3_ Markus
I suoi occhiali da sole si erano rotti. Era di gran lunga la notizia più brutta di quella giornata. La morte accidentale di un turista e il fatto che fossero quasi morti loro stessi erano nulla a confronto.
Emise un suono di gola, esasperato, e si infilò la montatura ammaccata sul naso. Osservò il mondo attraverso una lente incrinata ed una completamente mancante, e sospirò di nuovo.
«Markus, sono certo che puoi sopravvivere senza occhiali da sole per qualche ora.»
«No, Noah. Non posso. I miei occhi soffrono sotto questa luce della miseria.»
«Si chiama estate; non fine del mondo. Tu ed i tuoi occhi da fata delle nevi potete farci l'abitudine.»
«Prima dovrei trovarmi qualche altra cosa di cui lamentarmi. E tu sei pericolosamente in cima alla lista, Noah.»
«Vuoi dire che quel "coso" non è il primo nella tua lista?» Noah roteò gli occhi e si guardò attorno, rabbrividendo. Si passò una mano nei capelli lunghi e delle foglioline verdi piovvero al suolo, poi Incrociò le grosse braccia sul petto muscoloso e sbuffò: «Le tue priorità sono discutibili tanto quanto il tuo gusto in fatto di occhiali. Non so che idea ti sia fatto, ma per me quella deliziosa bestiola non sembra affatto la solita Esternazione dell'En.»
«I miei gusti sono fantastici.» puntualizzò Markus, togliendosi gli occhiali rotti dal naso e infilandoseli nella tasca sul retro dei pantaloni. «Ma sul resto hai ragione: quella non era affatto un'Esternazione normale.»
Noah sgranò gli occhi.
«Scusa? Ho sentito bene? Hai detto che ho ragione?»
«E non è nemmeno la cosa più assurda di quest'oggi. Ora fai silenzio e fammi riflettere.»
Markus ripensò a quella mattina, quando si erano trovati faccia a faccia con quella "cosa". Torso umano, coda di scimmia, gambe piumate di aquila, avambracci pelosi con artigli di lupo. Il volto era una maschera a metà tra una belva sbavante ed un uomo impazzito.
Le diverse parti si intersecavano in maniera sconnessa, come se fin troppe Esternazioni avessero combattuto in contemporanea per emergere e nessuna in particolare avesse avuto la meglio.
La cosa più strana di quell'abominio però rimaneva il suo En.
La forza o natura vitale emanata da ogni creatura era una somma più o meno precisa di Eu ed Es. Rispettivamente energia strutturata ed energia primitiva. Quella sinergia definiva il carattere e i comportamenti di ogni essere vivente, e determinava il loro En.
Quella "cosa" però era completamente priva di Eu.
Se gli avessero raccontato una cosa simile in passato, Markus avrebbe riso come si rideva di una barzelletta di cattivo gusto. La sola idea era impossibile. Uno squilibrio del genere indicava una pura e semplice aberrazione, qualcosa di contro natura.
Eppure ne era certo. Aveva percepito svariati Es provenire da quell'essere. Parti, frammenti e moncherini di Es, tutti differenti, uniti tra di loro a formare una massa contorta e sibilante.
Markus osservò i dintorni e analizzò la conformazione del terreno. Si erano lasciati alle spalle Capilano Watershed, e avevano costeggiato le rive del lago seguendone i contorni rocciosi fino al Capilano Regional Park. Al momento se ne stavano su una delle rocce del vecchio letto del fiume. Probabilmente in un'altra stagione sarebbe stato colmo d'acqua ma in quella siccità estiva, l'unica traccia di liquidi erano i ristagni di fango sabbioso e alghe nei punti più profondi. L'odore di putrefazione faceva a gara con quello del legno -rami spezzati e resti di tronchi arenati sull'acciottolato- riarsi dal sole.
Markus scrutò la diga in lontananza, dall'altro lato degli argini rocciosi.
