TOTAL RESET #2

BABY LYNN P.O.V.

«Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini.» Il sole caldo della Florida massaggia la mia pelle. Sono distesa su una sdraio a Miami. Il delicato reflusso del mare prova a insinuarsi fra le note portate dalle cuffie dell'iPhone.

«Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini,» canto sottovoce facendo eco alla voce di Brian Hyland nelle mie orecchie. Mi crogiolo nel tepore sonnolento provandomi a immaginare come la protagonista della canzone, "una ragazzetta con il bikini minuscolo a pois gialli". Anche se il mio bikini a pois è rosso, dello stesso colore del costume salopette stile guardaspiaggia che avevo l'estate scorsa. Molto elegante con gli anelli dorati sui fianchi al posto dei lacci. Se non avessi abbandonato il mio costume pezzo intero, i ragazzi in spiaggia come avrebbero fatto a notare il mio nuovissimo piercing all'ombelico?

Me la sono meritata questa vacanza. Già da un mese Mercedes mi porta in lungo e in largo per la costa. Da quando i Grandi Capi l'hanno promossa a supervisore capo della compagnia assicurativa per la quale lavora, non si è fermata un attimo. Lei è la senior nel settore incidenti automobilistici, così non ha più un attimo di respiro, e in cambio di benefit stratosferici e un aumento salariale da paura deve visitare tutte le filiali della multinazionale per conoscere i nuovi sottoposti e rimetterli in riga. Per non lasciarmi sola, sapendo quante ne ho passate (non che sappia tutta la verità, chiaro), ha stabilito che dovessi seguirla a ogni trasferta. Da un luogo all'altro, sono almeno due mesi che siamo lontane da Winter Spell.

Lei pensa così facendo di ricucire i rapporti con me, ma non bastano le oasi da sogno e gli hotel di lusso, lei lo sa, ogni giorno mi promette di venire al mare con me, ma puntualmente «il lavoro viene prima». Io non ce l'ho con lei. Prima capisci come è fatta una persona, prima impari ad accettarla. Mi va bene farmi scarrozzare da Beverly Hills a Miami per poi starmene da sola tutto il giorno in completo relax, a fare una corsa o a leggere un libro. Avevo dimenticato quanto fosse bello avere del tempo libero. Sono contenta di passare del tempo in mia compagnia. Nei primi giorni mi scrivevo continuamente gli altri, ora non ricordo più quando ci siamo scambiati l'ultimo messaggio. Ma va tutto bene.

Almeno Mercedes compensa le sua mancanze di mamma premurosa quando a fine turno mi porta con lei per la shopping session negli spocchiosi reparti cosmetici di Miami. Sarà cattivissima in ufficio, ma solo una come lei può rimbeccare le odiose commesse dei grandi magazzini Bergdorf.

Il vento accompagna delicatamente spilli d'acqua dalla riva alle mie guancie. La canzone di Brian Hayland si affievolisce verso la conclusione. «Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polka Dot Bikini.» Una notifica della Harper High School si insinua nel mio iPhone, lo squillo stridente risale lungo il cavo della mia cuffia e quasi mi assorda. Svito la mia borraccia termica Yeti, porto l'acqua ancora ghiacciata sulle labbra secche e con il dito scorro la comunicazione. Per poco non affogo.

«Niente college? Sono impazziti tutti?» Quando rientro nell'appartamento dell'hotel (sì, appartamento, e tutto spesato dalla compagnia) trovo Mercedes su di giri. Come tutti i genitori della Harper, anche lei ha ricevuto l'email della scuola. «È peggio di così,» dico mentre faccio morbidamente scivolare la mia nudità in bikini sul Worcester del salottino: «dovrò ripetere l'anno.»

«Il preside aveva annullato la cerimonia della consegna dei diplomi, e questo posso capirlo.» Mercedes fa avanti e indietro sul tappeto. Deve davvero essersela presa tanto se ha interrotto la call di lavoro. Il portatile è ancora aperto sul tavolino rotondo. «Posso capirlo, c'era un'inchiesta da condurre per fare luce su quello che avete combinato al ballo scolastico. Oh, Baby mia. So che tu non c'entri nulla. È colpa di quel pazzo, com'è che si chiama... Basic Jack... Maximum Jack...»

«Minimal Jack!» La correggo quasi stizzita. Le lascio credere la versione ufficiale della storia. Sarebbe troppo difficile farle credere che sono stata io a fermarlo. Baby Lynn, la ragazza allontanata dalla scuola per colpa di un deepfake, la ragazza che aveva tentato il suicidio, e che diventando l'ambassador di WIZ a scuola aveva persino aiutato Minimal Jack nei suoi folli progetti di manipolazione mentale. Non ho mai voluto essere un'eroina, ero solo destinata a essere Wiz Girl. Non cerco premi e discorsi pubblici, mi accontento di aver fatto la prima mossa, mi basta il fatto che i miei amici, e anche quelli che non reputavano tali, abbiano seguito il mio esempio. Tutto è bene quel che finisce bene, giusto? E invece no.

