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Hongjoong

La fine di dicembre era giunta, ormai mancavano pochissimi giorni all'anno nuovo e proprio quel giorno era stata fissata l'incoronazione di Seonghwa. Infatti ci stavamo proprio quel momento finendo di preparare per quando sarebbe avvenuto l'evento, io ero davanti allo specchio mentre mi passavo un po' di ombretto dorato sulle palpebre con lui che stava provando in ogni modo ad allacciarsi il corsetto, anche se gli era difficile dal momento in cui lo stava facendo da solo.

Mi voltai allora verso di lui e sorrisi vedendolo impegnato nel cercare in tutti i modi di metterselo, con un laccio tra i denti e la mano che tirava verso l'esterno.

«Ti serve una mano?»gli domandai prima di sbuffare una risata, lui alzò gli occhi su di me e giurai di vederlo arrossire mentre faceva cadere dalla sua bocca il nastro, prima di girarsi per darmi le spalle.

«Grazie.»mi disse sfiorandomi una coscia con le dita mentre io avevo gli occhi puntati sulla sua schiena, tirando il più possibile l'indumento in maniera che aderisse perfettamente sulla camicia di lino che aveva sotto.

«Non ringraziarmi, in realtà dovrebbe essere il mio lavoro, questo.»gli feci notare, ritornando per un attimo a molti mesi prima, quando gli avevo proposto quel patto per fare in modo da tenere liberi San e Wooyoung dalle idee medievali di quel posto.

«Presto non lo sarà più, il tuo lavoro sarà quello di stare al mio fianco.»mi rispose mentre gli facevo un nodo proprio sopra al sedere, prima di farlo voltare e di cingergli il collo con le braccia.

Tutto quello non mi pareva vero. Il fatto che finalmente stavamo avendo un po' di pace, che tutto stesse andando come doveva e che nulla ci stava venendo contro. Ero finalmente felice in quel momento e, anche se era quello che non avrei mai voluto, la mia felicità dipendeva proprio da quel ragazzo che ora mi stava tenendo tra le sue braccia.

Si chinò col viso verso di me e io però mi tirai indietro con la testa, al chè lui corrucciò le sopracciglia e mise su un piccolo e tenero broncio, che mi prestai subito ad accarezzare.

«Ho giá messo il rossetto, non voglio rovinarlo.»gli spiegai vedendo lui alzare gli occhi al cielo prima di abbassarsi e mettermi le mani sotto le cosce e tirarmi su, provocandomi un gridolino sorpreso.

«Significa che te lo rimetterai...»borbottò prima di spostare il peso su un braccio solo e togliere alcune cose dal tavolo dove poco prima c'erano i miei trucchi. Mi fece sedere su di esso e si infilò in mezzo alle mie gambe, per poi tirarmi contro il suo corpo. Sentii il suo respiro sulla mia pelle e le sue mani che mi toccavano da sopra i vestiti mi fecero venire i brividi, che si trasformarono in un sciame di farfalle che svolazzavano nel mio stomaco nel momento in cui poggiò la bocca sulla mia.

Gli misi le mani dietro la nuca e sfiorai alcune delle sue ciocche grigie mentre incrociavo le caviglie dietro di lui per tenerlo il più vicino possibile al mio corpo. Subito allora mi strinse i fianchi e infilò con poca delicatezza la lingua nella mia bocca, allora io gli morsi il labbro inferiore e lo tirai all'indietro, facendo uscire un piccolo gemito dalla sua gola.

«Chi era quello che non doveva rovinarsi il trucco?»mi chiese staccandosi un attimo da me e parlandomi con il respiro affannoso a causa dei baci che ci eravamo dati, ma non gli permisi di dire altro che con uno "stai zitto" lo presi per il corsetto e ricominciai a baciarlo, mentre un ghigno gli decorava le labbra.

Mi sentivo in paradiso, mai ero stato così bene tra le braccia di qualcuno, certo avevo provato dei sentimenti per Jongho, ma non erano lontanamente paragonabili a questo. Era come se fossi sulle montagne russe, un continuo giro fatto di gioia, eccitazione e adrenalina che però non si fermava mai. Stavo troppo bene con lui, così tanto che in passato non avrei mai pensato nemmeno di poter sentirmi così, un giorno.

