Cap 30

LUX

Sono sdraiata sul letto della camera per gli ospiti che mi è stata fornita, a pancia in su. Le coltri sono tanto morbide che ci affondo dentro, e mi danno una sensazione di confortevole tepore.
Dovrei sentirmi in paradiso, eppure ho una sensazione alla bocca dello stomaco che non mi da pace e che non mi lascia neppure mangiare le prelibatezze che un servitore mi ha portato su un vassoio che ora è appoggiato sul comodino, solleticandomi le narici con un odore invitante. Sono agitata.
Forse perché vorrei sapere di cosa stanno parlando mio fratello e il sommo generale, forse per la preoccupazione per Nive, Ashton, Alexander e anche Derek, forse perché sono nella dimora di Otyx, magari perché il sogno di Leos mi è rimasto impresso.
Fatto sta che non ho fame e la mia testa è piena di pensieri che si rincorrono e si ingarbugliano fra loro.
Sospiro. Da quanto tempo è che non dormo in una stanza solo per me?
Probabilmente da prima di entrare all'accademia, quando vivevo al villaggio e mio fratello era via. Dopo con me per un motivo o per l'altro c'è sempre stato qualcuno.
Adesso invece, in questa enorme stanza degli ospiti, sono sola con i miei pensieri.
Sospiro per l'ennesima volta. In questo modo non andrò da nessuna parte, e lo so, così mi alzo e afferro il vassoio con la cena, uscendo dalla mia camera per andare a bussare a quella di Giafa, proprio qui di fronte. Lei mi apre quasi subito, e dal brillio divertito che le appare negli occhi capisco che mi stava aspettando.
Si fa subito da parte per lasciarmi entrare.

-Non riesco a credere che Leos abbia avuto tutto questo ben di Dio da mangiare ogni giorno e che sia comunque magro come un chiodo- mi dice prima ancora di salutare, accennando all'enorme quantità di cibo che ho tra le mani.
-In effetti- ridacchio, già più rilassata. Come sempre, la mia amica è un vero toccasana per il mio morale. -Tu hai già mangiato?-
-No, aspettavo te- risponde lei, dando conferma ai miei sospetti. Ci buttiamo in due sul suo letto.
-Allora- chiedo, sgranocchiando un grissino -Che ne pensi della convocazione di oggi?-
-Che il generale è strano- risponde lei, prima di bloccarsi e guardarsi intorno -Aspetta, non è che c'è qualcuno che ci ascolta attraverso le pareti, vero?-
Ridacchio. -Spero di no- rispondo, ma questo breve scambio mi basta a capire che anche lei dalle parole del generale ha immaginato la presenza di una enorme rete di spie, e che anche lei come me si sta chiedendo quanto questa sia grande.
Subito dopo però mi do mentalmente mella stupida, scrollando la testa. Non sono certo venuta qui per pensare a queste cose.
Mi infilo un bocconcino di carne in bocca e spalanco gli occhi. -Mio Dio. È delizioso!-
Così cominciamo a mangiare parlando del più e del meno per un'oretta, e piano piano la mia tensione scivola via, fino a quando mi trovo a ridere spensierata come sui bastioni dell'accademia, quando la mia preoccupazione più grande era se sarei o meno riuscita a battere Leos il giorno seguente.

-Mi mancavano queste chiacchierate- ammetto, asciugandomi una lacrima che mi è sfuggita per le troppe risate. -Non le facevamo da troppo-
-Già, i nostri baldi cavalieri non ci hanno lasciato molto spazio per chiacchierare in questi giorni- sorride Giafa. -A proposito. Hai già visto il bagno?-
Faccio un cenno di diniego. Lei sgrana gli occhi e mi afferra per un braccio, per trascinarmi verso una porticina vicino al letto, identica ad un'altra che ho anche io in camera ma oltre la quale non mi ero avventurata, troppo assorta nelle mie preoccupazioni.
Lei invece adesso non esita e la spalanca, lasciandomi a bocca aperta.
-Ma questa non è una vasca da bagno- farfuglio -È praticamente una piscina-
So di stare esagerando. Le piscine termali possono ospitare decine e decine di persone, ma per me, che mi sono sempre lavata in un catino, questa vasca sembra di un lusso inconcepibile.
-Se ci entriamo in due possiamo comunque allargarci- commenta Giafa, che è cresciuta come me. A quella parola ci scambiamo uno sguardo e un ghigno, colte dalla stessa idea.
-Sarà divertente- ride. Rido anche io.