«Beh, posso capirlo, c'era un'indagine in corso. Ma come sono arrivati a tanto? Non posso crederci. Costringerti a ripetere l'anno? Un'altra volta? Dove lo mettono il tuo futuro, il college, la carriera?» Non avevo mai visto Mercedes tanto aggressiva fuori dall'ufficio. So che la sua dipendenza dal lavoro è patologica, però quasi mi commuove vedere quanto possano ubriacarla le sventure della sua unica figlia.

«Non solo io,» le dico rassegnata e stesa per lungo sul divano «tutta la scuola.» Se Mercedes abbia accusato il colpo più di me, è forse perché in quello che è successo io ci vedo un ritorno del karma. Avevo già trascorso il quarto anno lontano dal liceo. Secondo la versione ufficiale, andavo in terapia per riprendermi dal tentato suicidio e sostenevo gli esami da privatista. Quello che in pochi sanno è che in quel periodo ero stata addestrata alla Tipping Wiz di Minimal Jack, la sua casa, il suo quartier generale, ed ero diventata una delle sue terribili Tipping Girls, anzi, ero diventata la numero uno, Wiz Girl! Ma questo ve l'ho già detto, no? A credere nel karma, qualcuno direbbe che mi tocca frequentare quell'anno che mancava nel mio curriculum scolastico.

«Oh, ma se il preside Duke pensa di passarla liscia si sbaglia!» Mercedes batte il pugno sul palmo aperto. Sta inverosimilmente sforando la pausa pranzo, questo significa che oggi niente shopping session. «Sguinzaglierò i migliori avvocati, porterò questa faccenda all'attenzione del Distretto Scolastico... ma che dico? Del Congresso degli Stati Uniti!» Se la prende con il mondo agitando in aria una bottiglia d'acqua Poland Springs come fosse un'arma, muovendo a passi forsennati il suo fisico da tonica cinquantenne dentro il suo abito nero in jersey T-Ford. Non sprecate tempo a googolarlo, il nome T-Ford non l'ho preso da American Vogue, l'ho inventato io! Avete presente l'iconico tubino creato da Coco Chanel e indossato da Betty Boop, quello di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany? Io lo chiamo T Ford perché, come le prime auto Ford prodotte in serie, non è costoso ed esiste in un solo colore, il nero. Tutte le donne dovrebbero averne uno nel proprio guardaroba. «Non sanno contro chi si sono messi. Te lo prometto, Baby mia, o mi ascolteranno o li farò chiudere! Io...»

«Non sprecare il tuo tempo, mamma.» Ogni volta che la chiamo mamma lei si stupisce, ed è l'unica arma che ho per farla zittire di punto in bianco. Non fatevi ingannare. Mercedes è una mamma apatica, una lavoratrice cinica, affetta senza saperlo da workhalism, il disturbo ossessivo-compulsivo degli stacanovisti che si porta pure sotto il tetto di casa. Un marito sarebbe già scappato, ma papà non c'è più da moltissimi anni. Da figlia, per sopravvivere alle sue impennate stressogene, ho imparato a ricorrere a queste bastardissime strategie. Sono stata tirata su dai migliori, in fondo. «Il Distretto Scolastico ha già deciso. Non avrebbero inviato una comunicazione del genere se non fosse certa e a prova di avvocato. Prima lo capisci, prima lo accetti.»

Salto in piedi, quasi vergognandomi di come le mie tette si siano fatte prominenti negli ultimi mesi. «Scusami, questa storia mi ha fatto venire il mal di testa.» Le do un bacio sulla guancia, inspiro a fondo per fare il pieno di tutto lo Chanel numero 5 che evapora dalle rughe tese del suo collo. Quando chiesero a Marilyn Monroe cosa indossasse per andare a dormire, lei rispose: «Chanel numero 5.» Non il numero 1 o il numero 19, ma il numero 5. Ed è rubando nelle narici lo Chanel numero 5 di Mercedes che la lascio ammutolita nel suo little black dress, e vado a rinchiudermi in camera.

Apro il rubinetto nella vasca del mio bagno privato. Ho la pelle che scotta, voglia di immergermi nell'acqua gelata e farmi sommergere da montagne di cubetti di ghiaccio da cocktail.

Non voglio controllare le reazioni sui social dei miei compagni, o finirei per infuriarmi anche io dopo che ce ne ho smesso per sbollire tutta la rabbia. Mentre aspetto apro il portatile. Ho una cartella fantasma che posso richiamare grazie a una password che solo io conosco.

