica le rimbombavano nella testa con tanto di eco.
« Partiremo per l'avventura! »
***
Saalve! Per ora siamo solo al secondo capitolo, ma come vi sembra questa storia? Vi ispira? O invece avete già deciso che non vi interessa?
Tenete duro, andate avanti a seguirmi :) Mi auguro di non annoiarvi e di incuriosirvi.
Lily:*
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