7. speranza
ALEXIS' POV
"Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!" -continua a pensare la ragazza mentre oltrepassa gli alberi presenti davanti a casa Lupin.
Con un sorriso stampato nei lineamenti del suo viso, la Serpeverde, con al suo fianco Beren, corre all'impazzata verso quella casa poco distante, verso la sua spiaggia sicura, verso la libertà, verso la fine di quella tirannia.
Il vento le pizzica il viso e le fa muovere i capelli, provocandole una sensazione che mai aveva provato, una tale felicità che riesce persino a farla piangere.
"Non potrà più farti del male.." -pensa ingenuamente la ragazza per poi fermarsi, sempre con un sorriso smagliante, davanti alla dimora delle sue due amiche.
"Padrona Alexis è sicura che questa casa sia abitata?" -le domanda il piccolo elfo con espressione mortificata dopo aver notato che tutte le luci sono spente.
"Ma staranno dormendo, è abbastanza tardi e solitamente si svegliano presto." -replica la ragazza con tono fin troppo sicuro e, proprio con questa convinzione, si dirige a passo spedito verso l'unica casa presente in quel preciso punto di Bostall Woods.
Tuttavia, quella speranza che prima regnava sovrana, svanisce dopo aver bussato per ben cinque minuti consecutivi, senza ovviamente ricevere alcuna risposta.
"Non può essere vero!"-esclama la Malfoy per poi dare un ultimo pugno alla porta. "Ti prego Beren dimmi qualcosa."
"Padrona Alexis, Beren non sa cosa fare, come posso aiutarla?" -chiede il piccolo elfo con sguardo disperato, che peggiora man mano che la schiena della ragazza scivola lungo il muro di casa Lupin, fino a che il suo corpo non aderisce con il terreno.
Tutto le crolla addosso.
Sente il sangue ghiacciarsi nelle vene.
Il suo cuore rimpicciolirsi.
La gola si stringe e le rende impossibile respirare.
Il cervello smette di funzionare, tutta la logica si offusca.
È sola, nuovamente.
Un'altra occasione è svanita, proprio come le stelle alle comparsa del Sole e, con essa, è scomparsa persino la speranza.
Ora, nel suo petto non si sente altro che l'eco di un vuoto. Un rumore intollerabile, straziante.
Alexis non fa altro che piangere delle lacrime che portano la pesantezza del suo cognome, singhiozzi su singhiozzi popolano quel bosco in una fredda notte estiva.
È come se gli animali, tutto d'un tratto, avessero smesso di cantare, di muoversi, di respirare; come per avvicinarsi al dolore della ragazza, come per lenire quella sensazione di vuoto, cercando di rimanere in silenzio, immobili accanto all'impotenza della Serpeverde.
"Padrona Alexis, cosa può fare Beren per lei?"-chiede l'elfo con la mano poggiata sulla spalla ossuta della ragazza.
Alexis non risponde, si rialza dalla gelida pietra del pavimento presente davanti alla porta e, poco prima che aprisse la bocca, il suo sguardo ricade sulla finestra lì presente.
Affascinata, ma allo stesso tempo spaventata, nota che il nero è sparito dai suoi capelli, per cui ora ha soltanto una chioma color platino e, senza neanche rendersi conto, la ragazza comincia a pensare a più non posso al perché di questo cambio così improvviso e strano.
Forse il nero l'ha abbandonata, proprio come lei ha lasciato dietro di sé quella dimora in cui non possiede nessun ricordo felice.
Forse il nero è sparito perché abbandonando tutti i suoi incubi alle spalle, l'ha lasciata anche la costante oscurità che prevaleva sempre nella sua vita.
Forse il nero è sparito perché dietro di sé ha abbandonato tutti quei segreti, tutto quel dolore che le lacerava l'anima.
Forse il nero è sparito perché esiste veramente la speranza.
Esiste veramente quello spiraglio di luce, quel platino, quel faro che la guida in mezzo all'oscurità.
Quindi, nonostante tutto sembra essere perduto, forse c'è un piano molto più ampio, molto più grande.
Un piano che, alla fine, l'avrebbe ripagata.
Le avrebbe ripagato tutta l'oscurità con la luce.
E ora, quella speranza che prima aveva congelato tutti i suoi sensi, torna a scaldare il suo petto, a far battere il suo cuore, a far scorrere il sangue nelle sue vene, a far ragionare il suo cervello.