Spinse il bacino contro il mio e grugnii a quel contatto, prima di staccarmi dalla sua bocca perchè lui si abbassò per torturarmi un lembo di pelle. Ci lasciò dei baci umidi e dei piccoli morsetti, non succhiò probabilmente per non farmi un succhiotto troppo visibile: dopotutto vivevamo ancora in un regno e in quel giorno si stava per tenere l'incoronazione del mio futuro fidanzato.

«Hwa, dobbiamo prepararci...»cercai di dire tenendo a bada i gemiti che volevano scapparmi dalle labbra, e lui non accennò nemmeno per un attimo a smettere con quella dolce tortura, questo fino a quando sentimmo bussare alla porta.

«Seonghwa? Sei pronto?»la voce di sua madre mi fece paralizzare e anche lui si bloccò sulla mia gola, per poi sospirare. Si allontanò da me ma continuò a tenermi le mani sui fianchi e gli occhi fissi nei miei, non volendo assolutamente perdere quel contatto visivo che ci stava bruciando.

«Seonghwa?!»sentimmo la maniglia abbassarsi e allora lui immediatamente si allontanò dal mio corpo e andò ad afferrare la giacca che avrebbe dovuto indossare quel giorno. Io scesi dal tavolo e l'attimo dopo la regina fece la sua apparizione nella stanza, vidi dal riflesso dello specchio che non mi degnò nemmeno di uno sguardo, rivolgendosi direttamente verso il figlio il quale stava mettendo l'ultimo indumento che gli rimaneva.

«Oh, sei perfetto!»esclamò con una fastidiosissima voce stridula, che mi fece chiudere gli occhi a causa della mia bassa sopportazione. Si avvicinò al ragazzo e lo aiutò mentre io riprendevo a finire di truccarmi, con ancora il cuore che martellava nel petto a causa delle sensazioni che avevo provato solo qualche secondo prima.

«Tuo padre sarebbe fiero di vederti ora.»commentò e io di scatto guardai Seonghwa attraverso lo specchio, il quale mise su un piccolo sorriso come se volesse farle un piacere: ormai avevo imparato a conoscerlo abbastanza da sapere quali fossero le sue vere espressioni.

«Grazie madre.»rispose l'altro prima di voltarsi verso di me e guardarmi nel riflesso. Io non dissi nulla e aspettai fosse lui a dirmi qualcosa, ma poi quando aprì la bocca fu improvvisamente interrotto.

«È tardi, devi andare assolutamente! Il popolo non può aspettare ancora.»affermò allora prendendolo per le spalle e, dopo avergli lanciato un'occhiata che mi parve quasi amorevole, iniziò a spingerlo fuori dalla stanza. In realtà non sapevo perchè provassi tutto quest'astio nei confronti di quella donna, ma forse il fatto che aveva quasi costretto Seonghwa a sposare una ragazza era una delle motivazioni. Una madre non farebbe mai una cosa del genere al proprio figlio, rispetta le sue scelte e lo appoggia.

«Hongjoong...»cercò di dire voltando la testa verso di me quando si ritrovò praticamente fuori dalla sua stessa stanza. Allora anche la regina si voltò verso di me e sorrise per poi rivolgere la sua attenzione di nuovo sul figlio.

«Rimarrò io con lui e lo aiuterò a finire, così fa più in fretta, poi ti raggiungeremo.»gli rispose la donna e io spalancai gli occhi incredulo da quelle parole, non aspettandomele minimamente. Anche se in realtà avrei dovuto immaginare che quel giorno sarebbe presto arrivato, il giorno in cui mi sarebbe stato fatto il solito discorso che i padre fanno ai ragazzi delle proprie figlie.

«Vai, tranquillo, mi sbrigo.»lo rassicurai allora quando lo vidi esitare. Fu per qualche altro secondo ripensante ma alla fine si dileguò nel corridoio, lasciando me e sua madre da soli per la prima volta da quando ero in quel posto.

Io ripresi a truccarmi gli occhi mentre sentivo il ticchettio dei suoi tacchi farsi sempre più vicino a me. Il cuore accelerò il battito nel avvertirla mentre si avvicinava ma cercai di ignorare quell'ansia improvvisa che mi aveva colto in pieno, continuando a degnare attenzione alle mie palpebre.

«Quindi, tu sei quello che ha reso mio figlio gay, giusto?»esordì e io strinsi il pennellino che stavo usando tra le dita, capendo perfettamente che quella conversazione non sarebbe andata a finire bene se era iniziata in questa maniera.