E così ci ritroviamo immerse fino al collo nella vasca piena di acqua calda e bollicine, schizzandoci a vicenda come due bambine nel fiume, con la sola differenza che le bambine non accompagnano gli schizzi con mosse di lotta imparate in quasi due anni di allenamento spartano, puntate a sottomettere l'avversaria. Dopo una serrata battaglia, riesco a costringerla alla resa tenendole la testa sotto finchè non batte ripetutamente con la mano sul bordo.
Rido ancora e la lascio andare.
-Vittoria mia- esclamo, vantandomi mentre lei riemerge.
Mi becco un'occhiataccia. -Questa volta- borbotta. Ma non è arrabbiata.
Finalmente smettiamo di muoverci e ci abbandoniamo sul bordo della vasca, rilassandoci e lavandoci con il sapone profumato.
-Abbiamo fatto un disastro lì fuori- commento punta dai sensi di colpa, vedendo che durante la nostra sessione di lotta libera una gran quantità d'acqua si è sparsa sul pavimento -Gli inservienti ci odieranno, quando dovranno pulire. Meglio se iniziamo ad asciugare tutto già noi-
-Nel fiume non ci sono questi problemi- sospira Giafa, seguendo il mio sguardo -Non siamo proprio fatte per la vita di palazzo, vero?-
-Non tanto- rido, ed è vero. Essere qui questa notte è una specie di sogno, ma non è proprio il mio elemento. Tutto questo lusso mi mette a disagio. Anche il mio corpo non mi sembra adatto a questo luogo. In luoghi così generalmente si lavano le damine di corte, con il corpo morbido e la pelle liscia e delicata. Io e Giafa non siamo così; abbiamo più muscoli che curve, e sulla pelle si apre un reticolato di cicatrici che evince chiaramente il nostro stato di guerriere. No, non siamo adatte a un palazzo.

-Già, meglio l'accademia. O un falò sotto le stelle.- dice la mia amica, come se stesse seguendo il flusso dei miei pensieri.
Rimaniamo in silenzio qualche istante, sorridenti, immaginandoci accanto a quel falò.
-Eppure, potresti essere costretta a stare in un palazzo- mormora poi Giafa -Se il generale promuoverà davvero tuo fratello. Diventerete sullo stesso piano di Otyx e Leos, quindi...-
-Quindi- dico solo io, con un sospiro. -Ma non sperare di scamparla. Vivresti con me, in quanto luogotenente- proseguo poi, più scherzosa.
-Mi costringeresti a una tale tortura?- ride lei -No, molto meglio una baita nel bosco-
-Già. Con tante camere, in modo da poter accogliere i viaggiatori, se ne avranno bisogno-
-Potremmo trasformarla direttamente in una locanda, allora- fantastica la mia amica. -Però ci serve un cuoco-
Ridacchio. È altamente improbabile che questo progetto si possa realizzare, e lo sappiamo entrambe. Se fossimo in tempo di pace, chissà. Ma ora come ora, non potremmo mai allontanarci dal campo di battaglia.
Mi sfrego la gamba, dove la mia ferita ha ricominciato a pizzicare.
-Fa male?- si preoccupa la mia amica. Faccio un cenno di diniego, non del tutto veritiero. Se dicessi di si comunque non farebbe meno male; guarirà anche questa, e rimarrà un'altra cicatrice. Ormai non le conto neanche più.

