LEVEL UP #6

OGGI

Man mano che mi avvicino alla porta dell'aula musica sento i brividi d'eccitazione risalirmi lungo la schiena. Fuori è buio, la Harper è deserta, i pochi corridoi fiocamente illuminati serpeggiano verso l'aula dove gli studenti del corso di musica tengono la prova serale per il concerto di Halloween. A galvanizzarmi sono le note potenti della Cavalcata delle Valchirie. Entro nel momento in cui la sezione orchestrale si fa da parte per lasciare l'apice wagneriano al solo pianoforte di Chloe. Mi porto in fondo all'aula per non disturbare, mentre i tasti premuti con enfasi da Chloe mi entrano solenni nel corpo fino a toccarmi lo spirito. La sua esecuzione è magniloquente.

Non appena la cover di Wagner sfuma nel silenzio dell'aula, quasi mi commuovo. Per quanto Chloe abbia allontanato le mani dal pianoforte, la sua esecuzione permane nell'aria grazie alla cappa di sacralità che è scesa su tutti noi. Persino i suoi colleghi dell'orchestra devono resistere alla tentazione di rovinare ogni cosa con un applauso scrosciante. Il professor Williamson si complimenta con la classe, augura loro una buona serata e li invita alla prudenza. Solo Chloe non se ne è andata, vuole sapere dal professor Williamson perché non le abbia detto nulla sulla sua prova. Io rimango in fondo all'aula ad ascoltare.

«Il tuo controllo è ammirevole, Chloe. Ma è controllo, appunto. Ovvero una fredda meccanica, un esercizio di stile. Nulla di più.» Il professor Williamson è profondamente deluso, si finge intento a riordinare gli spartiti. «Al concerto sarai la migliore, non ho dubbi su questo. Come non ho dubbi che potrei far partire una playlist al posto tuo e sarebbe la stessa cosa.» Chloe non regge più quella situazione. Divarica le gambe, tende il braccio alle sue spalle, e io so che gli sta per rifilare il dito medio come aveva fatto a quei motociclisti al lago. Le prendo il pugno e abbasso il braccio prima che il professor Williamson se ne accorga. «Che ne dici di svagarti un po'?» le domando. Williamson ci guarda di sottecchi, come se si fosse accorto solo ora della mia presenza.

Chloe annuisce. Ha bisogno di relax, anche se con tutta probabilità non è con me che vorrebbe distrarsi. Per questo ho indossato il mio berretto scuro con la sigla I♥NY. Non lo metto dall'anno scorso, ma ero certo che avrebbe suscitato un senso di familiarità nel subconscio di Chloe. «Basta con la studio, basta con la musica,» le bisbiglio in un orecchio, come sempre decorato da un orecchino ad anello. «Passiamo una serata fra amiche e vedrai che tutto passa.»

Chloe sbuffa, non è convinta, si poggia al pianoforte. Guarda in cagnesco il professor Williamson, che adesso riordina le sue cose e ci ignora. «Non lo so, Chris è ancora sotto per la questione del coming out. Ha bisogno di me...» Mi arriva una notifica sul cellulare, illumino un sorriso e so di avere destato la sua curiosità. «Non puoi sfancularmi, Chloe. Sai che giorno è oggi?» le mostro il remind sullo schermo dell'iPhone: «è il Fertility Day.» Era un giorno sacro per me e per lei. Il giorno in cui facevamo le pazzie. Senza Barbie, solo io e Chloe. Ho fatto colpo? Cerco la risposta nei suoi occhi, corrucciati sotto le sopracciglia folte ma ben distanziate alla Emily Ratajokowski. La risposta arriva in tre, due...

Nessuna delle due ha l'età per la patente. Però Chloe è l'unica ragazza della Cerchia ad avere una macchinetta automatica con la restrizione sulla velocità. Ci siamo fermate all'autogrill all'uscita di Winter Spell. Inauguravamo sempre lì il nostro Fertility Day. Uscivamo sciatte da casa, ma con il cambio in borsa. Ci spogliavamo e cambiavamo direttamente sui sedili posteriori del taxi, mandando risolini compiaciuti ogni volta che l'autista beone ci spiava dallo specchietto. La prima tappa era l'autogrill, dove Chloe poteva cenare con i suoi hamburger di tacchino bio preferiti. Nonostante fosse la nostra pazza serata, Chloe non ammetteva strappi alla sua dieta. Oggi non abbiamo potuto programmare nulla, non abbiamo il cambio, e dopo l'ultimo confronto con il professor Williamson a Chloe è passata la fame. Per questo beviamo come spugne.

Non abbiamo l'età per la patente e nemmeno per farci servire alcolici. Siamo però fresche dei diciotto anni, e sono ben sviluppati i seni che facciamo in modo che il barista possa sbirciare quando poggiamo i gomiti sul bancone e ci sporgiamo in avanti facendo moine e leccandoci lascive le labbra con la lingua. Non giudicateci, è il nostro Fertility Day. Lei è arrivata all'ennesimo Daiquiri, io non conto più i miei Cosmopolitan. Chloe si lascia andare, non fa altro che parlare di suo fratello Chris. «Davvero non c'è niente di lui che non sopporti?» le chiedo. Deve pensarci un po'. «Sì, quando esce dal bagno e non tira lo sciacquone.» Ridiamo come matte. Bene, i tempi sono maturi per fare una pazzia...