La cartella dedicata a MJ. Non pensate male, non è per Minimal Jack. Ma per qualcun altro, qualcuno al di sopra di lui. Dopo che mi ero ribellata a Jack e mandato all'aria il suo piano, ho ricevuto una mail che non mi sarei mai aspettata. Una sconosciuta, da indirizzo ignoto, mi avvertiva di tenermi alla larga da lei. Una tipa che nemmeno pensavo esistesse. Da quando a scuola mi avevano bullizzata per la faccenda del deepfake, non mi ero più fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Potevo sorvolare sulle velate minacce di questa tizia, ma una cosa mi indispettiva più di tutte. La stronza si era presa il merito di aver fatto capitolare Minimal Jack. Come se io non avessi fatto nulla! Come se non mi fossi presa la mia rivincita e salvato la mia scuola. La stronza acida si firmava Minimal Jackie.

Ed è a lei che ho dedicato una cartella ombra nel mio PC. Un posto dove mettere tutti gli indizi che scovo sul suo conto. Voglio sapere chi è. Che ruolo ha in tutta questa faccenda. MJ, chiunque sia, io scoprirò la sua identità. Solo che dopo tutto questo tempo ogni ricerca mi ha portato a soli due risultati: che la Jackie più famosa della storia era la moglie del Presidente Kennedy, e che una band di nome Jackie ha composto una traccia dal titolo Minimal Network. E nessuno dei due ha che fare con la stronza che sto cercando di stanare.

Nella sua mail Minimal Jackie sosteneva di aver creato Minimal Jack. Io pensavo di conoscere quasi tutto sulla vita di Jack. Mi ha addestrata per un anno, e per un anno ho collaborato con lui prima di ribellarmi. Il suo vero nome era Jack River, molto tempo prima aveva frequentato pure lui la Harper High School. Il padre era un importante imprenditore edile di Winter Spell, Howard River. Jack non voleva seguire le orme paterne, lui era un genio informatico, e le sue imprese sul web erano state notate da Brian Denver. Questi voleva assumere Jack nella sua start-up ma Howard si era opposto. Agnes, la mamma di Jack, aveva suo malgrado aiutato il marito a truffare il figlio, così Jack si era trovato senza un soldo, abbandonato dalla sua stessa famiglia. Allora Brian aveva accolto Jack River come un figlio. In questa fase della sua vita aveva assunto il nome hacker di Minimal Jack, e aveva conosciuto il suo migliore amico, Raul Garcìa Montero, l'altro allievo prediletto di Denver. Poi le loro strade si erano separate. Minimal Jack si era messo in proprio, e aveva deciso di far sapere al padre che era cambiato, che ce l'aveva fatta. Come? Creando un'app futuristica di nome WIZ capace di generare un mondo migliore, almeno per lui: un mondo fatto di zombie lobotomizzati al suo servizio. Aveva sfruttato il mio desiderio di vendetta per portarmi dalla sua, e io c'ero cascata. Grazie ai miei amici me ne ero tirata fuori in tempo e gliela avevo fatta pagare.

Forse l'avevo amato, è vero. Ma non ho mai saputo di altre donne nella sua vita. A parte mamma Agnes, chiaro. E le Tipping Girls, il suo esercito di svitate: quattro ragazze manipolate che erano finite fuori dai radar dopo il fallimento del Giorno della Conversione, ovvero l'esecuzione definitiva di WIZ al ballo scolastico. Insomma, di questa Minimal Jackie non c'è traccia da nessuna parte, ho setacciato persino il dark web, le mie indagini sono a un punto morto. Io ho appreso i rudimenti hacker da Minimal Jack, e a quanto pare lui deve averli appresi a sua volta da Minimal Jackie. Posso immaginare che sia un pirata informatico più in gamba di me e lui messi insieme, nessun altro potrebbe essere tanto bravo da cancellare interamente il proprio nome, la propria vita, dal mondo del web. Anzi, come si fa a cancellare la propria esistenza se non avendo una gomma magica da strofinare sul proprio passato?

L'unico documento al momento presente nella cartella MJ è proprio l'email che ho ricevuto da lei. «Il re è morto» scriveva riferendosi a Minimal Jack. «Lunga vita alla regina» scriveva parlando di sé. Regina di cosa? Se vuole che me ne stia buona in un angolino, evidentemente ha un piano, che posso intuire non meno spaventoso di quello di Jack. Ma quale piano? Qualcosa doveva averle fatto pensare che io avessi potuto intromettermi. Ma cosa sa sul mio conto che io non so? Beh, se la stronza voleva che me ne stessi alla larga, allora avrebbe fatto meglio a non scrivermi mai.

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