Ignorai le sue parole e continuai a passarmi il colore dorato sulla pelle, cercando anche di non far trasparire alcuna emozione a quelle parole: non volevo assolutamente dargliela vinta.

«Lo prenderò come un si.»aggiunse poi quando capì che non avrei risposto e anche in quel momento rimasi in silenzio. Mi guardai allo specchio e quando capii di aver terminato con gli occhi posai il tutto e ripresi di nuovo il pennello del rossetto che ormai non avevo più sulle labbra.

«Ascoltami attentamente: tu non sposerai mio figlio.»continuò e a quel punto non riuscii a starmene zitto. Allora smisi di truccarmi e la guardai attraverso lo specchio, notando perfettamente la sua mascella stretta probabilmente a causa del nervoso e anche i pugni serrati lungo i fianchi.

«Non può decidere per conto suo.»risposi a tono allora, prima di dedicarmi di nuovo sulla mia bocca, anche se sapevo che avendole risposto avrebbe provocato soltanto un dilungarsi di quella inutile discussione.

«Io lo faccio per il suo bene.»ribattè e allora non potei fare a meno di trattenere una risata, per poi passare per l'ultima volta il rossetto sul labbro e poi riporre il tutto sul piccolo tavolino.

«Se lo facesse per il suo bene lo farebbe sposare con qualcuno che ama, non per convenienza.»dissi allora, sistemandomi i capelli tra le dita, appiattendoli verso davanti e allisciandoli il più possibile, sendendoli quasi a forma di una scodella ribaltata.

«Ah, certo, amore. L'amore tra uomini non esiste, il vostro è solo...bleah, non lo so nemmeno io cosa sia.»a quelle parole sbattei le mani sul tavolo e mi chinai su di esso, incastrando i miei occhi nei suoi che per un attimo si spaventarono al sentire il rumore degli oggetti del tavolo venire sbattuti.

«L'amore è amore, cosa importa tra chi è? L'amore che provo nei confronti di suo figlio sarà sicuramente uguale a quello che sentiva lei per suo marito.»le dissi cercando di farla ragionare, anche se sapevo perfettamente che stavo parlando con una causa persa.

«Che carino, pensi davvero che in un matrimonio reale ci sia amore, ragazzo?»ridacchiò dopo queste parole e io raddrizzai la schiena, rimanendo un attimo di stucco nel sentirle: cosa c'entrava ora questo? Anche se lei e suo marito non si fossero sposati per loro volere, perchè me ne stava parlando ora?

«Non ho mai amato mio marito.»confessò poi e io sentii il sangue gelarmisi nelle vene mentre stringevo con forza i lati del tavolo, non riuscendo a mantenere la calma: non stavo capendo cosa stesse succedendo e quella situazione nemmeno mi piaceva.

«Io e lui siamo stati insieme per comodità, io sono sempre stata innamorata di un'altra cosa in realtà:»si fermò un attimo prima di fare il giro del letto e andare ad appoggiarsi con una spalla alla parete, poi terminò:«del potere.»

Strinsi gli occhi e corrucciai le sopracciglia: che una regina non amasse il proprio marito non era una novità, certo, ma non riuscivo proprio a capire dove volesse andare a parare.

«E il potere era nelle mani di quell'uomo, certo, ma purtroppo lui era un uomo debole, pace all'anima sua, non aveva polso per governare. Per farlo ci voleva qualcuno con un po' più di...grinta, ecco.»affermò guardandosi distrattamente le unghie e io continuai ad ascoltarla, sempre più confuso a riguardo di tutto ciò.

«Suo fratello sembrava perfetto, per questo che ho iniziato ad avvelenare mio marito per mesi per farlo ammalare. E poi, poof, è successo, un male incurabile se l'è portato via, ahimè, che tristezza.»disse in maniera teatrale per poi ridacchiare e avvicinarsi di nuovo a me. Mi sentii disgustato da quelle parole, inorridito, quasi ebbi l'impulso di vomitare.

«Pensavo di aver vinto allora, avrei potuto stare al fianco di un uomo degno di questo nome, avevamo gli stessi ideali dopotutto, avremmo potuto fari grandi cose.»continuai ad ascoltarla finchè una sua mano si posò sulla mia spalla e mi costrinse a voltarmi, trovandomi il suo volto rosso per quella che dopo capii fosse rabbia.

