Capitolo Extra

Heilà!
Per il mio compleanno (che in realtà era ieri) ho deciso di fare a voi un piccolo regalo.
Sono sicura che capirete chi sono i protagonisti del racconto :-)
Detto questo, comentate in molti e ditemi cosa pensate per favore!
Un bacione,
Νυξ ^-^

-Artem!-
Il richiamo rieccheggiò fra le mura dell'Aserâh, e tutti gli studenti si bloccarono un attimo dalle loro attività per ridacchiare.
-Lo hai perso di nuovo John?- domandò una ragazza al giovane che aveva gridato.
-Ma dove si sarà cacciato quel maledetto...- borbottò quello, passandosi una mano fra i capelli bruni -Fra meno di un'ora dobbiamo partire. Artem!-
Dall'altra parte dell'accademia, un ragazzo aprì blandamente un occhio, così azzurro che sembrava che il cielo vi fosse riflesso.
-Credo che mi stiano chiamando- disse con un mezzo sorriso -Dovresti alzarti da sopra di me, amico mio-
Una massa indistinta di pelo grigio si diede a un brontolio sommesso. Poi si sollevò, rivelando il muso e il corpo scattante e robusto di un lupo.
Il ragazzo si tirò a sedere, facendo leva sugli avambracci e flettendo una gamba con mascolina eleganza.
In un movimento fluido e per niente affrettato si alzò in piedi.
Il lupo gli si avvicinò, sfiorandogli la guancia con il muso.
Il ragazzo, Artem, sollevò un braccio per cingergli il collo affettuosamente. -Eh si, amico. Oggi devo andare in battaglia-
L'animale diede un piccolo sbuffo, come un preoccupato rimprovero.
Artem sorrise -Se fosse per me ti porterei amico mio, lo sai. Purtroppo non sono io a decidere, e tu non sei neanche ufficialmente il mio partner, ancora. Secondo le regole non dovrei neanche darti un nome fino all'anno prossimo, ricordi?- un lieve, dolce sorriso indolente. -Fortuna che non sono mai stato molto bravo a seguire le regole. Jeis-
A quel nome il corpo del lupo sembrò essere attraversato da un fremito di gioia e orgoglio.
Artem lo notò e si staccò da lui, senza cambiare espressione, avvicinandosi un manichino sul quale era appoggiata una sobria e allo stesso tempo invidiabile armatura nera. Prese la copertura del busto e iniziò ad allacciarsela.
-Starò bene. Non avrò neppure ferite troppo gravi- disse rivolto al lupo, mentre si vestiva-
Non si preannuncia una battaglia difficile, combattiamo per un valico abbastanza stretto e poco importante. E poi guarda-.
Il giovane si interruppe per qualche attimo dall'indossare l'armatura e afferrò un taccuino sul comodino, aprendolo e cominciando a sfogliarlo. Arrivò nel punto che voleva e sorrise soddisfatto, girando il quaderno verso il partner.
-Ecco, guarda questa disposizione. L'ho chiamata Freccia, ideata apposta per l'occasione. Che te ne pare? Dovremmo essere sotto il capitano Phiro, e lui in genere ascolta i miei consigli, anche se sono ancora un apprendista-
Jeis espresse un brontolio di apprezzamento sullo schema che aveva osservato con i suoi occhi dorati.
Il ragazzo sorrise e infilò il taccuino in una bisaccia, insieme a dei vestiti puliti, una penna, un calamo e qualche benda. Poi terminò di armarsi. Una volta finito si avviò verso la porta.
Il lupo gli si fece vicino mentre Artem alzava una mano, e il naso dell'uno si appoggiò docilmente al palmo dell'altro.
I loro occhi si incontrarono, e per un attimo pregustarono il momento in cui sarebbero diventati veramente partner, anime legate fino alla morte.
Avevano la stessa identica espressione negli occhi. Fierezza, fiducia.
-Torno presto- disse il giovane. Poi si infilò l'elmo, l'unica parte che ancora non aveva indossato.
E uscì.
Mentre attraversava l'accademia, incidendo fiero, più persone si voltarono ad ammirarlo.
Con l'armatura addosso e lo spadone legato sulle spalle non si sarebbe mai detto che era un semplice allievo, un apprendista dell'accademia.
Era un guerriero.
Arrivato vicino al portone, dove era posteggiato un carro, il ragazzo che l'aveva chiamato fino ad allora quasi lo aggredì verbalmente. -Dov'eri finito Artem? Ti ho cercato ovunque!-
-Tranne in camera mia evidentemente, John- gli strizzò l'occhio lui.
-Stavi ancora dormendo?- sbottò quello.
-Vergognoso- sentenziò una voce gelida all'interno del carro. -Prendere così in scarsa considerazione la battaglia imminente. Io sono sveglio dall'alba-
Artem si girò verso la provenienza della voce, per vedere un ragazzo di un anno più di lui in armatura argentea, con capelli mori in perfetto taglio militare, che lo squadrava con gelidi e inquietanti occhi neri.
-E per questo sarai più stanco di me in questo momento, Otyx- spiegò, con un tono cordiale e gentile -Io ho preservato le mie forze fino all'ultimo momento, in modo da arrivare più fresco alla battaglia, con mente all'erta e muscoli pronti-
Quello storse leggermente il naso per indicare la sua disapprovazione, ma non fece o disse altro.
-Otyx non ha tutti i torti- disse invece John -È una guerra, Artem. Non puoi prendera così blandamente-
-Io non la prendo blandamente- replicò l'altro, serio -Pretendo il massimo da me stesso, e tu lo sai bene. Ma non è agitandomi o perdendo preziose ore di sonno che migliorerò-
-L'irrequietezza, come la chiami tu, può salvarti la vita in battaglia- replicò l'amico.
-Così come la logica e la preparazione. Io uso queste- Artem sorrise. -Se vuoi sfruttare l'adrenalina non te lo nega nessuno, ma risparmiala per la battaglia. Ora che ne dici di una partita a carte?-
L'altro sbuffò ma non disse nulla. Il carro partì cigolando, e si avviò verso la battaglia.