«C'è qualcosa che non mi quadra affatto.» fece Noah, rompendo il silenzio nonostante la richiesta che l'aveva preceduto. «Siamo proprio sicuri di voler dare la caccia a quel coso noi due da soli?»
«Parecchio sicuro. Nestor è stato chiaro con i suoi ordini. Ma se hai altre idee che non siano tornare indietro a mani vuote, ti ascolto.»
Noah aprì e richiuse la bocca. «Ecco, lo sapevo.»
«Sapevi cosa?» Markus strizzò gli occhi, mezzo abbagliato dal sole, e alzò entrambe le mani a coppa all'altezza delle sopracciglia per proteggersi dai raggi.
Noah si prese la base del naso tozzo tra pollice ed indice, poi scosse la testa. «Moriremo come dei disgraziati. Me lo sento.»
Markus ghignò: «Lo ripeti ogni volta e guarda qua: ancora vivi e vegeti.»
Continuò a scandagliare il terreno sconnesso fino a quando non trovò quello che cercava. L'impronta era intuibile solo in parte. Lì dove la roccia era stata graffiata dagli artigli, quattro archi bianchi delineavano la direzione presa dal loro obiettivo.
«Oh, grazie, certo, Markus. Ora mi sento incredibilmente meglio.»
«Ottimo tempismo per sentirsi meglio. Seguimi, ho trovato una pista.»
Markus saltò giù dal masso su cui si trovava e atterrò sul terreno con grazia felina. Iniziò a correre a scatti, prestando attenzione in parte a dove metteva i piedi ed in parte alle tracce che quella creatura si era lasciata alle spalle. Noah gli andò dietro e tenne il suo passo senza alcuna fatica.
Scartando di lato, verso nord, Markus prese nota di un'altra serie di graffi su delle rocce poco distanti. Del fango era stato raschiato via e non si era ancora rappreso, segno che quelle orme erano fresche.
Il caldo era insopportabile. Un rivolo di sudore gli calò sulla tempia, ma non fece nulla per toglierselo. Allargò il proprio potere in una singola direzione, così come si allungano le dita per afferrare un oggetto dall'altro lato del tavolo. Si sporse in avanti e si concentrò sul peso e sull'inclinazione di ogni roccia.
Poteva sentire qualcosa in lontananza, qualche riverbero di potere, anche se in modo troppo vago per esserne sicuro. L'En trasudava da ogni singolo essere vivente e in mezzo a tutta quella natura, non riusciva a distinguere quello del mostro in maniera precisa. Non da quella distanza perlomeno.
La mente tornò di nuovo a poche ore prima, quando lo avevano affrontato per la prima volta ed i suoi adorati occhiali da sole erano rimasti schiacciati sotto alle zampe della belva. Non sembrava aver attaccato quel turista con una qualche consapevolezza. Il poveretto si era trovato semplicemente al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Quando erano tornati indietro per ispezionare il corpo, la polizia era piombata sul cadavere cogliendoli quasi di sorpresa e si erano trovati solo con un altro problema da dover risolvere.
Non era il primo malcapitato a morire e Nestor non apprezzava l'attenzione mediatica sui suoi affari. Se aveva chiesto loro di liberarsi di quella mostruosità, doveva essere fatto nel silenzio più totale.
«Tu hai capito a che cosa stiamo dando la caccia, Markus?»
Buon punto. Averla vista non aveva certo migliorato le loro conoscenze a riguardo. Markus si fermò al limitare del bosco, pur restandone all'esterno, e scrollò le spalle. «No e non me ne importa.»
Ed era maledettamente vero. Non gliene sarebbe potuto importare di meno.
«Secondo me dovremmo chiamarla Chimera. Per mancanza di termini più appropriati, se non altro.»
«Chimera?»
«Meglio di "coso", no?»
Markus gli concesse quel termine con un accenno positivo del capo e pregò che Noah iniziasse ad apprezzare il silenzio tanto quanto lo apprezzava lui.