"Beren, tu puoi fare solo una cosa per me." -commenta la ragazza dopo aver pensato attentamente.
"Mi dica Padrona Alexis."
"Non ti piacerà all'inizio, ma ti prego di ascoltarmi attentamente." -afferma la Malfoy mentre fruga fra la sua borsa, alla ricerca disperata di ciò che le serve.
"Padrona..l-lei n-non può farmi q-questo." -esclama Beren con le lacrime agli occhi, non appena Alexis gli porge un calzino dorato.
"Devo, lo sto facendo per il tuo bene." -replica la Serpeverde per poi avvicinarsi all'elfo che, nel frattempo, sta evitando il contatto visivo a causa degli occhi pieni di lacrime salate.
"Q-questo significa che B-Beren non ha f-fatto u-un b-buon lavoro, Beren c-cattivo!" -urla per poi sbattere violentemente la testa contro il muro. "È u-un terribile disonore, n-nessuno vorrà p-più Beren."
"Non puoi tornare da mio padre, lui non esiterà ad ucciderti e non voglio che questa sia la tua sorte." -afferma la ragazza mentre posa una mano sulla sua spalla. "Poi voi meritate molto di più che essere degli schiavi per delle persone senza un briciolo di umanità. Siete intelligenti, abili, fedeli, avete tutte le qualità positive che molti uomini, fra cui Lucius, possono soltanto desiderare. Per questo vorrei proporti una via d'uscita da tutti questi problemi, vorrei fare questo piccolo gesto per ripagarti per quello che hai fatto e soprattutto per chiederti perdono per il comportamento dei Malfoy."
"Padrona Alexis, B-Beren n-non può, è i-il mio d-destino, n-noi elfi s-siamo nati p-per questo."
"Questo è quello che vogliono farti credere e poi il tuo -il nostro- destino non è scritto, siamo noi e le nostre scelte a decidere. Non esiste il fato o la fortuna, esistono soltanto delle circostanze e come tu ti comporti in esse determinerà una piccola parte del tuo futuro. Beren tutto si evolve, dal pensiero agli oggetti materiali. Tutto è soggetto all'evoluzione, persino la vostra posizione sociale. Voi potete fare grandi cose, non ascoltate chi si crede superiore, nessuno lo è, siamo tutti sullo stesso piano." -esclama Alexis, dando voce ad uno dei tanti aspetti che la differenzia dal resto della sua famiglia.
"Non p-può dire certe c-cose, B-Beren non p-può sentirle." -continua l'elfo per poi tapparsi le orecchie.
"No, tu devi stare a sentirmi. Quello che è successo nel mondo dei babbani prima e nel mondo magico poi, sono delle atrocità senza eguali. Per molti anni uomini, donne, tutti hanno combattuto per l'uguaglianza, per i diritti. Ci è voluto tempo, tanto tempo, fin troppo. Gli uomini li hanno ottenuti per primi perché erano considerati importanti alla società dato che con il loro lavoro producevano ricchezze, poi, solo dopo la guerra, sono stati riconosciuti, in modo parziale e non ovunque, alle donne, anche se ancora oggi la nostra voce non vale tanto quanto quella di un uomo, che sia un principe o un criminale, la mia parola vale sempre di meno. Poi, ovviamente, dopo i passi avanti si sono visti dei passi indietro, perché poco tempo fa, nel mondo babbano, non avveniva soltanto la discriminazione fra uomo e donna, ma anche a causa della religione. Poi è successa la stessa cosa nel mondo magico, anzi, qui c'è sempre stata, persino prima di... lui." -conclude la ragazza senza lasciare che il dolore prendesse il sopravvento.
"Signorina come le differenze tra maghi sono sempre esistite, anche la situazione di noi elfi, noi siamo fieri di servire nobili casate come quella dei Malfoy." -replica Beren mentre Alexis gli asciuga le lacrime solitarie.
"Questo perché vi siete sempre sottovalutati, voi potete fare di più!" -esclama la ragazza, restando fermamente convinta della sua tesi. "Non credi sia ora di cambiare le carte in tavola?"
"Ma Beren non può farlo, Padrona non dica queste cose neanche per scherzo!" -continua l'elfo per poi tapparsi le orecchie in modo da non andare contro i valori più antichi degli elfi domestici.
"Invece puoi farlo e non sarai solo... Dobby è ad Hogwarts e diciamo che lui ha cominciato a fare dei passi avanti, ma da solo non può riuscirci."
