10. rabbia e dolore
più avanti ci sarà un TW, ma per non spoilerare l'intero capitolo ve lo metterò poco prima, bye y'all buona lettura <3
WILLOW'S POV
L'autunno ad Hogwarts è sempre stata la stagione preferita di Willow. Lei che non è un'amante né del caldo e né del freddo, trova il giusto equilibrio specialmente nei mesi di settembre e ottobre.
Amava sedersi sotto gli alberi per leggere qualche libro babbano sulla guerra o su altre tematiche che toccano quel mondo così lontano, ma così vicino.
Amava e odiava tutte quelle foglie che le cadevano sui folti ricci e si incastravano in essi.
Amava prendere la cioccolata calda assieme ai suoi amici nelle cucine di Hogwarts.
Amava le piccole cose.
Amava come questa stagione rappresentasse il suo stato d'animo.
Nei primi mesi raccoglieva sempre ciò che aveva seminato negli anni passati, lasciava cadere tutte le delusioni e i fallimenti che aveva incontrato per strada. Un pò come gli alberi fanno con le foglie.
Poi rinasceva.
Pronta ad andare incontro a tutte le sfide che la vita le riservava.
Pronta a tutto pur di raggiungere i suoi obiettivi.
Ma ora?
Ora l'autunno non esiste più. Ora Willow non cade per poi rinascere come una foglia in primavera. Ora per lei è un inverno perenne.
È in quella stagione in cui tutto è congelato, immobile; quella stagione in cui gli alberi sono lasciati a sé stessi, in cui non hanno protezione contro il mondo, ma sono nudi davanti alle intemperie. È quella stagione che blocca tutto. Quella stagione nella quale gli alberi aspettano il Sole per tornare alla normalità.
Ma cosa succede se il Sole non dovesse arrivare?
La pianta rimarrebbe sempre esposta al dolore e al gelo? Rimarrebbe sempre nuda di fronte al dolore?
Cosa succederebbe senza il Sole?
O meglio, cosa succede senza il Sole?
Willow continua a chiederselo in continuazione. Continua a domandarsi se, un giorno vicino o lontano, le foglie torneranno a popolare i rami, se la gioia tornerà a scaldare la sua anima.
In questo momento non ha alcuna risposta positiva, solo dolore e sconforto.
Si sente impotente di fronte a questi meccanismi più grandi di lei, si sente nuda di fronte a questi avvenimenti.
Si sente tutto, ma niente di questo tutto è un qualcosa di positivo.
Perché lei sa che per quanto sentirà la sua mancanza, il suo Sole non tornerà mai.
E allora la pianta pian piano perderà tutte quelle molecole di clorofilla, così come Willow rimarrà senza quelle di serotonina.
La famosa molecola della felicità, quella che un anno fa popolava il suo organismo. Quella che ora è soltanto un lontano ricordo.
Si sente un guscio vuoto che cammina, che compie tutte le azioni necessarie per mantenere il suo corpo in vita, un guscio che, in realtà, non vive. Si porta avanti, per inerzia.
Ogni mattina, quando la sveglia la trascina via da quegli occhi grigi, si sveglia e vorrebbe scomparire. Vorrebbe andarsene pur di far tornare lui.
Perché Willow è terribilmente stanca di vivere una vita che non può essere definita come tale. Willow è stanca di essere un peso per tutte le persone accanto a lei. Willow è stanca di essere quella che è sopravvissuta.
Quella che non ha visto la morte, ma ne paga le conseguenze.
Quella che sente il dolore delle conseguenze.
Quella che versa lacrime amare, salate.
Quella che si rifugia nei sogni perché affrontare la cruda e nuda realtà le fa ancora troppa paura.
Quella che cerca di bloccare il suo organismo, una volta per tutte.
"Beh, buon pomeriggio." -una voce stridula fa alzare lo sguardo della riccia e, non appena lo fa, nota che la nuova professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure è entrata nella sua nuova aula.
"Buon pomeriggio." -borbotta svogliatamente qualche studente, mentre altri sono impegnati a sistemare i propri oggetti sopra il banco.