***

-Dannazione. Dannazione!-
Artem deviò con lo spadone un colpo d'ascia dell'avversario e tirò una stoccata nel punto debole che aveva notato nell'armatura dell'uomo.
La lama incontrò il sangue.
Mentre l'avversario scivolava a terra il giovane lo spinse via con un calcio, per poi alzare gli occhi ad analizzare lo scenario che si apriva davanti a lui.
Era una disfatta.
Ogni cosa era andata storta.
Il comandante a cui erano stati assegnati era giovane e inesperto, ma nonostante questo, o forse proprio per questo, non accettava di seguire i consigli di nessuno, tantomeno di un cadetto come Artem.
Già da quel particolare il giovane aveva capito che sarebbe andata male.
I veri problemi però erano arrivati a battaglia iniziata.
Il comandante aveva mandato avanti tutti i cavalieri, lasciando i fanti nelle retrovie.
In quel modo però non aveva considerato che in quel modo i cavalieri sarebbero stati i primi a stancarsi, e non avrebbero potuto agire prontamente in caso di complicazioni. Come era successo.
La soffiata che avevano ricevuto, secondo la quale l'armata nemica non sarebbe stata troppo numerosa, era palesemente sbagliata.
L'esercito dei Neri superava qiello dei Bianchi di almeno tre a uno. E c'erano le Lizze.
Artem si distrasse un attimo, giusto il necessario perchè un nemico armato di sciabola gli aprisse il braccio. Lui urlò di dolore e ricambiò con un colpo alla gola, che tranciò al Nero la testa di netto.
Il giovane si studiò la ferita. Era profonda.
Se non l'avesse fasciata sarebbe morto dissanguato.
Ma, se non avesse trovato il modo di portare l'esercito fuori da quella situazione, sarebbero morti comunque.
-Tutti al centro del canyon! Non andate ai lati!- urló, colto da un'illuminazione. -Spingete loro ai lati, e noi copriamoci le spalle al centro! Chiudeteli a muro!-
Lentamente, qualcuno obbedì. E poi se ne aggiunsero altri.
Man mano che si creava nuovamente un fronte compatto la battaglia diventava più gestibile. Artem colse da lontano lo sguardo incredulo del comandante.
"Non c'è di che" pensó, ironico. Ma era stanco.
Il sangue che continuava a sgorgare dalla ferita al braccio lo stava indebolendo.
All'improvviso vicino a lui i soldati si lanciarono in grida di terrore.
Senza neanche stare a guardare cosa le aveva profocate Artem si lanciò di lato, appena in tempo per evitare la carica di una Lizza, che proseguì andando ad addentare un lupo grigio adulto.
Vedendo la scena al giovane venne in mente Jeis. E per un attimo gli andò il sangue alla testa.
Schivò la coda della Lizza e gli si arrampicò sul dorso, stando bene attento a restare in equilibrio e non farsi gettare a terra.
Poi sollevò la spada e con un colpo deciso, usando tutta la forza che gli era rimasta in corpo, la conficcò fra le scapole della bestia.
La pelle squamosa fece resistenza, poi cedette all'improvviso e la lama affondò.
Quando la Lizza cadde il giovane fu sbalzato via e si schiantò contro il suolo, cercando di rotolare per ammortire almeno in parte il colpo. Non ci riuscì.
Atterrò sulla ferita che ancora sanguinava, e la vista iniziò ad annebbiarglisi. Prima di perdere i sensi pensò che forse questa volta era davvero finita.