Il barista ci insegue nel parcheggio, Chloe ha già messo in moto la sua auto e siamo partite alla velocità della luce. Per quanto lo consenta quella macchinina. Il barista era inizialmente concentrato sulla partita trasmessa alla TV, quando noi avevamo afferrato i vestiti più chic esposti vicino al bancone e fatto vento. Non avevamo mai rubato in vita nostra, c'è sempre una prima volta. Ridiamo senza poterci fermare, ci guardiamo dietro e per fortuna nessuno ci segue. Siamo su di giri. Ci fermiamo a una piazzola di sosta prima di rientrare a Winter Spell per metterci in tiro. A me è capitato un mindress in jersey interamente fatto di lacci sui due lati, dove scopre la pelle, perciò devo togliere sia il reggiseno sia le mutandine per non fare una caduta di stile. A Chloe è finita decisamente meglio: il suo vestito da sera in lamé con monospalla è molto elegante, ma lei riesce a renderlo abbastanza aggressivo grazie agli stivali neri allacciati con le cinghie sulle caviglie. Le sue calze trasparenti traslucide mi fanno venire la pelle d'oca semplicemente guardandole.

Cantiamo a squarciagola la nostra canzone preferita, New Rules, mentre ci dirigiamo in auto verso la nostra ultima destinazione. Cantiamo e ce la prendiamo con il servizio di traffic information tutte le volte che stoppa la canzone di Dua Lipa, e allora noi la rimettiamo daccapo per cantarla e ricantarla ancora. La nostra età non ci permette di guidare macchine di cilindrata superiore, di bere superalcolici, ma quest'anno abbiamo l'età giusta per fare quello che non ci è mai riuscito prima. Entrare nel night più esclusivo di Winter Spell, il Censored Inn.

Siamo giovani, siamo belle più che mai. Se Mercedes o la mamma di Chloe soltanto sospettassero dove siamo finite... Il buttafuori all'ingresso ha uno smoking nero, il suo volto è truccato con il cerone per sembrare uno zombie. Si presenta come Charon ed è lui che ci traghetta nel seminterrato. Non ci sono finestre. Ci mettiamo del tempo ad abituarci alle luci soffuse. Il rosso predominante mi fa pensare a un girone infernale. Alla console c'è una dj vestita da Wonder Woman che regge un cucciolo di dalmata sull'incavo del gomito, e con l'altra mano ruota i dischi. Gli uomini sono quasi tutti in giacca e cravatta, sia giovani e bellissimi bellimbusti che vecchi orridi e panciuti. Fumano grandi sigari e noi tossiamo terribilmente. Siedono su divanetti in pelle in salette tappezzate di specchi dove spogliarelliste in topless e tacchi vertiginosi fanno la lap dance per loro.

Ci accomodiamo sugli sgabelli al bancone. Accavallo le gambe e poggio la borsetta sulle cosce perché il mio minidress è davvero troppo mini. Veniamo serviti da una cameriera che indossa una caricatura del costume di Supergirl, per cui il reggicalze scuro è in bella mostra tra la gonnellina e gli stivali rossi dall'orlo dorato. Sgranocchia la punta di una carota e ci dice: «that's all folks.» Mi sembra una presa in giro, e invece siamo nella settimana di Halloween. Intorno a noi danzano e bevono un tizio nel vestito in gommapiuma di Kung Fu Panda, una donna con la tutina aderente gialla con su disegnata la sagoma nera di uno scheletro, un giocatore da football con la maschera da lupo mannaro, la ragazza con la divisa da strega di Sabrina...

Altri uomini ancora hanno un aspetto spaventoso, sono le guardie di sicurezza del Censored Inn. «Le guardie sono i Daemons,» ci spiega la voce aspra di Supergirl: «sono i cani da guardia di Asmoday, è lui il capo della baracca.» Capiamo che Asmoday è il nome in codice del pappone seduto al privé. Un tipo snello, basso, con una cicatrice sul volto come Scarface. «Non provateci con lui. Asmoday ha delle regole: non si scopa le impiegate, e non si scopa le mocciose. Lui ha il feticismo per le nonnine, non so se mi spiego.» Invece è chiarissima, soprattutto perché osserviamo una buzzicona stagionata sedersi sulle sue gambe.