"Mmm, mmm."- dice la professoressa Umbridge. "Così non va, no? Vorrei per favore che rispondeste 'Buon pomeriggio, professoressa Umbridge'. Un'altra volta, prego. Buon pomeriggio, ragazzi!"
"Buon pomeriggio, professoressa Umbridge!" -risponde tutta la classe tranne Willow che, nel frattempo, è troppo occupata a studiare la nuova insegnante.
"Bene."- afferma la Umbridge in tono amabile. "Non era troppo difficile, vero? Via le bacchette e fuori le piume, prego."
La riccia , confusa, sposta lo sguardo lungo la classe e senza alcuna sorpresa nota che tutti gli altri studenti stanno facendo la stessa cosa e poi, dopo qualche secondo, tutti i ragazzi posano la bacchetta all'interno della borsa e al suo posto prendono l'inchiostro e le piume che, per la prima volta, Willow si è ricordata di portare.
Dopo aver posato sul banco gli strumenti richiesti, la Corvonero alza lo sguardo verso la lavagna e nota che è stata riempita da scritte e, dopo aver sforzato la sua ormai precaria vista, riesce a leggere: "Difesa contro le Arti Oscure: Ritorno ai principi base".
"Allora, l'insegnamento di questa materia è stato piuttosto discontinuo e frammentario, non è così?"-domanda retoricamente per poi voltarsi verso la classe con le mani intrecciate davanti a sé. "Il continuo cambio d'insegnanti, molti dei quali pare non abbiano seguito alcun programma approvato dal Ministero, ha purtroppo sortito l'effetto di porvi assai sotto la media d'istruzione che ci aspetteremmo di vedere nell'anno dei G.U.F.O. Vi farà piacere sapere, tuttavia, che questi problemi saranno finalmente risolti. Quest'anno seguiremo un corso di magia difensiva strutturato con cura, fondato sulla teoria, approvato dal Ministero. Copiate le frasi seguenti, prego."
Wilow, sempre con la confusione che regna sovrana nei suoi lineamenti, segue ogni movimento delle nuova professoressa e nota che, dopo aver colpito nuovamente la lavagna, il primo messaggio sparisce e viene sostituito da:
"Obiettivi del Corso:
1.Comprendere i principi base della magia difensiva.
2. Imparare a riconoscere le situazioni nelle quali la magia difensiva può essere usata legalmente.
3. Porre la magia difensiva in un contesto per l'uso pratico."
Persa e soprattutto concentrata a leggere le frasi che popolano magicamente la lavagna di Difesa Contro le Arti Oscure, la riccia non si accorge che la sua compagna, un'altra Corvonero che lei non aveva mai notato prima, ha cominciato a trascrivere quelle semplici ma significative frasi.
"Signorina..." -afferma la Umbridge mentre fissa Willow negli occhi.
"Lovegood."
"Mhm... Signorina Lovegood quale parte del trascrivere le frasi non le è chiara?" -domanda lei con tono acido mentre, man mano che va avanti con il discorso, inclina sempre di più la testa verso sinistra.
"Mi scusi, stavo leggen.."- cerca invano di giustificarsi e, prima che lei possa terminare la sua frase, la professoressa di Difesa Contro le Arti Oscure riprende la parola.
"Era una domanda retorica, non mi interessa il motivo per cui non le stava copiando. Io non vi voglio sentire parlare a meno che no siate interpellati e non voglio neanche sentire le vostre patetiche e insulse scuse. Ora, 10 punti in meno a Corvonero poi... avete tutti Teoria della Magia Difensiva di Wilbert Slinkhard?"
Willow in altre situazioni sarebbe scoppiata a piangere per l'umiliazione che la professoressa le aveva riservato, ma adesso, come negli ultimi mesi, non sente più niente.
Non batte un ciglio di fronte a queste cose, perché, in fondo, sono soltanto delle sciocchezze che non hanno alcun valore o impatto nella sua vita.
In fondo, dopo quello che ha provato nel vedere degli occhi senz'anima, può affrontare tutto.