***

Quando Artem riprese conoscenza sentì qualcosa che gli stringeva attorno al braccio.
Aprì gli occhi lentamente e mise a fuoco un volto di ragazza dagli occhi blu e i capelli castano ramati.
-.. Hey- disse, piano. -Dove sono?-
-In un nel guaio- rispose quella, con voce preoccupata -I tuoi amici si sono ritirati.
Tutti hanno lasciato il campo.
E ora rimangono solo i morti, e i feriti. Io sto cercando di evitare che muoiate anche voi.-
-Ci sono..- il ragazzo cercò di scacciare un giramento di testa -Ci sono tanti feriti qui?-
-Siamo su un campo di battaglia- rispose lei -Ce ne sono sempre troppi. Io per ora ne ho trovati una ventina, compreso te. Ma per alcuni era troppo tardi-
-.. Mi dispiace-
-Non ci credo. Alcuni degli uomini a terra sono stati uccisi da te-
Il giovane chiuse gli occhi. -Non ne vado fiero. Ma la guerra è guerra.
Devo difendere il mio paese, per questo combatto. Per fermare la guerra. E se non uccido sarò ucciso-
-Le guerre di sicuro non si fermano finchè continuate aa combattere.
E poi potresti morire comunque, se i barellieri non si affrettano. Hai perso molto sangue.
Ho provato a bloccare l'emorragia, ma non so se basta-
-Io.. Ti ringrazio- biascicò Artem, debole. Sbattè un paio di volte le palpebre, mentre il viso della ragazza si sfocava e ondeggiava davanti al suo.
-Non perdere conoscenza- lo ammonì subito lei, preoccupata.
-Ci provo..- Artem fece una smorfia. -Non posso morire. Non devo. Se muoio Jeis mi uccide-
-Jeis?- la giovane sembrava aver capito che facendolo parlare lo aiutava a stare sveglio.
-Lui è il mio lupo. Il mio partner. Ma. In teoria non dovrebbe avere ancora un nome. Quindi se incontri i miei superiori.. Non dirglielo-
La voce di Artem era debole, ma nominando il suo partner si era riaccesa una seppur piccola scintilla nei suoi occhi.
La ragazza sorrise -Non lo farò, promesso-
Rimasero qualche istante in silenzio, poi Artem sentì di nuovo la mente scivolare via dal suo controllo. Si affrettò a reagire.
-Prima hai detto che la guerra.. Non finisce. Anche se noi ci battiamo per questo. Come finisce?-
-Smettendo di combattere- disse lei, semplicemente, come se non aspettasse che quella domanda. -Neri, Bianchi. Tutti quanti. Se non combatteste non sarebbe meglio?-
-Immagino di si. Ma non è così semplice- ansimò lui.
Passarono altri attimi in silenzio.
Poi risuonò un grido.
-Artem? Artem! Dannato, non puoi essere morto, non te lo permetto! Artem, rispondi!-
Le labbra del giovane si piegarono in un sorriso. -Sono venuti a prendermi direi-
-Si. Sei salvo-
La dolcezza nello sguardo di lei lo disarmò, lasciandolo senza parole.
-Io.. Lo sono grazie a te- riuscì a dire, quando lei ormai si stava già alzando. -Qual è il tuo nome?-
Lei sorrise, un'ultima volta. -Sono Samantha. Ti saluto, Artem. Vado a vedere se qualcun altro ha bisogno di me-
Lui la guardò allontanarsi, immobile. Quando non la vide più gridò finalmente il nome dell'amico ad alta voce, in modo che potesse venire a prenderlo.
Mentre questo accorreva Artem perdeva di nuovo i sensi, l'immagine di quegli occhi blu ancora fissa nella mente.

***

Quando il fratello tacque la bambina sgranò gli occhioni azzurri.
-E poi? Cos'è successo?- Chiese avida.
Lui ridacchiò. -Te lo racconto la prossima volta, sorellina. Ora è tardi, devi dormire-
-Ma io voglio sapere!- mise il broncio lei.
-No. Domani- la decisione del maggiore fu incorruppibile.
La piccola fece un sonoro sbuffo, ma accettò.
-Buonanotte fratellone-
-Buonanotte, sorellina- lui le scoccò un bacio in fronte che la fece ridere, poi spense la lanterna e uscì dalla capanna.
Una volta fuori si lasciò cadere a terra, contro la parete.
Sapeva che avrebbe dovuto inventare per dare un finale della storia alla sorellina. Lui l'aveva ascoltata fino a quel punto, i suoi genitori non avevano avuto l'occasione di raccontargli il resto.
E ora, che la bimba aveva nove anni e lui stava per partire per l'accademia, gli era sembrato giusto raccontarlo anche a lei.
Alzò lo sguardo al cielo.
-Mamma, papà- mormorò -Sto facendo del mio meglio con Lux. Sono sicura che siete fieri di lei quanto lo sono io.
Per favore, siate fieri anche di me-
Più in alto le stelle, silenziose ed eteree, accolsero la sua richiesta.

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