PUSSY FEVER #1
«Sono io!» L'espressione di Debra Jones è ancora pietrificata con la boccuccia che forma una O di stupore. «Sono io,» dico. «Sono Baby Lynn!»
È trascorso appena un anno dall'ultima volta che ci siamo viste, da quando Minimal Jack l'aveva bocciata e allontanata dalla Tipping Wiz. Non può essersi dimenticata di me. Non sono una tipa comune.
«Io questa canzone la conosco,» urla un ragazzo vicino a noi, vestito da Pennywise, non appena parte Caught in a Dream. Qualcosa cambia nel viso di Debra, le sopracciglia convergono verso un punto invisibile sulla sua fronte, le palpebre si assottigliano. Sta ricordando? No, era solo il principio di uno starnuto. Mi pulisco la faccia dalle sue tracce di saliva, lei si sfila il berretto blu che compone la sua divisa Dairy Queen e asciuga il naso con il dorso della mano.
«Baby Lynn...» pronuncia il mio nome come se stesse evocando un ricordo lontano. «Sì, certo!» Finalmente, ce ne ha messo di tempo. «Io ti ho sognata, Baby Lynn... Chi sei?» Mi sento presa per il culo, eppure la sua voce non mente. La prendo per mano e la porto lontano dal bancone dove serve il gelato. Schiviamo un paio di ragazzi che pogano follemente dentro il Dairy Queen, ci portiamo nell'angolo vicino all'ingresso per i servizi igienici.
«Hey, ragazza stramba. Io dovrei lavorare,» protesta Debra. Non è così che se la caverà. «Neanche un anno fa noi due abbiamo studiato insieme alla Tipping Wiz, in centro,» attacco io. La vedo reggersi con una spalla alla parete e tenersi lo stomaco con le braccia, come volesse contenere l'insorgere di un malessere improvviso. «Ci siamo sfidate all'esame di prova: l'operazione shitstorm, ricordi? Io sono passata, tu no. E sei scomparsa.» Il suo sguardo è perduto nel vuoto, non ricorda nessuna delle cose che le sto dicendo. «Io l'anno scorso ho lasciato la scuola,» ammette candidamente Debra Jones. «Avevo litigato con i miei genitori. Ho vissuto sotto i ponti di Spring Bell per qualche settimana finché non mi hanno ritrovata. Mi sono disintossicata e mi hanno assunta qui. Non conosco la Tipping-quello-che-è e non ti ho mai visto in vita mia!»
Allora le afferro l'orlo inferiore della polo blu, la classica divisa delle ragazze che lavorano per Dairy Queen, e gliela sollevo quasi strappandola. «La tartaruga è il tuo animale-totem,» dico ruotando leggermente Debra Jones, e ritrovo il tatuaggio della tartaruga sui suoi reni. «Come facevo a sapere che ne avevi tatuata una proprio lì se non ti conoscessi?»
Sembra credermi adesso, ma la sua espressione muta dalla meraviglia allo spavento. Penso mi abbia preso per una stalker. Devo giocarmi l'asso nella manica. Le mie paroline magiche. «Minimal Jack!» Ed ecco che gli occhi di Debra Jones sgranano. Lo spavento lascia spazio al terrore puro. «Ci ha scelte Minimal Jack, vivevamo da lui.» Adesso Debra si stringe lo stomaco con entrambe le mani, crolla sulle ginocchia. Non capisco che succede. Lei alza la testa, mi guarda dal basso verso l'alto. Le vene del collo le pulsano, gli occhi sono striati di venature rosse, perde bava dalla bocca. Subito dopo cade riversa ai miei piedi, in stato di tranche, con il corpo scosso da violente convulsioni.
Mi ritraggo spaventata. Un capannello di gente si stringe su di noi. Indietreggio. Qualcuno le presta soccorso, qualcuno mi chiede cosa sia successo, sento qualcuno chiamare l'ambulanza. Mi ritraggo nella folla, corro via, il più lontano possibile.
Mentre il treno mi riporta a casa, ripercorro nella mente ogni singolo momento. Prima il raffreddore improvviso di Debra, poi il mal di stomaco, e dopo quei finti ricordi, prima che le succedesse quella brutta cosa. Perché mi sembra di aver già visto qualcosa di simile ai tempi della Tipping Wiz... Non reazioni così esagerate ma, a pensarci bene, la rifrazione anomala sulla pupilla di Jameela, il balbettio meccanico di Brian Denver, non sono tutti errori di sistema? Segnali che qualcosa non è andato a buon fine nella loro "programmazione"? Non sono dei robot, lo so, ma fanno parte del grande programma di Minimal Jack. Conosco le linee generali del suo piano, non i dettagli. Debra Jones non mi mentiva, sul serio non si ricordava di me. Credeva di essere fuggita di casa, e che la droga avesse annebbiato i suoi ricordi. Invece qualcuno le ha resettato la memoria, anzi ha fatto di più: le ha inserito dei ricordi altrettanto realistici per riscriverle la memoria, le ha ricostruito da zero una parte d'identità per coprire quel "buco" nel suo passato. Fino a che non ha incontrato me, e io ho richiamato la memoria dentro di lei, ho innescato l'errore del sistema. Chi può essere stato a manometterla se non Minimal Jack?
Non voglio andare oltre, per il mio bene. Devo concentrarmi sul presente, allontanare ogni distrazione. Alla Harper ci hanno dato il fine settimana libero per il ponte dei morti. Io non mi rilasso come gli altri, devo portarmi avanti sul piano. Indosso la tuta e mi reco al parco pubblico di Winter Spell. Comincio dall'area attrezzata: faccio addominali, squat e trazioni alla sbarra solo per spezzare il fiato. Inserisco le cuffie e comincio a correre. Tutte le mattine mi sveglio presto e vengo a correre qui. Non in un altro posto, ma al parco pubblico di Winter Spell dove viene a correre Jimmy dopo la scuola. Jimmy, lo sciupafemmine della Cerchia.