«Ma poi sei arrivato tu a rovinarmi i piani! A Seonghwa non era mai importato di questo regno, ma tu gli hai fatto cambiare idea!»mi prese per il colletto e mi spinse per terra, io non potei reagire perchè non sarei mai stato in grado di andare contro una donna.

«E ora pagherai.»aggiunse poi, guardandomi dall'alto. Si allontanò e io mi alzai, cercando di fare mente locale con tutte le informazioni che mi erano appena state date: non avevo mai avuto così tante cose da pensare da quando ero arrivato e i primi giorni Wooyoung e San mi avevano descritto vita, morte e miracoli di tutti dentro al castello.

«Seonghwa non ti permetterà di farmi del male.»tentai di dire ma la sua risata mi spezzò ogni volere quando provai a pensare ad una possibile punizione da parte di quella donna.

«Ma infatti non sarò io a farti del male, sarai tu a fare del male a lui, gli farai provare un dolore che non gli permetterà di ragionare razionalmente e per questo sarà sostituito da niente popo di meno di suo zio.»spiegò anche se io non riuscii comunque a capire: in che modo gli avrei fatto del male?

«Sarai tu infatti a lasciare il regno e lui, senza dire una parola. Se non lo farai lo ucciderò io stessa sotto i tuoi occhi, e poi ti incolperò per la sua morte. A te la scelta.»

Quelle parole mi riportarono direttamente a quasi un anno prima, quando io e Jongho eravamo stati scoperti al nostro vecchio castello ed eravamo stati costretti ad andarcene; solo che questa volta c'era la vita del ragazzo che amavo in ballo, e io non potevo permettermi qualcosa del genere.

Non avrei mai permesso che lui morisse a causa mia, per il mio egoismo, per il mio amore.

«Va bene, me ne vado.»dissi, provocando un sorriso smagliante sulle sue labbra. Battè le mani emozionata mentre mi guardava e io la incenerii con lo sguardo, anche se fu tutto inutile dal momento che il coltello dalla parte del manico ce l'aveva lei, e non io.

«Sapevo che avresti fatto la cosa giusta, adesso sparisci prima che lui se ne accorga, io inventerò qualcosa.»disse infine prima di uscire dalla stanza e lasciarmi in balia alle mie emozioni.

In quel momento non sapevo nemmeno cosa sentivo in realtà, se rabbia o tristezza o qualcos'altro, sapevo soltanto che avrei voluto cosí tanto tornare a qualche minuto prima, quando ero tra le sue braccia e niente sembrava potermi scalfire. Mi ero sentito invincibile e alla fine avevo perso. Avevo perso la mia casa, i miei amici e il ragazzo di cui mi ero innamorato, l'uomo della mia vita probabilmente.

Inutile dire che delle lacrime iniziarono a scendermi lungo le guance ma feci tutto in modo silenzioso, in modo tale da non attirare l'attenzione di nessuno. Non presi nulla, lasciai tutto in quella stanza che conteneva fin troppi ricordi, sia belli che brutti, afferrai soltanto il cellulare. Una volta sull'uscio di essa mi voltai per qualche secondo e mi asciugai una lacrima prima di uscire e iniziare a correre lungo il corridoio.

Mentre percorrevo quel tragitto ebbi più volte l'istinto di tornare indietro, di avvertire Seonghwa di chi avesse accanto, ma la paura per la sua salute era fin troppa, mi sentii incastrato in una scatola, come se stessi quasi per esplodere a causa di quel caos fatto di un tornado di sentimenti.

Sentii la cerimonia dell'incoronazione mentre ero nelle stalle per prendere uno dei cavalli e insieme a quel suono anche la vibrazione del telefono nei miei pantaloni.

L'ultimo messaggio era appena arrivato e fortunatamente ero riuscito a svignarmela prima che qualcuno mi potesse vedere. Riposi poi il cellulare nella tasca e scossi la testa per cercare di convincermi di quello che stavo per fare, infatti mi feci coraggio e montai sulla sella.

Partii poi in groppa al cavallo e mi imposi di non guardare indietro o altrimenti sarebbe stato peggio, lo sapevo per esperienza. Eppure non riuscii a non farlo, non quando sentii delle urla di gioia e dei fuochi d'artificio esplodere nel cielo.

«Addio, Seonghwa.»mormorai prima di riprendere la corsa, dirigendomi poi nel punto da cui ero arrivato: al molo.

Scusate

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