"Dobby?" -chiede il piccolo elfo con occhi sognanti e pieni di lacrime.
È da molti anni che non sente più il nome del suo caro amico. Dopo aver abbandonato la famiglia Malfoy, è stato considerato come un traditore degli elfi domestici e perciò il suo nome non veniva più detto.
Tuttavia Beren, che lo considerava come un grande amico, forse persino il suo migliore amico, ha sempre cercato di ottenere sue informazioni, o almeno ha sempre cercato di sapere se fosse vivo e stesse bene, ma ovviamente nessuno ha mai saputo rispondergli.
"Lui è ad Hogwarts, lavora giù alle cucine con molti altri elfi e sta cercando di combattere per tutti voi, aiutalo, ne ha bisogno." -conclude la ragazza per poi alzarsi da terra e porgere il calzino dorato a Beren.
"Quindi signorina Malfoy lei mi sta dicendo che Beren deve andare ad Hogwarts da Dobby?"- domanda lui con tono incerto. "Verrò visto come un traditore."
"Anche io sono una traditrice agli occhi della mia famiglia, ma ne vado fiera perché so che è la cosa giusta da fare." -replica la Serpeverde con lo sguardo fisso sull'elfo domestico. "E poi non chiamarmi signorina Malfoy, sono Alexis per te."
Beren, dopo aver accennato ad un sorriso, distoglie lo sguardo e comincia a pensare attentamente alla proposta della ragazza e, quando capisce che non solo avrebbe rivisto il suo grande amico, ma si sarebbe anche salvato, afferra il calzino.
"Verrai a trovarmi Alexis?" -le domanda Beren con occhi gonfi di lacrime.
"Certamente, ci vediamo a Settembre." -replica la ragazza e, non appena lei termina la sua frase, con un sordo CRACK l'elfo se ne va, lasciandola sola nella foresta.
Passano altri minuti, forse ore, Alexis non lo sa.
Sa solo che si sente incredibilmente stanca di lottare per qualcosa che alla fine non le appartiene e forse non le apparterrà mai.
La libertà, la felicità, l'amore.
Continuano ad essere delle concezioni a lei utopiche, continuano a non esistere, ad illuderla ogni giorno di più, e così, mentre tutta la foresta si stringe silenziosamente accanto al suo dolore, la ragazza comincia a piangere, a singhiozzare.
Sente la cassa toracica stringersi attorno ai polmoni; l'aria viene a mancare, la testa diventa pesante, la gola si chiude.
Sta soffocando nelle sue stesse lacrime, sta annegando nel suo stesso dolore.
"Alexis." -sussurra una voce a lei familiare e, quando alza lo sguardo, vede che si tratta di Arabella.
Quell'aria che prima era rimasta chiusa in gola, ora torna a circolare, torna nel cervello, nei polmoni, ovunque.
L'aria la fa rinascere, come una fenice dalle sue ceneri.
"Che succede?" -continua la Fawley mentre si accascia accanto alla ragazza.
La Serpeverde cerca di trovare le parole giuste, parole che possano spiegare tutto quello che ha passato, tutto quello da cui è scappata; parole che sappiano spiegare i suoi incubi, i suoi scheletri nell'armadio.
Forse non ne servono tante, ne basta una.
Cercare.
Cercare la felicità.
Cercare l'amore.
Cercare la libertà.
È tutto quello che le serve, tutto quello che lei necessita per chiudere le porte al suo passato, per sbarrare i cancelli a quella violenza, per accendere la luce contro quell'oscurità che domina la sua vita, per combattere contro quei lividi che per troppo tempo hanno popolato la sua pelle.
Quando la Serpeverde sta per aprire la bocca, una pergamena bianca compare dinanzi a lei e, senza neanche guardare il contenuto, il cuore della ragazza si stringe nuovamente.
Alexis Cassiopea Malfoy
1979-
Dopo aver dato un occhiata veloce all'oggetto, esso si disintegra, lasciando indietro soltanto dei pezzetti di carta e delle lacrime amare.
Alexis se lo aspettava, ne era certa, ma allora perché continua a fare male?
Perché le sembra di avere un peso che la porta a fondo, che continua a farla annegare in un oceano in tempesta?
Perché continua a credere che suo padre possa cambiare?
Perché è convinta che lui, sotto sotto, abbia un cuore?
Perché la letteratura l'ha ingannata?