Noah invece rincarò: «Quindi che facciamo adesso?»
«L'unica cosa che possiamo fare: cercare quell'incantevole creatura e farla fuori prima che la polizia o, peggio, la gente comune se ne accorga.»
Nonostante la mole di muscoli, Noah sembrò rimpicciolirsi sotto il peso di una realtà non molto rosea. «Nestor sa degli omicidi e sa che è questa... chimera... ad esserne la causa. E' chiaro che sta cercando meticolosamente di insabbiare il tutto, ma chiunque al Rifugio sa che Nestor non agisce mai senza uno scopo ben preciso. In che razza di nuovi affari pensi si sia immischiato questa volta?»
Markus si massaggiò la mandibola con due dita. «Come ti ho già detto, non lo so e non mi interessa. Siamo qui per fare un lavoro ed è quello che faremo. Non intendo tornare al Rifugio senza avere la testa di quella chimera sottobraccio.»
Noah fece una smorfia. «Sottobraccio?»
Markus sollevò solo un angolo della bocca. «Si, perché? Tu dove vorresti tenerla? In testa a mo' di cappello?»
All'improvviso l'Es nelle vicinanze sembrò addensarsi.
Esattamente come era accaduto la prima volta, l'aria si fece più pesante, le cicale smisero di frinire e perfino le foglie degli alberi sembrarono farsi un poco più statiche. Tutto ciò che di vivo c'era lì intorno stava reagendo a quella spropositata quantità di Es, controbilanciando la vibrazione con un immobilità assoluta.
Respirare diventò difficile e Markus trasse un profondo respiro, in modo del tutto irrazionale, solo per controllare di poter ancora muovere i polmoni.
«E' qui. Com'è possibile che non l'abbiamo sentita arrivare?» sussurrò Noah e i suoi muscoli si tesero quasi stesse sostenendo un peso massiccio sulle spalle squadrate.
Markus si ritrovò a fare altrettanto, anche se immaginò che con i suoi muscoli più longilinei il risultato non fosse altrettanto poderoso. Quella quantità di Es era irreale. Perfino un Neutro si sarebbe accorto di quella perturbazione della natura. Avrebbe provato una sensazione di disagio, magari con i famosi peli ritti sul retro del collo, e non avrebbe potuto fare a meno di sentirsi in pericolo, il battito del cuore accelerato e nervoso.
Markus assottigliò gli occhi fino a ridurli a due fessure e sospinse il proprio En all'interno di quella cupola di energia primitiva.
La reazione fu quella di un sasso lanciato dentro ad un lago placido. La chimera si accorse istantaneamente dell'intrusione e un ringhio animalesco rimbalzò in mille eco tra i tronchi degli alberi.
«Che hai fatto?» domandò Noah che aveva percepito quello scambio di convenevoli tanto quanto il mostro.
«Gli ho dato un buffetto amichevole, ma non credo abbia apprezzato.»
Al suo fianco, Noah strinse le labbra per l'incredulità. «Tu ci vuoi morti oppure sei fuori di testa ed io propendo per la second...»
Markus saltò di lato. Noah strillò per la sorpresa e rotolò pesantemente di qualche metro all'indietro. Nel punto dove si trovavano solo un secondo prima si abbatté un grumo nero dalla forma animalesca. Quattro lunghi solchi si aprirono sul terreno e il raschiare delle unghie sulla roccia si mischiò all'odore di terriccio arato e di erba tagliata di fresco.
Markus ebbe solo una frazione di secondo per visualizzare il loro nemico.
Il torso aveva perso ogni traccia umana e la sua anatomia sembrava esser stata rimescolata in maniera persino più caotica. Le gambe, corte e ritorte, rasparono il terreno con gli artigli lunghi come rasoi. Le braccia, coperte di peluria nera e lucida, si allungarono rabbiosamente verso di loro.
La coda da scimmia si avvinghiò al torso di Noah, ancora a terra, e lo sollevò come fosse un fuscello.