O almeno così crede.
Adesso, tutti i suoni che la circondano, sono nuovamente ovattati.
Non le interessa più di niente e nessuno.
Non le interessa più del suo futuro o di quello che può pensare la gente.
Ormai ha capito che il tempo è diventato un treno che viaggia alla velocità della luce, un treno dal quale si potrebbero vedere dei paesaggi, un treno che ci porta avanti fin quando non si arriva alla stazione finale. Un treno che, soltanto con la semplice vista, ci potrebbe far vedere infinite cose.
Ma quando una persona si rifiuta di vedere cosa succede?
Il treno non fa altro che trascinarla al capolinea?
Willow crede di si. O almeno è questo quello che percepisce.
Si sente trascinata, giorno dopo giorno, da una presa sempre più forte.
Una presa che la costringe ad alzarsi la mattina, a camminare, a volte persino a mangiare.
"Usare incantesimi di Difesa?" -l'acuta voce della professoressa Umbridge risveglia la riccia dal suo stato di trance e, anche se con la mente sempre più lontana, cerca di ascoltare qualche parola. "Be', non riesco a immaginare una situazione nella mia classe che richieda di ricorrere a un incantesimo di Difesa, signorina Granger. Lei non si aspetta di venire aggredita durante le lezioni, no?"
Sentire questa parole, risveglia una delle poche sensazioni che la Corvonero conosce, una di quelle che prima non aveva mai provato fino in fondo, ma che ora, almeno nel primo periodo, ha saputo vivere in tutta la sua forza.
La rabbia.
Quella tempesta di emozioni che colpisce ad alta intensità, che non frena, che non vuole sentire ragioni se non le proprie.
Quell'emozione che è riuscita a tenerla viva assieme al dolore perché, anche se molti non ci pensano, queste due vanno molto spesso a pari passo.
Non c'è dolore che non ci faccia provare della rabbia e non c'è rabbia che non provochi del dolore.
Il dolore del quale si può parlare, oltre che emotivo, può persino essere fisico perché, le persone che sperimentano elevati livelli di rabbia, hanno una probabilità maggiore di incorrere nella violenza. Questa rappresenta la forma di gestione della rabbia più distruttiva verso gli altri, ma molto spesso anche verso noi stessi.
Questa rabbia aiuta Willow a trovare un contrasto che la faccia respirare.
E adesso, mentre le parole della professoressa fanno da sottofondo, il sangue di Willow comincia a circolare più lentamente, i muscoli e le articolazioni si tendono e, infine, si alternano le attività celebrali e l'equilibrio del sistema nervoso, ormonale e cardiovascolare.
È questo quello che accade nel nostro corpo.
"Chi immagina possa desiderare di aggredire ragazzini come voi?" -chiede la professoressa Umbridge con voce tremendamente mielosa e con un sorriso cordiale che, in realtà, nasconde ben altro.
"Mmm, mi lasci pensare..." -risponde Harry con un tono falsamente meditabondo. "Forse... Lord Voldemort?"
Willow, per la prima volta, alza lo sguardo dal banco e lo punta nella direzione degli altri studenti che, con curiosità mista a paura, stanno seguendo questa discussione.
Mentre qualcuno parla sottovoce con il proprio vicino di banco, la professoressa Umbridge, non batte ciglio e si limita a fissare Harry con aria di cupa soddisfazione.
"Dieci punti in meno per Grifondoro, signor Potter." -afferma la professoressa per poi sedersi nuovamente nella cattedra. "Ora, permettete che chiarisca un paio di cose. Vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è tornato dal mondo dei morti..."
"Non era morto!" -esclama Harry a gran voce e con rabbia. "Ed è tornato!"
"Signor-Potter-lei-ha-già-fatto-perdere-dieci-punti-alla-sua-Casa-non-peggiori-la-situazione." -dice la professoressa Umbridge tutto d'un fiato, senza guardarlo. "Come stavo dicendo, vi è stato riferito che un certo Mago Oscuro è di nuovo in circolazione. Questa è una bugia."
