XXXIII. Mattine aliene - seconda parte
Fecero colazione dopo essersi ripuliti alla bell'è meglio e poi Ilyas, non seppe come, si ritrovò sdraiato sulla schiena contro il tavolino di vetro al centro del salotto come la prima sera che era venuto in quella casa, solo che questa volta era giorno, la luce entrava a fiotti dal lucernario, ed era nudo, anche Lukas lo era e si stava portando le sue gambe sopra le spalle, mordicchiandogli la pelle tesa dell'interno coscia, una mano che gli percorreva tutta la lunghezza della gamba, l'altra che lo preparava anche se non ce n'era un grande bisogno. Ilyas era già pronto per lui.
Disteso supino sul tavolino, con la testa che quasi ciondolava sul bordo, guardava il cielo che si intravedeva dal lucernario, di un azzurro sporco, come un alone sul vetro. Non l'azzurro di quelle fotografie, né quello dei suoi occhi.
«Mi piacerebbe tornare in Siberia» gli sfuggì, un sussurro, e non era proprio sicuro di dirlo, ma almeno non lo stava guardando in faccia, sentì solo il suo sorriso sulla pelle.
Ritornarono avvinghiati, Lukas che rientrava dentro di lui come se ormai avesse trovato il suo posto e Ilyas che tratteneva i gemiti tra i denti. Sentì risalire il calore e, con una certa sorpresa, il principio di una nuova erezione sbattuta contro il ventre. Gridò un paio di volte, contorto da un piacere che gli annebbiava i sensi e lo spingeva quasi a implorare per averne di più. Poteva guardare l'altro in faccia ora, scorgere anche il suo piacere, e cercarlo coi denti per morderlo, con le labbra per baciarlo, anche se Lukas, nel bel mezzo dell'amplesso, si staccò all'improvviso e fece per voltarlo. Ci fu una specie di lotta per ristabilire la nuova posizione che durò il tempo che Lukas ci mise a bloccarlo prono sotto di sé, di nuovo piegato a novanta su una superficie solida, e poi sul pavimento, a quattro zampe. Con le braccia e le gambe che a malapena lo reggevano, Ilyas ansimava scomposto, stretto tra le mani dell'altro che lo tenevano saldamente per i fianchi; gli ripeteva «fermati» quando lo sentiva aumentare i colpi, «muoviti» quando lo sentiva rallentare, finché non ebbe più voce da usare, né fiato da rilasciare che non fosse un lungo e sonante gemito.
Continuarono finché i loro corpi non vibrarono in un ultimo fremito e non smisero nemmeno più tardi, nella doccia. Nel box che avrebbe potuto contenere più di due persone l'acqua scrosciava e scrosciava, l'aria addensata di vapori che si avvitavano in un umido odore vegetale. Ilyas, le mani appoggiate al vetro scivoloso, il busto inclinato in avanti, le gambe divaricate che sussultavano a ogni spinta, sentiva le gocce che picchiettavano sul tamburo di pelle tesa della schiena, scorrevano dalla nuca fino al collo, lungo il petto; non vedeva quasi nulla nel velo che gli era sceso davanti agli occhi, ma percepiva con una nitidezza mai sperimentata fino a quel giorno l'uomo dietro di lui, che lo avvolgeva, si spingeva a fondo, come se volesse inghiottirlo, fargli sentire la propria presenza non come quella di un'altra persona, bensì una parte di sé.
Ebbe quel pensiero, un altro pensiero sfuggito alle maglie della mente, che si disperse in un fragore silenzioso come il grido che Lukas soffocò nei suoi capelli l'attimo prima di venire dentro di lui.
Se gli fosse già capitato in passato, se lo sarebbe ricordato; se gli fosse già successo, se ne sarebbe accorto, ma forse solo in quel momento lo capì: non gli era mai successo.
«Ti lamentavi tanto che non volevo guardarti in faccia» gli disse più tardi, sul letto, «hai rotto tanto il cazzo su questa storia, ma poi, arrivati al dunque, mi hai scopato in quasi tutte le posizioni possibili senza guardarmi in faccia due secondi.»
«Mm, l'hai notato?»
«L'ha notato il mio culo.»
Lukas rise. Era in piedi e si stava asciugando i capelli con l'asciugamano, mentre Ilyas stava disteso sopra le lenzuola coi capelli e il corpo ancora umidi di doccia, un braccio sopra la fronte, l'altro abbandonato sul ventre. Il suo petto si alzava e si abbassava lentamente ora che aveva recuperato un ritmo di respiro normale.
«Mi hai scoperto.» Sentì vibrare le doghe del letto. «Mi piace un po' "animale". Parecchio, anzi.»