«Ragazze, dovete sciogliervi,» ci dice Supergirl con voce rauca. Ci allunga sul bancone un tovagliolo con due pillole. Ecstasy. Spero che non ce le faccia pagare. Supergirl non ci chiede soldi, subito si dimentica di noi per salutare un elegantone che è appena entrato. Lo abbraccia stringendolo al muro di gomma che nasconde dentro al corpetto da supereroina: «come butta, coglionazzo?» Si scambiano frasi affettuose come fossero fratello e sorella. Il Censored Inn si trova vicino la piazza affari di Winter Spell, per questo i broker rappresentano i principali clienti. Si conoscono tutti là dentro. Solo io e Chloe siamo le estranee. Ci riconoscono come tali, sentiamo i loro sguardi addosso. «Che stai aspettando?» mi chiede Chloe. Ed è la prima a ingoiare l'ecstasy. Fingo di fare altrettanto, in realtà la butto via.

Ci scateniamo in pista. Chloe è irrefrenabile. Fatico a starle dietro. Muove le braccia in aria, a pugni chiusi. Non si accorge che il lato corto del suo abito è scivolato rivelando l'orlo bianco del push-up. Se ne accorge però un tipo strano, con i jeans, gli stivali con gli speroni e un cappello da caballero. Chloe gli fa l'occhiolino, lui si avvicina ostentando le maniere da macho latino. «Mi chiamo Juice,» dice con un accento da mangia-burritos. «Non sono messicano, sono un vero spagnolo.» Il torero vorrebbe andare alla monta con una di noi, avvicina la sua bocca a quella di Chloe, che ha il labbro superiore da perfetta baciatrice. Chloe gli volta le spalle e io noto che gli occhi della mia amica sono più straniti del solito.

Si guarda intorno. Seguo anche io la panoramica che la sua testa sta tracciando all'interno del locale sotto la luce intensa delle lampade UVA. Succedono cose strane ai divanetti: una spogliarellista di colore strappa con i denti bianchissimi la busta di un preservativo e si china sul damerino seduto accanto a lei, a un altro tavolino un broker spegne la sua sigaretta sul seno nudo di una donna talmente fatta da ridere sguaiata. Nel privé di Asmoday stanno trombando come conigli. «Portami via,» mi supplica Chloe aggrappandosi alla mia spalla.

«Hey, chicas,» il torero non demorde: «ho appena divorato una costoletta di maiale. Lo sapete che quando un uomo mangia carne di maiale gli viene un altro genere di fame?» Sì, lo so, penso, e so anche che poi dura di meno. Mi suona come una consolazione mentre stringo le braccia di Chloe e le dico: «che stai aspettando?» La spingo fra le braccia di Juice.

Pochi minuti dopo Chloe viene portata via dalla costosissima macchina sportiva del cowboy. Non poteva andare meglio. Tutto procede secondo il piano. Non mi resta altro da fare che entrare nella fotocamera sul cellulare di Chloe e riprenderla mentre scopa. Ci vorrà ancora un poco. Non ho le chiavi per aprire la macchinetta di Chloe, così la lascio al parcheggio del Censored Inn e mi incammino a piedi verso casa.

Mando a fare in culo lo sconosciuto truccato da Corvo che mi fa le avances. Mi collego al cellulare di Chloe. Loro sono ancora in auto, e io sul marciapiede. Non sento Lomax da un po'. Entro sul suo profilo per vedere come se la passa, e quello che scopro mi sorprende come una secchiata d'acqua gelida. La sua bacheca è inaccessibile per me. Lomax mi ha tolto l'amicizia. Non riesco ad accettarlo. Casa sua non dista molto da qui, forse è il caso di scambiare quattro chiacchiere a tu per tu.

Suono al campanello. Mi apre Nathan Lomax, il padre. Mi accoglie con un sorriso. Chiedo se suo figlio è in casa, quando sento arrivare da dentro la voce di Lomax: «papà, puoi lasciarci due minuti?» Nathan sa come funzionano queste cose, annuisce, mi saluta, rientra in casa socchiudendo la porta. «Che cosa vuoi?» mi affronta senza mezzi termini.

Sarebbe questa l'accoglienza? «Chi ti credi di essere, Lomax?» Lo aggredisco verbalmente, non ho paura che suo padre possa sentirci. Da quando sono rientrata nella Cerchia, Lomax mi ha tagliato fuori dalla sua vita. «Mi hai tolto l'amicizia, non sono una stupida. Pensi che una ragazza della Cerchia non meriti le attenzioni del grande Freddie Lomax? Complimenti, Lomax. Hai dato il meglio di te.» Non replica. Non si difende o giustifica in modo da spingermi ad attaccarlo ancora. Mi guarda di traverso: «hai finito?»

Scende giù i gradini sul cortile, uno per volta. «La verità è un'altra, Baby Lynn. Mi hai usato. Io non volevo diventare un ragazzo popolare, e tu non volevi aiutarmi a esserlo. Mi hai usato per i tuoi sporchi scopi. Per farti notare da chi ti aveva trattato come una pezza da piedi. Credevo fossimo amici, Baby Lynn. Mi sbagliavo.» Mi ero precipitata da lui pronta a litigare, non per sentirmi dire questo. Attende una mia giustificazione, qualsiasi cosa che possa farlo ricredere. Io non so cosa dire.

Lomax torna alla porta, l'apre. Sosta ancora un minuto. Provo a chiamarlo per nome, non ci riesco. Lui entra in casa, chiude la porta.

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