Il sangue nelle vene della riccia comincia a ribollire e quella tempesta di emozioni si scatena nel suo corpo.
Lei è sempre stata un'amante della verità e, sentire che il Ministero cerca di insabbiare una perdita a lei dolorosa come quella di Cedric, la fa arrabbiare, le fa perdere il controllo del suo corpo e delle sue sensazioni.
"NON è una bugia!"-esclama Harry. "Io l'ho visto, io ho combattuto contro di lui!"
"Punizione, signor Potter!" -urla La professoressa Umbridge con tono trionfante e soddisfatto. "Domani sera. Alle cinque. Nel mio ufficio. Ripeto, questa è una bugia. Il Ministero della Magia garantisce che non correte alcun pericolo da parte di alcun Mago Oscuro. Se siete ancora preoccupati, venite assolutamente da me dopo le ore di lezione. Se qualcuno vi mette in agitazione diffondendo frottole su Maghi Oscuri rinati, vorrei esserne informata. Sono qui per aiutarvi. Sono vostra amica. E ora, volete per favore continuare la lettura? Pagina cinque, 'Fondamenti per principianti'."
"Quindi secondo lei Cedric Diggory è morto così, da solo, vero?" -chiede il grifone con voce tremante e, nel sentire il suo nome, una morsa allo stomaco e al cuore colpisce Willow.
Nessuno lo aveva più nominato. Nessuno aveva avuto il coraggio di pronunciare il suo nome.
Nessuno ne aveva più parlato con Willow.
E adesso, si ricorda quel dolore misto alla rabbia che provava nei primi giorni. Se lo ricorda alla perfezione.
La rabbia e il dolore di averlo perso.
La rabbia e il dolore di dover vivere senza di lui.
La rabbia e il dolore di aver avuto ragione.
La rabbia e il dolore di aver perso contro il tempo e il destino.
La rabbia e il dolore di aver perso la sua anima gemella, quella parte mancante del puzzle, quella parte che la completava in tutto e per tutto.
La rabbia e il dolore di dover andare avanti.
La rabbia e il dolore di dover affrontare una vita senza il suo lui, senza quella persona che l'ha sempre capita e aiutata, anche nei momenti in cui nemmeno lei riusciva a comprendere cosa stesse accadendo.
La rabbia e il dolore di aver perso l'ennesima persona da lei tanto amata.
"La morte di Cedric Diggory è stata un tragico incidente." -risponde con un tono gelido e, tutte quelle sensazioni che pensava di provare, spariscono all'improvviso.
È sempre così.
Prima si sente straripare e poi, all'improvviso, non sente più niente.
Ma lei vorrebbe sentire, lei deve sentire.
Si sente a disagio, sente di dover essere triste.
Lo necessita.
Ma quella tristezza non arriva e lei, come suo solito, comincia a sentirsi in colpa.
Perché non prova più lo stesso dolore?
Si sta dimenticando della sua morte?
Sta andando avanti?
Ma lei non vuole.
"È stato un assassinio"- dice Harry con i lineamenti carichi di rabbia. "Voldemort l'ha ucciso, e lei lo sa."
"Venga qui, signor Potter, caro." -afferma la professoressa con un tono gentile e con un'espressione dalla quale non traspare assolutamente niente.
E ancora una volta, quel tanto atteso dolore non arriva, però a farlo è l'ira.
È quella necessità di aggressione che fa bollire il sangue nelle sue vene, è quella necessità di provare del dolore per sentirsi in colpa, per sentirsi vivi, per non dimenticarlo, per non lasciarlo andare.
Così la riccia, approfittando del caos generale, raccoglie rapidamente tutte le sue cose e, con dei movimenti decisi e rapidi, si dirige verso l'uscita dell'aula senza che la professoressa se ne renda conto.
Con la mente vuota, ma con il cuore carico, la ragazza si dirige ad ampie falcate verso il Bagno dei Prefetti, guidata soltanto dal suo istinto.
Dopo aver pronunciato la parola Pasticcio, la riccia riesce ad entrare al suo interno.