Silenzio, di nuovo. Questa volta mi ritrovo a pensare al fatto che, forse, mio fratello diventerà il Terzo Braccio.
Non posso dire di non essere stata onorata della proposta, o della considerazione che il generale ha della mia famiglia. Ma ho paura che, prima di farci raggiungere un tale onore, voglia che portiamo a termine questa missione.
La testa di Ashton su un palo. Rabbrividisco al solo pensiero e mi porto le ginocchia al petto, sprofondando con il mento sotto le bolle. Dow non lo farebbe mai, questo lo so. Non sarebbe giusto farlo, ed entrambi abbiamo un enorme debito nei confronti del lupo nero e del suo partner.
Ma il generale non accetterebbe mai questa spiegazione, anzi, probabilmente ci getterebbe in cella se sospettasse il nostro legame con loro. Quindi posso almeno essere sicura che per ora non siamo stati scoperti.
Ma se ciò accadesse non potrei sopportare di vedere mio fratello cadere dagli ori alla polvere per una colpa che, nonostante tutto, non riesco davvero a considerare colpa.
-Lux- Giafa mi sfiora un ginocchio con una mano, lo sguardo preoccupato ma serio -Tu ti fidi di me, giusto?-
-Certo- rispondo subito perplessa, alzando di nuovo la testa -Perchè me lo chiedi?-
Lei si morde l'interno della guancia -Perchè so che ci nascondete qualcosa. Tu e tuo fratello-
La guardo, cercando di non mostrare lo shock. -Ma che dici?- provo a ridere.
Questa volta lei non ride.
-Lux, non mentire più-

Deglutisco. Come potrei dire un'altra bugia, a questo punto? Significherebbe che non mi fido di lei, e non è così. Eppure non posso neanche dirle cosa sta succedendo davvero.
Non riesco a guardarla in faccia mentre rispondo.
-Io mi fido di te con tutta me stessa- dico, piano -Sarai la mia luogotenente. Ti affiderei la mia vita senza pensarci due volte, e morirei per te. Ma questo segreto che sto mantenendo non riguarda solo me. È qualcosa di più grande. E non posso dirti di cosa si tratta, Gia, mi dispiace. Non posso parlarne neppure a te-
Segue il silenzio. Alzo lo sguardo preoccupata dalla mancanza di parole, e incontro gli occhi tranquilli della mia amica.
-Okay, allora- dice lei.
La fisso, un po' stupita che non abbia fatto alcuna domanda -Tutto qui?- non posso evitare di chiedere.
Al che lei scoppia di nuovo in una risata divertita. -Pensi di provare solamente tu quello che hai detto prima?- chiede -Anche io mi fido di te più di chiunque altro, mio comandante. E ti seguirò.
Se non puoi dirmi niente, va bene. Credo comunque in te. Però smettila di crucciarti su come mentirmi la prossima volta; ti fai del male, e fai male a me. Sappi solo che sono dalla tua parte, e io accetterò i tuoi silenzi-
Sento gli occhi lucidi, e istintivamente mi lancio in avanti per abbracciare la mia amica, rischiando di mandarla di nuovo sott'acqua e sollevando l'ennesima ondata d'acqua che esce dalla vasca per infrangersi sul pavimento.
-Grazie...- sussurro. È come se un peso enorme si sia appena spostato dal mio stomaco. Non mi ero accorta di quanto facesse effettivamente male dover mentirle.
Lei ricambia l'abbraccio. -Ma figurati. Ti sei guadagnata questa fiducia.-
Non so cosa dire. Non so come dimostrarle la mia riconoscenza, la mia amicizia. Non trovo parole da poter dire per farle capire quello che lei ha appena dimosrato a me con i fatti, ossia una fiducia cieca.
L'unica cosa che posso fare è scoprirmi ancora un po', sperando che lei continui a capirmi e supportarmi come ha fatto finora.
-Se io fossi costretta a fare qualcosa che non è consono alle leggi del regno- sussurro, in modo da essere certa che nessuno oltre a noi possa sentirci in nessun modo -Anzi, se le infrangessi proprio... Tu cosa faresti?-