«Markus! Fa qualcosa!»
«Non gridare e scendi da là! Non sei qui per farti un giro alle giostre!»
Noah, sballottato a destra e a sinistra, grugnì un impropero dietro l'altro. Era improbabile che in quelle condizioni riuscisse a richiamare il proprio En in maniera corretta.
Markus schivò un secondo e poi un terzo colpo. I denti a sciabola della chimera si chiusero con un suono secco e potente ad un soffio dal suo orecchio.
Era davvero il caso di fare sul serio.
Markus si incurvò in avanti e chiuse le mani a pugno, vicino al volto. Se un Esternazione era eseguita con precisione era indolore e non lasciava la minima traccia sul corpo. Era come avere dei guanti e rivoltarli dentro-fuori.
Markus richiamò il proprio En e lo fece collimare alla perfezione con la superficie della propria pelle pallida. Visualizzò la propria forma interiore, e rivoltò.
Si conosceva bene. Aveva imparato a convivere con le parti più oscure di sé stesso già molti anni addietro. Il trucco era non cercare di ingannarsi su chi si era davvero. Le parti più deplorevoli ed imbarazzanti, così come quelle più meritevoli e positive: tutte lo descrivevano allo stesso identico modo. E facevano di lui la persona che era.
Sentì le giunture delle gambe e delle spalle cambiare disposizione, seguite dalla consueta sensazione di gelo. Ghiaccio, neve e metallo liquido dalle sfumature argentate si agitarono fino a fuoriuscire come un vortice.
Da bambino aveva imparato a non lasciarsi sopraffare dal suo démone interiore. L'aveva domato e allenato, come una qualsiasi altra parte del proprio corpo.
Lasciò che la tempesta di neve prendesse forma all'esterno e si impossessasse delle nuove terminazioni del suo corpo. Quando si lanciò all'attacco, lo fece in forma di lupo dal manto immacolato.
In quella forma i suoi muscoli erano più efficienti, la mente più lucida e gli attacchi più letali.
La chimera ruggì e Markus scartò di lato, evitando l'affondo dei suoi artigli con agilità. Puntò alla coda ondeggiante e con un morso delle zanne affilate la staccò di netto.
Noah cadde al suolo con un tonfo secco ed inveì a gran voce: «Non potevi essere più delicato!? Mi sono quasi rotto il naso!»
Markus caricò i muscoli e abbassò il muso fin quasi a toccare il suolo, pronto ad un secondo scatto. Negli occhi della chimera scorse una luce diversa, meno ferale e più umana.
Paura.
Da qualche parte in quell'orrore c'era ancora un uomo? Un residuo di coscienza?
Si chiese come fosse possibile e, nel momento stesso in cui lo pensava, gli occhi della chimera si scurirono. L'attacco successivo fu violento, e quasi lo colse di sorpresa.
La chimera si scagliò contro di lui con un verso rauco e profondo, sbavando e agitando gli artigli in ogni direzione. Si fronteggiarono con ritmo serrato, entrambi determinati ad uccidere. Percepì un secondo En dietro di lui, poi gli schiocchi umidi di un'Esternazione che si materializzava.
Un orso marrone attaccò la chimera, chiudendo le fauci sul suo fianco e facendo sgorgare un fiotto copioso di sangue.
Noah si era finalmente deciso ad agire.
La chimera roteò su sé stessa, cercando di liberarsi da quel nuovo assalitore. Markus approfittò di quella disattenzione e si avventò sul collo esposto della belva. Azzannò con precisione, lì dove sapeva avrebbe trovato la giugulare. Il grido che ne scaturì fu innaturalmente acuto. Markus non attese di vedere se il primo morso fosse stato abbastanza. Rapido, riaprì le fauci e chiuse le zanne con più forza. La spina dorsale della chimera si spezzò in due.
Il silenzio improvviso che ne seguì annunciò la loro vittoria.