La respirazione, nel frattempo, era scappata al controllo del suo sistema nervoso simpatico e para-simpatico, era scappata dal controllo di quei due neuroni e, tutto questo, lascia trasparire la sua rabbia, la sua necessità.
Infine, quando il suo sguardo ritrova il suo riflesso nello specchio, l'origine di tutto le torna in mente.
24 luglio
Un mese.
Un mese senza aria.
Un mese di agonia.
Un mese di lacrime.
Un mese senza di lui.
La ragazza mai nella vita avrebbe pensato che qualcosa l'avrebbe distrutta tanto quanto la morte di sua madre, ma, ovviamente, si sbagliava e di grosso.
Pensava di aver conosciuto il dolore, quello vero, quello che ti lacera l'anima e ti chiude il cuore.
Pensava persino di capire il dolore, ma alla fine si sbagliava anche in questo caso.
Pensava che, dopo aver realizzato la sua assenza, tutto sarebbe stato più facile. Certo, gli incubi non sarebbero mai spariti, ma pensava che la sua perdita potesse passare in secondo piano. Pensava persino che, un giorno, quella non sarebbe stata la prima cosa a cui pensava non appena i suoi occhi si aprivano, ma forse poteva essere la seconda.
Ormai aveva capito che lui non c'era più, che non le avrebbe più mandato delle lettere o dei piccoli regali.
Aveva capito che la sua mano non poteva più combaciare perfettamente con la sua, così come le sue labbra e la sua anima.
L'aveva capito.
Ma allora perché non riesce a vedere la famosa luce in fondo al tunnel?
Perché ogni singola volta che guarda dall'altro lato del letto si aspetta di vedere lui?
Perché ogni singola volta che chiude gli occhi continua ad immaginare le sue dita delicate giocare con i suoi ricci ribelli?
Perché ogni volta che la sua mente ritorna alla realtà si sente morire come quella volta?
La risposta è semplice. Non va cercata nelle leggi della fisica o nei meccanismi del nostro cervello. Non occorre un ragionamento critico e razionale per trovarla.
Lei lo amava alla follia, più di quanto abbia mai amato se stessa o tutte le persone che le stanno intorno.
Lei lo amava perché lui, prima di tutto, le ha insegnato come amarsi, le ha insegnato che lei aveva un valore, che lei era speciale e diversa dalle altre, che lei meritava una vita felice tanto quanto altre persone.
Lei lo amava perché, in un certo senso, lui l'aveva salvata.
Aveva raccolto le sue lacrime al funerale della madre, quando neanche la sua famiglia riusciva a starle accanto.
Ancora si ricorda il profumo del fiore che le aveva raccolto: un piccolo fiore viola trovato accanto al luogo di sepoltura della madre.
Era così che si erano conosciuti, le circostanze non erano delle migliori ma è stato proprio lui a farle capire che anche le cose brutte accadono per una ragione ben precisa, che a noi piaccia o meno.
Lei lo amava perché le aveva restituito il sorriso, l'aveva aiutata e l'aveva difesa.
Le aveva donato quel piccolo fiore in un momento in cui le lacrime di un dolore indefinibile la stavano lacerando. L'aveva fatta sorridere anche quando non si conoscevano.
È per questo che lei non riesce ad andare avanti, non riesce a superare questo dolore.
È per questo che lei continua ad annegare, ogni giorno più a fondo.
Lui era stato in grado di guarire una ferita, lui le aveva dato una ragione, una spiegazione.
Ma adesso?
Esiste veramente una ragione? C'è un qualcosa che possa spiegare questo dolore? Che possa guarire queste ferite?
Willow deve ancora trovare la risposta, ma, per ora, si limita ad immaginarlo accanto a lei, a pensare che il suo braccio stia circondando la sua vita, che il calore del suo corpo stia scaldando la stanza in questa notte estiva.
Con tutte e due le braccia, Willow stringe il suo petto che, durante il sonno, si alza e si abbassa con un ritmo più lento o almeno è così non appena le sue palpebre si chiudono.
