VIRAL BATTLE #7

BABY LYNN P.O.V.

Lo staff del River Plaza noleggia auto solamente dalla Snoop Automotive. Sono clienti di fiducia, e contribuiscono all'aumento di fatturato aziendale per circa cinque milioni annui. Uno dei loro businessman ha però riconsegnato una jeep che presenta ammaccature con abrasioni nel portello e nella fiancata antistante il passaruota. Aveva restituito le chiavi nella keybox senza che al desk ci fosse nessuno della Snoop Automotive a rilevare i danni. Se ne sono accorti tardi, qualcuno dovrà pagare per questo.

Non potevano addebitare i danni al businessman o la River Plaza se ne sarebbe risentita. Non restava che lavare i panni in casa. Stefan, l'assistente di Mercedes, se ne è occupato personalmente. Per prima cosa ha invitato il responsabile del desk alla sua scrivania, lo ha esortato ad addossarsi le colpe se voleva mantenere il proprio posto di lavoro. Il dipendente aveva accettato. Non era abbastanza. Stefan aveva lasciato l'ufficio, quando era rientrato dieci minuti dopo gli aveva chiesto: «chi ha graffiato la jeep?» Il dipendente si era fatto trovare pronto: «sono stato io!» Non era abbastanza. Stefan aveva lasciato l'ufficio per altre sette volte, e ogni volta che rientrava ripeteva la solita domanda: «chi ha graffiato la jeep?» Per sette volte il dipendente aveva risposto: «sono stato io!» Sette volte sono state abbastanza perché imparasse a mentire perfettamente.

Le mie orecchie sentono questa storia direttamente dalla bocca di Stefan, il quale non sospetta che io sia in ascolto al vivavoce sul cellulare di Mercedes. Riconosco nelle sue parole un'euforia mista a rassegnazione, la voglia di compiacere il mefistofelico superiore, a metà fra necessità di costruirsi un curriculum e sindrome di Stoccolma. «Per essere uno smilzo che veste male sei fin troppo in gamba.» Mercedes sancisce la definitiva discesa agli inferi di Stefan. Per una come lei, convinta che non ci sia nessuno alla sua altezza, è inusuale esprimere tanto platealmente la propria approvazione. «Ma sono ancora io la più bella del reame.»

Osservando Mercedes distesa sul nostro divano, i piedi scalzi sul bracciolo, il gomito piegato a sostenere la testa, cellulare in mano e tv accesa, dentro il suo impenetrabile costume da capa spietata, mi chiedo se sia consapevole del fatto che sia lo stesso ruolo tossico che riveste a mostrarne le debolezze che vuole nascondere. «Lavori per il ramo assicurazioni auto, ti meriti un'auto nuova!» Nel silenzio dall'altro capo posso immaginare Stefan, così affannato nel dover raggiungere gli standard impossibili che Mercedes si auto-impone, finalmente cedere alla tentazione del premio costoso. Al momento dell'assunzione voleva forse sopravvivere un anno ai suoi comandi per aggiungere quella riga importante sul curriculum, non aveva fatto i conti con il fascino ingannatore di Mercedes. «Farò riparare la jeep e sarà tua! Continua su questa strada e avrai sempre di più.»

Stefan ringrazia la persona che più al mondo gli genera stress, promette che non la deluderà mai. A ogni parola che pronuncia demolisce la propria personalità pezzo dopo pezzo. Senza che lui se ne accorga, la promessa di una carriera sfavillante lo sta lentamente trasformando nella persona che non ha mai desiderato essere. Ma di Mercedes ce n'è una sola. «Non adagiarti sugli allori. Domani vi voglio puntuali alle otto in riunione.» Un orario che lei non rispetterà mai, ma se dovesse arrivare per tempo farà la voce grossa con i dipendenti ritardatari. «Voglio trovare sulla mia scrivania il manoscritto inedito del nuovo 50 sfumature per mia figlia.» Riaggancia con una simile assurdità. In tv danno uno dei suoi film preferiti.

«Gli appassionati di congiure direbbero che è ovvio.» Mercedes recupera Number 23 ogni volta che passa sui canali via cavo, ormai lo conosco anche io a memoria, tanto che potrei recitare in anticipo le battute dei personaggi. «Dopotutto la Terra ruota su un asse inclinato di ventitré gradi, se affermi che in realtà sono ventitré e cinque, loro ti rispondono che cinque non è altro che due più tre. Il ventitré è perfetto per questo giochino, si presta.»