Per tutta risposta Giafa rafforza la presa nell'abbraccio. -Sarei con te- dice solo. Avverto il suo sorriso malinconico -Sai, mi sono sempre pentita di una cosa. Quando sei scappata dall'accademia per andare a liberare tuo fratello io non sono venuta con te. Ti ho aiutato a prepararti, a scappare, però quando tu sei andata via io sono rimasta ad osservare le tue spalle che si allontanavano. Non sono riuscita a compiere l'ultimo passo-
-Non ti avrei permesso di venire- dico, dolcemente. -Era troppo pericoloso-
-Non avresti potuto impedirmi di seguirti, se fossi stata abbastanza coraggiosa da decidere di venire con te- ribatte lei -Ma. non commetterò lo stesso errore una seconda volta. Dovrai portarmi con te se succederà ancora qualcosa-
Non so cosa dire, di nuovo. So che le sue non sono parole vuote.
-Grazie, Gia. È importante per me. Anche se preferirei non metterti in pericolo-
-Non hai scelta, Lux. Sono la tua luogotenente, ricordi?-
E so che è vero; non ho scelta. Quando sono partita per il regno Nero, se avessi potuto non avrei portato Nive con me; era troppo piccola, aveva solo pochi mesi. Eppure sono stata costretta a farlo perché lei aveva deciso di venire, e proibirglielo avrebbe significato rompere un rapporto di fiducia e decidere di non credere in lei. Se non l'avessi portata, non sarebbe più stata la mia partner. Con Giafa adesso mi ritrovo davanti allo stesso bivio. Se non le permetterò di venire non sarà più la mia luogotenente. È seria su questo, seria come non l'ho mai sentita.
La fermezza di una persona non è qualcosa che io possa sminuire. Quindi non mi rimane che accettarlo.
-Va bene- dico, e mentre pronuncio queste parole so che sarebbe meglio per me morire piuttosto che non rispettare la promessa che sto per fare.

Sciolgo l'abbraccio e mi alzo in piedi, uscendo nuda dalla vasca da bagno per accostarmi ai vestiti della mia amica, in modo da recuperare il pugnale che tiene sempre legato alla cintura e che si è tolta per fare il bagno. Ritorno nella vasca, sedendomi davanti a lei che mi guarda seria, avendo capito le mie intenzioni.
Allungo il braccio destro davanti a me e tenendo il pugnale con la sinistra mi incido il dorso della mano con la lama; si forma una linea sottile, dalla quale inizia a sgorgare il fluido vermiglio del mio corpo.
-Sul mio sangue e sul mio onore, questo io giuro. Se partirò ancora non ti abbandonerò, e partirai con me. Sarai compagna delle mie battaglie, custode della mia fiducia, e ciò che farai per me io farò per te, finchè il respiro non abbandonerà il mio corpo. Non ti lascerò indietro, in nessuna situazione, sorella-
-Sul mio sangue e sul mio onore, questo io giuro- risponde lei sottraendomi il pugnale e ferendosi la mano a sua volta, seguendo lo stesso rituale che ho seguito io -Non ti tradirò, qualunque cosa accada, così come tu non tradirai me. Sarò tua compagna nelle battaglie, custode della tua fiducia, e ciò che io farò per te tu farai per me, finchè il respiro non abbandonerà il mio corpo. Ti seguirò e combatterò al tuo fianco, in qualsiasi situazione, sorella.-
Uniamo i dorsi delle mani e il nostro sangue si mischia, gocciolando lento e andando a rendere rosata l'acqua della vasca.
Il patto è stipulato. Non si può tornare indietro.

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