Tuttavia questa calma non dura per molto.
"Cedric non andare.." -borbotta Willow mentre la faccia astratta di Cedric le si presenta davanti. "Il sentiero non è sicuro, non puoi rischiare, non puoi lasciarmi indietro un'altra volta."
"No ti prego, non andare." -implora, quasi con delle lacrime che escono automaticamente dagli occhi. "Ced, Ced!"
Ancora una volta, l'immagine del corpo inerme del Tassorosso le si palesa nella sua mente e, come ogni notte, i suoi occhi si spalancano immediatamente e un urlo disperato riempie la sua stanza.
Delle lacrime cominciano a scendere senza controllo lungo le sue guance rosee e sudate.
I suoi occhi senza vita.
La sua bocca semiaperta.
I suoi capelli in disordine.
Il suo corpo tutto sporco di terra.
Il suo sguardo spento.
Tutto questo le causa un vuoto che non può essere espresso a parole.
Si sente così impotente, sa di aver perso il controllo del suo corpo e se ne rende sempre più conto quando le sue gambe cominciano a muoversi in direzione del bagno.
E, quando guarda il suo riflesso sullo specchio, quell'immagine le torna in mente.
Quella maledetta immagine che ogni volta le chiude ogni vena e arteria, quell'immagine che blocca tutto, che offusca la mente e il ragionamento, quell'immagine che le crea una morsa allo stomaco. Una morsa che porta persino ad un'anomala contrazione della muscolatura tracheale.
Le fa stringere, gli fa immettere aria, ma non la fa arrivare a destinazione.
La blocca e, così facendo, le impedisce di respirare.
Questo dolore interno le impedisce di vivere.
Questo dolore la sta portando all'autodistruzione.
Così, mentre annaspa in cerca di un'aria che non arriva, la mente della ragazza cerca di interrompere questo circolo vizioso che, prima o poi, la farà soffocare a causa di un cuore spezzato.
L'aria manca e il dolore aumenta.
Ancora un pò.
Ancora un pò.
Così Willow, in preda all'esasperazione, colpisce violentemente il vecchio specchio presente sopra il lavandino e, a causa dell'urto, esso va in frantumi.
La riccia osserva attentamente quei piccoli pezzi sparsi per tutto il bagno.
Cerca di distrarsi. Di respirare. Di riprendere il controllo.
Ma niente funziona.
Poi però, osservando il suo riflesso nelle parti rotte, capisce che non può trovare la soluzione all'interno di un qualcosa di rotto. Capisce che lei necessita di equilibrio, proprio come il nostro corpo.
Tutto nel nostro corpo va alla ricerca dell'omeostasi, dell'equilibrio.
La ragazza capisce che quello che avviene nel nostro stomaco, dove oltre ad esserci degli ormoni che producono succo gastrico, ce ne sono altri che inibiscono o bloccano questa produzione, è ciò che le serve.
Oltre ad esserci un forte dolore interno che le impedisce di respirare, deve esserci qualcosa che lo possa attenuare, che le possa distogliere la mente.
TW: AUTOLESIONISMO
Così, senza neanche pensarci, la ragazza afferra una scheggia di vetro e, a causa della prolungata assenza d'aria, neanche si ferma a riflettere prima di farlo entrare in contatto con la pelle nel suo polso.
Quando la parte spezzata comincia a scorrere lungo la sua pelle, un bruciore pervade tutto il suo corpo e le fa allontanare quell'immagine, quel pensiero costante.
Sente il freddo entrare nelle ferite, il bruciore aumentare a dismisura, la testa appesantirsi. Sente un aggrovigliarsi di sensazioni che non aveva mai provato prima, sente delle sensazioni aumentare proporzionalmente alla profondità del taglio.
Quel piccolo specchio la fa sentire così male, ma allo stesso tempo così bene, così in controllo.
Quel piccolo specchio le fa finalmente trovare il suo equilibrio.
La sua omeostasi.
E così, mentre il respiro torna a regolarizzarsi, una goccia di sangue cade sul lavandino.
Due.
Tre.
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