«Giochino?» domanda Jim Carrey. Non mi va di sorbirmelo ancora. Il film è carino... la prima volta!

«Sì. È paranoia! C'è molta letteratura sull'enigma del ventitré.»

Seduta sul tappeto a gambe incrociate, come quando ero una bambina, studio il mio cellulare. Non è più tanto nuovo, eppure non ho ancora capito di che marca sia. Assomiglia all'iPhone ma è più evoluto, il modello è indicato lateralmente come C24.

«Davvero?» sempre Jim Carrey.

Qualsiasi hacker andrebbe pazzo per il mio strano cellulare. Potrebbe essere uno di quegli oggetti leggendari come gli anelli del Signore degli anelli, gli horcrux di Harry Potter o le gemme dell'infinito degli Avengers, perché no?

«Ventitré sono gli assiomi della geometria euclidea. Le cellule somatiche contengono quarantasei cromosomi, ventitré da ogni genitore. Il sangue compie la circolazione in ventitré secondi. I Maya credevano che il mondo sarebbe finito il 23 dicembre del 2012. Venti più dodici fa?» Fermi tutti. Seguo passivamente la scena, parlano del numero ventitré, del suo potere. Mi mettono la pulce nell'orecchio. Googolo "C24". Il primo risultato riguarda i cromosomi. Sono ventitré, come hanno detto nel film. Il C24 è il leggendario cromosoma in più.

Il secondo risultato riguarda il progetto Rampage Shield. Entro su un sito complottista. Chi ha scritto il pezzo afferma che Rampage Shield è stata una società segreta finanziata dal governo americano. Grazie ai soldi dei contribuenti il Rampage Shield aveva creato un'isola felice all'interno di un laboratorio privo di patogeni. Lo scopo del progetto era quello di campionare gli elementi migliori per sintetizzare il Cromosoma 24, per brevità detto C24. Tutti gli esseri umani possiedono ventitré coppie di cromosomi. Dal momento che il 10% del genoma umano è tuttora sconosciuto, se si somministra il ventiquattresimo cromosoma nella struttura genetica umana gli effetti potrebbero essere sorprendenti. O indesiderati, perché il siero potrebbe agire in maniera diversa da persona a persona. Il sito riporta che alcune cavie animali degli esperimenti erano diventate aggressive, altre rivelavano delle dote eccezionali.

C'era una donna a capo del progetto. Non viene riportato il suo nome. Fu lei a scoprire il siero stabile del C24: un super-DNA che si estende a ogni filamento del genoma potenziando i soggetti cui viene somministrato. Il Rampage Shield era pronto a usarlo per effettuare un vero e proprio editing genetico sulla razza umana. Però il governo si mise paura. Ritirò i fondi, bollò il progetto come potenziale arma di distruzione e di proliferazione di massa. Cerco altre informazioni in rete, scopro che quella del Rampage Shield è una leggenda metropolitana molto quotata. Mi domando cosa possono avere a che fare quei test genetici con il mio cellulare.

Il film intanto è andato avanti. «Ventitré al contrario. Oppure venti più uno più due. E quindi cos'é? Cos'é questo ventitré? È Dio?»

Ricevo un messaggio nella parte alta dello schermo. Premo in tempo con il pollice. Finisco sulla chat della Cerchia. È Jimmy. Scrive a caratteri cubitali: "CI ATTACCANO!" Di colpo la batteria muore.

«Due diviso tre fa 0,666. 666 è il numero del diavolo,» dice il dottore del film. «Ci sono solo ventidue capitoli nel libro dell'Apocalisse e sappiamo tutti come finisce!»

Afferro Mercedes per un braccio e la trascino con me sul tappeto. Giù per terra. Giusto in tempo. La vetrata a parete si infrange verso l'interno. Nascondo Mercedes sotto il mio corpo per farle da scudo dalla pioggia di frammenti. Ci stanno sparando dalla strada. Tengo la testa bassa per non diventare un bersaglio facile. Sento mia madre urlare. Provo a tenerla ferma. Se si alza, se prova a scappare, si farà molto male. Socchiudo gli occhi per vedere preziosi soprammobili e vasi di porcellana andare in frantumi.