Non è una canzone di Vera Lynn che ascolto lungo la pista. Ho mandato la registrazione audio della rappresentazione teatrale dell'anno scorso alla Harper High School. Prima che uscissi fuori dal giro ero la prima attrice della compagnia teatrale della scuola. Ogni membro della Cerchia deve eccellere in almeno un ambito, il teatro era il mio. Direi che le mie abilità interpretative mi stanno tornando utili soprattutto nell'ultimo periodo. Quando mi riascolto in cuffia penso che a quel tempo ero ancora un'attrice acerba.
«Da ogni parte tutto va male, chi può negarlo? Ma la cosa non finirà così, non lo pensate,» questa sono io che recito il monologo di Medea davanti alla platea gremita della Harper. Ho conquistato il pubblico, domino la scena. La Medea era lo spettacolo di chiusura dell'anno scolastico, poi sarebbe cominciata l'estate, e al ritorno dalle vacanze qualcuno avrebbe pubblicato il mio deepfake. La notte della recita io e Matt ci eravamo da poco lasciati. Matt avrebbe dovuto recitare come coprotagonista, invece mollò tutto. Jimmy, il suo migliore amico, fu scelto per sostituirlo. Indossava il vello d'oro di Giasone, e stava di fianco a me sul palco, con le scenografie di cartapesta. Nessuna ragazza è mai resistita a Jimmy. Non so perché si mise in testa che non avrebbe resistito nemmeno l'ex fidanzata del suo migliore amico. La sera prima dello spettacolo, alle prove generali, mi ero attardata con lui nei camerini per le prove costume. Pensavo vigesse una regola d'oro fra i ragazzi: mai provarci con le ex degli amici. Per questo non mi facevo problemi a restare in intimo davanti a lui mentre cambiavo il costume di scena. Non la pensava allo stesso modo Jimmy. Risi ai suoi primi commenti sul mio culo, schiaffeggiai amichevolmente la sua mano quando provò ad aiutarmi: fu allora che mi sbatté al muro, provò a baciarmi, mi sottrassi come potevo, finché non mi strappò il gancetto del reggiseno. Risposi con una ginocchiata alle palle. Lo buttai fuori dal camerino. L'indomani eravamo sul palco: io Medea, lui Giasone.
«Ci sono ancora pericoli per donne come noi.» Quello fu il momento in cui trasformai la scena madre di Medea in un copione improvvisato. Puntai il dito contro Jimmy: «finché ci saranno uomini come lui, noi donne non saremo mai al sicuro.» Ignorai i bisbigli dell'insegnante di recitazione nascosto nella botola del suggeritore. Chi fra il pubblico stava consultando i libretti della rappresentazione, capì che quelle parole non erano di Medea, erano di Baby Lynn. «Credi forse che mi sarei fatta blandire da te solo perché abbandonata dal mio sposo? Ieri, in questo regno, mi hai strappato gli abiti e provato a violarmi. Sei arrivato a tanta stoltezza!» Lo affrontai a brutto muso, lui era inerme, prendere iniziativa non è mai stato uno dei talenti di Jimmy. In mia balìa, attendeva i prossimi sviluppi, e pregava che avessi pietà di lui finendolo al più presto. «E pur avendo molte vie di morte per punirti, non so a quale porrò mano per prima!» Jimmy sudava, io mi voltai verso il grande pubblico rapito. Era il mio momento. «Se pianterò nel suo fegato una spada affilata, mie care, c'è un pericolo: se verrò sorpresa dalla mia cerchia, sarò uccisa e derisa da quelli che credevo amici. Allora è meglio la via diretta, di cui sono espertissima per natura: ucciderlo col suo stesso veleno.» Fu allora che tornai su Jimmy, strinsi forte la cinghia sulla spalla del vello d'oro e tirai con tanta foga strappandone la cucitura. Il vello cadde spogliando Jimmy davanti tutta la Harper. Era nudo, se non fosse per il ridicolo sospensorio che la costumista gli aveva fatto indossare. Jimmy portò la mano fra le gambe, i ragazzi dell'auditorio erano indecisi sul da farsi, ma le ragazze scoppiarono a ridere e saltarono sulle sedie. Jimmy cercò il sipario rosso, scappò dietro le quinte. Io alzai nel pugno il vello d'oro rimasto nella mia mano per mostrare a tutti il mio trofeo, e conclusi con un pezzo d'arte: «ecco, è morto!»
La registrazione si conclude. Ho fatto due giri completi del parco. Nell'ultimo anno non ho mai perso il ritmo. Minimal Jack mi ammazzava di allenamenti tuti i santi giorni. Mi fermo a riposare nell'area attrezzata all'aperto. Ritrovo su youtube il video della serata. Rivedo la scena in cui Jimmy, umiliato come mai in vita sua, fugge dal palco e io raccolgo gli applausi. Il titolo del video è Jimmy's Pussy Fever, e questo mi fa pensare che a caricarlo sia stata una ragazza che abbia lodato la mia interpretazione.
Così in passato ho dato anche a Jimmy motivo per odiarmi, motivo per vendicarsi tramite #deepybaby. Ripasso a mente le battute di Medea: «su dunque, non risparmiare nessuna delle arti che conosci, Medea: decidi e agisci. Muovi alla cosa terribile: ora è il momento del coraggio!»
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