«Ma non mi dire.»
«Alla fine è coerente, no? Forse te lo avevo già detto: siamo più animali che uomini.»
Lukas lo raggiunse, i movimenti calmi, quasi irreali ora, smorzata ogni irruenza. Spostò il suo braccio poggiato mollemente sul ventre e lo sostituì col proprio, avvolgendolo per la vita come la sera prima. Si sporse a baciarlo sotto la mandibola.
«Se vuoi proprio saperlo» disse, un alito caldo sul collo, «starei a scoparti tutto il giorno in tutte le posizioni possibili.»
«Ce la faresti sul serio?» domandò Ilyas, scrutandolo attraverso le palpebre socchiuse. Era genuinamente interessato e al contempo inquietato alla prospettiva.
L'altro annuì, un pigro sogghigno appeso sulle labbra. «Ti avevo avvisato: ho una grande resistenza fisica.»
«Non pensavo anche su questo.» Non disse che in realtà un po' ci aveva sperato. Si sentì aggrottare la fronte. «Non dovresti andare al lavoro?»
Avrebbe dovuto farlo anche lui, ma non aveva intenzione di muoversi da quel letto da lì fino all'indomani.
«Ho detto a Kolja di occuparsi lui della druzina oggi.»
«Quando?»
«Mentre ti asciugavi.»
Non li avrebbero visti entrambi; Ilyas si chiese se qualcuno avrebbe sospettato qualcosa. Sua sorella sì, sicuro. Il pensiero di lei e del fatto che avrebbe dovuto parlarle, giustificando in qualche modo quei segni sul collo, gli contorse lo stomaco per un momento.
«Neanche io vado.»
«Rimani qui.» Lukas iniziò ad accarezzargli il fianco, le dita che tracciavano piccole spirali là dove avevano già lasciato la loro impronta. «Puoi rimanere anche stanotte. Ho un incontro con Ljuba stasera, ma me la sbrigo in poco tempo e, anzi, vuoi venire per parlargli di quel che mi hai detto? Non sono sicuro che sia il piano migliore del mondo.» Sollevò la mano a sfiorargli i capelli e gli tolse alcune ciocche dal viso. «Ma se sei convinto...»
Ilyas fece un cenno brusco col capo. Era convinto di ciò che stava facendo, non aveva cambiato opinione dalla sera prima.
«Per stasera passo. Glielo dici tu? Poi lo vedrò, il gran Vor.»
Lui da solo, senza nessuno attorno, soprattutto la bionda, Raisa. Da lei, e dai suoi poteri, si sarebbe tenuto alla larga fin quando avrebbe potuto.
«Allora rimani qui» decise Lukas, ritornando a cingergli il fianco e abbassandosi sulla spalla per sfiorargli con le labbra il punto dove lo aveva morso. Sorrise, sulla pelle. «Non c'è bisogno neanche che ti rivesti.»
«Hai intenzione di farlo davvero tutto il giorno?»
«Beh, questo convenzionalissimo letto non l'abbiamo ancora provato.»
Ilyas sbuffò, ancora, e cercò di non badare, come aveva fatto la sera prima, alla voce che gli diceva di alzarsi e andarsene perché lo sentiva troppo vicino, anche più vicino di quando era stato dentro di lui.
Erano istinti collaudati per lui: scostarsi appena un tocco indugiava più del previsto, rifiutare anche il più innocuo dei complimenti, fuggire via con il riflesso di un cane abituato alle botte. Una mattina in fondo non era sufficiente a sopprimere le abitudini di una vita. Non riusciva ancora del tutto a soffocare il vago senso di allarme di fronte al modo in cui l'altro lo guardava, gli parlava, lo toccava o gli sorrideva; il suo essere così schietto nel suo apprezzamento, così fisico e disinvolto negli approcci. Anche Ilyas era stato così o meglio: c'era stato un tempo in cui anche lui non aveva avuto paura della fisicità, dell'intimità, dell'essere sguarnito di fronte a un altro, ma quel sé apparteneva a un periodo così lontano da sembrare irreale. Non lo ricordava quasi più.