Si sa, è riconosciuto in tutte le storie che i cattivi hanno un cuore, persino in Frankenstein.
Quella creatura, creata dal dottor Victor, non era malvagia. Nessuno lo è quando nasce, siamo tutti uguali, siamo tutti un ammasso di cellule unite da varie giunzioni che le fanno comunicare, un ammasso di neuroni che ci permettono di sentire.
Siamo uguali, come è giusto che sia.
Abbiamo tutti un cuore, due polmoni, due occhi, due braccia.
Possiamo essere diversi all'esterno, ma all'interno no, continuiamo ad essere un ammasso di cellule.
Anche la creatura era un ammasso di cellule, era buona proprio come tutti.
Nessuno ha un animo cattivo, nessuno ha intenzione di esserlo; sono le circostanze e la società che ci portano a fare scelte sbagliate, scelte imposte. Sono queste che ci fanno cambiare, che ci fanno nascondere il nostro cuore per paura che qualcuno possa romperlo, che ci fanno vendicare per ciò che abbiamo passato, che fanno si che dei ricordi traumatici ci tengano svegli la notte.
Per dei ricordi che, per quanto cerchiamo di nascondere in un angolo remoto del nostro cervello, hanno ormai plasmato chi noi siamo.
È con il tempo che si diventa cattivi.
Con il tempo si acquisiscono sempre di più i pareri assoluti che la società ci impone. Tutte quelle lezioni che appartengono alla sfera del super-io, quella che unisce tutte le norme che inizialmente ci vengono insegnate dai nostri genitori, poi dalla scuola. Sono quelle norme che l'uomo non solo impara a rispettare, ma interiorizza; si insediano nella sua anima e si intrecciano con essa, dandole una struttura stabile.
Le è sempre piaciuto credere che suo padre, sotto strati di ideali imposti e assimilati, avesse pur sempre un cuore pieno di polvere, pieno di amore mai dato e mai ricevuto.
Le piaceva credere che alla fine, con un semplice soffio, tutto quello strato polveroso potesse abbandonare il cuore, in modo che esso potesse tornare a scaldare la cassa toracica, le cellule, il sangue, tutto.
Le piaceva credere.
Ma si sbagliava.
"Cos'era quello?" -domanda Arabella con tono confuso.
"Sono stata disonorata."-replica la Malfoy senza far trasparire il dolore presente in quelle due semplici parole. "Me ne sono andata, non riuscivo più a sopportare.."
Ancora una volta, quel dolore che sembrava essere sparito, è tornato a galla in un batter d'occhio, proprio come il petalo di un fiore che, per quanto noi cerchiamo di buttarlo sott'acqua, continua a combattere per tornare in superficie. Così, come il petalo di un fiore, quel dolore che ha spinto a fondo, torna più forte di prima, più vivido di prima.
"Alexis cos'è successo?" -le domanda Arabella per poi posare una mano sulla sua spalla.
"I-io.." -comincia la ragazza, ma ancora una volta, le vengono a mancare le parole giuste, anche se, di 'parole giuste' non ce ne sono. "Me s-sono d-dovuta andare... p-possiamo parlarne d-domani?"
"Certamente, solo che noi non stiamo più qui a Bostall Woods, i-io non so.. Remus?" -esclama Arabella e, al terminare della sua frase, il suo padrino sbuca dai fitti alberi lì presenti.
"Cos'è successo la scorsa estate a Diagon Alley?" -le domanda l'uomo che non mostra alcuna intenzione di abbassare la bacchetta, nonostante Arabella continui a ripeterglielo.
"I-io..." -replica la ragazza con l'esofago e la trachea che si stringono sempre di più, andando quasi a formare un'unica struttura che le blocca la respirazione e la deglutizione. "Vi ho incontrato di nascosto vicino ad Ollivander. Avevo u-usato la libreria come s-scusa e m-mi avevate offerto del gelato al cioccolato e-e Bella era riuscita a sporcare la maglia bianca mentre Crystal aveva t-tutta la bocca contornata dal gelato." -conclude la ragazza con gli occhi chiusi mentre cerca di affogare quel petalo, quei ricordi di tutte quelle volte che Lucius le ha puntato una bacchetta contro.
"Scusami, dovevo soltanto esserne sicuro, non posso rischiare..sai.."-afferma Remus con tono mortificato per poi avvicinarsi alle due ragazze. "Devi dirci cos'è successo oppure n-non possiamo fare niente."
