3. Un'amicizia preziosa
«Annie, ci sei?»
La voce di Claire che chiama il mio nome mi arriva ovattata assieme al suo bussare.
Mi trascino fino alla porta d'ingresso. Indosso solamente una vestaglia e delle ciabatte con il pelo comprate da Accessorize. Non mi sento molto in forma stamattina, ma decido ugualmente di farla entrare.
Magari farmi un caffè potrà aiutarmi a stare meglio.
«Buongiorno, Claire. Cosa ci fai qui di prima mattina?»
Mi allunga un bicchierone gigante firmato Starbucks e si addentra a piccoli passi nel mio minuscolo appartamento.
«Sono venuta ad assicurarmi che fossi ancora viva. Come hai fatto a sopravvivere senza lavorare per un giorno?»
Nasconde una risata, ma smette non appena si accorge del mio stato semi vegetativo.
Le lancio uno sguardo che potrebbe incenerirla di colpo. Bevo un lungo sorso del Frappuccino al caramello che mi ha gentilmente offerto e mi accascio sulla sedia imbottita rosa confetto che fa parte dell'arredamento minimal di casa mia.
«C'è poco da ridere. Mi hai tolto tutti gli accessi ai siti aziendali. Dimmi che mi hai portato almeno qualche report da visionare.»
Scuote la testa e, non contenta, addenta la sua porzione di carrot cake ignorando le mie parole.
«Annie, non sono venuta qui per questioni lavorative, anche se tua madre non è d'accordo.»
«Non dirmelo: ti ha chiamato?»
«Ha lasciato circa dieci messaggi in segreteria. All'undicesima chiamata ho risposto e sono stata riempita di insulti.»
«Mi dispiace, Claire. Non credevo potesse arrivare a tanto.»
«Annie, le persone come lei agiscono in maniera impulsiva e solo in base ai loro interessi. Non c'è modo di controllarle. L'unico modo per non farsi coinvolgere troppo è eliminarle dalla nostra vita.»
«Ma è di mia madre che stiamo parlando. Colei che mi ha messa al mondo nonché l'ultima parente rimasta in vita.»
«Che però sta rovinando la tua.»
Mi zittisco all'istante. Occhi lucidi e lacrime pronte a uscire. So che lei ha ragione, ma una parte di me è combattuta. Mi sento comunque in debito nei confronti di mia madre.
«Annie, tu hai bisogno di staccare. Di uscire di casa, ma non per venire in ufficio. Fatti una passeggiata, entra da Harrods e comprati un ridicolo cappello. Inizia a frequentare qualcuno che non sia legato al lavoro.»
«Quindi sei venuta fin qui per dirmi che mi devo trovare un fidanzato?»
«Anche, sì. Ti aiuterebbe molto.»
Non ho una vita sociale dall'ultima festa universitaria. Non ho idea di cosa voglia dire uscire e incontrare gente nuova.
«Non credo sia una buona idea. Non passo un sabato sera fuori da almeno dieci anni e, a parte il sesso occasionale con Tom, non so intrattenere delle relazioni.»
«Aspetta, cosa? Hai fatto sesso con Tom? Lo stesso che conosco io e che lavora per me?»
«Ci sono state un paio di occasioni. Dovevamo discutere su alcuni punti di un progetto e l'ho invitato qui. Ci siamo fatti prendere dal momento e siamo finiti a letto insieme. Una cosa di poco conto, comunque.»
«Perché me lo hai tenuto nascosto?»
«Mi vergognavo. Però ora non importa. Hai detto che devo frequentare gente fuori dall'ambito lavorativo, giusto?»
Annuisce e io per qualche oscuro motivo mi ritrovo a sorriderle. Forse averle svelato questo piccolo segreto mi fa sentire più sollevata e tranquilla e, sapere di non averla delusa, mi fa guardare le cose da un'altra prospettiva. Credo che inizi a piacermi l'idea di tornare sulla piazza.
«Allora, apri bene le orecchie Annie, perché ho la soluzione giusta per te.»
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