Era cambiato in quegli anni. Ne era consapevole, ma non lo aveva mai davvero elaborato. Sapeva solo che, dopo quel che era successo con Jagun Bezbòznij, tante cose erano state diverse per lui. Il suo modo di approcciarsi agli altri, al sesso, persino al proprio stesso corpo. Per molto tempo non aveva neanche osato sfiorarsi da solo, figurarsi farsi toccare da un altro, e quando aveva riniziato a farlo, superando il senso di schifo che provava, la paura e la vergogna, non aveva avuto nulla a che vedere con il piacere: masturbarsi o fare sesso, con sbrigatività e una certa violenza perché si era accorto che altrimenti non sentiva alcunché, era diventato per lui un modo per assentarsi dal proprio corpo, andare dove non sentiva niente, sospeso, inconsapevole, là dove non era costretto a esistere. Il piacere che andasse al di là della pura reazione fisica era diventato una sorta di chimera, sfiorata soltanto alcune volte, ed ecco perché era così sorpreso quella mattina di averne provato tanto, tutto in una volta, con naturalezza. Si sentiva appagato, calmo come non gli accadeva da tempo – anni, forse. Tuttavia, percepiva sempre quei rovi di emotività repressa che gli mordevano lo stomaco come aspidi, che si nutrivano della convinzione che scoprire il fianco anche solo una volta, aprirsi alla possibilità di un rapporto con qualcuno, di qualunque natura esso fosse, mostrando metaforicamente il collo, significava ritrovarsi con quel collo stretto da mani dure e implacabili, per terra, nel sangue.
Chiuse gli occhi, li strinse e cercò di spingere via anche quel pensiero, quelle immagini, relegarle in una parte buia della coscienza dove non avrebbero potuto essere frugate da nessuno.
La voce di Lukas lo richiamò alla realtà. «Ilyas?»
Sgranò gli occhi e si accorse che l'altro si era sollevato su un gomito, lo stava fissando con quello sguardo scrutatore, attento. Il suo braccio non si era spostato.
«Che c'è?»
«Ti sei assentato. Come ieri.» Lukas indugiò. I suoi occhi scivolarono sul suo collo. «Senti...»
«Sono solo stanco.»
Lo ammise, per una volta: era esausto, il corpo che gli doleva in più punti, anche se era un dolore buono, che lo lasciava appagato.
Lukas non sembrò convinto da quella risposta e stava per aprire la bocca, forse per domandargli ancora di ieri. Allora Ilyas si issò sui gomiti, si sporse e lo baciò, soffocando qualsiasi domanda per cui non aveva risposte da dargli.
Non gli avrebbe parlato del generale, non ancora, forse un giorno... ma non gli avrebbe detto che l'uomo sapeva chi – cosa – fosse e quindi sapeva dei vulkulaki e chissà quanto sapeva. Non lo avrebbe detto nemmeno a Vosikiev. Era troppo pericoloso ed era una cosa tra loro due, lui e Jagun Bezbòznij; gli altri non c'entravano. Se aveva acconsentito alla proposta di assumere le sembianze di Aleksandr Novikh, lo aveva fatto perché voleva capire e non accettare quel debito, la promessa che l'uomo gli aveva elargito dall'alto della sua posizione di vantaggio, come un padrone.
Portò una mano tra i capelli di Lukas, la fece scivolare sul collo e sulla spalla, dove strinse le dita, come se si stesse aggrappando. E forse lo stava facendo davvero, chissà. Continuava a sentire tra le narici quell'odore che sapeva di calore, forza, solidità.
«Sono davvero stanco» borbottò quando avvertì la mano dell'altro, scivolata dal fianco alla gamba, piazzarsi sulla natica. Si scostò un po' e Lukas si lasciò sfuggire un sospiro prima di sporgersi di nuovo.
«Sì, sì, lo so. Dopo.»
«Un altro giorno.»
«Stanotte.»
«Forse» capitolò Ilyas ristendendosi sul letto. «Non tutti hanno la tua costituzione, sai.»
«Ma guarda, il giovane lupo alpha che minacciava castrazioni a ogni piè sospinto finalmente ammette di essere un comune mortale.»
«Vaffanculo.»
«Non mi tentare.»
Lukas soffocò una risata e si distese al suo fianco. Gli baciò il collo, i lividi violacei. A Ilyas sembrò che indugiasse, ma non disse nulla.
Chiuse gli occhi percependo il mondo sfrangiarsi dietro il bordo delle palpebre.
«Non mi era mai capitato» disse una voce, un mormorio fievole, e ci mise un po' a capire di essere stato lui a parlare.
«Cosa?»
«Niente...»
Scivolònel sonno, tra le braccia dell'altro, come la sera prima: dopo tanto temposenza la paura di addormentarsi.
Rieccomi finalmente!
Un piccolo avviso. Temo che la storia, ahimè, andrà per un po' in hiatus: tra il furto e varie grosse cose che mi sono successe negli ultimi tempi non ho avuto proprio modo di scrivere i nuovi capitoli e completare quelli che avevo già scritto. Spero di riprendere la carreggiata presto comunque e ritornare presto tra questi lidi ^^
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