Markus lasciò andare il corpo privo di vita e si allontanò di qualche passo. Inspirò, contrasse le spalle e si rivoltò di nuovo.
Noah fu affianco a lui, di nuovo in forma umana.
«Ho un sapore di rancido orrendo in bocca. Che schifo.»
Markus non replicò. Si avvicinò alla chimera e, puntando un piede sul collo, tirò con entrambe le braccia. La testa, recisa fino a metà, si staccò del tutto e gli rimase in mano.
Con calma, si passò il retro del polso sulle labbra e sputò in terra. Il cielo si era imbrunito e le ombre degli alberi si erano allungate come tante pennellate scure sul terreno.
«Che facciamo del corpo?» domandò Noah, cercando di ripulirsi i vestiti dalla polvere e dal sangue.
«Te lo carichi in spalla, ecco che facciamo. A che ti servono tutti quei muscoli, sennò?» Markus osservò la testa della chimera. Gli occhi erano spenti e avevano di nuovo quella triste scintilla umana, un po' impaurita e un po' addolorata.
Markus si chiese cosa fosse successo a quel povero diavolo per ridursi a quel modo. In condizioni normali, avrebbe evitato con cura di farsi delle domande: le persone che se ne facevano troppe, non vivevano mai a lungo. Ma quel giorno qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
Volendo dare il beneficio del dubbio a Nestor, se si fosse trattato di un singolo caso isolato, quella chimera avrebbe potuto essere considerata al pari di uno sfortunato incidente di natura. Al contrario, giusto quella mattina si erano imbattuti in un'altro caso identico al suo. Molteplici Es, tutti stipati in un singolo corpo.
«Torniamo indietro, Noah. Ho bisogno di una doccia.»
«A chi lo dici.»
La ragazza di quella mattina. Quella che per poco non avevano attaccato, scambiandola per la chimera stessa. L'unica differenza era che quella sconosciuta aveva ancora un Eu, per quanto striminzito.
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ANGOLOSSI AUTOROSSI: Reciào, fatto cose e scritto cose. Il capitolo su Markus è stato super divertente da scrivere :D Nella prima stesura di Wolfed, Noah era già il braccio destro di Markus ma quasi non c'era nella storia quindi meh. Questo giro gli ho dato più spazio :P
Spero che le pilloline di spiegazione siano chiare e non rovinino troppo la fluidità della storia. Volevo introdurre i concetti di En (Eu+Es) in maniera ciccina e non "patampf-sulla-faccia-vostra". Mi sono fatta un piccolo studio su psicologia e psicoanalisi, su "Io interiore ed esteriore", sui Daimon e Geni, e sui vari miti/credenze allineate con questi ultimi. Riprendo la teoria del "Es" di Georg Groddeck, il quale lo usava per indicare le "forze ignote e incontrollabili" da cui "noi veniamo vissuti", un po' meno quella di Freud che usa l'Es più come "pulsione erotica incontrollabile" :P
Ho messo un po' di Jung -> conosci te stesso è un conoscere archetipico, un conoscere demoniaco. Le creature dell'immaginazione sono creature archetipiche. Per Jung conoscere sé stessi significa guardare dentro sé stessi ed incontrare la personificazione di noi, imparando a dischiudersi ai demoni/geni, ad ascoltarli e quindi a conoscerli/distinguerli.
E per il futuro riprendo pure Platone -> i démoni sono i mediatori tra divino e mortale. L'uomo o la donna in contatto con i propri démoni è detta demoniaca, chi invece pratichi altri mestieri, più tecnici, è soltanto un essere umano generico. I démoni abitano il terzo regno o regno intermedio tra il divino e l'umano, tra il notturno ed il diurno. (En) Il Daimon non è un demone, anche se nella tradizione greca veniva tradotto in questo modo. È un'entità che possiamo concepire quasi come un genio, come un essere divino, un'Esternazione del sé.
Questo è tutto per questo capitolo.
AllaProssimaScià (👉゚ヮ゚)👉
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