"Non possiamo portarla dentro l'altra casa?"-domanda la mora mentre accarezza dolcemente la schiena ossuta della amica. "Lo sai che lei non è come loro, non lo è mai stata! Remu guarda come l'hanno ridotta."
"Avverti Crystal, dille di chiamare Silente con urgenza e falle preparare sia la cena che il letto presente in camera tua." -replica il lupo con lo sguardo che si addolcisce.
Alexis gli ricorda tanto le giovani Fawley, gli ricorda quello sguardo perso la mattina dopo che i genitori non tornarono più, gli ricorda quei cuori desiderosi di essere amati, gli ricorda tanto le sue persone e, proprio per questo, comincia a sentire un senso di protezione anche verso di lei, anche verso quella ragazza dai cui occhi traspare un diverso tipo di dolore che, alla fine, è pur sempre dolore.
"Vieni." -dice Remus per poi porgerle la mano che lei prontamente afferra e usa per potersi rialzare dalla gelida pietra del vialetto lì presente.
"Crystal ha detto che Silente arriverà a breve, deve prima terminare una cosa e poi ha detto che vuole parlare anche con te. Comunque possiamo andare, lei ci aspetta fuori." -esclama improvvisamente la mora dopo vari secondi di silenzio e Alexis, non capendo come lei e la sorella abbiano comunicato, assume un'espressione confusa.
"Ti spiegherò più avanti, è abbastanza complicato." -taglia corto la Fawley con un sorrisetto che compare fra i lineamenti del suo viso.
Senza aggiungere altro, la Serpeverde chiude gli occhi e si lascia guidare da quelle persone che, in questo momento, le stanno ridando la luce, la speranza.
Quelle persone che sono la chiave per quel cercare.
Dopo aver percepito che i suoi piedi sono tornati nuovamente a contatto con la terra, Alexis apre gli occhi e, dinanzi a sé, vede un semplice palazzo, uguale a tutti gli altri presenti in quella via.
Tuttavia, quando nota che all'improvviso il palazzo si apre rivelando una parte nascosta ai babbani, la ragazza guarda affascinata e sorpresa le persone accanto a lei.
Proprio perché il suo sguardo era concentrato su di loro, la Serpeverde non vede che un'altra figura si sta dirigendo a passo spedito verso di lei e, quando le sue braccia cingono il collo della Malfoy, lei non può far altro che sussultare a causa dello spavento.
"Cos'è successo?" -le domanda la voce familiare e accogliente di Crystal una volta sciolto l'abbraccio. "Stai bene?"
"Sono stata disonorata." -sussurra Alexis che, non riuscendo a trattenersi, scoppia nuovamente a piangere. "I-io sono scappata, e-era diventato impossibile rimanere... scusate, m-ma non riesco a p-parlarne."
"Non preoccuparti." -esclama la famiglia all'unisono.
"È la tua storia, raccontala quando sarai pronta." -commenta Crystal per poi posarle una mano sopra quella della Malfoy.
"Noi saremo sempre pronti ad ascoltarti e non ti giudicheremo, mai." -continua Arabella mentre il loro padrino annuisce a queste semplici parole che, per Alexis significano tanto, tutto.
Mentre il suo sguardo scorre lungo le tre persone lì presenti, proprio come Remus in precedenza, nota che tutti condividono quell'oscurità, quel dolore; nota che tutti stanno ancora cercando di ricomporre i vari pezzi.
E, in questo preciso istante, la ragazza percepisce il dolore non come un qualcosa di lacerante ed intollerabile, bensì come una cosa positiva che rappresenta una sorta di unione, una condivisione di queste esperienze che li hanno resi chi sono, che hanno plasmato le loro personalità così forti da non piegarsi neanche ai valori che vengono imposti alla società, da non piegarsi alla mercé del super-io.
Alexis percepisce che forse tutti insieme riusciranno a ricomporre quel puzzle intricato della loro anima, riusciranno ad attaccare nuovamente quelle parti di loro che con il tempo si sono sgretolate.
Forse le persone qui accanto a lei saranno la sua forza.
author note:
ciao ame guess who's back😌
scusate per la lunga assenza ma questa settimana è stata un po' un rollercoaster e poi questo capitolo mi ha messo alla prova (odio i filler chapters) but anyways spero che il prossimo pov riesca a rimediare questo piccolo disastro🥲
bye chic*s see y'all entro la fine della settimana!❤️
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