Una di quelle letali pallottole rimbalza e arriva fino a me. Grande come un pugno, color panna. Non sono comuni pallottole, sono palline da baseball. Quando il frastuono finisce, striscio verso la vetrata distrutta. Mercedes è in lacrime. Vedo che ho tagli sulle braccia e sulle mani, non provo dolore, non finché ho i nervi tesi. Sporgo la testa per vedere fuori. I nostri aggressori sono andati via. Si sono lasciati dietro la macchina spara palline puntata verso la nostra casa. Alcuni passanti in costume da Halloween, chi da mostro del lago e chi con il cerchietto con le antenne da Ape Maya, guardano esterrefatti nella nostra direzione. Nessuno ha visto niente. Quella raffica era un avvertimento.

Lo strillo in falsetto di Mercedes mi fa voltare verso di lei. Mia madre si muove carponi, il palmo si è conficcato sulle schegge di vetro. Prende il mio cellulare da terra. È spento, ma lei prova lo stesso a sbloccarlo premendo sul tasto centrale. Mi inginocchio accanto a lei, le sfilo il cellulare di mano. La stringo a me, la sua testa sussulta sul mio petto. Dietro la sua spalla guardo il mio C24.

Premo il tasto centrale. Nonostante fosse spento, magicamente si accende. Come è possibile? Ha una batteria segreta? Ho il pollice sporco di sangue, come quello di Mercedes. Il mio sangue è scivolato nei circuiti interni del cellulare esattamente come quello di Mercedes. Il suo sangue però non l'ha sbloccato. Il mio sì! Come se il pulsante fosse cosparso di batteri invisibili pronti ad attivarsi se macchiati con il sangue di una determinata persona. Il mio sangue. I miei cromosomi.

«Vorrei che non fosse capitato a me» dice Jimmy come Frodo quando ci riuniamo su zoom, un'ora dopo. Mercedes è di là a parlare con la polizia quando Jimmy ci racconta quello che gli è successo prima di scriverci l'avvertimento in chat. Stava guidando verso una festa, con il suo vestito da principe e la maschera veneziana, a un tratto il suo parabrezza veniva preso in pieno da una mitraglia di uova marce. Istintivamente aveva azionato il tergicristallo. Non l'avesse mai fatto. Tuorlo e albume erano andati dappertutto formando una sostanza appiccicaticcia che non si scollava più dal vetro. Non vedeva più niente, era stato costretto a fermarsi, a scendere dall'auto. Vide i suoi assalitori darsela a gambe. Avevano i volti nascosti dalle magliettine sollevate sopra la testa, con due fessure per gli occhi a mò di passamontagna.

Jimmy aveva intuito che non era una questione personale. Era la Cerchia ad essere finita nel mirino. Aveva lanciato il suo allarme. Non avrebbe mai fatto in tempo. Chloe e Chris erano andati a cena fuori, già a guardarli sullo schermo del cellulare i due piccioncini spruzzano più bolle di sapone di Beautiful. Appena usciti dal ristorante, venivano investiti da due secchi di vernice. Alcuni testimoni dissero che gli aggressori erano travestiti da Captain America, da Windigo di Bayou Peaks e da Zio Sam. Nella settimana di Halloween i loro camuffamenti non avrebbero destato sospetti. Come l'individuo in uniforme da guerra di secessione e maschera di Guy Fawkes che ha pedinato Barbie per tre isolati fin sotto casa. Ce lo racconta senza riuscire a frenare i denti che battono fra loro, accoccolata sulla poltrona, stringendo il cuscino sulla lattea rotondità dei suoi seni.

Lomax ci racconta del mattone che gli ha sfondato l'auto. È lui il primo ad accorgersi che gli attentati sono stati tutti ripresi dai cellulari e caricati online. Tutti tranne quello mio e il suo. I filmati sono seguiti dall'hashtag #BetterThanMatt. Le brevi descrizioni dicono che se Matt dovesse tornare alla Harper High School, allora nessun malfattore dovrebbe più nascondersi, e queste vigliaccate potrebbero verificarsi anche a scuola.

«Sono stati i CAPS!» dico a tutti loro. Non ci vuole un mago per capirlo. Non è necessario averli visti in faccia. Vogliono bloccare la nostra petizione. C'è una ragione se quello che abbiamo subito io e Lomax non è finito in rete, siamo stati vittime di azioni dimostrative ben più pericolose. Gli altri attacchi possono pure passare per scherzi goliardici, non i nostri, e i CAPS non vogliono mettersi in cattiva luce.

Hanno fatto le cose per bene questa volta. Si sono persino creati un alibi, in modo che nessuno pensi che soltanto la Cerchia è finita al centro di quella folle notte. Sono andati alla Statua dell'Incantatore, il fondatore della nostra città. Sono andati dall'Incantatore e l'hanno imbrattato di vernice rossa come il sangue.

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